(di Gaetano Gatì) La Francia, al momento colpita dalle dure contestazioni contro la vessata riforma sul lavoro, è sede di discussione attiva in Parlamento non solo sulle attività dei privati ma anche sul loro interfacciarsi con il pubblico, regolando una grossa fetta di democrazia, l’attività di lobbying. Settore che merita di essere regolato sino ai minimi particolari cercando di evitare che sfoci in pratiche poco limpide e illegali.
Lo scorso 26 maggio la Commission des Lois dell’Assemblea Nazionale francese (omologo delle nostre Commissioni Affari Costituzionali) ha modificato largamente l’art. 13 del “ddl Sapin II”, che si concentra sulla lotta per la trasparenza e contro la corruzione del processo decisionale pubblico. In circa tre ore di dibattito, e con l’approvazione di 89 emendamenti, si è arrivati a una svolta nella discussione del ddl: in particolare, è stata proposta la creazione di un nuovo registro nazionale dei rappresentanti di interesse.
In più, ciò che in Italia è spesso demandato alla stampa (con risultati soprattutto negativi), in Francia viene fatto dal parlamento: dare una definizione di lobbista, in primis. Inoltre l’Assemblée Nationale, che già aveva dato una definizione del mestiere, sta andando a creare anche un registro dove possono essere inserite le figure che effettuano attività di lobbying e public affairs. Una delle maggiori preoccupazioni emerse durante la discussione, condotta dal relatore del Partito Socialista Sébastien Denaja, è stata quella di approvare “un testo di sinistra”.
L’attività parlamentare si è particolarmente concentrata sull’art. 13 del “progetto di legge Sapin”; all’interno del progetto sono presenti anche altre norme che regolano la protezione delle c.d. whistleblower (ndr gola profonda - dall’informatore dello scandalo Watergate – coloro i quali sono artefici di fuga di informazioni soprattutto per quanto riguarda illeciti commessi nelle P.A. o nei palazzi del potere, es. Julian Assange) e ovviamente la disciplina dell’attività di lobbying.
Partendo da un inizio poco convincente, la regolamentazione del registro dei lobbisti è stata partorita dalla Commissione parlamentare con significativi progressi tanto che è stata accolta con favore anche dalla ONG Trasparency International.
Novità legislative
- Migliorata la definizione di lobbista: cercando di escludere i cittadini comuni che non fanno questo tipo di attività. Sono inclusi però i corpi industriali pubblici, le camere consiliari locali e le persone giuridiche oltre che le ong patronali e le associazioni culturali.
- Viene fatto l’obbligo ai lobbisti che desiderano avere appuntamenti con ministri, membri del governo, funzionari e parlamenti compresi anche i dipendenti parlamenti di essere registrati a suddetto registro.
- Sono soggetti a obbligo di registrazione anche i lobbisti che hanno incontri con i funzionari locali.
- I lobbisti dovranno indicare i nomi dei loro clienti, le fonti e i documenti che producono in modo tale da evitare gli studi falsi o le documentazioni create ad hoc per questo o quello studio di settore
- I lobbisti dovranno anche dare un resoconto sulle loro attività e spere all’autorità sulla trasparenza della vita pubblica (HATPV)
Non c’è norma senza sanzione
Qualora non venissero rispettate queste disposizioni, si incorrerà a una multa che rispetto al passato avrà un massimo importo da 30.000 ai 50.000 euro, e verranno cancellati dal registro i recidivi.
L’opposizione però non ha mancato di segnalare, attraverso il portavoce Olivier Marleix, che questi obblighi riguardano solamente i lobbisti. Lo stesso deputato ha infatti chiesto regole chiari e stringenti anche per i decisori pubblici. A risposta di ciò, la presidenza ha affermato che il presidente dell’Assemblea o del Senato possono ricorrere all’HATPV per segnalare violazioni. Un po’ poco rispetto agli obblighi da rispettare dall’altra parte della barricata.