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Spagna, il Congresso si prepara ad accogliere le lobby. Senza averle regolate
Scritto il 2015-11-26 da Giovanni Gatto su Europa

Il 20 dicembre 2015 si terranno le prossime elezioni politiche spagnole, in un periodo in cui il Congresso non ha una maggioranza definita e qualsiasi presa di posizione politica può spostare l’ago della bilancia in favore dell’una o dell’altra parte: è in questa particolare situazione che il lavoro delle lobby del Paese iberico diventa più frenetico e, allo stesso tempo, necessario. È questa una delle conclusioni del rapporto “Il futuro del lobbying” presentato dalla società di consulenza MAS Consulting, secondo la quale sia il Congresso che il Senato torneranno protagonisti della scena politica dopo quattro anni dominati dal lavoro dell’Esecutivo.

Daniel Ureña, partner e direttore della società, assicura che da mesi sta riavviando i contatti con i nuovi partiti politici (come Ciudadanos o Podemos) per rappresentare loro gli interessi dei propri clienti. Si tratta di partiti che in prospettiva possono avere un maggior peso parlamentare. Inoltre, sempre Daniel Ureña ha rilevato un maggior interesse delle imprese nei confronti di esperti di public affairs e comunicazione politica per comprendere meglio lo scenario elettorale che sarà delineato dal voto del 20 dicembre e soprattutto il quadro legislativo all’interno del quale inserire le proprie proposte nei confronti dei decision-maker.

Questo ambiente però ancora non è regolamentato con norme specifiche sul lobbying. In Congresso l’argomento è stato più volte presentato all’ordine del giorno, ma non si è mai raggiunto un accordo tra i vari gruppi politici. Alcuni partiti hanno inserito la regolamentazione dell’attività di lobbying anche nei propri programmi elettorali.

Il Partito Popolare non ha ancora pubblicato il proprio programma elettorale, ma durante l’ultima legislatura è stato possibile delinearne la posizione sul lobbying. Nel 2014 ha proposto una regolamentazione dei gruppi di pressione all’interno del Congresso, con un registro pubblico che raccogliesse i rappresentanti dei gruppi di interesse e rendicontasse gli incontri con i decisori e gli interventi nei lavori parlamentari.

Il regolamento del Congresso non è poi stato modificato in quanto il PP non ha ricevuto l’appoggio delle opposizioni per i dubbi sulla definizione di “lobby”. Secondo il resto dei partiti, il PP non chiariva se le associazioni, le ONG e i sindacati avrebbero fatto parte del Registro. Con una proposta alternativa, il PSOE ha proposto di stabilire un codice etico e che l'agenzia competente per i Conflitti di Interesse potesse sanzionare i comportamenti non conformi.

Sinistra Unita, da parte sua, ha proposto un articolato per regolamentare l’attività dei lobbisti. Questo progetto di legge prevedeva un Registro obbligatorio, un’attività costante di reporting per i lobbisti e di pubblicazione degli atti per i decisori. La proposta non è arrivata alla discussione in Assemblea.

Ciudadanos e Podemos, da parte loro, hanno mostrato disponibilità a regolare questa professione. Il primo partito ha incluso norme sui lobbisti nell’accordo di coalizione con il PP al Comune di Madrid. Podemos ha all’interno del proprio programma i principi di democrazia, trasparenza e lotta alla corruzione, e di contrasto al fenomeno delle revolving doors attraverso l’informazione corretta da parte dei gruppi di pressione.

MAS Consulting, nelle parole di Daniel Ureña, ha raccolto le posizioni favorevoli alla regolamentazione. In estrema sintesi, la proposta che tutti i gruppi hanno dimostrato di accogliere è la creazione di un registro pubblico dei lobbisti. Solo dopo aver superato questa “soglia psicologica” si può capire quali altri interventi normativi siano necessari per rendere il sistema spagnolo più efficiente e trasparente.

