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Per i lobbisti un albo e una commissione di controllo in Parlamento
Scritto il 1997-04-11 da lobbyingitalia su Italia

Cominciare a controllare e regolamentare l'attività dei lobbisti che si aggirano in Parlamento e nei ministeri per caldeggiare quella riduzione fiscale, quel provvedimento sulla sanità, quella norma sulla sicurezza lavoro. Questo è lo scopo di un disegno di legge firmato da alcuni senatori del Ppi, ben consci che è solo un primo passo per colmare ´il divario sostanziale fra un settore pubblico tanto elefantiaco quanto debole e sofisticati apparati privati che si servono di personale altamente specializzato e retribuito'.

Bisogna anche tener conto dell'autonomia costituzionalmente garantita delle Camere. L'idea è quella di costituire un elenco professionale dei lobbisti specificando le caratteristiche necessarie per esservi iscritti. Viene anche proposta la creazione di una commissione di controllo formata da un consigliere di cassazione, un consigliere di stato, tre componenti nominati rispettivamente dal presidente del consiglio e quelli di camera e senato, infine due membri eletti dagli iscritti nell'albo dei lobbisti.

Con quali compiti? Chi esercita l'attività professionale di rappresentanza di interessi presso parlamento e governo deve presentare alla commissione un dettagliato rapporto in cui sono indicati l'oggetto delle attività svolte, i soggetti con cui si è entrati in contatto e le somme spese a qualsiasi titolo per realizzare gli scopi perseguiti.

Gli iscritti all'albo dovranno inoltre utilizzare carta intestata nelle loro comunicazioni e curarsi che sia sempre compensibile il datore di lavoro o comunque il soggetto per cui si agisce. Chi sgarra, paga: ammonizione, censura, sospensione e, nel caso più grave, cancellazione dall'elenco professionale. Parallelamente gravano obblighi di collaborazione anche su parlamentari, membri di governo e componenti di apparati amministrativi di parlamento e governo. Questi devono informare la commissione, entro un mese dal ricevimento, di ogni dono elargizione e beneficio di valore superiore a 300 mila lire. Chi non lo fa rischia anche penalmente.

La commissione dovrà essere dotata di segreteria indispensabile per l'efficacia e la tempestività del controllo. Spese di segreteria più stipendi dei membri dovrebbero costare 400 milioni l'anno (cifra rivalutabile in futuro) coperti utilizzando il capitolo 6856 dello stato di previsione del ministero del tesoro, un contenitore omnibus per i nuovi provvedimenti.

Antonio Enrico Bartoli - MF

Lo scandalo ha messo in risalto l’immobilismo del Parlamento sulla regolamentazione delle lobby e del conflitto d’interessiScoppia il caso Guidi e la mancata regolamentazione dell’attività di lobby torna alla ribalta del dibattito politico e con essa anche la riforma delle norme in materia di conflitto di interessi.Il testo base sulle lobby (S. 1522 e conn.) giace da mesi in commissione Affari Costituzionali al Senato dove è stato continuamente posticipato il termine per la presentazione degli emendamenti senza poi fare alcun passo avanti. Circa un mese fa era stata avanzata l’ipotesi di trasferirlo direttamente all’interno del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza (S. 2085), per consentirne un’accelerazione dell’iter, ma l’ipotesi è tramontata pare definitivamente.Alla fine di febbraio, invece, la Camera ha approvato in prima lettura una proposta di legge volta a superare l’attuale e contestatissima legge in materia di conflitto di interessi, emanata sotto il governo Berlusconi (C.275 e abb.). Il provvedimento, inoltrato all’altro ramo del Parlamento, non è ancora ancora calendarizzato.Ci si interroga adesso, di fronte alle vicende che hanno portato alle dimissioni del ministro dello Sviluppo economico, cosa sarebbe successo se questi due provvedimenti fossero già diventati legge.Se fosse stato operativo il registro di chi svolge attività di lobbying, il compagno della ex ministro Federica Guidi avrebbe dovuto e potuto esservi regolarmente iscritto ed avrebbe dovuto dichiarare in maniera trasparente i suoi scopi professionali e i suoi clienti. In questo caso il conflitto d’interessi sarebbe stato immediatamente evidente e, di conseguenza, sarebbe stato molto difficile coprire i motivi che hanno portato l’emendamento sotto i riflettori dei media.Il riconoscimento ed una buona regolamentazione delle lobby e norme chiare ed inequivocabili in materia di conflitto di interessi, potrebbero per il futuro impedire che clientelismo e nepotismo si instaurino in un sottobosco di opacità in cui è lecito far passare leggi in virtù di un’amicizia e non di un interesse pubblico.Fonte: Polit'xhttp://goo.gl/922bUZ

