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#OpenLobby, quando lobbying vuol dire trasparenza
Scritto il 2016-05-24 da Redazione su News

Riceviamo e pubblichiamo con piacere l'iniziativa di Running

Da Bruxelles a Washington l'attività dei lobbisti è normata e trasparente mentre in Italia la parola lobby continua ad avere un'accezione negativa. Ecco perché Reti apre agli studenti e ai giornalisti le sue stanze, sarà possibile comprendere come lavorano i professionisti del settore

Si scrive #OpenLobby, si legge trasparenza. Per la prima volta una società di lobbying apre le sue porte per dimostrare che il lobbista non è un mestiere oscuro.

Venite a conoscerci” afferma Giusi Gallotto, 36 anni, amministratore unico di Reti, “C’è una generazione nuova di lobbisti e comunicatori pubblici che aspira ad avere più trasparenza e riconoscimento. Far emergere gli interessi alla luce del sole serve a rendere i cittadini informati e la politica più consapevole delle sua responsabilità”.

Per questo motivo giovedì 26 maggio il personale di Reti e Running Academy (una media di 35 anni, ed il 50% di donne) accoglierà studenti universitari e giornalisti nella sede in via degli Scialoja 18 a Roma.

I partecipanti avranno l’opportunità di “vivere” la giornata tipo del lobbista all’interno delle “stanze” di una delle maggiori aziende di public affairs in Italia, di scoprire quali sono le tecniche per costruire un network di relazioni, di comprendere come si fa monitoraggio delle istituzioni e come si interviene, in piena trasparenza, sui processi decisionali.

#OpenLobby è un appuntamento formativo ed informativo per apprendere dai consulenti di Reti come si rappresentano gli interessi delle aziende italiane e internazionali che operano in Italia e nell'Unione Europea.

Parla Morbelli, responsabile relazioni esterne di Open Gate Italia. «Ma quali interessi oscuri. Noi portiamo le istanze dei nostri clienti al decisore, non vendiamo relazioni. Le regole a Montecitorio? Si poteva fare di più. Serve una legge, i primi a volere chiarezza siamo noi lobbisti»«Siamo lobbisti, non faccendieri. Finalmente alla Camera ci sarà più trasparenza, ma stiamo ancora aspettando una legge nazionale con regole certe». Andrea Morbelli è il responsabile del settore relazioni istituzionali di Open Gate Italia, una delle principali realtà del settore. Tra i suoi clienti, presenti e passati, figurano multinazionali come HP, Enel Open Fiber, le Acciaierie di Terni, l’associazione nazionale industrie cinematografiche, ma anche la società calcistica della Roma. A sentire lui, la regolamentazione approvata a Montecitorio sull’attività dei lobbisti è una buona notizia.Morbelli, partiamo dal suo lavoro. È corretto dire che i lobbisti rappresentano interessi particolari e costruiscono reti di relazioni con il decisore pubblico?Facciamo chiarezza. Il lobbista non crea relazioni, porta contenuti al decisore pubblico. Si discute di un provvedimento? Noi rappresentiamo le istanze dei nostri clienti, siano aziende o associazioni. E così portiamo anche il loro know how. Perché il decisore non può essere onnisciente: per regolare un settore deve prima avere gli strumenti che gli permettono di farlo. Ma non vendiamo relazioni, non siamo faccendieri. Oggi diverse multinazionali e associazioni di categoria possono già entrare alla Camera con un badge che viene rilasciato a discrezione del questore. Non c’è alcun criterio. Se la nuova regolamentazione azzera tutto e autorizza l’accesso solo a chi si registra sarà un dato positivo Da ieri alla Camera c'è una nuova regolamentazione della “attività di rappresentanza di interessi”.Ci sarà un pubblico registro dei lobbisti che entrano a Montecitorio. Come cambia il vostro lavoro?È un primo passo. Adesso spettano alla Presidenza ulteriori disposizioni per stabilire le modalità di accesso nel Palazzo. La nostra posizione è semplice: siamo a favore se esisterà un registro valido per tutti. Oggi diverse multinazionali e associazioni di categoria possono già entrare alla Camera con un badge che viene rilasciato a discrezione del questore. Non c’è alcun criterio. Se la nuova regolamentazione azzera tutto e autorizza l’accesso solo a chi si registra sarà un dato positivo. Altrimenti si rischia di reiterare il dislivello attuale. Dove qualcuno può entrare quando vuole e altri devono chiedere il permesso. La regolamentazione prevede anche che i lobbisti pubblichino un resoconto delle proprie attività nel Palazzo. Bene, noi siamo per la totale trasparenza. Meglio ancora se viene sanzionato chi non dichiara tutto, magari privandolo della possibilità di entrare alla Camera. Inizialmente si era anche ipotizzato di rendere pubbliche le spese sostenute da ciascuno nell’ambito della propria attività. Questa disposizione è stata tolta, io l’avrei lasciata. Gli ex parlamentari che diventano portatori di interessi, invece, dovranno attendere un anno prima di potersi iscrivere al registro. Anche se potranno continuare a entrare a Montecitorio in qualità di ex. Nel mondo succede così, non è uno scandalo. Chi è stato decisore pubblico può diventare un lobbista. Ma la norma così com'è scritta può essere sicuramente aggirata, questo è vero. Spesso si parla del lobbista come di un rappresentante di interessi oscuri, pronto a elargire mazzette… Ma questi sono traffichini, non lobbisti. Il nostro è un lavoro serio, proprio per questo vogliamo farlo in tutta trasparenzaInsomma, lei è soddisfatto delle nuove disposizioni?Ripeto, è un primo passo. Se ci fosse una legge nazionale con regole certe sarebbe ancora meglio. Si parla tanto di trasparenza, ma è evidente che qualche abuso esiste.Le cronache parlamentari raccontano spesso di strani personaggi che si aggirano tra le commissioni ed emendamenti infilati all’ultimo da anonime manine...Gli abusi esistono, certo. Anche per questo chiediamo norme chiare. Se la nostra attività avvenisse alla luce del sole non ci sarebbe nulla di male. Ognuno deve essere libero di portare il proprio contributo al decisore. E lui, a sua volta, deve essere libero di legiferare in autonomia. Oggi siamo noi i primi a pagarne le conseguenze. Spesso si parla del lobbista come di un rappresentante di interessi oscuri, pronto a elargire mazzette… Ma questi sono traffichini, non lobbisti. Il nostro è un lavoro serio, proprio per questo vogliamo farlo in tutta trasparenza.Fonte: Marco Sarti, Linkiesta

