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Puppato (PD): Dimissioni Guidi, subito legge sulle lobby
Scritto il 2016-04-01 da Franco Spicciariello su Italia

Il caso del Ministro Guidi rende ancora più urgente la necessità di una legge di regolamentazione delle lobby

È urgente far ripartire il dibattito parlamentare sul ddl sulla regolamentazione delle lobby, fintanto che non avremo una legge chiara continueranno ad esistere zone d’ombra e casi come quello che ha coinvolto la ex-Ministra Guidi purtroppo si ripeteranno.

Ci sono alcuni disegni di legge fermi in Commissione Affari Costituzionali, tra cui uno depositato da me che ha avuto apprezzamenti da docenti della Luiss e da giornali specializzati, poi il discorso si è arenato a causa della Riforma Costituzionale che ha occupato notevoli spazi, ma è fondamentale riprenderlo subito. Sono le stesse società di lobbying a chiederci una regolamentazione, per poter svolgere il proprio lavoro in maniera trasparente ed efficace.

L’azione di lobbying è associata culturalmente al malaffare, invece correttamente regolamentata, come già molti paesi occidentali hanno fatto, difende interessi legittimi e contribuisce alla formazione di leggi più complete e giuste.  Non possiamo trovarci, come ho più volte denunciato, con le pressioni delle più diverse e imprecisate figure ad attenderci fuori dalle porte delle commissioni, o venire sollecitati telefonicamente ad attivare questo o quel provvedimento, sempre col timore di parlare con la persona ‘sbagliata’, dobbiamo lavorare nelle istituzioni a testa alta, nella trasparenza e correttezza anche formale che solo un registro presso ANAC dei lobbisti può dare. La maggior parte di queste, va detto, sono iniziative lodevoli, volte a difendere o a promuovere iniziative di interesse comune, ma finché non avremo una legge sarà difficile dividere tra questi e chi invece cerca di spingere interessi particolari e poco trasparenti.

Fonte: http://goo.gl/p773a4

Parla l’ideatore del Master in relazioni istituzionali, lobby e comunicazione d’impresa alla Luiss: «L’attività di lobby era considerata sterco del diavolo, non era inusuale trovare chi la equiparasse al malaffare. Adesso, invece, è una professione trendy» C’era una volta una professione considerata «sterco del diavolo». E che adesso è diventata trendy. Grazie anche a una scuola che sta cambiando la formazione dei lobbisti, adesso più orientata al modello anglosassone secondo cui chi fa lobby cerca di spiegare in maniera semplice il funzionamento di mercati complessi e non è visto, dall’opinione pubblica, vicino al malaffare. Ne è convinto Francesco Delzio, ideatore del Master in relazioni istituzionali, lobby e comunicazione d’impresa alla Luiss e direttore relazioni esterne, affari istituzionali e marketing del gruppo Atlantia e di Autostrade per l’Italia (ma il ruolo aziendale non ha alcun legame con la «scuola dei lobbisti»). Dottor Delzio, fino a dieci anni fa era inimmaginabile una «scuola di lobbisti». Come è nata l’idea e come si è modificata la percezione di questa attività? «Ho ideato e fondato il Master 7 anni fa, insieme a un gruppo di manager riuniti nell’Associazione laureati Luiss — di cui ero presidente all’epoca — per colmare un “vuoto di mercato” nel mondo della formazione universitaria. Fin dall’inizio il progetto è stato realizzato con il professor Alberto Petrucci, che dirige con me il Master, e a partire dall’anno scorso con il professor Paolo Boccardelli, direttore della Luiss Business School». Qual era il vuoto di mercato? «Il bisogno diretto delle aziende: erano stanche di cercare dei portaborse a cui affidare l’analisi degli effetti di una normativa sul loro business». Attività che veniva mal vista dall’opinione pubblica. «Certamente: l’attività di lobby era considerata sterco del diavolo, non era inusuale trovare chi la equiparasse al malaffare. E invece il modello americano e anglosassone dimostra che c’è un modo trasparente di fare lobby». Lobby trasparente sembra un ossimoro. «E invece nella visione americana è proprio così. L’attività di lobbying è efficace quando diventa trasparente, quando unisce l’interesse di parte del lobbista con gli interessi generali del Paese. Il problema è che l’Italia arriva con 50 anni di ritardo». Rispetto agli Stati Uniti? «Eh sì. John Fitzgerald Kennedy diceva che “i lobbisti sono quelle persone che per farmi comprendere un problema impiegano 10 minuti, mentre per lo stesso problema i miei collaboratori impiegano 3 giorni ”». Purché se ne abbiano le competenze, però. «È quello che proviamo a fare con il Master, anticipando la normativa che a livello nazionale ancora non c’è. Il gestore dei rapporti pubblico-privato deve conoscere il diritto e l’economia per poter misurare gli effetti di un emendamento sui conti di un’azienda o sul Pil del Paese; ma deve anche saper creare il consensus building, ovvero costruire il consenso per unire un’istanza di parte all’interesse generale del Paese». Il gestore per antonomasia dei rapporti pubblico-privato è Confindustria. La nuova presidenza Boccia, secondo lei, come si posiziona nel dibattito molto acceso in Italia sulla volontà politica di regolamentare le lobby? «A partire dagli anni ‘90, Confindustria ha interpretato per prima in Italia questa nuova visione del lobbying e del rapporto pubblico-privato. Oggi la presidenza di Boccia — che con la sua storia aziendale rappresenta l’ideal-tipo dell’impresa italiana — ha la possibilità di far fare a Confindustria un ulteriore salto di qualità: sostanzialmente finita l’era della concertazione, Confindustria ha le competenze e l’autorevolezza per giocare d’anticipo rispetto alla politica e per diventare un grande “cantiere delle policy” industriali, economiche, fiscali e del lavoro, al servizio delle imprese e al tempo stesso del Paese». Quanti lobbisti avete formato in 7 anni? «Ne abbiamo formati e portati nelle aziende circa 200. Il Master ha una selezione all’ingresso e la metà dei pretendenti, che aumenta di anno in anno, resta fuori. Adesso fare il lobbista è diventato di moda, è una professione trendy». Fonte: Michelangelo Borrillo, Corriere.it