La normativa austriaca si concentra sui consulenti di lobbying e le imprese, fornendo meno obblighi di comunicazione a gruppi professionali e pubblici, e quasi nessun requisito per le parti socialiNel luglio 2012 l'Austria ha approvato il suo primo atto legislativo volto a disciplinare il rapporto tra gruppi di interesse e titolari di cariche pubbliche. Criticità della normativa sono proprio le definizioni di lobbista e di attività di lobbying. Per quanto riguarda la prima, abbiamo un elenco approssimativo di soggetti non facilmente determinabili (questo spalancherebbe le porte ai faccendieri della politica); invece la seconda viene indicata come “contatto organizzato e strutturato con titolari di cariche pubbliche finalizzati ad influenzare il processo decisionale nell’interesse di un committente”, senza specificare cosa si intende per “influenzare” il processo decisionale, un termine che l’opinione pubblica potrebbe facilmente ricondurre ad atti di malaffare. Positiva la presenza di un registro elettronico con i dati facilmente accessibili a tutti; elemento che però contraddistingue la normativa è la presenza di una co-responsabilità tra chi svolge attività di lobbying e il committente, dopo che siano stati accertati inadempimenti inerenti gli obblighi di registrazione e successivi aggiornamenti.La normativa è stata inoltre analizzata secondo un sistema empirico, che ha permesso di valutare ogni elemento della regolamentazione sulla base di una scala di valori. Applicando la metodologia sviluppata dal Centre of Public Integrity (CPI), i ricercatori suggeriscono che la regolamentazione possa essere caratterizzata da diversi livelli di rigorosità, che essi definiscono come robustezza. Secondo il livello di robustezza, le leggi di lobbying possono essere classificate in bassa, media e alta regolamentazione (Chari et al 2010:.Ch. 4). Su questa base è stata analizzata la normativa sul lobbying austriaca[1].La normativa austriacaSecondo le disposizioni della normativa austriaca, i lobbisti hanno esigenze diverse a seconda della natura degli interessi che essi rappresentano. In realtà, i lobbisti professionisti, i lobbisti  interni che lavorano per le imprese, le associazioni professionali, i gruppi pubblici e le parti sociali sono soggetti a disposizioni diverse. Gli obblighi di informativa, le regole e le sanzioni sono più severe per i primi (in ordine decrescente) e più leggere per gli ultimi. Di conseguenza, il livello di solidità è, per esempio, più elevato per i lobbisti professionisti e i lobbisti interni, e inferiore per le associazioni professionali, i gruppi pubblici e le parti sociali. La normativa austriaca del 2012 ha istituito un registro obbligatorio e un insieme formale di regole tra cui i requisiti di registrazione, alcuni requisiti informativi di spesa e le sanzioni in caso di inadempienza.La definizione di lobbistal'articolo 4 della legge introduce una serie di definizioni volta a chiarire il concetto di attività di lobbying, stabilendo i confini di applicazione della normativa. La normativa riguarda società di consulenza di lobbying (Lobbying Agenturen), gruppi aziendali (Unternehmenslobbyisten), gruppi professionali (Kammern) e gruppi pubblici (Verbände). Tutti i rappresentanti di interesse assunti da questi attori sono sottoposti alle regole stabilite quando si cerca di influenzare titolari di cariche pubbliche.L’attività di lobbyingAlla luce di queste categorie di attori, l’attività di lobbying è definita come: "qualsiasi contatto organizzato e strutturato con titolari di cariche pubbliche finalizzati ad influenzare il processo decisionale nell'interesse di un committente" (articolo 4, paragrafo 1; 2012). La normativa riguarda sia l’organo legislativo che quello esecutivo, compreso anche  il personale burocratico e titolari di cariche pubbliche di enti territoriali. Nonostante la vasta copertura delle regole, la legge presenta una vasta gamma di eccezioni. In realtà, i gruppi di interesse religioso e territoriali  e gli studi legali sono esentati. Le parti sociali sono sottoposti a una serie limitata di requisiti di registrazione, prevista inoltre