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Lobby nel ddl Concorrenza, vincitori e vinti (ANSA)
Scritto il 2015-10-08 da Franco Spicciariello su Italia

Farmacie, professioni ed rc auto fra i settori liberalizzati. L'Aula della Camera ha approvato il ddl Concorrenza. Il testo, approvato a Montecitorio con 269 voti a favore, 168 contrari e 23 astenuti, passa al Senato.

E' la prima legge annuale sulla concorrenza comincia a rimuovere alcuni ostacoli al mercato, andando incontro alle esigenze dei consumatori, ma, denunciano le opposizioni, deve ancora fare i conti con i paletti e i freni delle lobby. Tanti i settori coinvolti dal provvedimento che ha concluso il primo passaggio parlamentare alla Camera e ora passa al Senato. Dalle farmacie ai professionisti (avvocati, notai e ingegneri), dal turismo alle assicurazioni, dalla posta all'energia. C'è chi vince, chi perde e chi ha accettato delle mediazioni.

STOP A PARAFARMACIE, NON POTRANNO VENDERE MEDICINALI FASCIA C: Nessuna liberalizzazione per i farmaci non salvavita e a carico dei cittadini che non potranno essere venduti nelle parafarmacie e nei corner dei supermercati, ma resteranno esclusivamente nelle farmacie. Le novità in questo settore riguardano invece il via libera alle società di capitali che potranno diventare titolari delle farmacie, con l'unico limite di non avere tra i soci medici, informatori scientifici e produttori di farmaci. "Sostenere l'ingresso nella proprietà delle farmacie di chi non è farmacista significa umiliare e negare la professione alla maggioranza dei farmacisti laureati", commenta Davide Gullotta, presidente della Federazione nazionale parafarmacie italiane. Apprezzamento e soddisfazione arriva invece da Federfarma, "la Camera ha riconosciuto il valore sociale e sanitario della farmacia e la necessita' di far prevalere la tutela della salute dei cittadini".

TURISMO, ELIMINATO IL 'PARITY RATE' PER GLI ALBERGHI: aumenta la concorrenza tra le imprese turistiche offline e online. Gli alberghi potranno offrire le proprie strutture a prezzi più bassi rispetto a quelli dei portali online. Saranno infatti nulle le clausole di 'parity rate' che vincolavano precedentemente le imprese turistiche locali ai colossi del web. Una decisione "che da' ragione al mercato e al buon senso", secondo Federalberghi. Si tratta invece di "un danno per i consumatori, ma soprattutto per i piccoli alberghi" e di "una scelta contro il mercato unico digitale", per Booking.com.

OK A SOCIETA' AVVOCATI, MA 2/3 DI PROFESSIONISTI: Il capitolo si apre con l'ok all'esercizio della professione forense anche per le società di persone, capitali e cooperative. Ad una condizione: il numero dei soci professionisti e la loro partecipazione al capitale sociale deve determinare la maggioranza di due terzi. Il Consiglio nazionale forense collaborerà con il Mise "allo studio di soluzioni riguardanti l'avvocatura volte a risolvere eventuali criticità". L'Associazione nazionale avvocati italiani ritiene invece che la presenza di soci di capitale non professionisti "finirà per eludere la normativa tassativa sulla libera professione di avvocato introducendo strumenti elusivi che finiranno per favorire grandi soci di capitali".

AUMENTANO I NOTAI, SALTA LA PORTABILITA' DEI FONDI PENSIONE: i notai restano indispensabili anche per gli acquisti di minor valore. Gli avvocati infatti non potranno autenticare gli atti di compravendita di immobili non residenziali (non case quindi, ma box e negozi) dal valore inferiore ai 100 mila euro. Inoltre, ci sarà un notaio ogni 5.000 abitanti e non più ogni 7.000. Salta invece la portabilità dei fondi pensione: previsto però un tavolo di confronto per avviare un processo di riforma del settore.

RC AUTO, PIU' SCONTI PER VIRTUOSI AL SUD: polizze più convenienti per chi monta la 'scatola nera' e per gli assicurati virtuosi, specialmente al sud. "I cittadini onesti, e in modo speciale quelli del Sud che fino a ora sono stati i più penalizzati, verranno premiati e non più bastonati". Commenta la relatrice del provvedimento alla Camera, Silvia Fregolent (Pd), spiegando che chi fa incidenti per 5 anni consecutivi e accetta l'installazione della scatola nera, pagherà una tariffa inferiore alla media italiana. L'Ania avverte, con alcune misure del provvedimento "si rischia un aumento del costo dei risarcimenti con un inevitabile aumento del prezzo delle polizze".

