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Ddl Concorrenza, la lobby dei tassisti chiede ascolto
Scritto il 2015-12-01 da Redazione su Italia

La X° Commissione del Senato avrebbe calendarizzato per mercoledì prossimo 2 dicembre l’Audizione oltre che di non meglio individuate sigle di Organizzazioni di Rappresentanza Sindacale di NCC, anche della stessa Uber.

"Il fatto che il Senato della Repubblica – in materia di Trasporto Pubblico Locale non di linea – provveda ad ascoltare i rappresentanti sindacali di una sola parte degli NCC (anche quelle che usano i titoli autorizzativi in maniera difforme) escludendo la gran parte dei rappresentanti della categoria, compresi i tassisti, è già, di per se’ scandaloso e inaccettabile, essendo ambedue i settori operativi del medesimo mercato." Così i sindacati della auto bianche URITAXTI - UNICA CGIL - URI - FEDERNCC CONFCOMEMRCIO ROMA - ANC  - FAI - CONFCOMEMRCIO LAZIO. "Ma ciò che è ancora più grave è che venga fatta oggetto di formale Audizione una società commerciale, per giunta con residenza fiscale all’estero. La situazione, inoltre, si appalesa in tutta la sua “anomalia” se si pensa che l’attività di Uber è stata dichiarata illegale dai Tribunali di mezzo mondo, compresi quelli italiani e che il tentativo dalla stessa perpetrato – tramite l’Autorità di Regolazione dei Trasporti – di far approvare alla Camera dei Deputati il testo di una sanatoria per ottenere l’amnistia rispetto alle illegalità con cui svolge la sua attività, è stato bocciato e respinto. Ora, dunque, Uber ci riprova con il Senato e ci appare davvero inammissibile che da parte della X° Commissione si sia proceduto a non considerare – vista la nota criticità della materia – la gravità di un’Audizione di una parte degli NCC e, soprattutto, di Uber, priva del necessario contraddittorio garantito da un’altra Audizione di tutti i rappresentanti degli NCC e dei tassisti."

Le organizzazioni di tassisti chiedono quindi di annullare l'audizione di Uber e di essere convocate al pari degli altri NCC. Qualora non venisse accolta la richiesta, le "auto bianche" dichiarano battaglia. Prossimo atto (sicuramente, non l'ultimo) di una "guerra di lobby" che finora ha visto Uber spalleggiati sia dall'Autorità Antitrust che dallo spin doctor di Obama David Plouffe, che in una lettera al Foglio ha suggerito al premier Matteo Renzi di affidarsi ai nuovi attori della sharing economy.