l'esenzione dalle disposizioni in materia di sanzioni e di accumulo di ruolo (articolo 2, paragrafo 2-4).Procedure di iscrizione individualeIl regolamento stabilisce differenti requisiti di registrazione in base alla natura del gruppo di interesse. La sezione A (suddivisa in A1 e A2) è dedicata alla consulenza di lobbying. La sezione B ai lobbisti interni delle imprese, mentre, rispettivamente, la sezione C e D alle associazioni professionali e gruppi di interesse pubblico. Le parti sociali sono soggetti a disposizioni particolari. Nella sezione A le consulenze di lobbying e i consulenti devono registrarsi prima di stabilire i contatti con titolari di cariche pubbliche, fornendo le seguenti informazioni sulla società di lobbying: nome, numero di impresa, indirizzo, sito web e inizio dell'esercizio sociale. Si richiedono anche una breve descrizione delle attività e la missione della società. Inoltre, la società di lobbying deve adottare un codice di condotta interno, dichiarare il volume delle operazioni del precedente esercizio finanziario, rivelare il numero di contratti di lobbying accettati e fornire il nome e la data di nascita dei lobbisti.Nella sezione A2 i consulenti di lobbying devono rivelare i loro contratti di lobbying dichiarando il nome, il numero di impresa, l'indirizzo, il sito e l’inizio dell’anno di attività  sia del committente che del cliente. L'oggetto del contratto di lobbying deve essere dichiarato. La sezione A2 non è pubblica, il Ministro della Giustizia ha accesso esclusivo alle informazioni. Le terze parti sono autorizzate ad avere accesso a questi dati con il consenso precedente dal committente e del consulente. La sezione B richiede ai lobbisti interni delle imprese di registrarsi prima di stabilire contatti con titolari di cariche pubbliche, fornendo i seguenti dati: il nome della società, il numero di impresa, indirizzo, sito web e inizio dell’anno finanziario, una breve descrizione delle attività e la missione della società, il nome e la data di nascita dei lobbisti. Le imprese devono anche rivelare i costi connessi all'attività di lobbying nel corso dell'esercizio precedente, se questi superano l'importo di 100.000 €. Le imprese devono adottare un codice di condotta interno per i lobbisti interni.Nelle sezioni C e D si richiede  alle associazioni professionali e alle associazioni di interesse pubblico la registrazione prima di stabilire i contatti con titolari di cariche pubbliche, fornendo i seguenti dati: il nome, l'indirizzo e il sito web dell'organizzazione, il numero di  rappresentanti di interessi che sono attivi e una stima delle spese relative alla attività di rappresentanza di interessi. Contrariamente alle consulenze di lobby e ai lobbisti interni delle imprese, le associazioni professionali e le associazioni di interesse pubblico non sono tenuti a fornire ogni tipo di informazione personale. I requisiti di registrazione si limitano alla fornitura di informazioni di carattere generale e di contatto dell'associazione. Ciò rappresenta una grande differenza in termini di trasparenza, in quanto i consulenti di  lobbying e le imprese devono rivelare una quantità superiore di dati.Rendicontazione delle spese e dei clientiIl regolamento non comporta la regolare presentazione di rapporti di spesa.  I consulenti di lobbying devono indicare il volume annuo di vendite relative alle attività di lobbying sotto sezione A1 e le imprese devono dichiarare se i costi relativi alla lobbying superano i 100.000 € di cui alla sezione B.Archiviazione elettronica e accesso pubblico al registroIl Ministero della Giustizia Austriaco, che rappresenta l'autorità competente, fornisce ai gruppi di interesse e consulenti la registrazione on line. L’accesso al registro è pubblico per le sezioni A1, B, C e D. La sezione A2 contenente informazioni sul contratto di lobbying tra committenti e consulenti è consultabile solo dal Ministero della Giustizia. L'accesso a questa sezione è esteso ad altre parti previa autorizzazione dei dichiaranti. Tale esenzione è legittimata dal legislatore attraverso la necessità di proteggere la privacy e gli interessi economici dei