NEWS
Rinviata la stretta sulle lobby «Materia molto delicata»
Scritto il 2013-07-06 da lobbyingitalia su Italia

Il ministro Moavero dovrà studiare la «coerenza» con le leggi in vigore negli altri Paesi Ue

Sulle lobby professionali il governo per ora non decide. E blocca gli schemi di disegno di legge entrati ieri in Consiglio dei ministri: «Abbiamo fatto un inizio di discussione ma si tratta di materia molto delicata», ha detto il presidente del Consiglio. Dunque, ha aggiunto Enrico Letta, è stato deciso di «affidare un approfondimento al ministro Enzo Moavero, una sorta di ricognizione comparata per garantire al provvedimento una logica di coerenza con gli altri Paesi europei». Moavero, ha concluso il premier non precisando quando durerà questa fase istruttoria supplementare, «lavorerà per far sì che le indicazioni che seguiremo siano compatibili con la normativa nei Paesi Ue, oltre a quella che vige per il Parlamento europeo e per la Commissione europea».

La materia è davvero delicata. Perché mette insieme due esigenze. La prima è quella di far emergere con norme più stringenti l?attività dei lobbisti professionali. Sull?altro fronte, le associazioni dei lobbisti reclamano più trasparenza nella pubblica amministrazione spesso sensibile solo alle posizioni dominanti dei grandi gruppi. A febbraio del 2012, per esempio, quando fu varato il primo regolamento dell?attività di rappresentanza di interessi al ministero delle Politiche agricole e forestali, una grande e potente organizzazione agricola non ha gradito perché così anche i «piccoli » vengono messi in condizione di fare lobbying.

Il testo del ddl, 12-13 articoli, è stato rimaneggiato e ancora non ha trovato una versione definitiva. Il Consiglio - durante il quale più di un ministro si è lamentato per non avere ricevuto in tempo il testo (o i testi) - era stato preceduto da almeno tre riunioni tra i capi del legislativo dei vari dicasteri. Tra i nodi da sciogliere c'è l'albo per i lobbisti (che alcuni vorrebbero fosse solo un elenco), i controlli affidati all'Antitrust (che altri vorrebbero di competenza della Civit), le diverse opzioni sul grado di trasparenza da imporre alla pubblica amministrazione, il tetto di 150 euro per regali e le «altre utilità» elargite dai lobbisti.

Poi, brucia l'elenco accurato in cui, secondo uno dei testi elaborati, rientrano i «decisori pubblici» che non possono iscriversi all?albo (o elenco) dei lobbisti a meno non abbiano cessato l'incarico o il mandato da due anni: «Ministri, sottosegretari, parlamentari (e loro collaboratori) dirigenti dei ministeri, membri delle autorità, sindaci, consiglieri regionali, provinciali e comunali». Un elenco che comprende anche i dipendenti pubblici, i giornalisti, i dirigenti dei partiti e dei sindacati.

Il governo spera di trovare in Europa il bandolo della matassa che per ora impedisce un rapporto codificato tra decisori e lobbisti. Ferpi e Assorel, due associazioni del settore pubbliche relazioni, in qualche modo certificano la divisione avvenuta nel governo: «Ci auguriamo che il testo in approvazione sia il più vicino possibile a quello elaborato dalla presidenza del Consiglio che, anticipando prassi e regole future, è stato oggetto di trasparente confronto». Per Claudio Velardi, lobbista ed ex capo dello staff di D'Alema a Palazzo Chigi, «il governo sta cercando una soluzione troppo complicata quando basterebbe adottare quella già sperimentata al ministero dell'Agricoltura».

