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Regolamentare le lobbies: benefici per la democrazia [AgoraVox]
Scritto il 2015-07-22 da Redazione su Italia

Esistono, lo sanno tutti, eppure fanno paura come se fossero sette eversive. Perché non regolamentare le lobbies, come già si fa in molti paesi del mondo, e renderle preziose portatrici di interesse nella logica democratica italiana?

Nei sistemi politici contemporanei, hanno acquisito un notevole peso, nell’influenzare i processi decisionali pubblici, i gruppi di pressione, che si pongono come organizzazioni intermediarie tra società e politica. Lo sviluppo dei gruppi di interesse procede parallelo con lo sviluppo della società, sia per una ormai consolidata diversificazione dei bisogni e degli interessi nelle società stesse, sia per l’ampliamento dei diritti di espressione e di associazione che costruiscono una società sempre più multi-plurale.

L’aumento della complessità e il diversificarsi delle articolazioni della società producono lo sviluppo di forme associative che dal sistema sociale cercano, a fianco della rappresentanza politica, di articolare richieste alle autorità politiche, intervenendo, direttamente o indirettamente nelle varie fasi del processo decisionale. Un recente rapporto dell’Agenzia internazionale Trasparency International, identifica tre macro-indicatori per la valutazione dell’impatto dei gruppi di interesse sui processi politici.

Questi sono la trasparenza al pubblico delle relazioni tra politici e lobbisti; la regolamentazione sulla condotta etica degli stessi (in sostanza, la loro integrità morale) e l’apertura del potere pubblico al pluralismo di voci e interessi, quindi una sorta di pari opportunità di accesso, che garantisce la possibilità di esercitare controllo e bilanciamento in un sistema di verifica e valutazione delle decisioni. In base allo stesso rapporto, l’Italia risulta uno dei paesi meno virtuosi d’Europa.

I risultati confermano l’assoluta mancanza dei tre elementi fondamentali (trasparenza, integrità e parità di accesso) generata da una assenza di normative di settore e di un registro nazionale dei lobbisti, che ha favorito uno sviluppo informale e chiuso del fenomeno. Anche il contesto socio-politico e culturale ha sicuramente contribuito a creare un sistema di lobbying ad personam, basato, più che su procedure, contenuti validi e comunicazione persuasiva, su relazioni sociali e personali.

L’opinione pubblica italiana pare oggi insistere più sui rischi che sulle opportunità derivanti dall’emergere di questi gruppi di pressione, non intravedendo nel pluralismo di voci un’autentica conquista della democrazia, ma ritenendolo invece un pericoloso vulnus che porta a deviare, nell’esclusivo interesse privato, strategie e iniziative politiche da un obiettivo che dovrebbe garantire invece, in quanto “pubblico”, positive ricadute per il maggior numero possibile di persone.

Non ritengo che questa semplificazione, che spesso porta a una banalizzazione di un nuovo fattore che concorre alla qualità della democrazia (ma il nostro è il paese che ha un attaccamento morboso per la ricerca delle trame oscure e dei complotti), sia adeguata a esprimere invece uno slancio e una prospettiva di crescita anche dell’efficacia della governance degli apparati pubblici. I gruppi di interesse, infatti, rappresentano anche, come ben evidenziato da molteplici studi, degli elementi imprescindibili per la qualità dei provvedimenti normativi e legislativi che riguardano settori specifici ad alto contenuto tecnico.

Occorre però che anche in Italia l’azione dei gruppi di interesse, come nei paesi più avanzati in cui è ormai prassi consolidata e accettata, venga inquadrata in un sistema di regolamentazione moderno e chiaro. In molti ordinamenti (Stati Uniti, Canada, Israele, Francia, Gran Bretagna ad esempio) si è avvertita, con sfumature profondamente diverse tra loro, la medesima esigenza di rendere conoscibili a tutti chi sono e quali sono i gruppi di pressione, definendo un assetto di regole volte ad assicurare la trasparenza delle decisioni. La trasparenza, quindi, è uno dei cardini per un corretto funzionamento del rapporto tra politica e gruppi di interesse, e ritengo sia auspicabile, in toto, il recepimento delle proposte di Transparency International Italia che raccomandano l’istituzione da parte del Governo di un registro pubblico dei lobbisti, garantito da un’autorità super partes. Il registro dovrà essere obbligatorio, pubblico e rispettare i più elevati standard internazionali di trasparenza e rendicontazione.