POSTE, SLITTA AL 2017 LO STOP AL MONOPOLIO NOTIFICHE: Le Poste non saranno più le uniche a poter inviare multe e notifiche giudiziarie. L'aula ha però rinviato dal 10 giugno del 2016 al 10 giugno del 2017 la fine di questo monopolio. Una decisione che per Fise Are, l'associazione degli operatori postali privati di Confindustria, farà sì che "l'Italia resti ancora fanalino di coda per la liberalizzazione del settore postale".

ENERGIA, ADDIO A MAGGIOR TUTELA DAL 2018: Il passaggio al mercato non tutelato del gas e dell'energia elettrica previsto per il 2018 sarà graduale. Intanto, il Mise si occuperà di verificare le condizioni per la liberalizzazione e grazie a un 'preventivatore' online sarà possibile confrontare le offerte dei diversi operatori.

ANSA.it

Il presidente Usa sembra aver perso la battaglia contro i produttori di pistole. Nonostante le sue pressioni, l'import è a livelli record. E la presa della National Rifle Association sul Congresso è più forte che mai «Se mi chiede qual è il settore in cui sento di essere stato più frustrato e più ostacolato è il fatto che gli Stati Uniti sono la sola nazione avanzata sulla Terra in cui non abbiamo leggi di buon senso per il controllo delle armi, nonostante le ripetute uccisioni di massa. Se consideriamo il numero di americani uccisi per terrorismo dall'11 settembre sono meno di cento, mentre le vittime della violenza delle armi sono nell'ordine delle decine di migliaia. Non essere in grado di risolvere questo problema è stato angosciante: ma non è un tema sul quale ho intenzione di smettere di lavorare nei restanti 18 mesi». Queste parole di Barack Obama arrivavano, consegnate al microfono di un inviato BBC, all'indomani della strage di Charleston, in cui Dylann Storm Roof, 21 anni, ha fatto fuoco con una pistola calibro 45 regalatagli per il compleanno dal padre, all'interno della Emmanuel African Methodist Episcopal Church durante una lettura della Bibbia. Il bilancio della sua azione: nove morti - tre uomini e sei donne -membri della comunità afroamericana che frequenta la chiesa tra cui anche il pastore, il reverendo Clementa Pinckney, senatore del Partito democratico. Un mix di impotenza e frustrazione del comandante in capo della Nazione più potente della Terra, che fa chiaramente trasparire l'influsso e la capacità d'azione della lobby delle armi negli Stati Uniti. Quasi sfrontata nell'attaccarlo («Il presidente Obama - affermarono commentando gli ultimi dati del Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives -non si fermerà di fronte a niente per spogliare i cittadini del loro diritto costituzionale di difendersi»). E nell'evidenziare che proprio gli annunci di leggi più restrittive sulla detenzione delle armi hanno indotto le persone a correre ad acquistarle: «Barack Obama merita il premio di "Venditore di armi del decennio"» ha commentato, non senza sarcasmo, Erich Pratt, portavoce di Gun Owners of America. «Il presidente è stato implacabile nei suoi attacchi contro il Secondo Emendamento alla Costituzione (quello del 1791 che garantisce il diritto di possedere armi, ndr) e non c'è da stupirsi che la gente abbia paura e voglia proteggersi» ha aggiunto Jennifer Baker, portavoce della National Rifle Association (NRA). In effetti, i dati sembrano incontrovertibili: durante la presidenza Obama la produzione di armi da fuoco negli Stati Uniti è passata da meno di 4,5 milioni di unità a oltre 10,8 milioni di unità con un incremento del 140%: è vero che l'export è cresciuto nell'insieme, però riguarda meno di 400mila unità; ma è aumentato soprattutto l'import che nel 2013 ha superato i 5,5 milioni di unità toccando un record trentennale. Anche sul fronte della legislazione, le notizie non sono incoraggianti. Come riporta una meticolosa inchiesta del New York Times del dicembre 2013, cioè a un anno esatto dalla strage di Newtown (alla Sandy Hook Elementary School un ventenne aprì il fuoco uccidendo 27 persone, tra cui 20 bambini sotto i 7 anni), delle 109 nuove leggi approvate nei vari Stati solo un terzo ha effettivamente rafforzato le restrizioni sulle armi, mentre la maggior parte le ha di fatto ammorbidite. Ed è proprio su questo versante che si manifesta la potenza mediatica della lobby delle armi negli Stati Uniti. Una lobby capitanata dalla National Rifle Association (NRA), una delle più influenti degli Stati Uniti: un'entità che Obama conosce bene e di cui ha ripetutamente evidenziato l'influsso su Camera e Senato: «Sfortunatamente, la presa della NRA sul Congresso è estremamente forte - ha ribadito nei giorni scorsi. E non prevedo nessuna iniziativa legislativa all'orizzonte, finché l'opinione pubblica