Alcuni documenti della Philip Morris International (PMI) sono filtrati e giunti sino agli occhi di alcune ONG, che hanno deciso di rendere pubbliche strategie, cifre e impegno a livello di lobbying da parte della multinazionale del tbacco in riferimento alla TPD 2, la revisione della cd Direttiva Tabacco attualmente in corso a Bruxelles.
La campagna ha avuto come obiettivo i membri del Parlamento UE, influenti membri della Commissione UE e anche i singoli governi del Consiglio Europeo.
La strategia di lobbying
Obiettivo Commissione
Per il primo semestre 2010, la stratgeia generale della campagna di lobbying di Philip Morris International era “Push” (ad esempio attraverso la presentazione di emendamenti), “Delay” (rinviare) la Direttiva, o anche “block” le proposte in arrivo dalla Direzione Generale salute, la DG Sanco, che ha incario la proposta di revisione.
A questo fine, PMI ha impiegato una strategia a due vie, politica e tecnica, assicurandosi di ottenere quanti più pareri negativi da parte di altre DG della Commissione, affiancati dalle posizioni e dall'impegno di altri Commissari UE "business-friendly" contro una legislazione etichettata come "eccessiva".
PMI ha identificato alcuni messaggi chiave nella propria campagna, specialmente in relazione alla Inter-Service Consultation tra le varie direzioni, sollevando la necessità di “break” nel “silo” della Commissione UE. I principali messaggi lobbistici usati PMI erano relativi all'assenza di basi legali, evidenze scientifiche, logica e analisi di mercato.
Come già accaduto nella lotta contro le proposte sui punti vendita, il gigante del tabacco ha anche messo in evidenza il problema del contrabbando, e ciò nonostante il suo noto ruolo proprio in relazione ad un tema così scottante
La compagnia ha poi fatto in modo di avere Commissari o i loro consiglieri senior pronti a esprimersi con opinioni negative, coinvolgendo anche soggetti influenti ad alto livello per ingaggiare gli stessi Commissari.
Il ruolo delle terze parti
Le società del mondo del tabacco - ma non solo - hanno alle spalle una lunga esperienza nell'uso delle "third parties" nelle loro attività di lobbying, usando appunto organizzazioni terze o persone per influenzare il dibattito per conto dell'industria.
La strategia anti-TPD di PMI non ha fatto eccezione. I documenti rivelano come la campagna sui media social e tradizionali sia stata proprio guidata da terze parti.
Tra queste i "tobacco growers" (i coltivatori), i negozianti e le piccole e medie imprese coinvolte nella distribuzione, organizzazioni di rappresentanza, fornitori, organizzazioni per la difesa della proprietà intellettuale e persino associazioni di consumatori.
E come l'industria ha utilizzato i retailers su temi come punti vendita e Plain Packaging nel Regno Unito, gli stessi sono stati centrali nella campagna lobbistica di PMI sulla TPD. E' infatti molto più persuasivo per i giornalisti sentire parlare il modno delle piccole e medie impresa di perdita di posti di lavoro che confrontarsi direttamente con Big Tobacco.
PMI ha evidenziato come i retailers avrebbero dovuto fare lobby su altre parti della Commissione "promuovendo eventi per guadagnare visibilità" per la campagna. E si parla sia di retailers con base a Bruxelles che quelli associati all'interno dei vari paesi membri.
Altri soggetti con ruolo chiave nella campagna sono stati i coltivatori e i trasformatori. PMI ha organizzato dei meeting tra le organizzazioni dei coltivatori, come ad esempio UNITAB, la European Association of Tobacco Growers, Fetratab, e la European Federation of Tobacco Processors, con alcuni importanti funzionari della Commissione, incluso un incontro col Gabinetto del presidente della Commissione Manuel Barroso.
“Attivare” i parlamentari UE
La strategia di PMI sul Parlamento include proprio l'uso dei negozianti per "attivare i parlamentari".
Ma molta dell'attività di lobbying è stata portata avanti direttamente da PMI o da suoi consulenti. Fino a metà 2012, quasi un terzo dei parlamentari UE (233 per la precisione) avevano avuto contatti con PMI. Da allora alcuni membri del Parlamento hanno incontrato in maniera regolare PMI fino a quattro o cinque volte. Il documento di PMI mostra come quasi la metà del PPE e e dei gruppi di centro-destra abbia incontrato la multinazionale del tabacco.