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In 40 anni 58 proposte di legge. Mai approvate. Norma attesa dal 1976, nonostante le polemiche e gli annunci. Per non parlare degli scandali. Come “Tempa Rossa”. Il ddl che dovrebbe regolamentare l’attività dei portatori di interessi è bloccato al Senato. Malgrado gli annunci e le promesse di illustri esponenti del governo. A cominciare dai ministri Boschi e Orlando. “Non presenteremo un nostro provvedimento”, assicura il sottosegretario alle Riforme Pizzetti. Che annuncia l'utilizzo da parte dell'esecutivo del testo degli ex M5s Orellana e BattistaTutti la vogliono. Almeno a parole. A cominciare dal ministro per le Riforme costituzionali Maria Elena Boschi (“Serve arrivare ad avere un provvedimento del genere”) e dal Guardasigilli Andrea Orlando (“È uno strumento contro la corruzione”). Per non parlare del governatore della Puglia, Michele Emiliano, che ne ha ribadito la necessità un minuto dopo aver appreso della sconfitta al referendum sulle trivelle. Ma poi, nei fatti, siamo sempre fermi al punto di partenza. E così nonostante i ripetuti scandali, ultimo in ordine di tempo quello che ha coinvolto l’ormai ex ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi e il compagno Gianluca Gemelli, in Italia la legge sulle lobby resta un vero e proprio miraggio. Nonostante la commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, più di un anno fa, abbia scelto e adottato come testo base tra i 18 depositati, il disegno di legge presentato dai senatori ex Movimento 5 Stelle Lorenzo Battista e Luis Alberto Orellana. Ddl poi ripresentato a Montecitorio dalla deputata di Scelta civica Adriana Galgano. Ma senza successo. Risultati, infatti, zero. Con tanti saluti alla sbandierata trasparenza.TESTO A TESTO – Ma cosa intende fare a questo punto il governo di Matteo Renzi? Nei giorni scorsi erano trapelate indiscrezioni relative alla possibilità, da parte dello stesso esecutivo, di elaborare un nuovo testo che bypassasse quello del duo Orellana-Battista. Ipotesi adesso smentita dal sottosegretario alle Riforme Luciano Pizzetti (Pd). “La nostra intenzione è quella di ripartire proprio dal ddl dei due senatori ex M5S – spiega contattato da ilfattoquotidiano.it –. Valuteremo se presentare degli emendamenti, ma non disporremo un nuovo testo. Il termine per la presentazione dei testi di modifica è stato posticipato a giovedì 21 aprile dopodiché, una volta terminata la discussione dei provvedimenti in calendario, primo fra tutti quello sul conflitto di interessi, verrà avviato l’esame del testo”, conclude. Staremo a vedere. La cosa certa, al momento, è che la questione si trascina ormai da troppo tempo. “Il prossimo 15 giugno festeggeremo il quarantesimo anniversario della presentazione del primo disegno di legge sulle lobby: dal 1976 ad oggi ne sono stati depositati cinquantotto, tutti rimasti lettera morta”, dice Pier Luigi Petrillo, docente di Teoria e tecniche del lobbying all’Università Luiss di Roma e uno dei massimi esperti della materia. “Il perché di questo ritardo? Alla politica conviene avere un paravento dietro il quale nascondersi per non assumersi la responsabilità delle proprie decisioni – risponde –. In termini di comunicazione è molto più efficace scaricare sulle lobby colpe che invece sono tutte ascrivibili alla classe politica, che da sempre agisce assecondando interessi di parte spesso sgraditi al proprio elettorato”.LOBBISTI AL TRAGUARDO – Con un ulteriore paradosso. Rappresentato dal fatto che sono le stesse società che fanno lobbying ‘alla luce del sole’ (da Open Gate a Utopia Lab, da Comin&Partners a Reti e Il Chiostro) a chiedere l’intervento del governo per regolamentare il settore. Addirittura con decretazione d’urgenza. Senza dimenticare la campagna #occhiaperti lanciata dalla comunità digitale Riparte il futuro, uno dei principali soggetti animatori di Foia4Italy. “La verità – aggiunge Petrillo – è che già domani mattina lo stesso Renzi potrebbe dare il buon esempio: basterebbe un decreto a sua firma per obbligare tutti i ministri a rendere pubblici gli incontri con i portatori di interessi. In questo modo, come in tutte le moderne democrazie, i cittadini potrebbero monitorare l’attività dei propri governanti”. Finora l’unico esponente del governo che mette online i suoi appuntamenti è il viceministro dei Trasporti Riccardo Nencini, che ha proposto l’adozione di un codice di autoregolamentazione valido per tutti i decisori pubblici (leggere l’articolo di Peter Gomez). “Ma quello del segretario del Psi è un caso isolato – ricorda il docente –. E gli altri? Mi auguro che il Parlamento abbia tempo e modo di chiudere al più presto la partita. È positiva la decisione del governo di non ripartire daccapo, però bisogna fare in modo che questa volta si arrivi al traguardo. Altrimenti si tratterà solo dell’ennesima occasione sprecata”.INTERESSI ALLE STELLE – Altro problema aperto. E di quelli scandalosi. Che in parte spiega le resistenze di Camera e Senato a discutere e approvare una legge sulle lobby. “Molti ex parlamentari svolgono attività di lobbying in modo irregolare – rivela Petrillo –. Anche in questo caso, il legislatore dovrebbe intervenire per vietare ogni attività di intermediazione fra gli ex deputati e senatori e gli attuali eletti. Un aspetto che però nessuno dei diciotto disegni di legge depositati nell’attuale legislatura a Palazzo Madama ha tenuto in considerazione”, conclude il docente della Luiss. Nel frattempo, in attesa di una norma che regoli definitivamente l’attività dei portatori di interesse, bisognerà accontentarsi del nuovo codice etico previsto per i deputati e curato dal presidente del Gruppo Misto, Pino Pisicchio. Una prima parte (riguardante fra le altre cose il conflitto di interessi) è già stata approvata. La seconda, dal titolo emblematico – “Ipotesi di regolamentazione dell’attività di lobbying da parte della Camera dei deputati” – dovrebbe essere ratificata entro il prossimo 26 aprile. L’attuale impostazione non piace però al Movimento 5 Stelle. “Abbiamo presentato degli emendamenti affinché gli incontri fra lobbisti e deputati vengano certificati anche fuori dal Palazzo – dice il deputato Danilo Toninelli –. Prevedendo sanzioni sia nei confronti dei lobbisti, che arrivano fino alla cancellazione dall’apposito registro, sia degli eletti, con pene pecuniarie e sospensione dai lavori dell’Aula”. Il tutto nell’attesa di una proposta di legge organica sulle lobby targata M5S.Giorgio Velardi, Il Fatto Quotidiano

