NEWS
Cambiamenti climatici, il peso delle lobby nell'Ue [Lettera 43]
Scritto il 2015-11-05 da lobbyingitalia su Europa

Settore auto e aziende energetiche in pressing. Rinnovabili e Ong trascurate. Così l'Unione europea si fa influenzare sull'ambiente. La denuncia di ''Ceo''.

C'è grande attesa per la conferenza Onu sui cambiamenti climatici (Cop21) in programma a Parigi dal 30 novembre all'11 dicembre. Un mix di speranza e ottimismo che deve però fare i conti con il fallimento della conferenza Cop15 di Copenaghen nel 2009, quando ci fu un accordo non vincolante dal quale sparirono completamente gli obiettivi di riduzione delle emissioni-serra. I governi questa volta sembrano davvero intenzionati a firmare un accordo globale per combattere i cambiamenti climatici fino al 2050. Ma le Organizzazioni non governative (Ong) già intravedono un compromesso al ribasso: davanti alla possibile catastrofe climatica c'è una scarsa ambizione da parte degli storici inquinatori a cambiare davvero. E l'Unione europea, come denuncia l'Ong Corporate europe observatory (Ceo), tende a mettere le esigenze delle industrie davanti alla salute della gente e del Pianeta.

COMMISSARI MONITORATI. Una denuncia che i watchdog di Ceo hanno deciso di fare dopo aver monitorato l'attività politica dei commissari europei. A partire da quella di Miguel Arias Cañete che a Parigi sarà il capo negoziatore per l'Ue. Il commissario per l'azione per il clima e l'energia ha infatti già detto che se l'accordo di Parigi non porterà, come già deciso a Lima, a mantenere la temperatura media globale al di sotto di 2°C in modo vincolante, «non sarebbe comunque un fallimento», precisando che sì «vorremmo avere un accordo vincolante, ma l'Onu ha bisogno dell'unanimità e non possiamo fare l'errore che abbiamo fatto a Kyoto», quando il Protocollo pur essendo un accordo internazionale vincolante che impegnava i paesi a obiettivi di riduzione delle emissioni, non fu firmato da paesi grandi emettitori come Usa, India e Cina. Anche a Parigi quegli stessi Paesi potrebbe abbassare i target aiutati dalle grandi industrie. A preoccupare le Ong è infatti la tendenza crescente verso un loro coinvolgimento nei negoziati.

CONTRIBUTI DAL BUSINESS. A Parigi la presidenza francese, in collaborazione con la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), ha deciso di creare una sezione speciale per i contributi del mondo del business, che saranno affiancati a un eventuale testo negoziale (originariamente chiamato Lima-Paris Action Plan e ora the Agenda for Solutions). Aziende che già giocano un ruolo fondamentale all'interno del processo decisionale europeo. Con la loro attività di lobbying e la presenza all'interno degli expert group (ex advisory group) dell'esecutivo europeo sono infatti coinvolte nel processo legislativo comunitario sin dal primo step.

LINEE PER LA TRASPARENZA. Per evitare una influenza eccessiva, all'inizio del suo mandato la Commissione Juncker ha scritto delle nuove linee guida sulla trasparenza, che obbligano non solo di pubblicare tutti gli appuntamenti dei commissari e dei loro gabinetti, ma richiede agli stessi che gli incontri siano equilibrati.

Il rapporto Ceo: le grandi aziende di energia sono favorite

Una richiesta che secondo Ceo non è stata rispettata dal commissario per l'azione per il clima e l'energia Miguel Arias Cañete e dal vice presidente e commissario per l'Unione energetica Maros Šefčovič nel loro primo anno di carica.

