IL SUQ DI PALAZZO MADAMA. E Palazzo Madama si è trasformato in un vero e proprio suq. Tanto da spingere prima il presidente Renato Schifani a richiamare ufficialmente all'ordine. Poi il leader dell'Api Francesco Rutelli a organizzare un incontro in buvette per ascoltare le richieste dei lobbisti a viso aperto, senza sotterfugi o sussurri.
A Palazzo Madama c'era di tutto: rappresentanti delle farmacie, ma anche quelli delle parafarmacie. I portavoce dei tassisti, delle banche e delle assicurazioni. Quelli delle società energetiche e dell’editoria. Tutti ad aspettare le decisioni della commissione. Insomma, il circo delle lobby, quei gruppi di interesse o società che stazionano a Palazzo per mettere pressione, far sentire la propria voce o anche semplicemente per capire cosa succede.
SEGUIRE I LAVORI IN DIRETTA. «Anche solo accedere alle informazioni per noi è complicato, quindi meglio stare qui davanti e seguire i lavori in diretta. Le pressioni, se ci sono state, hanno usato altri canali», ha raccontato a Lettera43.it Giuseppe Scioscia, farmacista, ma titolare di una parafarmacia. Che, paradossalmente, si trovava in Senato per sostenere l’azione del governo e difenderla dall’assalto della potente lobby dei farmacisti. La quale, a Palazzo Madama, può contare anche sul senatore del Pdl D’Ambrosio Lettieri. Farmacista naturalmente.
LA CARICA DEI «SOTTOBRACCISTI». «In Senato i telefonini prendono male, perciò, se devo parlare con un senatore impegnato in commissione, sono costretto a venire qui», ha giustificato la sua presenza un rappresentante di Reti, la società di lobbying di Claudio Velardi.
In qualche caso si sono visti all’opera anche i cosiddetti «sottobraccisti», cioè i personaggi che, una volta uscito dalla Commissione il senatore che puntano, lo prendono sotto braccio per parlargli lontano da orecchie indiscrete.
Il via vai di questi giorni ha creato anche parecchi disagi, intralciando il lavoro dei parlamentari. «In certi momenti c’è stata una confusione incredibile, con i senatori presi d’assalto. Hanno fatto entrare troppa gente», ha detto un commesso del Senato.
IL NUOVO REGOLAMENTO. Così il 27 febbraio il problema degli ingressi è stato sollevato anche nell’ufficio di presidenza. Dove, su proposta dello stesso Renato Schifani, è stata decisa da un lato l’approvazione di un regolamento per disciplinare il rapporto tra politici e gruppi di interesse, e dall’altro, l’instaurazione di un registro dei lobbisti così da organizzare meglio l’accesso al Senato nei giorni di seduta dell’Aula e delle commissioni.
IL DISEGNO DI LEGGE DI API. E non è tutto. Francesco Rutelli, nel pomeriggio di martedì 28 febbraio, ha organizzato «Un tè con i lobbisti», alla buvette del Senato, per ascoltare vis à vis le loro richieste. L’Api ha poi presentato un disegno di legge (firmato tra gli altri, dallo stesso Rutelli, da Franco Bruno e da Emanuela Baio Dossi), per regolare per legge l’attività di rappresentanza dei gruppi d'interesse. A cominciare da un registro nazionale delle lobby, in modo da assicurare professionalità e trasparenza.
UN LAVORO COME UN ALTRO. «Troppo spesso quello del lobbista è visto come un lavoro oscuro, finalizzato a obiettivi al confine con l’illegalità o per assicurarsi i favori dagli amici degli amici», hanno fatto notare i rutelliani. «E la cronaca non ha di certo aiutato, vedi il caso di Luigi Bisignani. Invece è un lavoro esattamente uguale agli altri, dove non c’è nulla di opaco o criminale».
LA CITAZIONE DI JFK. «Il lavoro delle lobby per noi è utilissimo per capire come si muove la società», ha aggiunto Rutelli, «quali sono le sue istanze. Ci serve per comprendere meglio la realtà che ci circonda e ad agire di conseguenza. Per questo occorre una regolamentazione che faciliti il lavoro, loro e nostro». L'ex sindaco di Roma ha poi citato una frase di John Fitzgerald Kennedy: «I lobbisti mi aiutano a capire un problema in tre minuti, i miei collaboratori in tre giorni».
«UNA SVOLTA PER LA DEMOCRAZIA». «Occorre un registro, così da garantire requisiti di serietà e professionalità e tenere lontano chi si improvvisa. Ma ci vuole anche una reale parità nell’accesso alle informazioni, specialmente su quello che accade nel Palazzo», ha affermato Paola Perrotti, della società di consulenza e lobbying Fb Associati. «Una legge sulle lobby sarebbe un punto di svolta per la democrazia».
Un po’ di serietà, dunque, anche per non vedere più situazioni da mercato rionale come quelle andate in scena in questi giorni a Palazzo Madama.
Filippo Conti - Lettera43