“Spaccare ENVI”
Al Parlamento UE la società ha focalizzato i suoi sforzi su due commissioni influenti: ENVI e IMCO. L'ENVI committee - abbreviazione per Environment, Public Health and Food Safety - aveva il compito di sovrintendere la TPD lungo il suo iter parlamentare. PMI ha quindi messo un piedi una strategia per fare in modo di toglere all'ENVI il pieno controllo sul dossier.
Al riguardo è partita un'attività di lobbying nei confronti dei vari capi delle delgazioni nazionali e sui "pesi massimi" di ogni gruppo politico, cercando di trovare un accordo politico attraverso il supporto di contatti politici ai massimi livelli.
Il Consiglio Europeo
PMI ha poi fatto lobbying sul Consiglio per creare una maggioranza di blocco contro qualsiasi misura a protezione della salute pubblica considerata estrema.
“Neutralizzare” la Germania
Una di queste misure è il divieto di utilizzo previsto dalla TPD di alcunia aromi, incluso il mentolo. Obiettivo di PMI era di escludere il mentolo dalla TPD, e per riuscirci ha cercato di coinvolgere i vari Stati membri din cui il mentolo è maggiormente diffuso per fare in modo che si opponessero al divieto. Per riuscirci voleva però neutralizzare alcuni paesi guida sul dibattito sul mentolo, quali ad es. la Germania.
Preoccupazioni
La campagna multimilionaria messa in piedi da PMI attraverso l'uso di una iriade di soggetti e organizzazioni a supporto delle sue attività per minare la TPD solleva tutta una serie di questioni:
Violazione dell'aricolo 5.3 della FCTC
Il fatto che PMI abbia avuto un così vasto accesso alla Commissione e a centinaia di parlamentari apre la questione del rispetto della Framework Convention on Tobacco Control.
L'articolo 5.3 della Convenzione richiede ai paesi firmatari di proteggere le proprie campagne sanitarie "da interessi commerciali" dell'industria del tabacco. Ma a seguito della pubblicazione di altri documenti PMI da parte dell'Observer, il capo dell'OMS ha accusato PMI - nel corso di una conferenza in India - di cercare di "sabotare" le misure di salute pubblica.
PMI e la (poca) trasparenza
PMI ha sottoscritto la Transparency Initiative, e registra quanti lobbisti impiega e quanti soldi spende a Bruxelles. Ma i documenti giunti a TobaccoTactics.org rivelano come PMI abbia usato un notevole numero di lobbisti e consulenti. Una tabella parla di ben 161 persone coinvolte sulla TPD. Sempre per il primo semestre 2012, i documenti parlano di € 1.25 milioni spesi per consulenze e spese per combattere la proposta.
Il problema però è che PMI dichiara solo 9 lobbisti sul Transparency Register, e per tutto il 2012 la società ha stimato le sue spese in lobbying tra €1 milione e €1.25 milioni. Che considerando quest'ultima essere stata la spesa per un semestre e per una sola campagna, evidente è la distonia.
Ma dov'è il problema?
Una premessa: a PMI fanno semplicemente il proprio lavoro, in maniera presumibilmente, e per difendere un business legittimo e molte migliaia di posti di lavoro da una direttiva che da più parti appare assolutamente inadeguata per l'obiettivo di ridurre il numero di fumatori in Europa.
Certamente qualche problema di trasparenza risulta, ma il problema in realtà deriva proprio dalla natura volontaria e limitata del registro della trasparenza UE, incapace di dare un quadro reale dell'attività di lobbying a Bruxelles. Saremmo infatti curiosi di conoscere anche tutte le attività, il numero di persone impiegate e i soldi spesi dalle stesse in attività lobbistiche in favore della TPD e di contrasto alle multinazionali. E magari aiuterebbe sapere anche da dove arrivano i loro finanziamenti. Ma non è dato.
In ogni caso martedì 8 ottobre si capirà se il lavoro di PMI (e di altre società) sulla TPD oltre che ben pianificato riuscirà anche ad ottenere risultati.



