Perché i parlamentari si nascondono dietro un nome indefinito che evoca mostri lontani e imprendibili per scaricare le proprie responsabilitàdi Pier Luigi PetrilloEcco, ci risiamo: è colpa delle lobby. Sul Foglio la senatrice Linda Lanzillotta (Pd) ha ammesso perlomeno che le cosiddette lobby avranno sì frenato il disegno di legge Concorrenza, bloccato da un anno in Parlamento, ma anche la flemma della politica ha avuto un ruolo. Effettivamente, non mi risulta che le lobby abbiano occupato il Parlamento, si siano sostituite ai deputati di maggioranza e abbiano votato emendamenti a loro favorevoli. Mi risulta, invece, che siano stati i deputati di maggioranza a presentare emendamenti a favore di certe lobby e a votarli a maggioranza (appunto).Il disegno di legge sulla Concorrenza non è il frutto di una elucubrazione accademica ma la conseguenza naturale, in un sistema democratico, della precisa scelta politica della maggioranza che sostiene il governo; una scelta indirizzata a sostenere taluni ordini, corporazioni (anche micro), settori produttivi del paese in situazione di sostanziale monopolio. Badate bene, si tratta di scelte legittime che qui non si contestano. Ciò che si contesta è che, come al solito, ci si nasconde dietro un dito e quel dito ha un nome indefinito che evoca mostri lontani e imprendibili: le lobby, appunto! E’ colpa delle lobby se non si fanno le liberalizzazioni; colpa delle lobby se il paese ristagna in paludi ottocentesche; sono le lobby a impedire riforme strutturali. Il grande merito del governo Renzi è stato quello di dimostrare che non è così; all’opposto Renzi ha dimostrato che se c’è la volontà politica è possibile superare ogni lobby e fare davvero ciò che si è promesso di fare. Il presidente del Consiglio ha ottenuto ciò che voleva in materia di lavoro, banche, assicurazioni, perfino di riforme costituzionali ed elettorali: ha vinto su lobby temibili e inarrivabili fino a qualche tempo fa, come i sindacati (o i professori di diritto costituzionale, categoria alla quale appartengo). La maggioranza in Parlamento ha dimostrato di poter approvare in poche settimane leggi molto contrastate da talune di queste lobby. Il dato, quindi, è uno solo: in questo caso e in materia di concorrenza e di liberalizzazione, la maggioranza ha deciso da che parte stare, ha espressamente deciso di assecondare talune lobby (quelle dell’immobilismo: dai soliti tassisti agli albergatori confederati) contro altre (quelle dei consumatori, per esempio). Per non ammettere questo dato di fatto, così evidente da sembrare davvero stucchevole ogni polemica sull’articolo di Giavazzi del Corriere di qualche giorno fa, ci si nasconde dietro al consueto paravento: le lobby, queste sconosciute, brutte, sporche e cattive. E per mantenere in vita il paravento, dietro cui la politica si nasconde, non viene approvata alcuna regolamentazione del lobbying: proprio in occasione del ddl Concorrenza, alcuni senatori hanno provato a proporre qualche norma ma sono stati prontamente stoppati. Non possono essere approvate, infatti, norme che rendano trasparente l’azione dei lobbisti perché altrimenti cadrebbero gli altarini e si scoprirebbe ciò che tutti sanno: ovvero che laddove la politica è fragile e mancano indicazioni chiare, i parlamentari si sentono liberi di assecondare le lobby a loro più vicine (magari perché ne finanziano la campagna elettorale) perché sanno che, nell’oscurità che circonda il mondo delle lobby, non sarà mai colpa loro, non dovranno mai rendere conto delle loro scelte a nessun elettore (gli inglesi direbbero accountability). L’assenza di una legge sulle lobby impedisce all’elettore di comprendere cosa c’è davvero dietro l’emendamento presentato dal singolo deputato, quale interesse e chi l’ha redatto; impedisce di sapere chi paga e per cosa. Ma Renzi potrebbe battere un colpo e chiedere conto di taluni voti in Senato che hanno affossato il ddl concorrenza col parere favorevole del rappresentante del Governo, per stupire tutti con uno dei suoi colpi di genio: presentare un maxi emendamento che sostituisce per intero questo feticcio di legge e, in un colpo solo, liberalizzare settori bloccati da secoli e sciogliere così corporazioni così vetuste da essere superate dai fatti (oltre che dal mercato). In ogni caso, in un sistema democratico come il nostro, non sarà mai colpa delle lobby ma della politica (debole, fragile, succube) che le asseconda. di Pier Luigi Petrillo, Professore di Teoria e tecniche del lobbying, Luiss

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(Public Policy) - Continua al Senato il lavoro dei relatori Salvatore Tomaselli (Pd) e Luigi Marino (Ap) per approntare il primo pacchetto di proprio emendamenti al ddl Concorrenza da presentare domani all'ora di pranzo in commissione Industria al Senato. Per quanto riguarda quello che dovrebbe introdurre norme sulle lobby, secondo quanto si apprende ci sarebbe un nuovo testo, molto "light", validato da Palazzo Chigi e che rimanderebbe il grosso del lavoro a un dpcm. Se l'originario e lunghissimo emendamento di Luis Orellana (ex M5s ora Autonomie) prevedeva l'istituzione di un registro nazionale pubblico a cui si dovrebbero iscrivere tutti i lobbisti, un codice etico e il divieto di svolgere attività di lobby ad esempio per giornalisti e amministratori delegati di aziende, il nuovo emendamento dei relatori dovrebbe essere molto snello e rimandare semplicemente l'istituzione del registro e la creazione di una normativa sulle lobby a un decreto del presidente del Consiglio. Il cambio di orientamento sul punto, si apprende, sarebbe dovuto a una contrarietà del ministro Maria Elena Boschi sul testo Orellana, che porterebbe quindi a un emendamento molto più snello, che riporterebbe in capo a Palazzo Chigi la scelta delle norme da attuare.