Imprese - Lobbyingitalia

Perché i parlamentari si nascondono dietro un nome indefinito che evoca mostri lontani e imprendibili per scaricare le proprie responsabilitàdi Pier Luigi PetrilloEcco, ci risiamo: è colpa delle lobby. Sul Foglio la senatrice Linda Lanzillotta (Pd) ha ammesso perlomeno che le cosiddette lobby avranno sì frenato il disegno di legge Concorrenza, bloccato da un anno in Parlamento, ma anche la flemma della politica ha avuto un ruolo. Effettivamente, non mi risulta che le lobby abbiano occupato il Parlamento, si siano sostituite ai deputati di maggioranza e abbiano votato emendamenti a loro favorevoli. Mi risulta, invece, che siano stati i deputati di maggioranza a presentare emendamenti a favore di certe lobby e a votarli a maggioranza (appunto).Il disegno di legge sulla Concorrenza non è il frutto di una elucubrazione accademica ma la conseguenza naturale, in un sistema democratico, della precisa scelta politica della maggioranza che sostiene il governo; una scelta indirizzata a sostenere taluni ordini, corporazioni (anche micro), settori produttivi del paese in situazione di sostanziale monopolio. Badate bene, si tratta di scelte legittime che qui non si contestano. Ciò che si contesta è che, come al solito, ci si nasconde dietro un dito e quel dito ha un nome indefinito che evoca mostri lontani e imprendibili: le lobby, appunto! E’ colpa delle lobby se non si fanno le liberalizzazioni; colpa delle lobby se il paese ristagna in paludi ottocentesche; sono le lobby a impedire riforme strutturali. Il grande merito del governo Renzi è stato quello di dimostrare che non è così; all’opposto Renzi ha dimostrato che se c’è la volontà politica è possibile superare ogni lobby e fare davvero ciò che si è promesso di fare. Il presidente del Consiglio ha ottenuto ciò che voleva in materia di lavoro, banche, assicurazioni, perfino di riforme costituzionali ed elettorali: ha vinto su lobby temibili e inarrivabili fino a qualche tempo fa, come i sindacati (o i professori di diritto costituzionale, categoria alla quale appartengo). La maggioranza in Parlamento ha dimostrato di poter approvare in poche settimane leggi molto contrastate da talune di queste lobby. Il dato, quindi, è uno solo: in questo caso e in materia di concorrenza e di liberalizzazione, la maggioranza ha deciso da che parte stare, ha espressamente deciso di assecondare talune lobby (quelle dell’immobilismo: dai soliti tassisti agli albergatori confederati) contro altre (quelle dei consumatori, per esempio). Per non ammettere questo dato di fatto, così evidente da sembrare davvero stucchevole ogni polemica sull’articolo di Giavazzi del Corriere di qualche giorno fa, ci si nasconde dietro al consueto paravento: le lobby, queste sconosciute, brutte, sporche e cattive. E per mantenere in vita il paravento, dietro cui la politica si nasconde, non viene approvata alcuna regolamentazione del lobbying: proprio in occasione del ddl Concorrenza, alcuni senatori hanno provato a proporre qualche norma ma sono stati prontamente stoppati. Non possono essere approvate, infatti, norme che rendano trasparente l’azione dei lobbisti perché altrimenti cadrebbero gli altarini e si scoprirebbe ciò che tutti sanno: ovvero che laddove la politica è fragile e mancano indicazioni chiare, i parlamentari si sentono liberi di assecondare le lobby a loro più vicine (magari perché ne finanziano la campagna elettorale) perché sanno che, nell’oscurità che circonda il mondo delle lobby, non sarà mai colpa loro, non dovranno mai rendere conto delle loro scelte a nessun elettore (gli inglesi direbbero accountability). L’assenza di una legge sulle lobby impedisce all’elettore di comprendere cosa c’è davvero dietro l’emendamento presentato dal singolo deputato, quale interesse e chi l’ha redatto; impedisce di sapere chi paga e per cosa. Ma Renzi potrebbe battere un colpo e chiedere conto di taluni voti in Senato che hanno affossato il ddl concorrenza col parere favorevole del rappresentante del Governo, per stupire tutti con uno dei suoi colpi di genio: presentare un maxi emendamento che sostituisce per intero questo feticcio di legge e, in un colpo solo, liberalizzare settori bloccati da secoli e sciogliere così corporazioni così vetuste da essere superate dai fatti (oltre che dal mercato). In ogni caso, in un sistema democratico come il nostro, non sarà mai colpa delle lobby ma della politica (debole, fragile, succube) che le asseconda. di Pier Luigi Petrillo, Professore di Teoria e tecniche del lobbying, Luiss

