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Crosetto: "Fatta la scelta, si segua fino in fondo il modello americano" (Avvenire)
Scritto il 2014-09-13 da Franco Spicciariello su Interviste

(Angelo Picariello) II politico "passato" dall'altra parte Crosetto: «Fatta la scelta, si segua fino in fondo il modello americano» L'ex sottosegretario (che si occuperà di aerospazio): «Un errore togliere il finanziamento pubblico. Ma tutto sia trasparente. Chi sapeva di Bersani e I'llva?»

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Non c'erano dubbi che togliendo il finanziamento pubblico avremmo messo la politica nella mani dei suoi finanziatori». Guido Crosetto dice addio a una politica che non gli piace più. Forse sarà solo «un periodo sabbatico, tornerò a fare quel che facevo prima». Prima di diventare sindaco di Marene, nel Cuneense, dirigente giovanile della Dc e consigliere economico di Giovanni Goria, quindi leader piemontese di Forza Italia, sottosegretario alla Difesa, infine fra i fondatori di Fratelli d'Italia. Farà l'imprenditore, presidente dell'Aiad, l'associazione che raggruppale imprese del settore aerospaziale, della difesa e della sicurezza. Diciamola in altro modo: farà il lobbista.

"Metterò a disposizione l'esperienza acquisita in un settore del quale mi sono occupato, la Difesa".

Non mi dica che farà il lobbista di armamenti

È un settore complesso, gli armamenti e la componente militare non sono la parte preminente. Pensi che la produzione più importante è un aereo addestratore dell'Aermacchi, praticamente unico al mondo.

Ma è giusto che un ex parlamentare torni in Parlamento da lobbista?

Premesso che non è il mio caso (mi viene chiesto di operare soprattutto all'estero per accreditare questo settore importante della nostra economia usando i contatti che ho mantenuto), non vedo il problema. Un ex non ha bisogno di entrare in Parlamento per incontrare persone di cui è ancora amico.

Perché è contrario al nuovo finanziamento?

Si passa da un eccesso a un altro. La politica così sarà solo per chi ha dietro una lobby o ha soldi di suo. Ma visto che ormai la scelta è stata fatta, va portata fino in fondo sul modello americano. Non è che negli Usa le lobby siano addomesticate... Ma almeno Ti è tutto chiaro prima del voto, trasparente, uno si può fare un'idea. Le faccio un esempio: scoppiato il caso Ilva, si è scoperto che Ilva ha finanziato Bersani. Tutto regolare, tutto registrato, niente da dire. Ma forse era giusto saperlo prima, in campagna elettorale.

Quale modello di partito potrà reggere a1 nuovo modello auto-finanziato?

Paradossalmente potranno reggere proprio i piccoli, quelli partiti da zero, noi di Fratelli d'Italia, o i 5 Stelle, o anche Ncd. Nati con una rete di sostenitori e simpatizzanti, erano già pronti a questo passa o. Chi nasce nel deserto è più abituato a non sprecare l'acqua.