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In 40 anni 58 proposte di legge. Mai approvate. Norma attesa dal 1976, nonostante le polemiche e gli annunci. Per non parlare degli scandali. Come “Tempa Rossa”. Il ddl che dovrebbe regolamentare l’attività dei portatori di interessi è bloccato al Senato. Malgrado gli annunci e le promesse di illustri esponenti del governo. A cominciare dai ministri Boschi e Orlando. “Non presenteremo un nostro provvedimento”, assicura il sottosegretario alle Riforme Pizzetti. Che annuncia l'utilizzo da parte dell'esecutivo del testo degli ex M5s Orellana e BattistaTutti la vogliono. Almeno a parole. A cominciare dal ministro per le Riforme costituzionali Maria Elena Boschi (“Serve arrivare ad avere un provvedimento del genere”) e dal Guardasigilli Andrea Orlando (“È uno strumento contro la corruzione”). Per non parlare del governatore della Puglia, Michele Emiliano, che ne ha ribadito la necessità un minuto dopo aver appreso della sconfitta al referendum sulle trivelle. Ma poi, nei fatti, siamo sempre fermi al punto di partenza. E così nonostante i ripetuti scandali, ultimo in ordine di tempo quello che ha coinvolto l’ormai ex ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi e il compagno Gianluca Gemelli, in Italia la legge sulle lobby resta un vero e proprio miraggio. Nonostante la commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, più di un anno fa, abbia scelto e adottato come testo base tra i 18 depositati, il disegno di legge presentato dai senatori ex Movimento 5 Stelle Lorenzo Battista e Luis Alberto Orellana. Ddl poi ripresentato a Montecitorio dalla deputata di Scelta civica Adriana Galgano. Ma senza successo. Risultati, infatti, zero. Con tanti saluti alla sbandierata trasparenza.TESTO A TESTO – Ma cosa intende fare a questo punto il governo di Matteo Renzi? Nei giorni scorsi erano trapelate indiscrezioni relative alla possibilità, da parte dello stesso esecutivo, di elaborare un nuovo testo che bypassasse quello del duo Orellana-Battista. Ipotesi adesso smentita dal sottosegretario alle Riforme Luciano Pizzetti (Pd). “La nostra intenzione è quella di ripartire proprio dal ddl dei due senatori ex M5S – spiega contattato da ilfattoquotidiano.it –. Valuteremo se presentare degli emendamenti, ma non disporremo un nuovo testo. Il termine per la presentazione dei testi di modifica è stato posticipato a giovedì 21 aprile dopodiché, una volta terminata la discussione dei provvedimenti in calendario, primo fra tutti quello sul conflitto di interessi, verrà avviato l’esame del testo”, conclude. Staremo a vedere. La cosa certa, al momento, è che la questione si trascina ormai da troppo tempo. “Il prossimo 15 giugno festeggeremo il quarantesimo anniversario della presentazione del primo disegno di legge sulle lobby: dal 1976 ad oggi ne sono stati depositati cinquantotto, tutti rimasti lettera morta”, dice Pier Luigi Petrillo, docente di Teoria e tecniche del lobbying all’Università Luiss di Roma e uno dei massimi esperti della materia. “Il perché di questo ritardo? Alla politica conviene avere un paravento dietro il quale nascondersi per non assumersi la responsabilità delle proprie decisioni – risponde –. In termini di comunicazione è molto più efficace