«Le imprese nazionali, che ci portano i loro dossier, vorrebbero sapere quali italiani saranno presenti a un determinato voto o a una riunione di commissione — dice il vicepresidente dell’Europarlamento Mario Mauro del Pdl, candidato alla prossima presidenza dell’Assemblea Ue —. Purtroppo l’assenteismo rende difficile garantirglielo ». Così i preferiti dalle lobby industriali e finanziarie restano principalmente gli eurodeputati tedeschi, francesi e britannici, presentissimi, disponibili e rafforzati dal loro «sistema Paese».
Ma il principio europeista dell’interesse generale dei cittadini rischia di finire in minoranza soprattutto quando i lobbisti di un intero settore si mobilitano compatti senza scontrarsi sulla nazionalità. È accaduto con il regolamento Reach, ideato perché autorità mediche e scientifiche avevano lanciato l’allarme sulla diffusione di tumori e altre gravi malattie collegabili alle sostanze chimiche presenti in prodotti in commercio. L’obiettivo era tutelare la salute dei cittadini e ridurre di conseguenza anche i costi per i sistemi sanitari pubblici a vantaggio degli Stati. Ma la grande industria chimica tedesca, appoggiata dal solito Verheugen, ha organizzato un massiccio lobbying con le altre imprese europee del settore ottenendo di annacquare le nuove regole e di dilazionarle fino al 2018.
Non sempre i lobbisti delle imprese in Europa vincono. L’ampliamento della brevettabilità del software, voluto dalle multinazionali dell’informatica, è stato respinto due volte dall’Europarlamento. Le tariffe dei telefoni cellulari e degli sms tra Paesi Ue sono state ridotte contro il volere degli operatori. Clamoroso è il caso della direttiva Bolkestein. Puntava a diventare il simbolo delle liberalizzazioni nell’Ue deregolamentando perfino nei servizi pubblici. Era promossa dall’asse iperliberista anglo-olandese-irlandese e appoggiata da tante altre lobby imprenditoriali. Ma è stata molto attenuata dopo la vittoria del «no» nel referendum sulla Costituzione Ue in Francia, attribuito anche all’irritazione dei lavoratori e dei sindacati francesi proprio per la Bolkestein, accusata di violare il modello sociale europeo e di introdurre la concorrenza a basso costo del cosiddetto «idraulico polacco».
Mauro, attento difensore degli interessi del Vaticano, ha appoggiato con Pittella del Pd il mega-business della banda larga. L’eurodelegazione di Forza Italia ha organizzato un incontro con la General Motors, promosso da Vito Bonsignore, considerato da colleghi sensibile anche agli interessi imprenditoriali della sua famiglia siciliana. Gli eurodeputati di Forza Italia Gabriele Albertini, Jas Gawronsky, Guido Podestà e Riccardo Ventre si sono dissociati dalla linea del loro partito votando in sintonia con la lobby dei paradisi fiscali. Il co-presidente della Destra europea, Cristiana Muscardini di An, ha preso a cuore le esigenze degli spedizionieri. L’ex ds Vincenzo Lavarra è un riferimento della lobby degli avvocati esperti di fondi agricoli Ue. Ma l’immagine del lobbismo all’italiana è spesso collegata a eventi promozionale «mangerecci» nell’Europarlamento. In questa campagna elettorale Catiuscia Marini del Pd ha favorito il turismo nelle abbazie benedettine dell’Umbria con un buffet di cibi tipici. Monica Giuntini del Pd ha prodotto una degustazione di vini toscani. Iles Braghetto dell’Udc, con l’appoggio bipartisan di Mauro e Pittella, ha lanciato un incontro con i gelatai artigianali che ha deliziato i frequentatori di Strasburgo.
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Ivo Caizzi - Corriere della Sera




















