Lobbying Bill to become law after Lords rebellion falters
La Camera dei Lords ha accettato il piano del Governo Cameron di riformare l'attività di lobbying all'interno di una norma che tocca anche la regolamentazione delle spese per le campagne delle ONG e dei sindacati. I Lords avevano sconfitto tre volte il Governo la scorsa settimana (chiedendo tra l'altro un allargamento del registro a tutti i lobbisti e ai contatti coi funzionari di ogni grado), ma la House of Commons ha deciso di ignorare le scelte dei Lords, rinviando lo stesso testo ai pari, che hanno deciso di accettare senza votare ulteriormente, nonostante la Commissione che ci ha lavorato avesse definito la norma "un esempio di come non legiferare". A questo punto la proposta verrà comunque promulgata in legge quanto prima.
Società, associazioni di rappresentanza e altre organizzazioni che fanno lobby direttamente su Governo e Parlamento non saranno toccate dalla nuova legge britannica sul lobbying. La norma, proposta dall'Hon. Andrew Lansley, Leader della House of Commons, obbliga infatti solamente i lobbisti consulenti a dover rendere "trasparenti" le proprie attività.
La norma approvata fa divieto agli individui di fornire servizi di consulenza di lobbying se non iscritti al Registro o se non sono dipendenti di società di consulenza a loro volta non iscritte. Registro peraltro contenente informazioni alquanto limitate. Prevede infatti l'obbligo di fornire solo nome e indirizzo del lobbista (o della società di consulenza) e i nomi dei clienti. Ogni ulteriore dato dovrà essere definito in un regolamento futuro da emanarsi da parte del Governo.
La legge eleva al grado di reato l'attività di lobbying per i consulenti non registrati, o che lo abbiano fatto in ritardo, o che non abbiano fornito informazioni accurate o veritiere. Previste sanzioni fino a £5,000 in caso di patteggiamento, mentre non sono previsti limiti per le condanne davanti ad una Crown Court. In alternativa, il Registrar of Lobbyists può imporre una multa fino a £7,500.
Nessuna trasparenza
Significativamente, la legge definisce come lobbying solo le comunicazioni, orali o scritte, fatte personalmente ai Ministri e ai segretari permanenti in relazione a legislazione primaria e secondaria, contratti pubblici, licenze e autorizzazioni, o per l'esercizio di altre funzioni governative.
La legislazione, che vede la registrazione solo in caso di lobbying condotto sul Governo, risulta assai più limitata rispetto alle norme esistenti in altri paesi. Infatti, il lobbying condotto sui parlamentari, a meno che questi non siano Ministri o consiglieri di questi, non prevede alcuna formalità, come non la prevede l'attività compiuta sui livelli di Governo più bassi. Una lacuna che lascerà nell'oscurità gran parte dei rapporti tra lobbisti-consulenti e fuzionari pubblici.
Esclusi i lobbisti In-House
L a maggior parte dell'attività di lobbying è condotta in gran parte non dai consulenti, ma direttamente da lobbisti al servizio di aziende o organizzazioni di rappresentanza, definiti in-house lobbyists, la cui attività non è coperta dalla legge.
La norma infatti, non riguarda le comunicazioni dei lobbisti di questo tipo né di coloro che lavorino per aziende che primariamente portano avanti "non-lobbying business”, la cui definizione è talmente ampia che ogni società consulenza resterà fuori dal registro a meno di non essere specializzata solo in relazioni col Governo. Per esempio, una società di consulenza che fornisca anche servizi quali media relations e marketing communications sarebbe travolta dalla norma in questione solo se questa affermasse di fornire principalmente attività di lobbying.
Della fetta di 2 miliardi di sterline che Open Knowledge stima vengano spese annualmente per fare lobbying nel Regno Unito, solo una piccola parte è spes dai soggetti toccati, come ben chiarisce questo grafico:
Sconosciuto il contenuto del Registro.
Come già spiegato, la legge rinvia al regolamento molte delle questioni relative alle informazioni che i lobbisti dovranno inserire nel Registro. In alcuni altri paesi, la legge obbliga i lobbisti a rivelare i dettagli delle tematiche su cui lavorano, l'ammontare dei compensi ricevuti dai clienti o da altri soggetti, e se il lobbista abbia in passato occupato un ruolo governativo. Non è ancora noto se il Governo includerà alcune di quetae richieste nel regolamento attuativo.
Un registro quindi simile a quello della Trasparenza presso le istituzioni UE, ma persino più leggero e ancor meno efficace. Per avere un quadro, basta osservare i modelli di registro a confronto.
Niente norme etiche
Nazioni quali Canada e Australia hanno emanato anche dei codici etici che obbligano i lobbisti a condotte oneste nel rapportarsi col Governo. Condice previsto anche in Irlanda nell'attuale bozza della Regulation of Lobbying Bill 2013, in discussione presso l'Oireachtas Committee for Finance, Public Expenditure and Reform. In contrasto, la norma britannica non fa alcun riferimento alle norme etiche da rispettare.
Implicazioni
Consulenti e società devono ancor pienamente comprendere l'impatto della norma sulle loro attività. Lo stesso dovranno fare i clienti, che pur non avendo obblighi, se non si affideranno a lobbisti registrati vivranno quanto meno un rischio professionale.
La questione scozzese
Nonostante alcuni riferimenti nel testo, per quanto riguarda la Scozia, lo Standards, Procedures and Public Appointments Committee del Parlamento locale ha avviato lo scorso giugno una consultazione finalizzata all'approvazione di una regolamentazione sul lobbying ad hoc per le highlands.
Reazioni
Quattro anni fa, poco prima delle elezioni politiche 2010, il leader conservatore David Cameron annunciò la sua intenzione, se eletto, di attaccare “l'insana influenza" del "lobbying nascosto delle aziende”. Promise di portare il lobbying sotto "la luce della trasparenza" e di forzare il sistema politico ad "uscire pulito dalla compravendita di potere e influenza".
Il tema principale del suo discorso fu "ricostruire la fiducia nella politica", con cui attaccò l'allora Primo Ministro Gordon Brown e il suo sistema di controllo governativo e la sua gestione degli scandali politici del 2009..
Da allora la trasparenza è diventata centrale nelle dichiarazioni del governo Cameron, che più volte ha ripetuto di voler "aggiustare una politica rotta" e fare del Regno Unito "il Governo più aperto e trasparente del mondo”.
Dalle reazioni a seguito dell'approvazione della legge non si direbbe esserci riuscito però- Le reazioni sono state in gran parte negative, viste anche le altre norme inserite nel testo, che limitano molto le attività delle charities.
In un articolo pubblicato domenica sul sito del Guardian, Kiai, un avvocato kenyano ingaggiato dallo human rights council dell'ONU, ha dichiarato: "Per quanto 'venduto' come un modulo per livellare il campo d'azione, la legge non fa altro che restringere gli spazi di partecipazione delle persone, in particolare per coloro coinvolti nella società civile, con rischi per l'intero sistema democratico".
Aggiunge Kiai: "Norme originariamente mirate ai corporate lobbyists presentano ora buchi talmente grandi dal finire con l'escludere gli in-house lobbyists , i soggetti con maggior capacità di influenza nel Regno Unito, lasciando l'impatto della legge a consulenti e NGO".
Un intervento che certo non ha fatto piacere al Primo Ministro Cameron, come la legge non lo fa alle associazioni, che per protestare hanno persino lanciato una petizione online.



