RAPPORTI PRIVILEGIATI. Nel rapporto Ceo pubblicato il 5 novembre dal titolo Cooking the planet: Big Energy's year of privileged access to Europe's climate commissioners (leggi il documento integrale in pdf), si vede come le grandi aziende di energia e di combustibili fossili godono fin troppo di un accesso privilegiato agli uffici dei commissari europei che si occupano di politica climatica. Il dato più sconcertante dello studio è che nel loro primo anno di attività a palazzo Berlaymont, dal novembre 2014 all'ottobre 2015, l'80% degli incontri fatti da Cañete, Šefčovič e dai loro rispettivi gabinetti è stato con i lobbisti dell'industria. Si tratta in tutto di 516 incontri: 413 con le imprese, 79 con aziende di interesse pubblico, 24 alla voce 'altro'. L'unione energetica è il tema più caldo per i lobbisti, tanto che è stato affrontato con i due commissari e i rispettivi gabinetti in 329 incontri (77 con Ong, 229 con industrie, 23 altri).

RINNOVABILI? SNOBBATE. Ma a colpire è il fatto che il 74% degli incontri avuti tra i due commissari e l'industria energetica per discutere le politiche climatiche, sono stati con le aziende dei combustibili fossili (come British Petroleum, E.on, Statoil e Shell), mentre le aziende che si occupano di energie rinnovabili hanno potuto appena dare un sguardo dentro la stanza dei bottoni. Šefčovič per esempio ha avuto 34 incontri con le cosiddette industrie della dirty energy (dell'energia sporca), e uno solo con il settore delle energie rinnovabili. Facendo un calcolo, per ogni incontro avuto con il settore delle rinnovabili, Cañete (ex presidente di due compagnie petrolifere, Petrolifera Ducar e Petrologis Canarias) ne ha avuto altri 22 con l'industria dei combustibili fossili. Nel complesso, le imprese energetiche 'sporche' costituiscono circa il 30% degli incontri con questi commissari e i loro gabinetti.

«DATI PREOCCUPANTI». «Dati estremamente preoccupanti visto i temi sensibili di cui questi commissari si occupano», dice a Lettera43.it Pascoe Sabido, ricercatore e attivista Ceo che avverte «è soprattuto sul gas che il lavoro delle lobby è più forte e concentrato». Nell'ultimo anno Šefčovič e Cañete si sono occupati delle politiche industriali sulle emissioni delle auto, di unione energetica, di Ets (Emissions Trading Scheme, ovvero il sistema europeo di scambio di quote di emissione), e dei negoziati Onu sul clima della 21esima Conferenza di Parigi 2015 (Cop21).

CONFLITTO DI INTERESSI. «Abbiamo registrato un livello preoccupante di facile accesso ai decisori da parte dei rappresentanti delle aziende energetiche», continua Sabido, «coloro che causano i problemi legati all'inquinamento non dovrebbero decidere né suggerire come risolvere il problema e legiferare».

L'accusa: la Commissione Ue si muove in direzione sbagliata

Invece, «mentre la scienza ci dice che dobbiamo urgentemente e drasticamente ridurre le emissioni di gas a effetto serra, aumentare le energie rinnovabili e l'efficienza energetica, la Commissione si sta tristemente muovendo nella direzione opposta», continua Sabido.

SETTORE AUTO IN PRESSING. Un ruolo nella decelerazione del processo legislativo europeo lo gioca l'industria automobilistica, uno dei corresponsabili del cambiamento climatico: il 12% delle emissioni di gas serra in Europa sono dovute all'uso di auto. La riduzione delle emissioni è uno degli obiettivi maggiori dell'Ue che sta lavorando a un nuovo regolamento per il 2017, data già posticipata al 2019 proprio a causa delle pressioni dell'industria.

FRENO CONTRO I TEST SEVERI. La lobby automobilistica ha iniziato la mobilitazione contro il tentativo di mettere limiti di emissione più severi e regolare meglio i test ancora prima che scoppiasse lo scandalo Volkswagen. Negli ultimi 11 mesi ci sono stati 44 incontri tra il mondo dell'auto e i commissari interessati alla materia, in particolare 31 meeting con l'industria dell'auto, 40 con l'industria a esso legata e 4 con Ong e sindacati.