Perché i parlamentari si nascondono dietro un nome indefinito che evoca mostri lontani e imprendibili per scaricare le proprie responsabilitàdi Pier Luigi PetrilloEcco, ci risiamo: è colpa delle lobby. Sul Foglio la senatrice Linda Lanzillotta (Pd) ha ammesso perlomeno che le cosiddette lobby avranno sì frenato il disegno di legge Concorrenza, bloccato da un anno in Parlamento, ma anche la flemma della politica ha avuto un ruolo. Effettivamente, non mi risulta che le lobby abbiano occupato il Parlamento, si siano sostituite ai deputati di maggioranza e abbiano votato emendamenti a loro favorevoli. Mi risulta, invece, che siano stati i deputati di maggioranza a presentare emendamenti a favore di certe lobby e a votarli a maggioranza (appunto).Il disegno di legge sulla Concorrenza non è il frutto di una elucubrazione accademica ma la conseguenza naturale, in un sistema democratico, della precisa scelta politica della maggioranza che sostiene il governo; una scelta indirizzata a sostenere taluni ordini, corporazioni (anche micro), settori produttivi del paese in situazione di sostanziale monopolio. Badate bene, si tratta di scelte legittime che qui non si contestano. Ciò che si contesta è che, come al solito, ci si nasconde dietro un dito e quel dito ha un nome indefinito che evoca mostri lontani e imprendibili: le lobby, appunto! E’ colpa delle lobby se non si fanno le liberalizzazioni; colpa delle lobby se il paese ristagna in paludi ottocentesche; sono le lobby a impedire riforme strutturali. Il grande merito del governo Renzi è stato quello di dimostrare che non è così; all’opposto Renzi ha dimostrato che se c’è la volontà politica è possibile superare ogni lobby e fare davvero ciò che si è promesso di fare. Il presidente del Consiglio ha ottenuto ciò che voleva in materia di lavoro, banche, assicurazioni, perfino di riforme costituzionali ed elettorali: ha vinto su lobby temibili e inarrivabili fino a qualche tempo fa, come i sindacati (o i professori di diritto costituzionale, categoria alla quale appartengo). La maggioranza in Parlamento ha dimostrato di poter approvare in poche settimane leggi molto contrastate da talune di queste lobby. Il dato, quindi, è uno solo: in questo caso e in materia di concorrenza e di liberalizzazione, la maggioranza ha deciso da che parte stare, ha espressamente deciso di assecondare talune lobby (quelle dell’immobilismo: dai soliti tassisti agli albergatori confederati) contro altre (quelle dei consumatori, per esempio). Per non ammettere questo dato di fatto, così evidente da sembrare davvero stucchevole ogni polemica sull’articolo di Giavazzi del Corriere di qualche giorno fa, ci si nasconde dietro al consueto paravento: le lobby, queste sconosciute, brutte, sporche e cattive. E per mantenere in vita il paravento, dietro cui la politica si nasconde, non viene approvata alcuna regolamentazione del lobbying: proprio in occasione del ddl Concorrenza, alcuni senatori hanno provato a proporre qualche norma ma sono stati prontamente stoppati. Non possono essere approvate, infatti, norme che rendano trasparente l’azione dei lobbisti perché altrimenti cadrebbero gli altarini e si scoprirebbe ciò che tutti sanno: ovvero che laddove la politica è fragile e mancano indicazioni chiare, i parlamentari si sentono liberi di assecondare le lobby a loro più vicine (magari perché ne finanziano la campagna elettorale) perché sanno che, nell’oscurità che circonda il mondo delle lobby, non sarà mai colpa loro, non dovranno mai rendere conto delle loro scelte a nessun elettore (gli inglesi direbbero accountability). L’assenza di una legge sulle lobby impedisce all’elettore di comprendere cosa c’è davvero dietro l’emendamento presentato dal singolo deputato, quale interesse e chi l’ha redatto; impedisce di sapere chi paga e per cosa. Ma Renzi potrebbe battere un colpo e chiedere conto di taluni voti in Senato che hanno affossato il ddl concorrenza col parere favorevole del rappresentante del Governo, per stupire tutti con uno dei suoi colpi di genio: presentare un maxi emendamento che sostituisce per intero questo feticcio di legge e, in un colpo solo, liberalizzare settori bloccati da secoli e sciogliere così corporazioni così vetuste da essere superate dai fatti (oltre che dal mercato). In ogni caso, in un sistema democratico come il nostro, non sarà mai colpa delle lobby ma della politica (debole, fragile, succube) che le asseconda. di Pier Luigi Petrillo, Professore di Teoria e tecniche del lobbying, Luiss

