(Giovanni Grasso) «Sulle lobby ora c’è il Far West. Un governo come il nostro che si è caratterizzato per la sua carica di riformismo e innovazione considera una priorità regolare con la massima apertura e trasparenza la questione dei rapporti tra gli interessi privati e la politica». Lo dice il sottosegretario alla Pubblica amministrazione Angelo Rughetti che spiega: «La legge di riforma del finanziamento ai partiti va estesa e deve integrare anche questa parte».
Il governo si è accorto che senza una legge sulle lobby, la riforma del finanziamento dei partiti rischia di essere un boomerang?
Figuriamoci: durante l’esame della legge 90 sulla pubblica amministrazione, ci siamo accorti che dentro l’aula della Commissione c’erano esponenti dei destinatari del provvedimento (alti funzionari dello Stato) che dettavano letteralmente gli emendamenti ai parlamentari. Questo è un modo di svilire la funzione parlamentare: il parlamentare ascolta tutti, ma poi decide in coscienza...
Dunque, che cosa intende fare il governo?
Nel documento di economia e finanza il governo si è impegnato a presentare un provvedimento legislativo per regolare le lobby e le relazioni fra gruppi di interesse e istituzioni a tutti i livelli. Del resto è in linea con tutta l’azione del governo, tesa a garantire il massimo di trasparenza nella vita politica e istituzionale con i fatti e non con le parole.
Si sa già in che direzione andranno i contenuti del provvedimento?
Per i contenuti è ancora presto. Lavoreremo con tutti i ministeri interessati, da quello delle Riforme a quello dello Sviluppo Economico, che per sua natura è quello più interessato a pressioni di carattere lobbistico. Personalmente sono favorevole a un modello di tipo "americano", dove non si demonizzano i contributi privati e tutto avviene alla luce del sole e il cittadino è perfettamente informato di tutti i rapporti leciti tra la politica e il mondo degli interessi.
Come si può realizzare questo obiettivo anche in Italia?
Le due parole chiave sono: trasparenza e tracciabilità. Tutto deve essere pubblicato e offerto alla conoscenza degli elettori. Di ogni euro che entra nelle casse dei partiti bisogna conoscere l’esatta provenienza. Attualmente, con la nuova legge, questo non succede. Siamo in una situazione di confusione assoluta. Non c’è la tracciabilità. C’è anche bisogno di una legge che regolamenti la vita dei partiti e i loro bilanci, molto di più di quanto accade ora.
C’è anche il discorso delle fondazioni, che fanno capo a uomini politici: sfuggono a qualsiasi regolamentazione...
È chiaro che attraverso le fondazioni si può riuscire a eludere le norme sul finanziamento ai partiti. Certo, bisognerà fare delle distinzioni: tra una fondazione che è culturale e una che è nata con l’unico scopo di sostenere un partito o un candidato. Ma comunque anche per le fondazioni dovrà valere la regola generale: se in qualche modo finanziano la politica, devono rendere tutti i dati pubblici e accessibili.
Ci sono state polemiche perché il presidente del Consiglio Renzi ha nominato nei Cda delle imprese partecipate qualche suo finanziatore. Bisognerà normare anche questo aspetto?
Tutto dipende dall’entità del finanziamento. Se, come nel caso che ha generato polemiche, si tratta di diecimila euro, non credo che si possa parlare di una cifra tale da condizionare le decisioni della politica. Il discorso cambia se i finanziamenti sono molto più consistenti.
Fonte: Avvenire
































