(Andrea Barcariol) Se in Italia il registro per le lobby rappresenta un’autentica novità, in molti altri Paesi il fenomeno è stato da tempo regolamentato.
Gli Stati Uniti sono stati i primi a tutelarne la legittimità, nel 1946, con il Federal Regulation of Lobbying Act, che istuitì l’obbligo di registrazione per il lobbisti e la trasparenza dei loro compensi, una legge che sarà poi sostituita nel 1995 con il più dettagliato Lobbying Disclosure Act. Con l’arrivo di Obama alla Casa Bianca la trasparenza è diventata una priorità e nel 2009 il Recovery Act Lobbying Rules ha stabilito che tutte le comunicazioni tra funzionari pubblici e lobbisti devono essere riportate su Internet.
Anche in Canada , nel 2008, con il Lobbyng Act viene previsto l’obbligo di un registro dove riportare il nome del lobbista, il cliente rappresentato, l’istituizione su cui si fa lobbying, le questioni affrontate, la quantità di fondi ottenuta dal cliente e dettagliati report mensili on line. Una normativa simile a quella vigente in Australia , dove i criteri sono ancora più severi e ai ministri e ai parlamentari uscenti è vietato fare lobbying per i 18 mesi successivi alla cessazione della carica.
Se gli Stati Uniti sono al primo posto per quantità di “gruppi di pressione”, all’ Unione Europea va indubbiamente la medaglia d’argento. Secondo il rapporto Stubb del Comitato Affari Costituzionali del Parlamento Europeo, sono circa 2.500 le organizzazioni che «rappresentano interessi», per un totale di oltre 15.000 lobbisti. Per questo il Parlamento Europeo, nel 1996, ha emanato una serie di regole sul lobbying, istituendo un elenco dei lobbisti e un Codice di Condotta, rivisto poi nel 2008 in seguito alla European Transparency Iniziative, che ha portato alla creazione di un registro volontario europeo dei lobbisti, i cui dati vengono resi pubblici in rete.
In Europa il primo Paese a normare l’attività di lobbying è stato la Germania , il cui registro risale addirittura al 1951, istituzionalizzato nel 1972, mentre l’ Austria ha la regolamentazione più recente, con una norma del 2012 che impone la registrazione obbligatoria per tutti coloro che ricevono un compenso per attività mirate a influenzare l’attività legislativa. In Inghilterra Cameron ha introdotto la Lobbying Bill, mentre in Olanda è stata inserita una distinzione tra tre diverse categorie di lobbisti. In Francia , invece, l’iscrizione al registro consente un accesso diretto alle sedi delle due Camere. Per quanto riguarda l’Europa dell’Est, il primo Paese ad adottare una legge sull’attività di lobbying è stata la Lituania nel 2001, seguita dalla Polonia nel 2005. Una particolarità della normativa polacca è l’imposizione ai funzionari governativi di tenere un registro dei contatti con i lobbisti da rendere pubblico annualmente. Normative sul lobbying sono in vigore anche in Ungheria, Slovenia, Macedonia, Montenegro, Georgia, Messico, Colombia, Argentina, Perù, Filippine e persino a Taiwan , per un totale complessivo di 23 Paesi (ben 11 sono europei).
Fonte: Il Tempo






