SPESI 18 MILIARDI IN LOBBYING. D'altronde l'industria automobilistica è una delle più potenti lobby di Bruxelles: secondo il Registro per la trasparenza, le case automobilistiche e le loro associazioni di categoria hanno speso oltre 18 milioni di euro nel 2014 in attività di lobbying nelle istituzioni Ue. Al primo posto c'è Volkswagen con 43 lobbisti e 3 milioni e 300 mila euro spesi nel 2014. Seguono Daimler, l'associazione di categoria automobilistica tedesca Vda (Verband der deutschen Automobilindustrie), l'associazione di categoria europea Acea (Association des Constructeurs Européens d'Automobiles) e Bmw.

Incontri quadruplicati, ma non con società di pubblico interesse

Aziende che prima ancora che al parlamento europeo mirano all'organo esecutivo e promotore del processo legislativo, ovvero la Commissione. Durante i suoi primi 11 mesi in carica Cañete ha quasi quadruplicato il numero di di incontri rispetto a Šefčovič: 205 per lo spagnolo di cui 131 con aziende e 63 con società di pubblico interesse, 11 con altri; sono invece 62 per Šefčovič, di cui 48 aziende, 10 pubblico interesse e 4 altri. Mentre il gabinetto di Cañete ha più del doppio degli incontri fatti dal gabinetto di Šefčovič: 460 (339 business, 96 pubblico, 25 altro) rispetto a 200 (151, 33, 16).

SPAGNOLO CON SPAGNOLI. Come se non bastasse c'è anche il conflitto di interessi nazionale: il 22% di tutti gli incontri di Cañete sono con aziende spagnole, solo il 2% degli incontri di Šefčovič sono stati con gruppi del suo Paese di origine, la Slovacchia. Inoltre il 40% degli incontri che Cañete e il suo gabinetto ha avuto con l'industria spagnola sono avvenuti proprio in Spagna. Nemmeno uno è stato con Ong e sindacati.

ONG IN GRUPPI DISPERSIVI. Dati che dimostrano come le aziende abbiano un accesso più agevolato rispetto alle società che rappresentano interessi pubblici, anche se Ceo ha osservato come Cañete in previsione della Cop21 negli ultimi mesi abbia intensificato gli incontri con le Ong, ma organizzando gruppi più grandi rispetto a quelli per incontrare le imprese, che hanno più spesso la possibilità di avere vertici one-to-one con i livelli più alti della Commissione. In otto meeting sono stai incontrati 210 rappresentanti di Ong, in quattro meeting 34 lobbisti delle aziende.

I FOSSILI IN PRIMO PIANO. E ad avere la meglio sono sempre i rappresentanti dell'industria dei combustibili fossili. Dei 669 incontri fatti con le aziende, 282 sono con loro, 383 con industria dell'energia e 4 altri. Cañete in particolare ne ha avuti 78 con l'industria dell'energia, 66 con quella dei combustibili fossili, e il suo gabinetto rispettivamente 180 e 129. Šefčovič invece 34 e 29; il suo gabinetto 91 e 58.

BP ED E.ON SONO DI CASA. Negli ultimi 11 mesi, tra i protagonisti del settore dei combustibili fossili, di casa a palazzo Berlaymont è stato il gigante del petrolio Bp ed E.on: ciascuno dei due colossi ha avuto 15 incontri; segue Statoil con 14, Shell, Engie e Iberdrola con 12 ciascuno, GasNatural Fenosa con 11, Enel 10, Rwe 8, Edf e Eni 7, Repsol e Vattenfall 6, Fortum, Alstom e OMV 5. Per contro, secondo quanto risulta a Ceo, non una sola riunione è stata fatta con aziende energetiche che lavorano esclusivamente nel settore delle rinnovabili, mentre solo sei associazioni di energia rinnovabile hanno avuto incontri.

Tra i temi caldi sul tavolo c'è l'unione energetica

Su 15 incontri con Bp, i temi trattati con il commissario spagnolo e con quello slovacco sono stati: unione energetica, corridoio meridionale del gas, sicurezza degli approvvigionamenti. Nei 15 meeting con E.on si è parlato di sicurezza dell'approvvigionamento di gas, unione energetica e mercato interno dell'energia, investimenti in Algeria, legislazione sui mercati finanziari, stoccaggio del gas, unione energetica e dei colloqui sul gas russo-ucraini. Ma è sui cambiamenti climatici che aziende come Bp ed E.on sono maggiormente focalizzate nel loro lavoro di lobbying. E non stupisce che la potenza di fuoco di queste aziende sia enorme: Bp ha dichiarato una spesa di lobbying per il 2014 di circa 3 milioni di euro, E.on circa 2,3 milioni.