Decisi passi avanti vanno fatti anche in ambito di trasparenza del processo legislativo, che garantisca la piena chiarezza e controllabilità delle varie fasi dell’iter delle proposte di legge, specie nei passaggi in Commissione. Sarebbe poi auspicabile che politici e parlamentari rendessero pubblici i dettagli di incontri con lobbisti e gruppi di interesse, così come pubblici dovrebbero essere gli accessi di questi ultimi al parlamento e ai ministeri. A ogni cittadino dovrebbe essere inoltre garantito il libero accesso a ogni informazione pubblica o documento prodotto dalla pubblica amministrazione. Una norma specifica, infine, dovrebbe riguardare l’introduzione di norme specifiche per combattere il conflitto di interessi. Infatti, una tendenza eccessiva al riciclarsi, dopo l’esperienza pubblica, ha portato molti politici a operare come lobbisti.

Solo con l’obbligatoria introduzione di periodi di attesa, e di una specifica regolamentazione, si potrà fare in modo che il rapporto tra politica e gruppi di interesse sia un rapporto virtuoso ed eviti di generare invece un circolo vizioso e un appiattimento su mere logiche particolaristiche votate più a profitti e difesa di interessi che a una qualità e al progresso dei processi e della capacità di governo.

Leonardo Raito
Docente di Storia Contemporanea - UniPD

Fonte: Agora Vox

Parla Morbelli, responsabile relazioni esterne di Open Gate Italia. «Ma quali interessi oscuri. Noi portiamo le istanze dei nostri clienti al decisore, non vendiamo relazioni. Le regole a Montecitorio? Si poteva fare di più. Serve una legge, i primi a volere chiarezza siamo noi lobbisti»«Siamo lobbisti, non faccendieri. Finalmente alla Camera ci sarà più trasparenza, ma stiamo ancora aspettando una legge nazionale con regole certe». Andrea Morbelli è il responsabile del settore relazioni istituzionali di Open Gate Italia, una delle principali realtà del settore. Tra i suoi clienti, presenti e passati, figurano multinazionali come HP, Enel Open Fiber, le Acciaierie di Terni, l’associazione nazionale industrie cinematografiche, ma anche la società calcistica della Roma. A sentire lui, la regolamentazione approvata a Montecitorio sull’attività dei lobbisti è una buona notizia.Morbelli, partiamo dal suo lavoro. È corretto dire che i lobbisti rappresentano interessi particolari e costruiscono reti di relazioni con il decisore pubblico?Facciamo chiarezza. Il lobbista non crea relazioni, porta contenuti al decisore pubblico. Si discute di un provvedimento? Noi rappresentiamo le istanze dei nostri clienti, siano aziende o associazioni. E così portiamo anche il loro know how. Perché il decisore non può essere onnisciente: per regolare un settore deve prima avere gli strumenti che gli permettono di farlo. Ma non vendiamo relazioni, non siamo faccendieri. Oggi diverse multinazionali e associazioni di categoria possono già entrare alla Camera con un badge che viene rilasciato a discrezione del questore. Non c’è alcun criterio. Se la nuova regolamentazione azzera tutto e autorizza l’accesso solo a chi si registra sarà un dato positivo Da ieri alla Camera c'è una nuova regolamentazione della “attività di rappresentanza di interessi”.Ci sarà un pubblico registro dei lobbisti che entrano a Montecitorio. Come cambia il vostro lavoro?