clienti, che possono soffrire potenziali perdite economiche dalla diffusione di informazioni.SanzioniL'Autorità competente è rappresentata dal Ministero della Giustizia, che ha il potere di imporre sanzioni. Chi svolge attività di lobbying senza essere registrato incorre in sanzioni pecuniarie di € 20.000 o € 60.000 per reiterazione. Le sanzioni per il mancato rispetto delle regole sono di € 10.000 o € 20.000 per reiterazione. Queste si applicano anche ai committenti, che sono co-responsabili per garantire la corretta manutenzione delle informazioni registrate. Il Ministro della Giustizia ha, inoltre, il potere di cancellare i dichiaranti dal registro in caso di non conformità o comportamenti scorretti. La cancellazione preclude ai lobbisti la registrazione per tre anni. Da sottolineare che disposizioni speciali  esentano le parti sociali dall'applicazione delle sanzioni. Questa particolare disposizione riduce drasticamente il campo di applicazione della normativa in termini di responsabilità quando si tratta di attività svolte dalle parti sociali.Le revolving-doorsIl legislatore ha deciso di tenere la questione revolving-door non regolamentata. Tuttavia, la legislazione tratta l’ipotesi di cumulo di ruoli. L'articolo 8 stabilisce l'incompatibilità tra lo status di titolare di carica pubblica e lobbista professionale. La scelta del legislatore è stata guidata dalla disposizione “cash-for-law” e dalla vicenda Telekom[2], che sottolineano il conflitto di interessi tra i due ruoli. Il campo di applicazione della disposizione revolving-door è comunque limitata. Date le esenzioni previste dalla legge, questo articolo riguarda solo una categoria limitata di lobbisti. Essa non si applica ai gruppi di lobbying interni, e rappresentanti di interessi di associazioni professionali, gruppi pubblici e le parti sociali. Il cumulo di ruoli di parlamentare e rappresentante di interessi di associazioni di imprese o sindacati è molto comune in Austria. Estendere tale disposizione alle parti sociali avrebbe potuto colpire molti membri del Parlamento.Conclusioni: trasparenza e partecipazione nella regolamentazione austriacaIn sintesi, Le diverse sezioni A, B, C e D hanno evidenziato la presenza di una variazione della rigidità della normativa tra i tipi di gruppi di interesse in termini di quantità di informazione che deve essere presentata. L'indice CPI è costruito applicando un punteggio su 48 domande sulle dimensioni di cui sopra[3]. L’indice è dato da una scala che va da 1 punto (robustezza minima) a 100 (robustezza massima). In altre parole, quanto più la legge di lobbying è vicina a 100, più robusta è la legislazione. Questa procedura è stata fatta per le sezioni A, B, C e D più per le disposizioni in materia di parti sociali. Come mostra la tabella 1, la legge di lobbying Austriaca è caratterizzata da una variazione di robustezza a seconda del tipo di gruppo di interesse.[4]Secondo la classificazione, la legislazione è medio-regolata nelle sezioni A e B sulla consulenza di lobbying e attori aziendali; e basso-regolata nella sezione C (associazioni di categoria) e D (gruppi pubblici), incluse le disposizioni in materia di parti sociali. In particolare, il divario di robustezza in termini di punteggio CPI tra le sezioni C e D e le disposizioni in materia di parti sociali è particolarmente grande (17 punti), il che significa che le disposizioni in materia di parti sociali garantiscono livelli sistematicamente più bassi di trasparenza e responsabilità rispetto alle altre sezioni. Esempi simili si possono trovare negli Stati Uniti e nella regolamentazione Canadese. Punteggio CPIClassificazione perChari et al.Sezione A  -Consulenti di lobbying32Medio-regolataSezione B – Lobbisti interni di azienda30Medio-regolataSezione C – Associazioni Professionali29Basso-regolataSezione D – Gruppi Pubblici29Basso-regolataParti Sociali17Basso-regolata  A cura di Francesco Rossi, studente del Laboratorio di Teorie e Tecniche del Lobbying Istituzionale, dipartimento di Giurisprudenza, LUMSA - Roma[1] Lobbyists, Governments and Public Trust, Volume 3 Implementing the OECD Principles for Transparency and Integrity in Lobbying[2] Gli scandali hanno colpito la politica austriaca nel 2011. Questi hanno coinvolto il MEP Ernst Strasser, scoperto ad accettare tangenti in cambio di promuovere una legislazione al Parlamento europeo (cash for law).  Sono stati dichiarati colpevoli politici e lobbisti per aver intascato fondi di dubbia provenienza relativamente al business della società Telekom Austria.[3] Domande relative alla disciplina della registrazione individuale,metodi di registrazione, rivelazione spese individuali, grado di trasparenza verso il pubblico.[4] Investigating lobbying laws Austria