BALKE, FUNZIONARIO AMICO. E come se non bastasse alla Commissione europea, in particolare nel gabinetto di Cañete, i lobbisti E.On hanno un funzionario di riferimento: Joachim Balke. Su sette incontri avuti con il gabinetto, Balke era presente a cinque, in quattro di loro era l'unico membro del gabinetto. Un'attenzione che non è sfuggita ai watchdog di Ceo, che hanno così studiato con attenzione il profilo di Balke.

EX IMPIEGATO DI E.ON. Dopo aver lavorato al parlamento europeo, Balke è stato impiegato di E.on per 4 anni (2004-2008) poi è entrato alla Commissione, dove è passato dalla direzione generale Fiscalità e unione doganale a quella energia con Cañete. Non stupisce così che il primo incontro con il mondo dell'industria avuto dal commissario spagnolo è stato con l'amministratore delegato di E.on, Johannes Teyssen.

LENTZ, CONSIGLIERE FEDELE. Infine Guy Lentz, il consigliere speciale del Commissario Cañete, è un membro del consiglio di amministrazione di Enovos Lussemburgo e lavora anche al ministero dell'economia come coordinatore del Lussemburgo sulle questioni energetiche europee e internazionali. In precedenza ha lavorato alla Shell per otto anni (1993 al 2000). Enovos, che non appare nel registro per la trasparenza, è la più grande società di distribuzione dell'energia del Lussemburgo, opera anche in Germania, Francia e Belgio. Genera elettricità, gas naturale e le energie rinnovabili per aziende e case. Un conflitto di interessi denunciato alla Commissione dall'Ong Ceo. Ma per ora palazzo Berlaymont sembra non voler vedere.

Fonte: Antonietta Demurtas, Lettera 43 (@antodem)

L'esecutivo proprio oggi adotta nuove norme sui criteriCome riporta Il Sole 24 Ore Radiocor, l'Ombudswoman europea Emily O'Reilly ha aperto un'inchiesta "strategica" sul modo in cui la Commissione europea gestisce la valutazione dei conflitti di interesse dei suoi 40 "consiglieri speciali". "L'inchiesta riguardera' il sistema dei consiglieri speciali non i singoli individui: molti di loro hanno accesso diretto ai commissari sono part-time, altri non sono pagati e alcuni sono in pensione, molti lavorano nel settore privato", ha indicato l'Ombudswoman. Guarda caso proprio oggi, la Commissione Ue ha adottato nuove norme sulle modalita' di selezione dei gruppi di esperti a carattere consultivo che forniscono competenze esterne per contribuire al processo di elaborazione delle politiche comunitari.LEGGI: Lobbying nell'Unione Europea, nuove regole per i "gruppi di esperti" L'Ombudswoman ha avvisato dell'apertura dell'inchiesta il presidente Juncker con una lettera. O'Reilly propone anche alla Commissione di creare una piattaforma centrale per la trasparenza per le istituzioni Ue, gli organismi, i dipartimenti e le agenzie. Secondo lei il registro di trasparenza per i lobbysti dovrebbe essere esteso anche al Consiglio. L'obiettivo e' avere una continua informazione aggiornata sulle organizzazioni che cercano "di influenza i policy-makers: il registro dovrebbe rivelare non solo quanti soldi si spendono per l'attivita' di lobbying ma anche i dettagli sugli esperti, sulle organizzazioni, su 'chi incontra chi'"Nel rapporto 2015 sulla trasparenza nell'amministrazione comunitaria, l'Ombudswoman aveva indicato che le preoccupazioni riguardavano il 22,4% dei casi trattati dal suo ufficioO'Reilly ha ricevuto diverse denunce sui consiglieri speciali della Commissione. Juncker ha 4 consiglieri, piu' di qualsiasi altro membro dell'esecutivo comunitario. L'Ombudswoman ha indicato di aver rilevato una cattiva gestione dell'assunzione Edmund Stoiber, importante uomo politico conservatore tedesco, della Cdu, per anni presidente del Land della Baviera, ora in pensione, che ha lavorato presso la Commissione come consigliere fino al 2014. La Commissione pubblico' un comunicato stampa annunciando l'assunzione di Stoiber tre mesi prima che fosse stata formalmente effettuata. Stoiber in ogni caso non veniva pagato, pero' nello stesso periodo faceva parte del board del gruppo assicurativo Nurnberger Versicherungsgruppe.LEGGI: Lobby e tabacco, è scontro in Europa La stretta della O'Reilly parte da lontano. Nelle scorse settimane è stata infatti protagonista di uno scontro con l'industria del tabacco, esclusa da una conferenza sulla trasparenza delle lobby di settore per via di un'interpretazione restrittiva di una norma internazionale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Anche in precedenza, la stessa istituzione aveva rivolto a Parlamento e Commissioni diversi inviti per un cambiamento in senso restrittivo nella normativa sulla trasparenza dei gruppi di pressione. 

