Per questo motivo gli specialisti della lobby, un piccolo esercito composto da oltre 1.500 persone e che secondo le stime dell'università Lumsa produce un giro d'affari di 45 milioni di euro, sono avvocati o lavorano in tandem con gli specialisti del diritto.Come l'avvocato infatti il lobbista accompagna un cliente nell'iter di una causa in veste di interlocutore esterno e in tutte e due le attività è necessaria una forte competenza giuridica e capacità di «advocacy».
Se tuttavia all'estero i lobbisti di professione sono quasi esclusivamente avvocati, in Italia gli studi legali d'affari collaborano al processo di lobbying dall'esterno. «All'estero sono gli avvocati che fanno lobby, perché non solo conoscono le leggi, ma soprattutto sanno prevedere le conseguenze dei disegni di legge sull'attività dei clienti», spiega Franco Spicciariello, insieme a Tullio Camiglieri e Laura Rovizzi fondatore di Open Gate Italia, società di public & regulatory affairs che fattura 2,4 milioni di euro all'anno.
Spicciariello è laureato in giurisprudenza e in scienze delle comunicazioni e si sta preparando a sostenere l'esame di abilitazione per diventare avvocato. Open Gate Italia, come le altre società specializzate, si avvale quotidianamente della consulenza degli studi d'affari. «Il parere legale è fondamentale», continua Spicciariello, «e ci consultiamo con gli avvocati per valutare l'impatto di una legge sul business».
I dipartimenti delle law firm più coinvolti sono quello di diritto amministrativo e antitrust.
E se all'estero sono le law firm stesse a svolgere attività di lobbying attraverso gruppi di lavoro specializzati (tra gli esempi degli studi più attivi ci sono Dla Piper, Freshfields e Orrick), in Italia gli studi d'affari si occupano del monitoraggio legislativo, ma non della costruzione di un rapporto di fiducia con il legislatore. L'attività di lobby è invece svolta da alcuni avvocati che lavorano individualmente o con piccoli studi e che si specializzano in questa attività, come nel caso di Mina Maisto (si veda AvvocatiOggi del 5 aprile scorso).
«Gli avvocati hanno i contatti giusti e la posizione sociale per fare lobby, ma in Italia mancano delle comprensione dei processi della politica e dei processi mediatici e di comunicazione», continua Spicciariello, creatore e coordinatore del Master in «Public Affairs, Lobbying e Relazioni Istituzionali» organizzato dall'università Lumsa di Roma, recentemente accreditato dall'Ordine degli avvocati di Roma. «Il corso completa la formazione del laureato in giurisprudenza che vuole intraprendere questa professione», aggiunge Spicciariello.
Anche dal punto di vista della struttura organizzativa le aziende che si occupano di lobby hanno punti in comune con gli studi legali. Cattaneo Zanetto & Co, che fattura circa 2 milioni di euro e ha sede a Milano, Roma e Bruxelles, ha 2 soci e un totale di 11 professionisti. «Il lavoro maggiore è su Roma, dove lavorano sei persone, ma a Milano hanno sede i nostri clienti», spiega Alberto Cattaneo, insieme a Paolo Zanetto, socio della società.
Lo studio si occupa esclusivamente di lobby legislativa, «e non commerciale» precisa il socio. «Lo scorso gennaio è stata inoltre inaugurata la sede di Bruxelles, «una piazza che conta sempre di più perché una parte crescente dei processi legislativi parte da Bruxelles e bisogna lavorare alla fonte», spiega Cattaneo. Anche Cattaneo sottolinea che, mentre proprio a Bruxelles la maggior parte dei lobbisti sono avvocati, in Italia le due professioni non si sovrappongono. «L'avvocato interviene per interpretare le leggi dal punto di vista tecnico», spiega, «ma per forma mentis gli avvocati hanno un approccio causale e non negoziale. Serve maggiore attitudine alla mediazione».
La società lavora molto con gli studi d'affari, spesso selezionati dal cliente multinazionale.
«Gli avvocati propongono le modifiche necessarie a un testo di legge e le soluzioni ai problemi, soprattutto in ambito regolatorio», continua il lobbista, che si occupa invece dell'attività di presentazione delle proposte di modifica. «Ci interfacciamo con le law firm anche nell'attività di M&A, quando per un'acquisizione si passa dalla politica per avere il via libera sul deal. Anche in questi casi lobbisti e avvocati d'affari siedono allo stesso tavolo», aggiunge Cattaneo che conclude: «Recentemente abbiamo discusso la possibilità di creare una società di lobbying con uno dei maggiori studi legali italiani. È stato l'avvocato stesso a declinare la possibilità, spiegando che non è la sua professione».
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Andrea Altavista - Italia Oggi