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Buone nuove per la trasparenza e l'inclusività del processo decisionale in Italia, almeno nel ramo più importante del Parlamento, la Camera dei Deputati. E' di ieri la notizia di una nuova ipotesi di Regolamentazione dell'Attività di Lobbying all'interno del Regolamento della Camera alta, incoraggiata dalla presidente Laura Boldrini e a cura dell'on. Pino Pisicchio (Misto). La Giunta per il Regolamento, nella seduta del 10 marzo, ha discusso due modifiche all'attuale normativa interna a Montecitorio. Già nella seduta del 19 novembre scorso la Giunta "aveva proseguito il dibattito ed è emerso un prevalente orientamento favorevole ad affidare al relatore Pisicchio il compito di definire un testo volto a riaggregare in un unico documento il complesso delle norme vigenti che stabiliscono obblighi dei deputati (e, in particolare, obblighi di dichiarazione), a precisare i principi deontologici al cui rispetto sono tenuti i deputati, a individuare gli aspetti della materia che risultino sprovvisti di disciplina e a specificare ulteriori doveri comportamentali". Ma, cosa più importante per il settore, la stessa Giunta ha affidato allo stesso Pisicchio il compito di elaborare un normativa sul lobbying. Nel testo emerso (Ipotesi Regolamentazione Lobbying_Regolamento Camera dei Deputati) nuove importanti proposte che prevedono: L'istituzione di un "registro dell'attività di relazione istituzionale nei confronti dei deputati", pubblicato sul sito della Camera; La definizione di attività di relazione istituzionale come "ogni attività svolta da persone, associazioni, enti e società attraverso proposte, richieste, suggerimenti, studi, ricerche, analisi e qualsiasi altra iniziativa o comunicazione orale e scritta anche per via elettronica, intesa a perseguire interessi leciti propri o di terzi nei confronti dei membri della Camera" L'obbligo per gli iscritti al registro di "presentare alla Camera una relazione sull'attività di relazione istituzionale svolta nel semestre, che dia conto dei contatti effettivamente posti in essere, degli obiettivi conseguiti, dei mezzi impiegati e delle spese sostenute" due volte l'anno (entro il 30 giugno e il 31 dicembre), con l'indicazione dei soggetti istituzionali contattati. Il testo riferito alla proposta sul Codice di Condotta per i deputati (Ipotesi Codice Condotta Deputati_Regolamento Camera dei Deputati) conterrebbe invece nuove norme sulla trasparenza come la dichiarazione del proprio status patrimoniale (finalmente obbligatoria), le spese sostenute per la campagna elettorale, le donazioni ricevute direttamente o a mezzo di comitati costituiti a loro sostegno, comunque denominati, a titolo di liberalità per ogni importo superiore alla somma di 5.000 euro l'anno (già esistente) e, soprattutto, l'obbligo di astensione "dall'accettare doni o benefici analoghi, salvo quelli di valore inferiore a 250 euro, offerti conformemente alle consuetudini di cortesia, o quelli ricevuti conformemente alle medesime consuetudini qualora rappresentino la Camera in veste ufficiale". Viene inoltre disposto un Comitato consultivo sulla condotta dei deputati di 10 persone (4 dall'Ufficio di Presidenza e 6 Deputati) designati dal Presidente della Camera all'inizio di ogni legislatura. La sanzione applicata, ed è questa la vera svolta culturale, sarà di tipo politico. Come accade nelle maggiori democrazie occidentali.

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