Mondo - Lobbyingitalia

Oggi la Commissione ha adottato nuove norme sulle modalità di selezione dei gruppi di esperti a carattere consultivo che forniscono competenze esterne per contribuire al processo di elaborazione delle politiche.Oggi la Commissione ha adottato nuove norme sulle modalità di selezione dei gruppi di esperti a carattere consultivo che forniscono competenze esterne per contribuire al processo di elaborazione delle politiche. La decisione stabilisce un insieme coeso di norme e principi volti ad accrescere la trasparenza, a evitare conflitti di interessi e a garantire una rappresentanza equilibrata degli interessi. Le nuove norme hanno carattere vincolante per tutti i servizi della Commissione.Frans Timmermans, primo Vicepresidente della Commissione, ha dichiarato: "Nell'elaborare norme e politiche abbiamo bisogno del contributo di competenze esterne che ci aiutino a trovare soluzioni adeguate. Com'è giusto, i cittadini si aspettano che ciò avvenga in modo trasparente ed equilibrato. Grazie alle misure che adottiamo oggi, la Commissione beneficerà di competenze di qualità elevata evitando nel contempo eventuali conflitti di interessi; inoltre, i cittadini potranno chiederci conto del nostro operato. La decisione di oggi fa seguito a una serie di proficue consultazioni con i membri del Parlamento europeo, con il Mediatore europeo e con i rappresentanti delle organizzazioni della società civile, partner fondamentali nell'impostare in modo trasparente il processo di elaborazione delle politiche dell'Unione europea. Si tratta di un ulteriore passo avanti per cambiare le modalità secondo le quali si opera a 'Bruxelles'."Le nuove norme impongono ai servizi della Commissione di selezionare tutti i membri dei gruppi di esperti tramite inviti pubblici a presentare candidature, eccezion fatta per i gruppi che rappresentano Stati membri, paesi terzi e organismi internazionali o dell'Unione. Tali inviti devono essere pubblicati nel registro dei gruppi di esperti e devono descrivere chiaramente i criteri di selezione, comprese le competenze richieste e i gruppi di interesse di cui trattasi. Verrà fatto il possibile per garantire una rappresentanza equilibrata, considerati i settori di competenza e di interesse, il genere, l'origine geografica e il mandato del gruppo di esperti in questione. La maggiore trasparenza del processo di selezione è un fattore importante per conseguire una composizione equilibrata.Le norme rivedute contribuiscono ad accrescere la trasparenzadell'operato dei gruppi imponendo espressamente ai servizi della Commissione di rendere disponibile la documentazione pertinente, tra cui gli ordini del giorno, verbali chiari e completi e i contributi degli esperti. In caso di adozione della posizione di un gruppo di esperti tramite votazione possono essere rese pubbliche anche le opinioni di minoranza formulate dagli esperti, se questi lo desiderano.Le norme rivedute migliorano significativamente la gestione dei conflitti di interessi degli individui nominati a titolo personale, il cui operato deve essere indipendente e dettato dall'interesse pubblico. I servizi della Commissione dovranno svolgere valutazioni specifiche in merito ai conflitti di interessi di