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Lobbisti italiani in cerca di regole

Autore: lobbyingitalia
Data: 2003-09-05
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Manca una legislazione ad hoc mentre proliferano le società

Nelle istituzioni europee ne sono accreditate oltre 2 mila. In Italia, invece, è difficile quantificarne il numero. Si tratta del mondo delle società di lobbying, che in assenza di una regolamentazione nazionale ad hoc prolifera di anno in anno con l'obiettivo, uguale per tutte, di ´pilotare', in una direzione o in un'altra, le principali decisioni del mondo politico e istituzionale. Professionisti dell'arte di persuadere, il loro compito consiste infatti nel far prevalere l'interesse del proprio rappresentato (associazioni di categoria, singole aziende, multinazionali) nelle sedi istituzionali: camera, senato, presidenza del consiglio, autorità indipendenti, enti locali e istituzioni comunitarie. Nel linguaggio comune lobbismo è assurto a termine dispregiativo, quasi sinonimo di corruzione, volto a indicare l'attività di pressione che il potere economico svolge nei confronti dei politici. Ma esiste anche un lobbying etico, che mira a mettere in guardia il legislatore sulle conseguenze che l'applicazione pratica di una norma ´in fieri' potrebbe avere nei confronti di una specifica categoria di persone o aziende.
I tentativi di regolamentazione italiana. Proprio per separare il grano dall'oglio, nel 1998, con un disegno di legge (ddl 2576- ter, ´Disciplina dell'attività di relazione nei confronti dei componenti delle assemblee legislative e dei titolari di pubbliche funzioni'), si cercò di regolamentare la materia ma il testo, esaminato dalla commissione anticorruzione della tredicesima legislatura, non passò. Nella bozza si prevedeva l'istituzione di registri pubblici presso senato, camera e consiglio dei ministri, dove annotare l'attività svolta dai lobbisti. Esenti dall'obbligo di iscrizione ufficiali, dirigenti politici, giornalisti, diplomatici e rappresentanti di enti ecclesiastici e confessioni. Il disegno di legge prevedeva anche che ogni sei mesi i lobbisti presentassero relazioni sull'attività svolta, indicando le persone a vantaggio delle quali compivano le prestazioni. Previste anche sanzioni amministrative per chi non si fosse iscritto o non avesse depositato le relazioni.

´I lobbisti in Italia non sono in crescita a livello numerico', spiega a ItaliaOggi Guido D'Amico, presidente di Imprenditalia, associazione che svolge professionalmente attività di lobbying dal 1995, ´si notano di più semplicemente perché la loro attività è diventata pressoché quotidiana e non può più essere occasionale. Per questo motivo c'è un bisogno sempre maggiore di regolamentazione'. La necessità di una legge che disciplini l'attività di lobbying è avvertita da molti. ´Regolamentare la materia sarebbe una gran cosa', osserva un responsabile per la comunicazione istituzionale di una nota associazione di industriali, che preferisce mantenere l'anonimato, ´anche perché questa legislatura è molto aperta all'ascolto del punto di vista delle aziende. Ecco perché il numero di lobbisti negli ultimi tempi si è moltiplicato'.
A favore della regolamentazione anche Giuseppe Mazzei, responsabile rapporti istituzionali della Rai e autore dell'ultimo libro sul tema (Lobby della trasparenza, 2003, Cdg). ´Tutti fanno lobbismo, ma non tutti hanno la stessa voce in capitolo', afferma Mazzei, ´se si disciplinasse con una legge il fenomeno ogni realtà sarebbe messa sullo stesso piano'. A detta dell'esperto, il proliferare di interlocutori e poteri (autorità amministrative indipendenti, enti locali e istituzioni comunitarie) rende l'attività di lobbying sempre più indispensabile. ´Oggi più che mai', prosegue Mazzei, ´occorre rappresentare gli interessi direttamente in sedi istituzionali per essere ascoltati, tanto più che i partiti stanno perdendo il loro carattere tradizionale di portatori di interessi generali per diventare cartelli elettorali'. Disciplinare l'attività di lobbying, dunque, ´può aiutare a garantire maggior trasparenza al processo decisionale e quindi una migliore forma di democrazia'.

L'esperienza di Bruxelles. Sede istituzionale privilegiata per chi svolge attività di lobbying è Bruxelles. Qui operano 2 mila organizzazioni di società civile (vedi tabella), di cui 685 censite su Internet (all'indirizzo europa.eu.int/civil_society/connecs/liste_index.cfm). Esiste una vera e propria banca dati, chiamata Connecs (sigla che sta per Consultation, European commission e Civil society). Il sito fornisce anche informazioni sui comitati dell'Ue e gli altri filtri frapposti (cosiddetti consultative bodies) tra Commissione e organizzazioni di società civile. Nonostante questo riconoscimento formale, anche a livello europeo manca una vera e propria normativa che regoli l'attività di lobbying. Gli unici atti comunitari di riferimento, da tenere comunque in considerazione come punti di partenza per un futura regolamentazione in Italia della materia, sono la Comunicazione della Commissione europea del 2 dicembre 1992 per ´un dialogo aperto e strutturato fra la Commissione e i gruppi di interesse speciale' e il Libro bianco sulla governance europea del 2001. In quest'ultimo testo le lobby definite organizzazioni non governative vengono nobilitate. ´L'importanza attribuita alla società civile europea', si legge nel documento adottato ad Atene, ´richiede un rafforzamento del sostegno alle organizzazioni non governative'. Secondo la Commissione, infatti, il ruolo spettante alle lobby nell'agevolare il flusso delle informazioni va incoraggiato, perché ´il valore delle Ong a livello locale, regionale, nazionale ed europeo risiede anche nel fatto che esse costituiscono un'espressione diretta di cittadinanza attiva'.

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