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Lobby, nessun ddl dal Governo: delega al Ministero per le Riforme e i Rapporti col Parlamento (Public Policy)
Scritto il 2014-09-26 da lobbyingitalia su Italia

Il governo non presenterà, per ora, un proprio disegno di legge sulle lobby. La regolamentazione, avviata dal governo Letta ma mai andata in porto, procederà subito per via parlamentare, al Senato, con l'esame dei ddl incardinati in commissione Affari costituzionali.

In queste ore - spiega una fonte - a conferma della volontà del governo di avviare un iter "continuativo" e "approfondito", la presidenza del Consiglio ha affidato la delega sulle lobby al ministero per i Rapporti con il Parlamento e le Riforme. Come anticipato nei giorni scorsi, il ddl in esame al Senato, incardinato in commissione a fine luglio, è a prima firma Giuseppe Marinello (Ncd), cofirmato anche da alcuni senatori di Forza Italia, come Domenico Scilipoti.

Relatore del provvedimento è il senatore ex M5s, Francesco Campanella (ora al Misto, nella componente 'Italia lavori in corso'). Quello a firma Marinello, però, non è l'unica proposta presente in Parlamento: nella XVII legislatura, infatti, sono sette i ddl e proposte di legge depositate.

A quanto viene riferito, durante la seduta di mercoledì della commissione Affari costituzionali è stato deciso di attendere altre proposte (come quella annunciata dalla senatrice Pd, Laura Puppato) che saranno connesse con il primo testo. Subito dopo sarà avviata la discussione generale e l'esame vero e proprio. Per il governo sarà il sottosegretario alle Riforme Luciano Pizzetti a seguire il provvedimento, che a Public Policy spiega: "Per ora il governo non ha intenzione di presentare un suo testo e quindi interverrà sul testo base".

Fonte: SOR - PublicPolicy.it

E in termini di priorità - precisa - "avranno la precedenza il ddl delega Pa e la legge elettorale". Infine, prima dell'avvio dell'esame la 1a commissione ha chiesto di acquisire la documentazione dei lavori svolti, in materia di attività di rappresentanza di interessi particolari, dalla commissione Anticorruzione istituita nella XIII legislatura alla Camera.

Tanto tuonò che piovve (forse). Per ora sono solo emendamenti quelli che piovono sul ddl lobby da due anni in discussione in Commissione Affari Costituzionali al Senato, che sembra - ripetiamo, sembra - avviarsi verso un confront serio e forse anche ad un'approvazione, dopo la fuga in avanti della Camera col suo (limitato) Registro dei portatori di interessi.Traffico d'influenza: non è illecito ciò che è lecitoIl più interessante, e probabilmente fondamentale, è l'emendamento presentato dal senatore Pd Gianluca Susta, che va a specificare nel reato di traffico di influenze illecite che "non è illecita l'attività di rappresentanza degli interessi svolta in forma professionale, nei limiti e con le modalità previste dalla normativa vigente in materia, presso le istituzioni e le amministrazioni pubbliche e finalizzata alla partecipazione democratica ai processi decisionali ovvero all'elaborazione ed attuazione delle politiche pubbliche, nel perseguimento di obiettivi leciti, anche di natura non economica".Un Registro per tutte le istituzioniRegolare anche l'attività di lobbying svolta nei confronti dei decisori politici degli enti locali, come i presidenti, gli assessori e i consiglieri regionali; i presidenti e i consiglieri delle Province e delle Città metropolitane; i sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali. E' quello che chiede un emendamento presentato dal senatore Pd Francesco Verducci, cui si aggiunge quello dalla senatrice Pd Laura Puppato  che vorrebbe estendere la valenza nei confronti di "collaboratori parlamentari" e "consiglieri parlamentari, componenti e vertici degli enti pubblici economici e non economici, consiglieri regionali e delle Provincie autonome di Trento e Bolzano".Ma l'emendamento Verducci va a sostituire l'intero articolo 2 sulle definizioni, aggiungendo ex novo la definizione di "portatori di interessi