Usa non sentirà un senso d'urgenza che porti a dire "tutto questo non è normale, possiamo cambiare qualcosa e abbiamo intenzione di cambiarla"». Eppure, una recente ricerca dell'Harvard Injury Control Research Center smentisce numerose delle tesi sostenute dalla lobby armiera. A cominciare da quella secondo cui "possedere un'arma in casa rende più sicuri" (lo pensa solo il 5% degli intevistati, il 64% sostiene l'esatto contrario). Ma, soprattutto, l'inchiesta dimostra che per il 72% degli americani leggi più severe sulle armi aiutano a ridurre gli omicidi. Eppure questo punto di vista pare non riuscire a far breccia tra le maglie dei legislatori statunitensi. Inutile domandarsi di chi è il merito. DOVE PRENDONO I SOLDI I LOBBISTI? La National Rifle Association (NRA) è un'organizzazione ben strutturata tanto da essere considerata "la lobby più influente degli Stati Uniti". Potente con l'elettorato e, ancor di più, con il ceto politico: secondo il Centro Open Secrets l'influenza della NRA si fa sentire non solo attraverso i contributi elettorali, ma anche con i milioni di dollari di spese non rese pubbliche (off-the-book ) per diffondere annunci pubblicitari. Le sole sue spese di lobbying sono nell'ordine di svariati milioni di dollari all'anno, usati per esercitare la sua influenza su agenzie governative, membri del Congresso e su vari ministeri tra cui quelli degli Interni e del Commercio. Un'imponente organizzazione, fondata nel lontano 1871, che oggi può disporre di svariati milioni all'anno (il Washington Post parla, forse esagerando, addirittura di 250 milioni) raccolti attraverso donazioni e sostegni di singoli aderenti, spesso esentabili dalle tasse, ma soprattutto col contributo delle maggiori aziende produttrici di armi e delle ditte specializzate nella rivendita. Come riporta una delle rare indagini in questo oscuro ambito, promossa dal Violence Policy Center (VPC), la NRA ha messo a punto uno specifico "Corporate Partners Program " (Programma per le aziende) per incrementare i contributi da parte delle ditte produttrici e rivenditrici di armi. Tra i donatori primeggia Midway USA, un colosso nella vendita online (non ha negozi fisici) di armi e munizioni di tutti i tipi che non solo ha donato più di cinque milioni di dollari alla NRA di cui è lo sponsor ufficiale del meeting annuale, ma soprattutto ha contribuito a creare il "NRA Roundup Programme " per promuovere la raccolta fondi della lobby armiera. Seguono una serie di aziende produttrici di armi e munizioni: Smith & Wesson, Sturm, Ruger & Co., Blaser USA, Glock, Noser, Barret, Remimgton, Browning. C'era anche la Colt che nelle scorse settimane ha dichiarato bancarotta. Ma soprattutto spicca il gruppo Beretta USA che nel 2008 ha donato un milione di dollari all'"Istituto NRA per l'azione legislativa e le attività per la difesa dei diritti civili". Obiettivo: difendere e ampliare la portata del Secondo Emendamento. E in quei soldi c'è tanta Italia: la Beretta USA fa parte infatti della Beretta Holding, interamente controllata dalla famiglia Gussalli Beretta di Gardone Val Trompia in provincia di Brescia. BERETTA, DAL MARYLAND AL TENNESSEE PER PUNIRE IL GOVERNATORE "OSTILE" Il governatore di uno Stato decide di promuovere leggi più restrittive sulle armi? E io chiudo la fabbrica. È quello che la Beretta ha deciso nel febbraio 2014, chiudendo lo storico stabilimento di Accokeek nel Maryland per aprirne uno nuovo a Gallatin, nel Tennessee. In un comunicato, il presidente Ugo Gussalli Beretta, dimessosi poche settimane fa, giustificava la decisione attaccando frontalmente la decisione dell'allora governatore Martin O'Malley (un liberal del partito democratico) per la sua scelta di limitare la diffusione delle pistole. "Pattern of harassment" (una "prassi di molestie") contro i legali possessori di armi, fu definita la scelta del governatore. Una presa di posizione inusuale per l'azienda italiana che è stata duramente criticata dalle associazioni statunitensi per il controllo delle armi: «Contesta una legge che è molto meno restrittiva di quelle che in Italia proteggono la sua famiglia», ha commentato Jonathan Lowy, del Brady Center to Prevent Gun Violence. Gussalli Beretta ha ovviamente taciuto nella sua lettera i milioni di dollari di finanziamenti pubblici dello Stato del Tennessee ricevuti per aprire la sua azienda. Ma anche così funziona la lobby delle armi. Che nella cinquecentenaria azienda italiana fornitrice di armi alle polizie e all'esercito Usa trova uno dei suoi più attivi azionisti. Di Giorgio Beretta (Analista dell'Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e Difesa di Brescia) ed Emanuele Isonio