tali esperti sulla base di una dichiarazione di interessi standardizzata da essi compilata. Tali dichiarazioni saranno pubblicate in seguito nel registro dei gruppi di esperti a fini di controllo pubblico.Un registro dei gruppi di esperti riveduto sarà pubblicato oggi su Internet nello spirito delle nuove norme di trasparenza, garantendo sinergie con il registro per la trasparenza. Coloro che fanno domanda per rappresentare organizzazioni o interessi specifici saranno selezionati per far parte di gruppi di esperti solo se iscritti nel registro per la trasparenza (entro la fine del 2016 questa condizione verrà applicata retroattivamente a tutti i gruppi di esperti esistenti). Sempre per garantire maggiore chiarezza e trasparenza, il registro dei gruppi di esperti sarà inoltre organizzato meglio, con una nuova classificazione dei membri dei gruppi: la nuova categorizzazione opererà una distinzione tra le organizzazioni (quali le imprese, le ONG e i sindacati) e gli organismi pubblici, che erano in precedenza registrati sotto la stessa voce. Saranno altresì create nuove sottocategorie per rafforzare il controllo pubblico dell'equilibrio degli interessi.ContestoAttualmente circa 800 gruppi di esperti consigliano la Commissione in tutti i settori di intervento. I membri di tali gruppi possono essere nominati a titolo personale o in rappresentanza di Stati membri, paesi terzi, organismi internazionali o dell'UE, imprese, sindacati, società civile, mondo accademico o di altri interessi.I gruppi di esperti sono utilizzati nell'elaborazione di nuove normative o di atti delegati o di esecuzione, nell'attuazione di norme esistenti o, più in generale, nello sviluppo di orientamenti strategici; avendo un ruolo squisitamente consultivo, essi non adottano decisioni, ma possono formulare pareri o raccomandazioni e presentare relazioni alla Commissione. Quest'ultima e i suoi funzionari mantengono piena indipendenza riguardo alle modalità con le quali tengono conto delle opinioni e dei pareri tecnici ottenuti da tali gruppi. Le decisioni della Commissione sono adottate sempre nell'interesse generale dell'Unione europea.La Commissione Juncker si è impegnata ad accrescere la trasparenza in tutti i propri settori di azione. Il ricorso ai gruppi di esperti è uno dei molti modi in cui la Commissione raccoglie pareri e competenze esterni a sostegno del proprio operato; tra gli altri strumenti preziosi che completano il dialogo istituzionale con il Parlamento europeo e il Consiglio vanno annoverati le consultazioni pubbliche, le consultazioni mirate dei portatori di interessi, le audizioni pubbliche, le conferenze e gli studi.Un quadro istituzionale orizzontale relativo ai gruppi di esperti fu introdotto nel 2005 ed è stato riveduto l'ultima volta nel 2010. La decisione di oggi rappresenta una risposta positiva a molte delle raccomandazioni formulate dal Mediatore europeo in esito a un'indagine di propria iniziativa, nonché ai suggerimenti dei membri del Parlamento europeo e dei rappresentanti delle organizzazioni della società civile.I link utili:Decisione della CommissioneRegistro dei gruppi di espertiRegistro per la trasparenzaConsultazione pubblica sulla revisione del registro per la trasparenza