particolari": "i datori di lavoro che intrattengono un rapporto di lavoro dipendente con i rappresentanti di interessi particolari avente ad oggetto lo svolgimento dell'attività di relazioni  istituzionali per la rappresentanza di interessi, nonché i committenti che conferiscono ai rappresentanti di interessi particolari uno o più incarichi professionali aventi ad oggetto" lo svolgimento dell'attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi. A differenza della definizione attuale di "attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi", definita solo come "ogni attività diretta a orientare la formazione della decisione pubblica, svolta anche attraverso la presentazione di proposte, documenti, osservazioni, suggerimenti, richieste di incontri", la proposta Verducci è molto più articolata e si rivolge a chi svolge l'attività "professionalmente" (come già accaduto per il provvedimento della Camera e come richiesto in altro emendamento dalla senatrice Pd Laura Fasiolo). La proposta esclude dalla definizione "le semplici richieste di informazioni sull'iter di un provvedimento legislativo o amministrativo, la partecipazione ad audizioni o a riunioni convocate o sollecitate" dai decisori pubblici.Articolata e più inclusiva anche la definizione di "rappresentanti di interessi". Oggi il ddl li definisce come i soggetti che svolgono attività di rappresentanza di interessi, rimandando a quella definizione. Dunque per Verducci i lobbisti sono "i soggetti che rappresentano presso i decisori pubblici, direttamente o indirettamente, su incarico dei portatori di interessi particolari, come definiti alla lettera, interessi leciti di rilevanza non generale, anche di natura non economica, al fine di incidere su processi decisionali pubblici in atto, ovvero di avviare nuovi processi decisionali pubblici, nonché i soggetti che svolgono, anche nell'ambito o per conto di organizzazioni senza scopo di lucro, ovvero di organizzazioni il cui scopo sociale prevalente non è l'attività di rappresentanza di interessi, per conto dell'organizzazione di appartenenza, l'attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi".Diversa invece la proposta dei senatori Giuseppe Marinello (AP), presidente della commissione Ambiente, e   Antonio Milo (Conservatori e riformisti), che specifica come la rappresentanza di interessi sia la "attività, non sollecitata da decisori pubblici".Palla all'ANAC?Sempre la senatrice Puppato  vorrebbe affidare all'Anac l'attività di controllo sulla trasparenza e la partecipazione dei rappresentanti di interesse ai processi decisionali pubblici. Attualmente il ddl affida questo compito ad un Comitato per il monitoraggio della rappresentanza di interessi, da istituire ad hoc, che un emendamento del senatore di Forza Italia, Lucio Malan, vorrebbe eliminare, senza però specificare a chi andrebbe il controllo!Codice di condotta per lobbistiLa senatrice Puppato vorrebbe inserire tra i dati che i lobbisti dovranno riportare nella relazione annuale da consegnare al Comitato di vigilanza anche "le somme o altre utilità eventualmente elargite a titolo di erogazione liberale in favore di partiti, movimenti o gruppi politici organizzati, nei limiti della normativa vigente, nonché una dichiarazione che dette elargizioni non sono legate al conseguimento dell'interesse rappresentato". Ma il senatore Pd Francesco Russo chiede l'istituzione nel codice di condotta dei lobbisti del "divieto di offrire al decisore pubblico qualsiasi tipo di compenso o altra utilità, ovvero regali, anche d'uso, di valore superiore a 150 euro l'anno"; e il "divieto di elargire a partiti, movimenti o gruppi politici organizzati somme o altre utilità a titolo di erogazione liberale", in pratica vietando quindi il finanziamento diretto della politica da parte dei lobbisti registrati. Ossimori.L'emendamento Russo sostituirebbe per intero l'articolo 5 del ddl che attualmente lascia ai lobbisti il compiti di definire un codice di condotta e di depositarlo insieme all'iscrizione al registro, precisando cosa deve prevedere il