Mondo - Lobbyingitalia

Bruxelles città delle istituzioni Ue e delle lobby. Quasi tutte le grandi multinazionali, le industrie, le organizzazioni , i gruppi di interesse e anche e le Ong hanno almeno un ufficio nella capitale europea. Tra i corridoi e i bar dei grandi palazzi decisionali non è difficile notare i rappresentanti di varie organizzazioni intenti nel lavoro di lobbista. A influenzare maggiormente le decisioni delle istituzioni europee sarebbero le industrie che tra dicembre 2014 e giugno 2015, registrano già circa 4.318 incontri con rappresentanti e funzionari della Commissione Ue: è quanto riporta un’analisi della organizzazione anticorruzione Transparency International. Le organizzazioni attualmente iscritte nel registro Ue per la Trasparenza sono 7.821: il 75% di queste, circa 4.879, cerca di favorire gli interessi delle aziende. Mentre il 18 % è rappresentato dalle Ong e il 4% dai think tank e solo il 2% dalle autorità locali. Nella top list delle imprese che spendono di più per fare lobby figurano la Microsoft, Exxon Mobil e la Shell con una spesa che varia tra i 4,5 e i 5 milioni di euro, dedicato a questo scopo. Seguite subito dopo dalla Deutsche Bank AG, la Dow Europe GmbH e Google: quest'ultima ha già avuto 29 incontri con le istituzioni europee in questi mesi. Ma anche Ong come Greenpeace e il Wwf si sono incontrate diverse volte con l'esecutivo comunitario e tra le lobby presenti a Bruxelles BusinessEurope, la General Electric Company (GE) , Eurocommerce e Airbus group. «Le organizzazioni con un più alto budget per fare lobby hanno un grande accesso , in particolare nel settore finanziario, digitale ed energetico» osserva Daniel Freund di Transparency International. Le imprese che hanno dichiarato almeno 900mila euro di spese per lobby sono quelle che hanno ottenuto più di dieci colloqui ad alto livello con la Commissione Europea, in base al report. Tra i paesi che hanno ottenuto più incontri in questo periodo, al primo posto spicca il Belgio, poi la Germania, l'Inghilterra, la Francia e l'Italia. Le organizzazioni italiane registrate sarebbero 597. Per ora, tra le italiane, la Confindustria avrebbe ottenuto più appuntamenti con rappresentanti istituzionali Ue, poi l'Enel e l'Eni. In generale le organizzazioni italiane sembrano spendere meno per le attività di lobby rispetto ad altri paesi e si focalizzano in particolare sul settore energetico. Il clima e l'energia, il lavoro e la crescita, l'economia digitale, i mercati finanziari e i trasporti sono i settori che attraggono di più i lobbisti di Bruxelles. Mentre i commissari Katainen, Hill e Oettinger hanno finora avuto pochi confronti con la società civile, tra il 4% e l'8 per cento. In particolare gli ambiti dei mercati finanziari e dell'economia digitale sono presi più di mira dalle imprese. Le nuove misure di trasparenza Ue sono però secondo l'analisi di Transparency International ancora poco seguite: l'80% delle organizzazioni presenti nel registro per la Trasparenza non ha riportato pubblicamente un solo incontro con commissari Ue o funzionari. Inoltre su 30mila funzionari che lavorano alla Commissione Europea neppure 300 sono soggetti alle nuove misure di trasparenza. Le nuove regole di trasparenza della Commissione riguardano solo l’1% dei funzionari e il 20% delle organizzazioni lobbistiche. Su questo punto Carl Dolan, direttore di Transparency International ha le idee chiare «Le istituzioni europee dovrebbero pubblicare “un'impronta legislativa” un documento pubblico con tutti gli incontri con le lobby e altri contributi che abbiano in qualche modo influenzato le politiche e le legislazioni». Tra i problemi principali riscontrati dall'organizzazione anticorruzione vi è anche la carenza nella qualità dei dati raccolti dal registro per le lobby che rimane per ora su base volontaria: molte organizzazioni rimangono ancora fuori da questo database, tra queste quattordici su venti dei più grandi studi legali mondiali tutti con un ufficio a Bruxelles, come Clifford Chance, White&Case o Sidley Austin. Mente undici di queste sono registrate ad esempio a Washington DC dove vige l'obbligo di iscriversi. «La maggior parte delle informazioni che i lobbisti volontariamente compilano nei file del registro risultano incomplete, poco accurate o totalmente insignificanti» ha affermato Freund. Secondo l'organizzazione oltre il 60% delle organizzazioni che hanno fatto pressione sulla Commissione Ue per l'accordo commerciale tra Ue ed USA non ha dichiarato queste attività in maniera adeguata. Per Transparency International si rendono indispensabili alcuni passi in avanti che riguardino l’obbligatorietà del registro delle lobby e l'introduzione di “un'impronta legislativa” , ossia una testimonianza dell'influenza dei lobbisti su una parte di legislazione.   Fonte: Irene Giuntella - Il Sole 24 Ore