Sul fronte delle polemiche tra governo e avvocati, il Guardasigilli Anna Maria Cancellieri ha risposto alla lettera del Consiglio nazionale forense a lei indirizzata e pubblicata sui quotidiani: «Il ministro ha parlato di lobby che bloccano le riforme, non di una lobby specifica. Né tantomeno di quella degli avvocati per il cui ruolo non ha mai avuto mancanza di rispetto»

Fonte: Corriere della Sera

Perché i parlamentari si nascondono dietro un nome indefinito che evoca mostri lontani e imprendibili per scaricare le proprie responsabilitàdi Pier Luigi PetrilloEcco, ci risiamo: è colpa delle lobby. Sul Foglio la senatrice Linda Lanzillotta (Pd) ha ammesso perlomeno che le cosiddette lobby avranno sì frenato il disegno di legge Concorrenza, bloccato da un anno in Parlamento, ma anche la flemma della politica ha avuto un ruolo. Effettivamente, non mi risulta che le lobby abbiano occupato il Parlamento, si siano sostituite ai deputati di maggioranza e abbiano votato emendamenti a loro favorevoli. Mi risulta, invece, che siano stati i deputati di maggioranza a presentare emendamenti a favore di certe lobby e a votarli a maggioranza (appunto).Il disegno di legge sulla Concorrenza non è il frutto di una elucubrazione accademica ma la conseguenza naturale, in un sistema democratico, della precisa scelta politica della maggioranza che sostiene il governo; una scelta indirizzata a sostenere taluni ordini, corporazioni (anche micro), settori produttivi del paese in situazione di sostanziale monopolio. Badate bene, si tratta di scelte legittime che qui non si contestano. Ciò che si contesta è che, come al solito, ci si nasconde dietro un dito e quel dito ha un nome indefinito che evoca mostri lontani e imprendibili: le lobby, appunto! E’ colpa delle lobby se non si fanno le liberalizzazioni; colpa delle lobby se il paese ristagna in paludi ottocentesche; sono le lobby a impedire riforme strutturali. Il grande merito del governo Renzi è stato quello di dimostrare che non è così; all’opposto Renzi ha dimostrato che se c’è la volontà politica è possibile superare ogni lobby e fare davvero ciò che si è promesso di fare. Il presidente del Consiglio ha ottenuto ciò che voleva in materia di lavoro, banche, assicurazioni, perfino di riforme costituzionali ed elettorali: ha vinto su lobby temibili e inarrivabili fino a qualche tempo fa, come i sindacati (o i professori di diritto costituzionale, categoria alla quale appartengo). La maggioranza in Parlamento ha dimostrato di poter approvare in poche settimane leggi molto contrastate da talune di queste lobby. Il dato, quindi, è uno solo: in questo caso e in materia di concorrenza e di liberalizzazione, la maggioranza ha deciso da che parte stare, ha espressamente deciso di assecondare talune lobby (quelle dell’immobilismo: dai soliti tassisti agli albergatori confederati) contro altre (quelle dei consumatori, per esempio). Per non ammettere questo dato di fatto, così evidente da sembrare davvero stucchevole ogni polemica sull’articolo di Giavazzi del Corriere di qualche giorno fa, ci si nasconde dietro al consueto paravento: le lobby, queste sconosciute, brutte, sporche e cattive. E per mantenere in vita il paravento, dietro cui la politica si nasconde, non viene approvata alcuna regolamentazione del lobbying: proprio in occasione del ddl Concorrenza, alcuni senatori hanno provato a proporre qualche norma ma sono stati prontamente stoppati. Non possono essere approvate, infatti, norme che rendano trasparente l’azione dei lobbisti perché altrimenti cadrebbero gli altarini e si scoprirebbe ciò che tutti sanno: ovvero che laddove la politica è fragile e mancano indicazioni chiare, i parlamentari si sentono liberi di assecondare le lobby a loro più vicine (magari perché ne finanziano la campagna elettorale) perché sanno che, nell’oscurità che circonda il mondo delle lobby, non sarà mai colpa loro, non dovranno mai rendere conto delle loro scelte a nessun elettore (gli inglesi direbbero accountability). L’assenza di una legge sulle lobby impedisce all’elettore di comprendere cosa c’è davvero dietro l’emendamento presentato dal singolo deputato, quale interesse e chi l’ha redatto; impedisce di sapere chi paga e per cosa. Ma Renzi potrebbe battere un colpo e chiedere conto di taluni voti in Senato che hanno affossato il ddl concorrenza col parere favorevole del rappresentante del Governo, per stupire tutti con uno dei suoi colpi di genio: presentare un maxi emendamento che sostituisce per intero questo feticcio di legge e, in un colpo solo, liberalizzare settori bloccati da secoli e sciogliere così corporazioni così vetuste da essere superate dai fatti (oltre che dal mercato). In ogni caso, in un sistema democratico come il nostro, non sarà mai colpa delle lobby ma della politica (debole, fragile, succube) che le asseconda. di Pier Luigi Petrillo, Professore di Teoria e tecniche del lobbying, Luiss