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Saranno ormai quarant'anni che si parla di regolamentare le lobby. Allora, era la metà degli anni 70, bisognava spiegare cosa significasse quella parola; nel frattempo "lobby" ha fatto a tempo a dilatarsi e insieme a rattrappirsi, comunque moltiplicando i suoi valori d'uso oltre ogni ragionevole significato. In questi casi, anche se il termine suona un po' ricercato, si dice che la lobby, anzi le lobby sono divenute polisemiche. I politici e i giornalisti, categorie per loro natura e vocazione abbastanza orecchianti, adorano le polisemie, specie quando gli lasciano le mani libere - un po' meno la testa, ma è un altro discorso. Può esistere dunque una lobby rosa, nel senso di un gruppo che favorisce gli interessi e il potere delle donne nelle istituzioni e nell'economia: "Emily", il "branco rosa" e così via. Ma anche esiste una agguerrita lobby delle armi, cioè gente che cerca di piazzare mine, cannoni e micidiali sistemi di puntamento in giro per il mondo, soprattutto ai paesi africani, cosa non proprio simpatica. Le aziende dispongono di professionisti ad hoc che battono anche il Parlamento. In una raccolta di vignette su Montecitorio, già alla metà degli anni 80 il disegnatore Vincino raffigurò "il lobbista dell'Aeritalia" che svolazzava per il Transatlantico con delle eliche che gli uscivano dal retro della giacca, come un drone ante litteram. Insomma tante cose diverse. Nell'economia la faccenda è più pacifica che in politica o nella cronaca giudiziaria. Si tratta di tutelare degli interessi, come spiegano benissimo i protagonisti dell'inchiesta di Carmine Saviano. Le Camere sono la palestra, il giacimento, l'arena, la serra, la taverna e il giardino zoologico dei lobbisti. Qualche mese fa i cinquestelle hanno beccato un ex funzionario di Montecitorio che scriveva, al volo e brevi manu, un emendamento per modificare un provvedimento in commissione, e l'hanno fatto cacciare. Hanno poi esposto il suo volto in aula con dei cartelli. Quello, poveretto, ha cercato di sminuire il suo ruolo, pure definendosi "un giuggiolone". Ma ai tempi in cui Marcello Pera presiedeva il Senato, 2005, nel depliant della sua fondazione "Magna Carta" era esplicitamente contemplata l'attività di lobbying; e l'ex presidente della Camera Irene Pivetti, adesso, cosa fa? Semplice, fa lobbying.  Dal che si intuiscono gli effetti non tanto forse della mancata regolamentazione, ma della implicita e magari anche connaturata confusione che reca in sé l'ambiguo tragitto della parola "lobby", nella sua variante "all'italiana". Così alla caduta del governo Berlusconi l'ex ministro Mastella, l'ineffabile, evocò la "lobby ebraica"; ma qualche mese prima, quando alla presidenza della Rai era arrivata Letizia Moratti, venne lanciato un allarme contro la "lobby di San Patrignano", che sarebbe una nota comunità di recupero per tossicodipendenti, ma si disse così per intendere che direttori di rete o dei tg si diventava solo previo assenso della Moratti, appunto, che dell'iniziativa di Vincenzo Muccioli (poi con il figlio e la moglie hanno ferocemente litigato) era e seguita a restare la grande patrona e finanziatrice.  Altre lobby entrate più o meno di straforo nella cronaca: la "lobby di Lotta continua" (ai tempi dei processi Sofri); la "lobby gay" (in Vaticano); la "lobby dei tesorieri di partito" (che continua a bussare a quattrini aggirando leggi e referendum). Si tratta di esempi per lo più negativi. Ma per anni il progetto educativo del cardinal Ruini è stato presentato anche dai suoi fautori come strutturalmente connesso a un'opera di lobbying a favore dei principi irrinunciabili. Bizzarro perciò è il destino dei grimaldelli semantici, sempre sul punto di trasformarsi in piè di porco. Questo, per dire, è un Lele Mora d'annata, già proteso a togliersi dagli impicci: "Io - diceva - non piazzo le starlette nei letti, faccio solo incontrare gente, lobbying, altro che festini!". Era la fine del 2006, poi è finita con qualche anno di galera. Nel frattempo le lobby crescono e si moltiplicano a loro indeterminato piacimento. E ciascuno le consideri un po' come meglio ritiene: se e quando verranno regolamentare, sarà probabilmente troppo tardi. Fonte: Filippo Ceccarelli - Repubblica.it