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Lo scandalo ha messo in risalto l’immobilismo del Parlamento sulla regolamentazione delle lobby e del conflitto d’interessiScoppia il caso Guidi e la mancata regolamentazione dell’attività di lobby torna alla ribalta del dibattito politico e con essa anche la riforma delle norme in materia di conflitto di interessi.Il testo base sulle lobby (S. 1522 e conn.) giace da mesi in commissione Affari Costituzionali al Senato dove è stato continuamente posticipato il termine per la presentazione degli emendamenti senza poi fare alcun passo avanti. Circa un mese fa era stata avanzata l’ipotesi di trasferirlo direttamente all’interno del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza (S. 2085), per consentirne un’accelerazione dell’iter, ma l’ipotesi è tramontata pare definitivamente.Alla fine di febbraio, invece, la Camera ha approvato in prima lettura una proposta di legge volta a superare l’attuale e contestatissima legge in materia di conflitto di interessi, emanata sotto il governo Berlusconi (C.275 e abb.). Il provvedimento, inoltrato all’altro ramo del Parlamento, non è ancora ancora calendarizzato.Ci si interroga adesso, di fronte alle vicende che hanno portato alle dimissioni del ministro dello Sviluppo economico, cosa sarebbe successo se questi due provvedimenti fossero già diventati legge.Se fosse stato operativo il registro di chi svolge attività di lobbying, il compagno della ex ministro Federica Guidi avrebbe dovuto e potuto esservi regolarmente iscritto ed avrebbe dovuto dichiarare in maniera trasparente i suoi scopi professionali e i suoi clienti. In questo caso il conflitto d’interessi sarebbe stato immediatamente evidente e, di conseguenza, sarebbe stato molto difficile coprire i motivi che hanno portato l’emendamento sotto i riflettori dei media.Il riconoscimento ed una buona regolamentazione delle lobby e norme chiare ed inequivocabili in materia di conflitto di interessi, potrebbero per il futuro impedire che clientelismo e nepotismo si instaurino in un sottobosco di opacità in cui è lecito far passare leggi in virtù di un’amicizia e non di un interesse pubblico.Fonte: Polit'xhttp://goo.gl/922bUZ

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