codice di condotta che nell'emendamento viene definito come un vero e proprio "codice deontologico". Il codice dovrà essere adottato dall'Anac e, oltre ai due divieti già menzionati, dovrà prevedere tra le alter cose: il divieto di rivendicare relazioni ufficiali con l'amministrazione nei loro rapporti con terzi; l'obbligo di identificarsi preventivamente sempre con il proprio nominativo ovvero con il nominativo che risulta nel Registro, dichiarando gli interessi che si rappresentano e gli obiettivi promossi;  l'obbligo di indicare i propri riferimenti e quelli dell'eventuale committente in tutti i documenti comunque consegnati o trasmessi al decisore pubblico; l'obbligo di rispettare i doveri di riservatezza nell'esercizio dell'attività; l'obbligo di fornire ai decisori pubblici informazioni corrette e non fuorvianti; il divieto di esercitare pressioni indebite (non è chiaro cosa voglia dire) nei confronti dei decisori pubblici. Il codice deontologico dovrà indicare infine "le sanzioni in caso di inosservanza dei doveri dei rappresentanti di interessi" e "le modalità di applicazione".O studi o fai il praticantatoAlessandro Maran e Francesco Verducci hanno presentato due emendamenti simili che mirano a inserire tra i requisiti per l'iscrizione al registro dei lobbisti il "possesso di una laurea specialistica o di un titolo specialistico equipollente ovvero dimostrare di aver maturato almeno due anni di esperienza continuativa presso un soggetto iscritto al Registro". La proposta emendativa Maran, tra i requisiti, prevede anche la possibilità di aver acquisito esperienza "alle dipendenze di un gruppo parlamentare".Commissioni trasparentiTra le novità in ottica "positive", e cioè dei vantaggi che i soggetti trarrebbero dall'iscrizione ci sarebbe - secondo alcuni emendamenti presentati da Pd, Cor e Ala - la possibilita per i lobbisti di assistere alle procedure informative e istruttorie del procedimento decisorio nelle forme stabilite dalla disciplina dell'organo competente. Inoltre, secondo quanto richiesto da due emendamenti dei senatori Pd Francesco Verducci e Francesco Russo, "Il decisore pubblico non può rifiutare di conoscere le proposte, le richieste, i suggerimenti e ogni altro genere di informazione, purché pertinenti all'oggetto dei processi decisionali, presentati dal rappresentante di interessi iscritto nel Registro". Gli stessi emendamenti prevedono anche che "il decisore pubblico non può altresì rifiutare le richieste di incontro inoltrate da rappresentanti di interessi iscritti al Registro, se non attraverso risposta motivata, anche telematica".Diritti e divieti per i collaboratori parlamentariUn emendamento del Pd - a prima firma Annamaria Parente ma sottoscritto da altri 28 senatori tra cui qualche M5s - vuole inserire  la disciplina del rapporto di lavoro tra i membri del parlamento e i loro collaboratori. A prevederlo è , presentato al ddl lobby in commissione Affari costituzionali Senato. L'emendamento inserisce l'incarico di collaboratore parlamentare tra quelli che fanno scattare l'incompatibilità con l'attività di lobbying (e qualche collaboratore  non sarà affatto contento...) e, contestualmente, aggiunge un capo II-bis per disciplinare il mestiere. Nello specifico l'emendamento regola anche il rapporto di lavoro tra i membri del Parlamento e i loro collaboratori e rinvia agli uffici di presidenza delle Camere il compito di disciplinare le modalità retributive dei collaboratori La retribuzione - secondo quanto si legge nell'emendamento - "non può essere inferiore ai minimi contrattuali o definiti dalla legge ovvero ad un equo compenso commisurato alla natura e all'orario della prestazione concordata tra le parti".Ancora audizioniSecondo quanto riporta Public Policy, la settimana prossima inizierà, in commissione Affari costituzionali al Senato, un breve ciclo di audizioni sul ddl Lobby. Al termine delle audizioni, qualora emergessero esigenze particolari, potrebbe essere riaperta una breve finestra - al massimo 48 ore - per la presentazione di ulteriori emendamenti. 