scaricare sulle lobby colpe che invece sono tutte ascrivibili alla classe politica, che da sempre agisce assecondando interessi di parte spesso sgraditi al proprio elettorato”.LOBBISTI AL TRAGUARDO – Con un ulteriore paradosso. Rappresentato dal fatto che sono le stesse società che fanno lobbying ‘alla luce del sole’ (da Open Gate a Utopia Lab, da Comin&Partners a Reti e Il Chiostro) a chiedere l’intervento del governo per regolamentare il settore. Addirittura con decretazione d’urgenza. Senza dimenticare la campagna #occhiaperti lanciata dalla comunità digitale Riparte il futuro, uno dei principali soggetti animatori di Foia4Italy. “La verità – aggiunge Petrillo – è che già domani mattina lo stesso Renzi potrebbe dare il buon esempio: basterebbe un decreto a sua firma per obbligare tutti i ministri a rendere pubblici gli incontri con i portatori di interessi. In questo modo, come in tutte le moderne democrazie, i cittadini potrebbero monitorare l’attività dei propri governanti”. Finora l’unico esponente del governo che mette online i suoi appuntamenti è il viceministro dei Trasporti Riccardo Nencini, che ha proposto l’adozione di un codice di autoregolamentazione valido per tutti i decisori pubblici (leggere l’articolo di Peter Gomez). “Ma quello del segretario del Psi è un caso isolato – ricorda il docente –. E gli altri? Mi auguro che il Parlamento abbia tempo e modo di chiudere al più presto la partita. È positiva la decisione del governo di non ripartire daccapo, però bisogna fare in modo che questa volta si arrivi al traguardo. Altrimenti si tratterà solo dell’ennesima occasione sprecata”.INTERESSI ALLE STELLE – Altro problema aperto. E di quelli scandalosi. Che in parte spiega le resistenze di Camera e Senato a discutere e approvare una legge sulle lobby. “Molti ex parlamentari svolgono attività di lobbying in modo irregolare – rivela Petrillo –. Anche in questo caso, il legislatore dovrebbe intervenire per vietare ogni attività di intermediazione fra gli ex deputati e senatori e gli attuali eletti. Un aspetto che però nessuno dei diciotto disegni di legge depositati nell’attuale legislatura a Palazzo Madama ha tenuto in considerazione”, conclude il docente della Luiss. Nel frattempo, in attesa di una norma che regoli definitivamente l’attività dei portatori di interesse, bisognerà accontentarsi del nuovo codice etico previsto per i deputati e curato dal presidente del Gruppo Misto, Pino Pisicchio. Una prima parte (riguardante fra le altre cose il conflitto di interessi) è già stata approvata. La seconda, dal titolo emblematico – “Ipotesi di regolamentazione dell’attività di lobbying da parte della Camera dei deputati” – dovrebbe essere ratificata entro il prossimo 26 aprile. L’attuale impostazione non piace però al Movimento 5 Stelle. “Abbiamo presentato degli emendamenti affinché gli incontri fra lobbisti e deputati vengano certificati anche fuori dal Palazzo – dice il deputato Danilo Toninelli –. Prevedendo sanzioni sia nei confronti dei lobbisti, che arrivano fino alla cancellazione dall’apposito registro, sia degli eletti, con pene pecuniarie e sospensione dai lavori dell’Aula”. Il tutto nell’attesa di una proposta di legge organica sulle lobby targata M5S.Giorgio Velardi, Il Fatto Quotidiano