È un primo passo. Adesso spettano alla Presidenza ulteriori disposizioni per stabilire le modalità di accesso nel Palazzo. La nostra posizione è semplice: siamo a favore se esisterà un registro valido per tutti. Oggi diverse multinazionali e associazioni di categoria possono già entrare alla Camera con un badge che viene rilasciato a discrezione del questore. Non c’è alcun criterio. Se la nuova regolamentazione azzera tutto e autorizza l’accesso solo a chi si registra sarà un dato positivo. Altrimenti si rischia di reiterare il dislivello attuale. Dove qualcuno può entrare quando vuole e altri devono chiedere il permesso. La regolamentazione prevede anche che i lobbisti pubblichino un resoconto delle proprie attività nel Palazzo. Bene, noi siamo per la totale trasparenza. Meglio ancora se viene sanzionato chi non dichiara tutto, magari privandolo della possibilità di entrare alla Camera. Inizialmente si era anche ipotizzato di rendere pubbliche le spese sostenute da ciascuno nell’ambito della propria attività. Questa disposizione è stata tolta, io l’avrei lasciata. Gli ex parlamentari che diventano portatori di interessi, invece, dovranno attendere un anno prima di potersi iscrivere al registro. Anche se potranno continuare a entrare a Montecitorio in qualità di ex. Nel mondo succede così, non è uno scandalo. Chi è stato decisore pubblico può diventare un lobbista. Ma la norma così com'è scritta può essere sicuramente aggirata, questo è vero. Spesso si parla del lobbista come di un rappresentante di interessi oscuri, pronto a elargire mazzette… Ma questi sono traffichini, non lobbisti. Il nostro è un lavoro serio, proprio per questo vogliamo farlo in tutta trasparenzaInsomma, lei è soddisfatto delle nuove disposizioni?Ripeto, è un primo passo. Se ci fosse una legge nazionale con regole certe sarebbe ancora meglio. Si parla tanto di trasparenza, ma è evidente che qualche abuso esiste.Le cronache parlamentari raccontano spesso di strani personaggi che si aggirano tra le commissioni ed emendamenti infilati all’ultimo da anonime manine...Gli abusi esistono, certo. Anche per questo chiediamo norme chiare. Se la nostra attività avvenisse alla luce del sole non ci sarebbe nulla di male. Ognuno deve essere libero di portare il proprio contributo al decisore. E lui, a sua volta, deve essere libero di legiferare in autonomia. Oggi siamo noi i primi a pagarne le conseguenze. Spesso si parla del lobbista come di un rappresentante di interessi oscuri, pronto a elargire mazzette… Ma questi sono traffichini, non lobbisti. Il nostro è un lavoro serio, proprio per questo vogliamo farlo in tutta trasparenza.Fonte: Marco Sarti, Linkiesta