Mondo - Lobbyingitalia

Sono tante le novità in arrivo in tema di assicurazioni auto. Alcune sono già entrate in vigore, altre lo faranno nel giro di qualche mese. Per essere preparati al momento del rinnovo della RC auto, vediamone alcune tra le più importanti: 1. Tagliando elettronico: Dal primo aprile 2015 il tagliano dell’assicurazione RC auto non lo vedremo più sopra il parabrezza della nostra macchina. Il nuovo regolamento introduce infatti un pagamento da effettuare tramite la targa del veicolo con il dispositivo Targa System che velocizzerà il controllo dei vigili e degli agenti stradali al momento dell’incrocio dei nostro dati con quelli del database delle Forze dell’ordine, del Ministero dei Trasporti e della Motorizzazione civile. Questo nuovo sistema dovrebbe eliminare del tutto il problema delle numerose auto che circolano senza assicurazione. 2. Stretta sulle polizze omaggio: A proposito delle assicurazioni auto offerte gratis da numerose case automobilistiche ai clienti che acquistano un veicolo nuovo, l’IVASS vuole fare chiarezza. Spesso, infatti, si tratta di un’offerta apparentemente conveniente, ma che dietro nasconde qualcosa di poco chiaro. Alla fine del periodo di gratuità pare che l’assicurato perda i benefici sia per sé che per i propri familiari relativamente alla classe di merito acquisita prima del periodo promozionale (compresi quelli riconosciuti dalla Legge n. 40/2007 - decreto Bersani). Tra pochi mesi quindi dovrebbero essere varate nuove decisioni che potrebbero portare addirittura alla cancellazione di queste tipologie di offerte.  3. Danni alla persona: In caso di incidente, il risarcimento per danni alla persona verrà stabilito caso per caso dai periti o dalla magistratura in base ad alcuni e precisi criteri di valutazione individuale. Verranno infatti rese pubbliche delle tabelle dettagliate per la liquidazione dei danni gravi alle quali fare riferimento.  

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