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Prosegue in Scozia l’iter di approvazione di una legge sul lobbying, e non mancano le polemiche sulle norme contenute nel pacchetto legislativo approntato dal Governo. Ma l’Esecutivo procede a passi decisi verso la regolamentazione, e di ciò è testimone il dibattito che si è tenuto nei giorni scorsi in occasione dell’apertura dei lavori del parlamento scozzese per il 2016. Giovedì 7 gennaio si è svolto il dibattito a Holyrood, la sede del parlamento di Edimburgo, alla presenza del Ministro degli affari parlamentari Joe Fitzpatrick. In occasione del dibattito sono stati presentati i risultati della consultazione avviata nei mesi scorsi (come documentato da Lobbying Italia) alla luce delle prime, negative osservazioni da parte di alcuni gruppi di pressione nei confronti del governo. In particolare, secondo la Law Society of Scotland (società che raggruppa laureati in legge e avvocati professionisti scozzesi) infatti le regole del “ddl Lobby” scozzese contenevano diversi difetti di fondo, in particolare riguardo le attività oggetto dell’obbligo di registrazione pubblica. Contrariati anche i lobbisti, che per bocca della loro associazione di rappresentanza ASPA avevano espresso preoccupazione per la definizione di “attività di lobby” e “lobbista”. Un’altra associazione di lobbisti professionisti, APPC Scotland, aveva chiesto che nella definizione di lobbista fossero comprese tutte le organizzazioni (ivi comprese onlus e studi di avvocato) che svolgessero attività di lobby. Il think tank Common Weal aveva poi chiesto al parlamento di “non far finta che tutto funzioni alla perfezione, poiché 9 scozzesi su 10 hanno manifestato contrarietà alle attuali norme sul lobbying”. Queste e altre osservazioni sono state poi registrate nella consultazione pubblica avviata negli ultimi mesi del 2015 dal governo, discusse nel dibattito dei giorni scorsi. In particolare la Scottish Alliance for Lobbying Transparency - SALT ha prodotto in base al sondaggio condotto da YouGov un rapporto intitolato “Closing the loopholes in the Lobbying (Scotland) Bill”, che ha mostrato risultati interessanti sulla percezione dell’industria del lobbying in Scozia (qui un’ulteriore analisi). Il 92% degli intervistati ha dichiarato che fosse necessario che i lobbisti pubblicassero la spesa in attività di lobbying, una misura non prevista dal disegno di legge attualmente in discussione, che prevede esclusivamente la pubblicazione dell’obiettivo e del destinatario della “pressione”. Inoltre, forte sostegno è stato dato a tre aspetti promossi dalla SALT: allargare la definizione di attività comprese nel lobbying, allargare la definizione di lobbista, aumentare il tipo di informazioni che i lobbisti devono rendere pubbliche. La SALT aveva inoltre prodotto un form che ogni cittadino avrebbe potuto inviare online al proprio parlamentare di riferimento, che toccava tutti gli argomenti oggetto delle osservazioni sul Lobbying Bill. La discussione a Holyrood è stata molto serrata. La Federazione delle Piccole Imprese ha denunciato l’eccessiva onerosità delle norme, per osservare le quali la federazione avrebbe dovuto scontare un deficit logistico nei confronti delle organizzazioni più grandi. I parlamentari del Labour Mary Fee e Neil Findlay hanno posto l’attenzione sul fatto che anche le telefonate e le mail sarebbero dovute rientrare tra le attività che consistevano in lobbying, estendendo quindi la portata della regolamentazione. Una previsione che non piace allo Scottish Council