Imprese - Lobbyingitalia

IL RELATORE PISICCHIO: MODELLO UE, RIGUARDERÀ TUTTI I RESPONSABILI RAPPORTI ISTITUZIONALI (Public Policy) Il regolamento dell'attività di lobbying della Camera approvato ieri sera dalla Giunta del regolamento è entrato subito in vigore? Ci sarà un periodo di transizione? Le nuove regole varranno solo per questa legislatura? A chi si applicheranno veramente le nuove norme? Da Montecitorio fanno sapere che, per il momento, un lobbista che entrasse oggi alla Camera non dovrebbe sottoporsi a nessun nuovo adempimento in più rispetto a ieri. Infatti, pur essendo formalmente in vigore, affinché il nuovo regolamento venga applicato saranno necessari alcuni giorni. Da Montecitorio spiegano che da ieri sera gli uffici si sono messi subito all'opera affinché il nuovo regolamento diventi operativo tra qualche giorno.Ad ogni modo sarà necessaria una nuova riunione dell'Ufficio di presidenza, perché - secondo quanto prevede il regolamento - quest'organo dovrà stabilire "le ulteriori disposizioni relative all'iscrizione e alla tenuta del registro nonché alle modalità di accesso alla Camera dei deputati dei soggetti iscritti nel registro e all'eventuale individuazione di locali e attrezzature per favorire l'esplicazione della loro attività". Nella stessa riunione verranno sciolti tutti i nodi relativi ai vari adempimenti come, per esempio, quello relativo alla sicurezza. Tutti gli aggiornamenti sulle novità riguardanti il registro e l'attuazione del regolamento saranno pubblicate sul sito internet. Inoltre dalla Camera spiegano che il nuovo regolamento, pur essendo stato approvato in via sperimentale, varrà non solo per questa legislatura ma anche per le prossime. Nel corso della seduta della Giunta del regolamento di ieri sera un lungo dibattito ha riguardato l'emendamento del Pd che ha aggiunto l'avverbio "professionalmente" alla definizione dell'attività di lobbying.Il relatore Pino Pisicchio spiega a Public Policy che le nuove regole "si basano sul modello del Parlamento europeo, quindi varranno per tutti quei soggetti che svolgono la loro attività in maniera non occasionale ma professionale". Dunque agenzie di lobbying e lobbisti interni alle aziende ma anche, sintetizza Pisicchio, "tutti i responsabili dei rapporti istituzionali".NASCE IL REGISTRO DELLE LOBBYIl registro delle lobby sarà istituito presso l'Ufficio di presidenza della Camera e riguarderà "i soggetti che svolgono professionalmente attività di rappresentanza di interessi nei confronti dei deputati". Il registro è pubblicato sul sito internet della Camera ed è puntualmente aggiornato in relazione alle modifiche intervenute.DEFINIZIONE DI LOBBYING"Per attività di rappresentanza di interessi si intende ogni attività svolta nelle sedi della Camera dei deputati professionalmente" attraverso "proposte, richieste, suggerimenti, studi, ricerche, analisi e qualsiasi altra iniziativa o comunicazione orale e scritta, intesa a perseguire interessi leciti propri o di terzi nei confronti dei membri della Camera dei deputati". Il regolamento precisa che "non costituiscono attività di rappresentanza di interessi le dichiarazioni rese e il materiale depositato nel corso di audizioni dinanzi alle commissioni e ai comitati parlamentari".ISCRIZIONE AL REGISTROIn caso di persone fisiche il lobbista dovrà indicare: dati anagrafici e domicilio professionale. Se l'attività di rappresentanza d'interessi è svolta da un soggetto giuridico diverso da una persona fisica dovrà essere indicata: la denominazione e la sede, i dati anagrafici delle persone che in maniera stabile e costante svolgono per loro conto tale attività e lo specifico rapporto contrattuale che ad esse le lega. E ancora, per tutti: la descrizione dell'attività di rappresentanza di interessi che si intende svolgere; i soggetti che si intendono contattare. "Qualora l'attività sia intesa a perseguire interessi di terzi - si legge - deve essere indicato il titolare di interessi per conto del quale il soggetto che intende iscriversi al registro opera e il titolo giuridico che consente l'esercizio dell'attività, con l'indicazione del termine finale, ove previsto". Per l'iscrizione nel registro il soggetto richiedente deve: avere compiuto la maggiore età; non aver subito, nell'ultimo decennio, condanne definitive per reati contro la pubblica amministrazione o la fede pubblica o il patrimonio; godere dei diritti civili e non essere stato interdetto dai pubblici uffici; non aver ricoperto negli ultimi dodici mesi cariche di governo nè aver svolto il mandato parlamentare. In caso di attività di rappresentanza d'interessi svolta da un soggetto giuridico diverso da una persona fisica questi requisiti dovranno essere posseduti dalle persone che in maniera stabile e costante svolgono per loro conto questa attività. "La medesima disciplina - si legge - si applica anche ai parlamentari cessati dal mandato ove intendano svolgere attività di rappresentanza di interessi". Nel caso in cui venga meno uno dei requisiti per l'iscrizione al registro è prevista la sospensione.RELAZIONI PERIODICHEEntro il 31 dicembre di ogni anno, gli iscritti nel registro sono obbligati a presentare alla Camera una relazione sull'attività di rappresentanza di interessi svolta nell'anno, che dia conto dei contatti effettivamente posti in essere, degli obiettivi perseguiti e dei soggetti nel cui interesse l'attività è stata svolta, con le eventuali variazioni intervenute, nonché dei dipendenti o collaboratori che hanno partecipato all'attività. Le relazioni sono tempestivamente pubblicate sul sito internet della Camera.SANZIONIIn caso di violazione del regolamento delle lobby l'Ufficio di presidenza applica le sanzioni della sospensione o della cancellazione dal registro, graduate in relazione "alla gravità delle infrazioni, secondo procedure e modalità stabilite dallo stesso Ufficio di presidenza". Le violazioni verranno rese pubbliche sul sito internet della Camera.