Imprese - Lobbyingitalia

Un articolo di Public Policy a cura di Fabio Napoli fa il punto sulla situazione attuale della regolamentazione delle lobby in Italia, ancora in attesa di passi decisi in questa direzione da parte del Governo. In questa legislatura se ne sono occupati sia il governo Letta che quello Renzi ma una vera regolamentazione delle lobby stenta ancora a partire. Per ora il ddl che se ne occupa è ancora fermo in prima lettura in commissione Affari costituzionali del Senato. Dopo il quinto slittamento del termine per presentare gli emendamenti i gruppi parlamentari hanno presentato - a giugno 2015 - circa 250 emendamenti che attendono di essere votati. Il ddl, se tutto va bene, dovrebbe essere esaminato dopo la proposta di legge sul terzo settore, in via di esame in 1a commissione. Eppure era l'aprile del 2014 quando il governo Renzi inserì la regolamentazione delle lobby nel Piano nazionale di riforme (una delle tre parti del Def). L'esecutivo avrebbe dovuto licenziare un ddl a giugno di quell'anno, termine poi slittato a settembre. Arrivato l'autunno il governo abbandonò il progetto di un disegno di legge governativo per puntare sui progetti depositati in Parlamento. Ancora prima ci aveva provato il governo Letta, con un apposito ddl governativo, più volte approdato in Cdm e mai uscito da Palazzo Chigi. Il ddl dell'esecutivo, dopo diversi tavoli di lavoro, sembrava essere pronto per essere licenziato quando il 5 luglio 2013 l'allora premier Enrico Letta annunciò il rinvio e la decisione di affidare al ministro per gli Affari europei Enzo Moavero Milanesi il compito di fare "una ricognizione sulla regolamentazione delle lobby a livello europeo" che non venne mai portata a termine. Intanto, sui vari canali di comunicazione i professionisti del settore non perdono occasione di confrontarsi sulla necessità di una regolamentazione del settore, anche avviando interessanti discussioni su Twitter aperte alla partecipazione di lobbisti e consulenti per i public affairs, o condividendo le ultime notizie italiane e internazionali sulle best practice di regolamentazione del settore. Servirà però un deciso intervento di Palazzo Chigi per compiere i primi passi verso una normativa nazionale.