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In 40 anni 58 proposte di legge. Mai approvate. Norma attesa dal 1976, nonostante le polemiche e gli annunci. Per non parlare degli scandali. Come “Tempa Rossa”. Il ddl che dovrebbe regolamentare l’attività dei portatori di interessi è bloccato al Senato. Malgrado gli annunci e le promesse di illustri esponenti del governo. A cominciare dai ministri Boschi e Orlando. “Non presenteremo un nostro provvedimento”, assicura il sottosegretario alle Riforme Pizzetti. Che annuncia l'utilizzo da parte dell'esecutivo del testo degli ex M5s Orellana e BattistaTutti la vogliono. Almeno a parole. A cominciare dal ministro per le Riforme costituzionali Maria Elena Boschi (“Serve arrivare ad avere un provvedimento del genere”) e dal Guardasigilli Andrea Orlando (“È uno strumento contro la corruzione”). Per non parlare del governatore della Puglia, Michele Emiliano, che ne ha ribadito la necessità un minuto dopo aver appreso della sconfitta al referendum sulle trivelle. Ma poi, nei fatti, siamo sempre fermi al punto di partenza. E così nonostante i ripetuti scandali, ultimo in ordine di tempo quello che ha coinvolto l’ormai ex ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi e il compagno Gianluca Gemelli, in Italia la legge sulle lobby resta un vero e proprio miraggio. Nonostante la commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, più di un anno fa, abbia scelto e adottato come testo base tra i 18 depositati, il disegno di legge presentato dai senatori ex Movimento 5 Stelle Lorenzo Battista e Luis Alberto Orellana. Ddl poi ripresentato a Montecitorio dalla deputata di Scelta civica Adriana Galgano. Ma senza successo. Risultati, infatti, zero. Con tanti saluti alla sbandierata trasparenza.TESTO A TESTO – Ma cosa intende fare a questo punto il governo di Matteo Renzi? Nei giorni scorsi erano trapelate indiscrezioni relative alla possibilità, da parte dello stesso esecutivo, di elaborare un nuovo testo che bypassasse quello del duo Orellana-Battista. Ipotesi adesso smentita dal sottosegretario alle Riforme Luciano Pizzetti (Pd). “La nostra intenzione è quella di ripartire proprio dal ddl dei due senatori ex M5S – spiega contattato da ilfattoquotidiano.it –. Valuteremo se presentare degli emendamenti, ma non disporremo un nuovo testo. Il termine per la presentazione dei testi di modifica è stato posticipato a giovedì 21 aprile dopodiché, una volta terminata la discussione dei provvedimenti in calendario, primo fra tutti quello sul conflitto di interessi, verrà avviato l’esame del testo”, conclude. Staremo a vedere. La cosa certa, al momento, è che la questione si trascina ormai da troppo tempo. “Il prossimo 15 giugno festeggeremo il quarantesimo anniversario della presentazione del primo disegno di legge sulle lobby: dal 1976 ad oggi ne sono stati depositati cinquantotto, tutti rimasti lettera morta”, dice Pier Luigi Petrillo, docente di Teoria e tecniche del lobbying all’Università Luiss di Roma e uno dei massimi esperti della materia. “Il perché di questo ritardo? Alla politica conviene avere un paravento dietro il quale nascondersi per non assumersi la responsabilità delle proprie decisioni – risponde –. In termini di comunicazione è molto più efficace scaricare sulle lobby colpe che invece sono tutte ascrivibili alla classe politica, che da sempre agisce assecondando interessi di parte spesso sgraditi al proprio elettorato”.LOBBISTI AL TRAGUARDO – Con un ulteriore paradosso. Rappresentato dal fatto che sono le stesse società che fanno lobbying ‘alla luce del sole’ (da Open Gate a Utopia Lab, da Comin&Partners a Reti e Il Chiostro) a chiedere l’intervento del governo per regolamentare il settore. Addirittura con decretazione d’urgenza. Senza dimenticare la campagna #occhiaperti lanciata dalla comunità digitale Riparte il futuro, uno dei principali soggetti animatori di Foia4Italy. “La verità – aggiunge Petrillo – è che già domani mattina lo stesso Renzi potrebbe dare il buon esempio: basterebbe un decreto a sua firma per obbligare tutti i ministri a rendere pubblici gli incontri con i portatori di interessi. In questo modo, come in tutte le moderne democrazie, i cittadini potrebbero monitorare l’attività dei propri governanti”. Finora l’unico esponente del governo che mette online i suoi appuntamenti è il viceministro dei Trasporti Riccardo Nencini, che ha proposto l’adozione di un codice di autoregolamentazione