Imprese - Lobbyingitalia

Tutti i disegni di legge sono fermi, a dispetto delle intenzioni più volte dichiarate, così come la legge sul conflitto di interessi. Ma ora il governo, per riscattarsi dal caso Guidi, dice di volere intervenire"Dobbiamo cercare di arrivare ad avere una legge», dice Maria Elena Boschi. Come impegno è un po’ poco, ma il messaggio che il ministro vuole mandare dalle poltrone dello studio di Porta a porta è che il governo intende accelerare sulla legge che dovrebbe regolare il rapporto tra i parlamentari e i lobbisti, i portatori di interessi che lavorano per aziende, multinazionali, categorie professionali o sociali.Legge che non c’è e la cui assenza è illuminata dalla vicenda di Federica Guidi, dalle telefonate tra l’ex ministro dello Sviluppo economico, già accusata di conflitto di interessi per via dell’azienda di famiglia, Ducati Energie, e il suo compagno, Gianluca Gemelli, accusato di «traffico di influenze illecite».L'accusa di Gemelli cita l’articolo 346 bis del codice penale, un reato voluto dal ministro Cancellieri che però da solo non regolamenta le molteplici forme con cui le lobby si interfacciano con le istituzioni, ed è insufficiente a definire i confini di quella che potremmo considerare un’attività di lobby positiva, come nota Pier Luigi Petrillo, professore di Teorie e tecniche del lobbying alla Luiss Guido Carli di Roma: «Si è introdotto il reato di traffico, che descrive il lobbying illecito, senza tracciare prima i confini del lobbying lecito».Per ora però le intenzioni, ribadite da Boschi, non hanno prodotto molto. Sono quasi due anni che la commissione Affari costituzionali del Senato ha in mano una serie di testi sulla materia, più o meno stringenti. Ed è quasi un anno che tra le dodici diverse proposte è stato individuato un testo base, quello dell’ex Cinque Stelle Luis Orellana, su cui sono stati presentati circa 250 emendamenti.«Ma non sono neanche ancora stati raccolti in un fascicolo», dice all’Espresso Orellana, «tant’è che non ho potuto ancora leggerli, non essendo io membro della prima commissione». Dopo le dichiarazioni di Maria Elena Boschi i più scommettono che la presidente Anna Finocchiaro faccia riprendere l’iter, perché nel merito non se ne discute da giugno 2015, salvo l’impegno messo a verbale nella seduta del 25 novembre scorso, quando la commissione si riprometteva di «riprendere l’esame del disegno di legge».Cosa mai successa. Tra gli aspetti positivi del testo di Orellana c’è il cosiddetto divieto “revolving doors": il rappresentate o il dirigente dell’istituzione pubblica, se cambia lavoro, non potrà diventare lobbista, almeno per due anni.A parziale discolpa dei senatori bisogna dire che la commissione ha prima dedicato molti mesi alla riforma costituzionale e poi ora ha sotto esame, tra le altre, la legge sul conflitto di interessi già approvata alla Camera (anche questa sarebbe stata utile nel caso Guidi, anche se il testo in questione non avrebbe impedito la nomina della vicepresidente di Confidustria) e la riforma della legge sul sostegno all’editoria. Comunque, mentre si attende di capire come il governo voglia concretizzare l’impegno dichiarato e se la commissione del Senato possa accelerare, la Camera dei deputati potrebbe esser la prima a intervenire.Un testo fotocopia di quello di Orellana è stato infatti presentato anche Montecitorio dalla deputata