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Il caso Guidi fa riesplodere la polemica sui faccendieri in Parlamento. È dal 1948 che la politica prova a regolarne l'attività. InutilmenteLobbisti senza legge. Il tentativo di cavalcare il «caso Guidi» per rafforzare la partecipazione referendaria è fallito. Il problema della regolamentazione delle lobby resta, però, di scottante attualità. L'ultimo «invito» a fare presto arriva in queste ore da «Riparte il futuro», uno dei principali soggetti animatori della piattaforma che punta a un Freedom of information act italiano e ad applicare il massimo della trasparenza anche al grande mercato delle influenze. «Visto il recente scandalo che ha toccato il ministro dello Sviluppo economico» evidenzia Federico Anghelè «il tema della rappresentanza degli interessi dovrebbe balzare in cima all'agenda politica. E invece il testo base sulla regolamentazione dell'attività di lobbying proposto dal senatore Orellana è ancora fermo in Commissione Affari Costituzionali e il termine per gli emendamenti viene continuamente posticipato». La richiesta di avere una legge sui lobbisti viene sollevata dall'inizio della Prima Repubblica. L'obiettivo è sempre lo stesso: individuare chiaramente chi sono, a chi si rivolgono, con quali mezzi cercano di influenzare la politica e quali sono i loro obiettivi. «L'opacità minaccia la qualità delle nostre leggi e favorisce fenomeni di corruzione e conflitti d'interessi». Per questo, spiegano, bisogna scuotere il governo e puntare a un intervento organico.Qualcosa di recente si è mosso a Montecitorio. La Giunta per il regolamento ha approvato la proposta di Pino Pisicchio, un codice etico meritorio che però si applica ovviamente solo alla Camera e non a tutte le istituzioni sulle quali la pressione dei lobbisti può essere esercitata (Senato, governo, ministeri, autorità indipendenti, regioni). La novità principale è il «registro dei soggetti che svolgono attività di relazione istituzionale nei confronti dei deputati», pubblicato sul sito Internet della Camera.L'aspetto particolare e paradossale è che sono gli stessi lobbisti a spingere per una seria regolamentazione del loro lavoro. «Veniamo periodicamente convocati in audizione in Parlamento» spiega Andrea Morbelli di Open Gate Italia. «Spieghiamo sempre la stessa cosa, ovvero che è fondamentale registrare tutti i portatori di interessi, dalle associazioni di categoria ai sindacati fino alle Onlus. Tutti devono essere censiti. Sono queste le regole che vengono adottate nel resto del mondo. Basta con l'amico del giaguaro e con le figure borderline. Bisogna distinguere tra il faccendiere, quello che vanta o millanta amicizia all'insegna dell'«a Fra' che te serve» e il lobbista che presenta studi e analisi per dialogare con le istituzioni essendo credibile come consulente strategico. Il paradosso è che ci siamo potuti registrare al Parlamento europeo, ma non in Italia».Sul tema, nell'attuale legislatura, sono stati presentati 18 progetti di legge. Dal 1948 al 2012, dalla I alla XVI legislatura, i disegni di legge in materia sono stati ben 51. Nessuno di questi è stato mai approvato e solo 6 sono stati esaminati dalle Commissioni competenti ma mai discussi in Assemblea. Molti movimenti si battono per la costituzione di un registro pubblico dei lobbisti e c'è anche chi chiede una agenda pubblica degli incontri tra politici e lobbisti dove ognuna delle parti sia vincolata a comunicare i dati relativi agli incontri svolti e i temi in discussione. Al Senato si riflette anche su come rendere pubblici gli emendamenti presentati in Commissione.I lobbisti - le società principali oltre Open Gate, sono Cattaneo & Zanetto, Reti, FB & Associati, Comin & Partners e Utopialab - non nascondono il sospetto che l'apparente impossibilità del legislatore di uscire da questa zona grigia serva a tutelare interessi consolidati. L'idea di fondo è che si voglia considerare legittimo e riconosciuto solo chi viene dal passato, sindacati in primis. Rifiutando di accettare che il piccolo mondo antico del Novecento è finito e il mondo della rappresentanza è definitivamente cambiato.Fabrizio De Feo, Il Giornale

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