for Voluntary Organisations – SCVO, che la reputa troppo onerosa. In realtà è molto onerosa anche per le casse statali: il rappresentante della Association for Scottish Public Affairs, Alastair Ross, ha espresso che l’estensione della portata della legge avrebbe portato ad un aumento delle spese statali, che con le attuali nuove norme incontrerebbero spese per circa 3 milioni di euro annui. Il ministro Fitzpatrick ha convenuto che il governo, pur tenendo in considerazione qualsiasi proposta, ha la necessità di porre attenzione su qualsiasi aspetto per evitare che previsioni di legge possano ledere il diritto alla partecipazione per alcune parti e avvantaggiarne altre. Come lui, anche altri parlamentari di maggioranza come Fiona McLeod e Cameron Buchanan hanno tenuto a precisare che non fosse possibile estendere eccessivamente la portata del registro, e che si corresse il rischio che la registrazione eccessiva avrebbe perso di significato e serietà. La discussione del Lobbying Bill si accende proprio nel momento in cui la premier Nicola Sturgeon, leader dello Scottish National Party che detiene la maggioranza assoluta in parlamento, è oggetto di critiche per due diverse vicende legate al mondo del lobbying: negli scorsi mesi è stata accusata di aver accettato una mazzetta da parte della lobby animalista, in forma di una donazione di 10.000 £, giusto qualche settimana prima di bloccare la discussione in parlamento di un disegno di legge sulla caccia alla volpe (“Hunting Act”); qualche giorno fa invece è stata pubblicata la notizia di una cena privata (peraltro ospitata dalla società di lobbying Charlotte Street Partners) alla quale hanno partecipato, accanto alla Sturgeon, esponenti di spicco dell’economia e dell’imprenditorialità scozzese, tra i quali esponenti della Scotch Whisky Association, lobbisti del gas naturale, rappresentanti di Buccleuch Estate (tra i principali oppositori della riforma del real estate scozzese). Una notizia che rende l'approvazione del Lobbying Bill ancor più necessaria per comprendere quali reali interessi siano a cuore del partito nazionalista scozzese.

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Le ong Transparency International, Sunlight Foundation, Open Knowledge, Access Info con il supporto del Programma dell'Unione Europea per la Prevenzione e la lotta al crimine hanno predisposto una nuova lista di 38 standard basati sulle più avanzate regolamentazioni del lobbying a livello internazionale. L’obiettivo è orientare i governi dei Paesi in cui è più diffuso il fenomeno a implementare la loro regolamentazione, e i Paesi in cui le relazioni istituzionali si svolgono sotto una cappa di opacità a rispettare tre requisiti essenziali della regolamentazione dell’attività dei gruppi di pressione: trasparenza, integrità, partecipazione. Al maggio 2015, almeno 20 Paesi in tutto il mondo hanno una regolamentazione del lobbying, la cui portata ed efficacia varia da caso a caso, a livello nazionale: Australia, Austria, Brasile, Canada, Cile, Francia, Georgia, Germania, Ungheria, Irlanda, Israele, Lituania, Macedonia, Montenegro, Perù, Polonia, Slovenia, Taiwan, Regno Unito, Stati Uniti (aggiungiamo anche i progressi in Messico, Colombia, Nigeria, Ucraina).  Sebbene la maggior parte di questi Paesi siano ad alto livello di industrializzazione, ogni regolamentazione presenta aspetti che i 38 standard mirano a mitigare: tra tutti, gli scandali relativi alla corruzione che portano le ong e i centri di ricerca ad interrogarsi e interessarsi sempre più sulle normative nazionali in tal senso. È ben specificato che la regolamentazione non è che uno strumento per raggiungere l’obiettivo del maggior livello di eticità delle attività di public affairs; è infatti necessaria anche la disponibilità da parte di decisori e gruppi di pressione a rispettare nel concreto le norme, in modo tale da creare un ambiente di decisione pubblica etico e “fair”. Princìpi guida Il lobbying è un’attività legittima e una parte fondamentale del processo decisionale. la società democratica è basata su un pluralismo degli interessi tra i quali i decisori pubblici devono