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Il comitato per la sicurezza ha approvato una "regolamentazione più restrittiva". Una lettera di Luigi Di Maio (M5s) aveva denunciato alla presidente Boldrini la presenza di soggetti esterni: "Ora via la stampa in pensione e gli ex eletti" I lobbisti non potranno più accedere agli uffici dove si svolgono i lavori delle commissioni parlamentari. Il Comitato per la sicurezza della Camera ha deciso di intervenire sugli accessi con una regolamentazione “più restrittiva”. La decisione arriva dopo la lettera del vicepresidente di Montecitorio Luigi Di Maio che denunciava, il 16 ottobre scorso, la presenza di alcuni soggetti esterni: “E’ più di un anno”, ha detto a ilfattoquotidiano.it il deputato M5s, “che chiedo alla presidente Laura Boldrini. La situazione è tornata ad essere preoccupante durante la discussione dello Sblocca Italia. Abbiamo visto una folla di persone davanti agli uffici, rappresentanti di imprese attaccati alla giacca dei parlamentari per chiedere un intervento sugli emendamenti”. Per questo Di Maio ha scritto alla presidente di Montecitorio e in contemporanea alle associazioni europee che si occupano del fenomeno lobbista. Poi oggi l’intervento del Comitato per la sicurezza che ha comunicato la decisione tramite email alle maggiori società di lobbying. Le prime polemiche in Parlamento risalgono ad un anno fa quando i 5 Stelle denunciarono la presenza di un lobbista durante la discussione della legge di stabilità con video e foto. “Sono soddisfatto per quanto deciso dal Comitato”, ha continuato Di Maio, “anche se c’è ancora molto da fare. Ad esempio oltre ai rappresentanti delle società, hanno totale libero accesso agli uffici 71 giornalisti parlamentari in pensione e tutti gli ex eletti. Un esempio fra tutti? L’ex Pdl Italo Bocchino: è sempre in Parlamento anche se non è stato eletto e a me risulta lavori per il gruppo Romeo. E potrei citare tantissimi altri casi. E’ una situazione che deve essere regolamenta al più presto: non vogliamo trasferire il lobbismo al di fuori del Parlamento, ma vogliamo che i cittadini sappiano chi entra, con chi parla e perché”. Al Senato è attualmente in discussione in commissione Affari costituzionali un ddl per il registro delle lobby, anche se i tempi per l’arrivo in Aula sono molto lunghi. “Ho chiesto alla Boldrini”, ha concluso Di Maio, “di intervenire prima della discussione della legge di stabilità: sarà un momento delicato e non possiamo accettare che l’intervento delle lobby non sia ulteriormente limitato”. Intanto a Montecitorio si affrettano a registrare il primo cambiamento in un ambito che vede l’Italia ancora molto indietro. “La nuova normativa – si legge nel comunicato del Comitato per la sicurezza – prevede che siano autorizzati ad accedere al IV e V piano di Palazzo Montecitorio“, dove appunto hanno sede le aule delle commissioni, “soltanto i funzionari del governo, i rappresentanti degli organi costituzionali, i rappresentanti di partiti e movimenti politici, i dipendenti dei gruppi e i collaboratori dei deputati, oltre ai dipendenti della Camera”. Pertanto, tutti i soggetti “che sono attualmente titolari di autorizzazioni di accesso permanenti” - badge verdi e bianchi – “con facoltà di accedere agli uffici delle commissioni” e che non rientrino nelle precedenti categorie “dovranno restituire al Servizio per la sicurezza i loro tesserini, in scadenza mercoledì 5 novembre, i quali saranno sostituiti con nuovi titoli di accesso conformi alle nuove disposizioni”. Secondo l’analisi di Transparency International, l’Italia si classifica tra i peggiori d’Europa in quanto a trasparenza con un punteggio di 20 su 100. Sono 50 i disegni di legge presentati dal 1948 ad oggi e nessuno è riuscito mai a superare la prova dell’Aula. “Il lobbismo”, dicono dallo staff di Trasparency, “è una delle attività che influisce maggiormente sui processi decisionali e democratici del Paese. Questo vuoto normativo ha fatto sì che potessero prosperare anche soggetti intermedi che rappresentano i propri interessi o di altri con modalità che poco si addicono ad una democrazia matura”. I dati non sono incoraggianti: 11% è il livello di accesso dei cittadini alle informazioni sulle attività di lobbying; 27% la valutazione dei codici di comportamento dei lobbisti e dei decisori pubblici; 22 per cento invece l’equità di accesso e partecipazione al processo decisionale. Fonte: Il Fatto Quotidiano

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