Imprese - Lobbyingitalia

Serve una nuova legge sul conflitto di interessi e una regolamentazione dell'attivita' di lobbying. Lo chiede l'Antitrust, nell'ultima relazione sulla materia trasmessa al Parlamento. In particolare, l'autorita' presieduta da Giovanni Pitruzzella, chiede ''una complessiva rivisitazione'' della normativa in vigore, per ''rafforzare le misure a carattere preventivo e fornire all'Antitrust adeguati mezzi di enforcement, diretti ad as­sicurare un effettivo ed efficace perseguimento delle finalita' previste asse­gnate in entrambi i settori nei quali esercita i poteri di vigilanza, vale a dire i conflitti di interessi e le incompatibilita' governative''. Ed e' proprio ''indispensabile una riformulazione della no­zione di conflitto di interessi, attribuendo centrale rilevanza alla situazione di pericolo che differenzia il conflitto di interessi rispetto ai canonici reati contro la pubblica amministrazione''. A questo proposito, l'Autorita' segnala, ad esempio, che, in base all'attuale legge, per verificare l'esistenza di in conflitto per incidenza patri­moniale, occorre la presenza di requisiti quali l'adozione di un atto di governo, il vantaggio patrimoniale preferenziale e il danno all'interesse pubblico, nonche' il collegamento fun­zionale tra questi elementi e il titolare di carica. ''Condizioni, queste, non solo di non facile verifica, ma anche spesso non riscontrabili in rapporto a fattispecie concrete'', e' scritto nella relazione al Parlamento. LEGGI: La Relazione dell'AGCM sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitto d'interessi Il disegno di riforma attualmente in discussione alla Camera presenta ''una serie di significative innovazioni'', tuttavia si ritiene opportuno mantenere in capo all'Antitrust le attuali competenze, piuttosto che affidarle ad un'istituenda Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti di interesse come prevede la proposta in discussione. L'organismo presieduto da Pitruzzella considera inoltre necessario introdurre nel nostro ordinamento anche ''un'apposita regolamentazione in materia di rappresentanza degli interessi (disciplina delle cosiddette lobby), della quale, come noto, il nostro Paese e' ancora privo''. ''La trasparenza del settore lobbistico -ammonisce l'Antitrust- si inserisce in un piu' ampio sistema di integrita' del settore pubblico, che contribuisca a mitigare i rischi di conflitti di interesse nelle fasi decisionali; rischi attualmente amplificati, in ambito nazionale, dall'incontestabile rapporto esistente fra la sostanziale assenza di una regolamentazione delle attivita' lobbistiche, il con­testuale perdurare di situazioni di conflitto di interessi, dovuto agli evidenti limiti della normativa di settore e, non da ultimo, dal perpetrarsi di fenomeni corruttivi''. L'Autorita' garante per la concorrenza e il mercato considera ''di estremo interesse'' il disegno di legge sulla materia in discussione al Senato, esprimendo ''un generale apprezza­mento'' per le previsioni contenute in questo testo, ''finalizzato ad introdurre finalmente, nel nostro ordinamento, un'apposita normativa in ma­teria di regolazione dell'attivita' di lobbying''. Una legge che dovra' garantire trasparenza, vale a dire verificabilita' e conoscenza dei rapporti intercorrenti tra lobbisti e soggetti pubblici; integrita', ossia eticita' delle condotte poste in essere sia dalle istituzioni pubbliche che dai lobbisti; parita' di accesso, vale a dire assicurare ad una pluralita' di interessi l'accesso al processo decisionale. In conclusione l'Antitrust ''confida che il processo di riforma in materia di conflitto di interessi possa essere finalmente realizzato nella direzione piu' volte tracciata non solo nelle propri relazioni semestrali, ma anche dagli or­ganismi europei e internazionali, a tal fine integrando il quadro degli inter­venti sul tema dell'etica pubblica nell'ambito delle specifiche esperienze maturate dalle diverse Autorita' nei rispettivi settori di riferimento''. A tal fine, e' auspicabile -ribadisce l'Antitrust- la previsione di una contestuale regolamenta­zione e vigilanza sulle attivita' di lobbying, da inserire in un complesso di norme che possa finalmente contrastare in via preventiva i rischi di conflitti di interesse nelle fasi decisionali, nonche' il verificarsi di fenomeni corruttivi''. ''Tale rilevante obiettivo appare nell'attuale momento storico piu' facilmente raggiungibile, anche alla luce delle rilevanti modifiche da ultimo apportate dal Parlamento in tema di legalita' alla normativa anti-corruzione, nonche' delle recenti prospettive di riforma della legislazione sul conflitto di interessi delineate dall'attuale governo''.

Imprese - Lobbyingitalia

LOBBYINGITALIA
NEWS