valido per tutti i decisori pubblici (leggere l’articolo di Peter Gomez). “Ma quello del segretario del Psi è un caso isolato – ricorda il docente –. E gli altri? Mi auguro che il Parlamento abbia tempo e modo di chiudere al più presto la partita. È positiva la decisione del governo di non ripartire daccapo, però bisogna fare in modo che questa volta si arrivi al traguardo. Altrimenti si tratterà solo dell’ennesima occasione sprecata”.INTERESSI ALLE STELLE – Altro problema aperto. E di quelli scandalosi. Che in parte spiega le resistenze di Camera e Senato a discutere e approvare una legge sulle lobby. “Molti ex parlamentari svolgono attività di lobbying in modo irregolare – rivela Petrillo –. Anche in questo caso, il legislatore dovrebbe intervenire per vietare ogni attività di intermediazione fra gli ex deputati e senatori e gli attuali eletti. Un aspetto che però nessuno dei diciotto disegni di legge depositati nell’attuale legislatura a Palazzo Madama ha tenuto in considerazione”, conclude il docente della Luiss. Nel frattempo, in attesa di una norma che regoli definitivamente l’attività dei portatori di interesse, bisognerà accontentarsi del nuovo codice etico previsto per i deputati e curato dal presidente del Gruppo Misto, Pino Pisicchio. Una prima parte (riguardante fra le altre cose il conflitto di interessi) è già stata approvata. La seconda, dal titolo emblematico – “Ipotesi di regolamentazione dell’attività di lobbying da parte della Camera dei deputati” – dovrebbe essere ratificata entro il prossimo 26 aprile. L’attuale impostazione non piace però al Movimento 5 Stelle. “Abbiamo presentato degli emendamenti affinché gli incontri fra lobbisti e deputati vengano certificati anche fuori dal Palazzo – dice il deputato Danilo Toninelli –. Prevedendo sanzioni sia nei confronti dei lobbisti, che arrivano fino alla cancellazione dall’apposito registro, sia degli eletti, con pene pecuniarie e sospensione dai lavori dell’Aula”. Il tutto nell’attesa di una proposta di legge organica sulle lobby targata M5S.Giorgio Velardi, Il Fatto Quotidiano

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Tutti i disegni di legge sono fermi, a dispetto delle intenzioni più volte dichiarate, così come la legge sul conflitto di interessi. Ma ora il governo, per riscattarsi dal caso Guidi, dice di volere intervenire"Dobbiamo cercare di arrivare ad avere una legge», dice Maria Elena Boschi. Come impegno è un po’ poco, ma il messaggio che il ministro vuole mandare dalle poltrone dello studio di Porta a porta è che il governo intende accelerare sulla legge che dovrebbe regolare il rapporto tra i parlamentari e i lobbisti, i portatori di interessi che lavorano per aziende, multinazionali, categorie professionali o sociali.Legge che non c’è e la cui assenza è illuminata dalla vicenda di Federica Guidi, dalle telefonate tra l’ex ministro dello Sviluppo economico, già accusata di conflitto di interessi per via dell’azienda di famiglia, Ducati Energie, e il suo compagno, Gianluca Gemelli, accusato di «traffico di influenze illecite».L'accusa di Gemelli cita l’articolo 346 bis del codice penale, un reato voluto dal ministro Cancellieri che però da solo non regolamenta le molteplici forme con cui le lobby si interfacciano con le istituzioni, ed è insufficiente a definire i confini di quella che potremmo considerare un’attività di lobby positiva, come nota Pier Luigi Petrillo, professore di Teorie e tecniche del lobbying alla Luiss Guido Carli di Roma: «Si è introdotto il reato di traffico, che descrive il lobbying illecito, senza tracciare prima i confini del lobbying lecito».Per ora però le intenzioni, ribadite da Boschi, non hanno prodotto molto. Sono quasi due anni che la commissione Affari costituzionali del Senato ha in mano una serie di testi sulla materia, più o meno stringenti. Ed è quasi un anno che tra le dodici diverse proposte è stato individuato un testo base, quello dell’ex Cinque Stelle Luis Orellana, su cui sono stati presentati circa 250 emendamenti.