muoversi per prendere decisioni ragionate in favore dell’interesse generale. C’è un particolare interesse pubblico ad assicurare la trasparenza e l’integrità del lobbying, così come la diversificazione della partecipazione e il contributo alla decisione normativa. Ogni misura normativa per assicurare i primi due principi deve essere proporzionale, adeguata allo scopo e non impedire il diritto individuare di associazione, libertà di opinione e rappresentazione dell’interesse al decisore pubblico. I primi standard riguardano le definizioni di lobbying, decisore pubblico e lobbista. Ne vengono escluse le interazioni tra cittadini e pubblici ufficiali riguardo i loro interessi privati, e tra pubblici ufficiali stessi (decisori pubblici, agenti diplomatici o rappresentanti di Stati stranieri) nell’attuazione delle proprie funzioni pubbliche. Altra sezione riguarda le norme sulla trasparenza. La registrazione deve essere obbligatoria, periodica, prevedere un’attività di reporting delle attività e degli incontri; devono essere pubblicate una serie di informazioni da parte dei lobbisti, tra le quali i documenti presentati e i finanziamenti alla politica; i dati devono essere accessibili, aperti e comparabili; il carico burocratico deve essere minimo, sia per il pubblico che per il privato. È consigliato che i decisori pubblici e gli enti decisionali pubblichino le proprie informazioni, che devono essere chiare, libere ed esaustive. Ulteriori norme dovranno essere previste per raggiungere il maggior livello possibile di integrità. Ai decisori pubblici è raccomandata la sottoscrizione di un codice di condotta di cui sono definiti nello specifico i punti (tra questi, le norme di prevenzione di conflitto di interessi); di rispettare un periodo di cooling-off di almeno due anni prima di lavorare come rappresentante di interessi privati, per prevenire il fenomeno delle revolving doors; di dichiarare, nel caso inverso di provenienza dal settore privato, di non difendere interessi di parte una volta nominati/eletti come decisori pubblici. Norme sull’integrità sono previste anche per i lobbisti o rappresentanti di interesse: anche qui un codice di condotta, standard comportamentali e auto-regolazione. Partecipazione ed accesso: anche qui sono previste norme che puntano alla totale disclosure del settore e che già in alcune democrazie sono attuate, seppur non con l’efficacia richiesta da TI. Sono auspicati il diritto alla partecipazione per ogni tipo di gruppo interessato a un processo decisionale pubblico (anche non organizzato con strutture di lobby), un processo di consultazione pubblico precedente a qualsiasi iniziativa decisionale, la par condicio sia nell’accesso che nella partecipazione alla formazione della decisione, la giustificazione di eventuali rifiuti a richieste portate avanti da gruppi di interesse. Riguardo gruppi di esperti, il legislatore deve prevedere una composizione interna bilanciata includendo tutti i diversi interessi. Riguardo il sistema di controllo, sono raccomandati precisione e tempismo nelle attività di monitoraggio delle attività di relazioni istituzionali; un meccanismo di ricorsi aperto a tutti; una serie di sanzioni, efficaci proporzionate e dissuasive, per la violazione di norme sul registro. Non è però previsto che tipo di ente debba assumere il controllo sulle attività di lobbying: un ente già esistente, o un organo ad hoc? Infine, relativamente al quadro regolatorio generale, è sottolineato l’interesse per il contesto locale sia dal punto di vista territoriale (se si è in presenza di accentramento o decentramento governativo, o se c’è un alto tasso di corporativismo) che sociale (tasso di professionalità dell’attività di lobbying, gruppi sociali presenti e attivi). La revisione annuale dei risultati della regolamentazione dal punto di vista del tasso di eticità e concorrenza dell’intero mercato nazionale è l’ultimo step per garantire un quadro regolamentare completo per la disciplina del lobbying. Link allo studio di Transparency International e alle opinioni in merito della Sunlight Foundation.

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