di Scelta Civica Adriana Galgano, anche se il successo per ora è lo stesso. Scarso: presentata a ottobre 2015, assegnata alla prima commissione, l'iter non è cominciato. Più fortunato potrebbe esser invece Pino Pisicchio. La giunta per il regolamento, infatti, venerdì 8 aprile chiude il termine per la presentazione degli emendamenti al testo che porta la firma del deputato centrista e che punta a istituire «un registro dei soggetti che svolgono attività di relazione istituzionale nei confronti dei deputati». Sarebbe solo un protocollo, e durerebbe solo fino alla fine della legislatura (questo perché altrimenti dovrebbe passare al voto dell’aula) ma sarebbe un primo passo avanti: «Molto piccolo», commenta Orellana, «perché a differenza di quello che potrebbe fare una legge vera e propria riguarda solo i deputati e non tutti gli altri decisori pubblici su cui i portatori di interessi esercitano le loro legittime pressioni. Non c’è il governo, tanto per cominciare e quindi non ci sarebbe stata la Guidi, e non ci sono i dirigenti dei ministeri che spesso sono più preziosi di noi parlamentari». «Entro la fine di aprile possiamo approvarlo», dice comunque Pisicchio. E almeno sapremmo chi può entrare a Montecitorio oltre ai deputati e ai giornalisti.Con il protocollo della Camera, non si risolve certo il tema degli incontri fuori dalle istituzioni, né il tema dei finanziamenti delle aziende alla politica, che d’altronde non risolve neanche il testo Orellana che prevede sanzioni per chi non si iscrive ai registri e l’obbligo per i portatori di interessi di pubblicare un annuale report su chi si è incontrato e perché. «Si potrebbe inserire anche l’obbligo di un report per i decisori pubblici», ragiona Orellana con l’Espresso, «così da incrociare i dati e verificare le dichiarazioni, ma certo gli incontri informali, a casa o in un caffè, si potrà sempre trovare il modo di tenerli segreti». Quello di Pisicchio sarebbe comunque un passo verso un registro sul modello delle istituzioni europee, dove c’è il “Registro per la Trasparenza”, un database dove sono iscritte quasi 10mila lobby, di tutti i Paesi, Italia inclusa. Se ne iscrivono 50 ogni settimana tra uffici di consulenza, gruppi di categoria, di settore, dell'industria o studi legali, liberi professionisti, associazioni professionali, charity e ovviamente ong e gruppi religiosi.E proprio al modello europeo pensa il professor Petrillo che ancora a Annalisa Chirico de Il Foglio dice: «Non serve l’ennesimo albo professionale, io li abolirei tutti. Basterebbe introdurre un registro, sul modello europeo, fissando criteri di accesso trasparenti». Parlamentari e ministri, però, dovrebbero poi esser obbligati «a tenere un’agenda conoscibile degli incontri con i portatori di interesse». Il cittadino così potrebbe valutare la frequenza degli incontri e gli effetti sulle norme approvate. Sui finanziamenti, invece: «Le lobby non dovrebbero finanziare le campagne elettorali», dice ancora il professore. Ma qui l’orientamento è diverso. Nessuna delle leggi presentate affronta il tema, che d’altronde è stato normato con la riforma del finanziamento dei partiti, mantenendo solo il 2 per mille come forma di finanziamento pubblico e consentendo i finanziamenti privati anche da società e associazioni.Fonte: Luca Sappino, L'Espressohttp://goo.gl/EiQrGo

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