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Più trasparenza anche per i decisori pubblici e esatta definizione degli oneri statali derivanti dall'istituzione di un Registro dei lobbisti: sono queste le principali modifiche all'emendamento 47.0.9 al ddl Concorrenza, attualmente in discussione presso la 10a Commissione Industria, Commercio e Turismo del Senato. L'emendamento, presentato dai senatori Orellana e Battista (Gruppo per le Autonomie), introduce un nuovo articolo 47-bis dal titolo "Disposizioni in materia di rappresentanza di interessi presso i decisori pubblici". La riformulazione è arrivata dopo la pronuncia della Commissione Bilancio del Senato che nei giorni scorsi ha dichiarato inammissibile, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione - quello relativo all'equilibrio di bilancio - la prima formulazione (di cui potete trovare qui il testo: Emendamento lobby ddl Concorrenza_testo1_inammissibile). Il nuovo testo presenta poche modifiche, una delle quali molto importante che va a colmare una lacuna del testo iniziale. Si tratta del nuovo comma 11, relativo agli obblighi di rendicontazione mensile degli incontri avvenuti con i lobbisti o portatori di interessi per i decisori pubblici . Inoltre, è introdotto l'obbligo di dichiarare la situazione patrimoniale e l'appartenenza a associazioni o movimenti: 11. Il decisore pubblico è tenuto a trasmettere al Comitato ogni informazione relativa alla propria situazione patrimoniale, l'appartenenza ad associazioni o movimenti, nonché, con cadenza mensile, l'elenco dei rappresentanti di interessi incontrati nell'ambito della propria attività istituzionale. Il Comitato rende pubblici tali dati, entro 30 giorni dalla ricezione, nell'apposita sezione del sito internet dedicato. E' stato poi introdotto il comma 19, relativo alla definizione degli oneri derivanti dalle disposizioni relative all'istituzione del Registro dei portatori di interesse, di cui al comma 4. In particolare, gli oneri per lo Stato sono definiti in 500.000 euro a decorrere dal 2016, detratti dal Fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per l'anno 2016: 19. Agli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al comma 4, valutati in 500.000 euro, a decorrere dal 2016, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto ai fini del bilancio triennale 2016-2018, nell'ambito del Fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per l'anno 2016, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.» Qui potete trovare il testo completo dell'emendamento riformulato, su cui la Commissione Bilancio deve ancora esprimersi: Emendamento lobby ddl Concorrenza_testo2. Al momento la Commissione ha sospeso il proprio giudizio su tutte le riformulazioni. Impressioni: che il testo sia un buon passo in avanti verso una normativa nazionale sul lobbying è un dato di fatto. Segnale ancora più incoraggiante di una reale volontà politica di legiferare sul tema è la riformulazione e reiterazione dell'emendamento dopo la bocciatura del primo testo da parte della commissione Bilancio. Di certo sarebbe stato molto più ambizioso inserire previsioni già presenti in altri sistemi (in particolare quelli anglosassoni) come la specifica inclusione nei rappresentanti di interessi di ONG e associazioni di enti, l’inclusione della dicitura “portatori di interessi”, per evitare che ci si riferisca unicamente ai consulenti, il divieto di success fee tratto dalla normativa canadese, l'obbligo di consultazione telematica, l'introduzione di disposizioni provvisorie per far entrare subito in vigore le norme, l'eliminazione dell’esclusione dei giornalisti professionisti e pubblicisti.. Non è comunque da escludere che possano intervenire modifiche integrative al testo da parte del Relatore. Ma il principio del "passo dopo passo" potrebbe fare al caso dei lobbisti, con l'approvazione di una legge che consentirebbe alla democrazia di svolgersi in modo più trasparente e partecipativo.  

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