«Ma non sono neanche ancora stati raccolti in un fascicolo», dice all’Espresso Orellana, «tant’è che non ho potuto ancora leggerli, non essendo io membro della prima commissione». Dopo le dichiarazioni di Maria Elena Boschi i più scommettono che la presidente Anna Finocchiaro faccia riprendere l’iter, perché nel merito non se ne discute da giugno 2015, salvo l’impegno messo a verbale nella seduta del 25 novembre scorso, quando la commissione si riprometteva di «riprendere l’esame del disegno di legge».Cosa mai successa. Tra gli aspetti positivi del testo di Orellana c’è il cosiddetto divieto “revolving doors": il rappresentate o il dirigente dell’istituzione pubblica, se cambia lavoro, non potrà diventare lobbista, almeno per due anni.A parziale discolpa dei senatori bisogna dire che la commissione ha prima dedicato molti mesi alla riforma costituzionale e poi ora ha sotto esame, tra le altre, la legge sul conflitto di interessi già approvata alla Camera (anche questa sarebbe stata utile nel caso Guidi, anche se il testo in questione non avrebbe impedito la nomina della vicepresidente di Confidustria) e la riforma della legge sul sostegno all’editoria. Comunque, mentre si attende di capire come il governo voglia concretizzare l’impegno dichiarato e se la commissione del Senato possa accelerare, la Camera dei deputati potrebbe esser la prima a intervenire.Un testo fotocopia di quello di Orellana è stato infatti presentato anche Montecitorio dalla deputata di Scelta Civica Adriana Galgano, anche se il successo per ora è lo stesso. Scarso: presentata a ottobre 2015, assegnata alla prima commissione, l'iter non è cominciato. Più fortunato potrebbe esser invece Pino Pisicchio. La giunta per il regolamento, infatti, venerdì 8 aprile chiude il termine per la presentazione degli emendamenti al testo che porta la firma del deputato centrista e che punta a istituire «un registro dei soggetti che svolgono attività di relazione istituzionale nei confronti dei deputati». Sarebbe solo un protocollo, e durerebbe solo fino alla fine della legislatura (questo perché altrimenti dovrebbe passare al voto dell’aula) ma sarebbe un primo passo avanti: «Molto piccolo», commenta Orellana, «perché a differenza di quello che potrebbe fare una legge vera e propria riguarda solo i deputati e non tutti gli altri decisori pubblici su cui i portatori di interessi esercitano le loro legittime pressioni. Non c’è il governo, tanto per cominciare e quindi non ci sarebbe stata la Guidi, e non ci sono i dirigenti dei ministeri che spesso sono più preziosi di noi parlamentari». «Entro la fine di aprile possiamo approvarlo», dice comunque Pisicchio. E almeno sapremmo chi può entrare a Montecitorio oltre ai deputati e ai giornalisti.Con il protocollo della Camera, non si risolve certo il tema degli incontri fuori dalle istituzioni, né il tema dei finanziamenti delle aziende alla politica, che d’altronde non risolve neanche il testo Orellana che prevede sanzioni per chi non si iscrive ai registri e l’obbligo per i portatori di interessi di pubblicare un annuale report su chi si è incontrato e perché. «Si potrebbe inserire anche l’obbligo di un report per i decisori pubblici», ragiona Orellana con l’Espresso, «così da incrociare i dati e verificare le dichiarazioni, ma certo gli incontri informali, a casa o in un caffè, si potrà sempre trovare il modo di tenerli segreti». Quello di Pisicchio sarebbe comunque un passo verso un registro sul modello delle istituzioni europee, dove c’è il “Registro per la Trasparenza”, un database dove sono iscritte quasi 10mila lobby, di tutti i Paesi, Italia inclusa. Se ne iscrivono 50 ogni settimana tra uffici di consulenza, gruppi di categoria, di settore, dell'industria o studi legali, liberi professionisti, associazioni professionali, charity e ovviamente ong e gruppi religiosi.E proprio al modello europeo pensa il professor Petrillo che ancora a Annalisa Chirico de Il Foglio dice: «Non serve l’ennesimo albo professionale, io li abolirei tutti. Basterebbe introdurre un registro, sul modello europeo, fissando criteri di accesso trasparenti». Parlamentari e ministri, però, dovrebbero poi esser obbligati «a tenere un’agenda conoscibile degli incontri con i portatori di interesse». Il cittadino così potrebbe valutare la frequenza degli incontri e gli effetti sulle norme approvate. Sui finanziamenti, invece: «Le lobby non dovrebbero finanziare le campagne elettorali», dice ancora il professore. Ma qui l’orientamento è diverso. Nessuna delle leggi presentate affronta il tema, che d’altronde è stato normato con la riforma del finanziamento dei partiti, mantenendo solo il 2 per mille come forma di finanziamento pubblico e consentendo i finanziamenti privati anche da società e associazioni.Fonte: Luca Sappino, L'Espressohttp://goo.gl/EiQrGo

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