(Massimo Micucci) Non so se ammiro più la preparazione o la pazienza del professor Pier Luigi Petrillo che scrivendo su Formiche.net ha riproposto un approccio razionale e pratico al tema della regolamentazione della attività di Lobbying.
Non nascondo un qualche scetticismo. Finora l’atteggiamento dei decisori é stato per lo più superficiale, saltuario e inconcludente. Dare regole e spazio alla rappresentanza di interessi non è l’esigenza di una categoria di professionisti, ma una necessità del paese e del governo. Gli stati avranno sempre meno risorse e meno potere ma i cittadini saranno più esigenti. Si dovrà fare meglio con meno. Dal lavoro, al welfare ai servizi si dovrà contare sull’impegno attivo della società. Se la rivoluzione promossa dal premier si limitasse al pur indispensabile attivismo legislativo, amministrativo e di governo, i risultati sarebbero comunque effimeri e deludenti. Perché?
Matteo Renzi ripete spesso che la sua bussola sono “Marco, Dario e Margherita”: le persone e non i sindacati, o i politici, i “lobbisti”. Nella società di oggi verso la quale egli mostra più sensibilità e assonanza di ogni leader precedente non c’è “accountability” verso le persone senza “engagement”. Cioè se si chiama in causa il cittadino la disintermediazione é solo una premessa, la trasparenza è un dovere, ma per mettere fine alla lamentela, rilanciare fiducia e crescita ci vuole un interesse concreto, visibile e di prospettiva, da parte dei cittadini e delle imprese. La rappresentanza di interessi dunque deve poter (e saper) fare la sua parte.
Quando si parla di lobbies si intende spesso “retaggi, corporazioni, spinte o poteri di interdizione”. Prendiamone atto perchè , ahimè, i lobbisti più potenti sono quelli meno visibili. Quando si parla di regolamentare peró non è che si vogliono fare più accettabili e controllati “i cattivi”. Le regole servono a dare opportunità e forme di partecipazione agli interessi privati legittimi per farli esprimere liberamente ed interagire con i decisori pubblici. La politica poi decide. Questa è l’essenza di una società libera e dinamica.
La politica più innovativa e illuminata non nasce “imparata”. La politica ha bisogno che “Marco, Dario e Margherita”- per riprendere ancora la narrazione del Presidente del Consiglio- possano parlare e si impegnino nel loro futuro. Il ruolo e la responsabilità che la politica torna ad esercitare non deve essere un ritorno all’autosufficienza, al primato sulla società. Nella società ci sono conoscenze, esperienze, competenze che possono aiutare il governo delle cose. Una nuova classe dirigente dunque non ha bisogno di vecchi maestri, ma di rispettare ed ascoltare la società più di chi l’ha preceduta pur rieservandosi di scegliere.
Se si pensa che i privati debbono investire, bisogna saperci ragionare. Non baste fare leggi e vedere se funzionano. Insomma un governo dell’ottimismo ha bisogno di lobbisti del futuro. Non ci interessa tanto essere riconosciuti come professionisti, nè inventare nuove intermediazioni, ma che gli interessi si confrontino con le decisioni politiche alla luce del sole. Quelli che si attardano a cercare un percorso preferenziale, amicale s’illudono.
Il confronto tra interessi va evidenziato senza demonizzarlo affinché le decisioni politiche siano consapevoli. Anche per liberare spazi grigi ed ipocriti di lobbying “con gli interessi degli altri” come le redazioni dei giornali, le aule dei tribunali e i circoli di cronies. Lasciare inespressi e nascosti gli interessi o fingere che la politica rappresenti per diritto divino un interesse generale, è una menzogna pericolosa ed inutile. Regolare l’attività di Lobbying dunque è semplicissimo, come ha scritto il professor Pier Luigi Petrillo, “banale”. In poche mosse:
- Un decreto per il governo. Penso si possa fare per decreto una regolamentazione da Palazzo Chigi analoga a quella già sperimentata presso il MIPAAF. Albo di trasparenza, con impegni e vantaggi chiari : avrebbe effetto subito ed un carattere parziale ma vincolante in applicazione della norme Bassanini che obbligano già alla consultazione degli stakeholders.
- Un regolamanto per le Camere. Si può (analogamente) intervenire sul piano dei regolamenti presso le Camere. Una legge che raccolga tutto avrà invece bisogno di tempo, ma i principi sono chiari ed estensibili: lobbisti e stato in trasparenza entrambi
- Regole sul confilitto di interessi Si tratta infine di regolare confilitti di interessi ancor più che bloccare le cosiddette ”sliding doors”. Poiché secondo me i rappresentanti del popolo sono lavoratori a tempo determinato, non mi sento di imporre di non lavorare in settori contigui alla loro attività legislativa se non in casi particolari e per un periodo breve.
- Parità. Tutti i portatori di interessi sono su un piano di parità
- Reciprocità nelle trasparenza. Qualunque regola si pensi per chi rappresenta gli interessi , deve esserci reciprocità , deve comportare obblighi di consultazione da parte di chi decide. Io ti propongo: tu mi rispondi. Sono i decisori al servizio di cittadini ed imprese non il contrario.
Postilla democratica: si può fare tutto presto e bene. Andrebbe però fatto un chiarimento definitivo, che vale anche per molte altre questioni: fare impresa, rispettando le regole, è un valore positivo e socialmente rilevante, come studiare, lavorare, costruire una famiglia, fare volontariato e non una concessione inevitabile. La collaborazione tra pubblico e privato è linfa vitale del rinnovamento.
Fonte: The Front Page



































