Il dibattito sulla trasparenza del lobbying a Bruxelles sta entrando in una fase cruciale, con il gruppo di lavoro inter-istituzionale che porta avanti piani per favorire la trasparenza.
L'intervento di David Coen e Jeremy Richardson in European Voice ( "Un impegno per la consultazione", 17-23 settembre) infonde un ottimismo circa la scena del lobbying a Bruxelles che sembra stemperato dalla realtà empirica di Bruxelles.
Coen e Richardson sostengono che dovremmo essere tranquilli riguardo lo status quo, perché l'UE è uno dei sistemi di lobbying più aperto, trasparente e pluralista in Europa. Ma dal fatto che un sistema politico sia formalmente aperto non consegue che sia inclusivo o, addirittura, trasparente. Il sistema UE è aperto, ma solo nella misura in cui i gruppi hanno le risorse e lo status per partecipare.
Le organizzazioni ricche di risorse (soprattutto le grandi imprese) hanno un vantaggio strutturale
in termini di accesso e di influenza sui decision-makers. In aggiunta, la radicata presunzione pro-business della Commissione europea lascia fuori anche quei dei gruppi di cittadini che possono raccogliere le risorse sufficienti per partecipare.
Inoltre suggerire che il sistema di Bruxelles è "uno dei più aperti e trasparenti sistemi di lobbying in Europa" è davvero una debole consolazione. La regolazione del lobbying è palesemente sottosviluppata in tutto il continente europeo- come dimostra una recente analisi dell’ Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo.
Coen e Richardson dicono che l'attuale status quo è "perfettamente normale". Questo può essere vero, ma il fatto che i lobbisti aziendali abbiano un’ indebita influenza sulle politiche in tutto il continente non è affatto un segno che il sistema democratico sia in buona salute.
Uno dei motivi per cui non abbiamo avuto scandali come è avvenuto in America è che non ci sono media europei 'nazionali' che diano conto della corruzione istituzionale promossa dalle amichevoli relazioni con i lobbisti d’impresa.
Un altro motivo è che non abbiamo neppure la trasparenza minima necessaria per 'seguire il denaro' delle campagne di lobbying. L'attuale regime di pubblicità su base volontaria è penoso in confronto al sistema americano. Per esempio, non sarebbe possibile per un equivalente europeo di un’ iniziativa come OpenSecrets.org sul lobbying europeo, semplicemente perché le informazioni necessarie non sono di dominio pubblico. Per ovviare a tale situazione, è evidente che un registro obbligatorio per il lobbying è una necessità urgente.
William Dinan e David Miller - Traduzione di Valentina Tonti