Mondo - Lobbyingitalia

Proseguono gli sforzi verso una normativa europea più chiara e decisa sulle lobbyNon solo in Italia: anche in Europa il lobbying è ammantato da un velo di incertezza normativa e di sfiducia da parte di istituzioni e cittadini. Anche per questo, nelle ultime settimane l’azione delle organizzazioni e associazioni che si occupano della trasparenza del processo decisionale si è fatta più forte e omogenea, anche su impulso delle principali Istituzioni europee. L’iniziativa più importante è partita diverse settimane fa dalla Commissione Europea, che ha avviato una Consultazione pubblica sulla proposta di un registro per la trasparenza obbligatorio. È inoltre in corso anche una petizione su change.org, sempre più strumento di espressione della democrazia “dal basso”, portata avanti dalla sezione europea di Transparency International per “puntare i riflettori” sulle lobby di Bruxelles.La consultazione della CommissioneLa Commissione europea intende raccogliere le opinioni di tutte le parti interessate sull'operato dell'attuale registro per la trasparenza delle organizzazioni e dei liberi professionisti impegnati nell'elaborazione e nell'attuazione delle politiche dell'Unione e sulla sua futura evoluzione verso un sistema obbligatorio esteso al Parlamento europeo, al Consiglio dell'UE e alla Commissione europea. La consultazione pubblica ha un duplice obiettivo: 1) raccogliere opinioni sul funzionamento dell'attuale registro per la trasparenza e 2) ricevere contributi utili per la concezione del futuro sistema di registrazione obbligatoria annunciato negli orientamenti politici del presidente Juncker. Lo scopo è valutare e capire che cosa ha funzionato bene finora e che cosa può essere migliorato e come, in modo da garantire che si possano sfruttare pienamente le potenzialità del registro come valido strumento per disciplinare le relazioni tra le istituzioni dell'UE e i rappresentanti di interessi. I risultati della consultazione pubblica serviranno da base per la preparazione della proposta di un registro obbligatorio da parte della Commissione.La consultazione sarà aperta a tutti fino al prossimo 1 giugno, e potrà essere compilata al seguente link. Sarà molto interessante valutare anche i contributi pervenuti, che saranno pubblicati sul sito web nelle lingue in cui sono stati compilati, entro 15 giorni lavorativi a partire dal termine della consultazione. Una relazione di sintesi sarà pubblicata entro tre mesi dal termine della consultazione. In particolare, un punto fondamentale sarà rappresentato dalle impressioni sull’attuale sistema di registrazione, da più parti definito lacunoso se non fallimentare.La petizione di Transparency InternationalLa petizione di Transparency International Europe parte da una visione molto negativa della mancanza di trasparenza del lobbying europeo, come minaccia per la democrazia e della fiducia dei governi nella politica. Transparency negli ultimi anni ha condotto, come molte altre ONG sulla trasparenza, indagini sulle attività “nascoste” di alcuni particolari gruppi di pressione. A dire il vero, il punto di partenza di Transparency è molto scettico nei confronti delle “lobby” in generale (farmaceutiche, bancarie, commerciali), ma il principale motivo degli scandali sulla corruzione degli ultimi mesi è considerato la mancanza di trasparenza.La petizione online è disponibile a questo link: https://www.change.org/p/commissione-europea-puntare-i-riflettori-sul-lobbismo-nell-ue . Queste le richieste alla Commissione Juncker:Fare in modo che tutti i lobbisti siano obbligati a iscriversi al registro europeo, di modo che gli esponenti delle istituzioni UE non potranno più incontrare lobbisti non registrati, e non potranno più invitarli a udienze o gruppi di esperti.Assicurare che le norme valgano per tutte le istituzioni europee, compreso il Consiglio, che finora non ha nemmeno aderito al registro volontario. E’ importante che i leader politici e i loro consiglieri pubblichino online tutti i loro incontri con lobbisti.Rendere più affidabili le informazioni fornite sul registro. A tal fine è neccessario un robusto sistema di controllo, che includa sanzioni per lobbisti che non rispettano le regole.Le due consultazioni permetteranno di creare una comunità di interesse attorno a un tema molte volte dibattuto in modalità e con accezioni parziali e spesso negative. Sarebbe auspicabile una partecipazione degli “addetti ai lavori”, proprio i lobbisti che, con le loro competenze tecniche e l’esperienza delle tante barriere ideologiche che li circondano, hanno l’opportunità di esprimere un pensiero originale, efficace e, si spera, incisivo anche nei confronti dei legislatori nazionali.

Mondo - Lobbyingitalia

LOBBYINGITALIA
NEWS