NEWS
Lobbisti in Parlamento, finisce la pacchia (Il Tempo)
Scritto il 2014-05-04 da lobbyingitalia su Italia

(Alberto Di Majo) La Camera dà il via libera al registro degli ingressi. Addio tesserini facili. Una app sul telefono indicherà incontri e contatti dei deputati

La Camera dei deputati guasta la festa ai lobbisti. Nell’ultima seduta l’ufficio di presidenza di Montecitorio ha dato il via libera al «comitato per il registro delle lobbies». Sarà formato da sindacalisti, funzionari di partito e dirigenti di grandi aziende e costruirà un sistema che si ispira al modello francese ma strizza l’occhio anche alla Casa Bianca. Tutti gli ingressi e le uscite da Montecitorio (e probabilmente anche da Palazzo Madama, che dovrebbe adeguarsi nelle prossime settimane), saranno registrati e messi on line. Non solo. Ci sarà un’applicazione scaricabile su cellulari e tablet che stilerà una sorta di classifica dei politici più «richiesti», proprio sul modello degli Stati Uniti. Basterà un click per vedere quante persone, con nome e cognome, hanno incontrato il premier, un ministro o un parlamentare qualsiasi.

Infine, il corridoio dei presidenti, l’area della Camera che ospita le fotografie dei numeri uno di Montecitorio, sarà adibita a spazio per il confronto tra deputati e lobbisti.

Ovviamente sarà sempre possibile fare «affari» fuori dal Palazzo ma alla Camera dei deputati non ci saranno più gli oltre mille «fantasmi» che risultano accreditati, a vario titolo, per l’intera legislatura.

Una rivoluzione, che è stata proposta dal MoVimento 5 Stelle. «I lobbisti non possono andare e venire dove e come gli pare», tuona il vicepresidente di Montecitorio Luigi Di Maio. «Durante la discussione della legge di stabilità a dicembre la Camera sembrava un mercato, più lobbisti che parlamentari. Tutti a caccia di un piccolo provvedimento che giovasse ai propri imperi economici. Un vero schifo» ha scritto su Facebook. Ci vorrà tempo per regolamentare gli accessi alla Camera dei deputati ma con il sì all’iniziativa è cominciato il percorso. Di Maio è ottimista: «Credo che tra sei mesi sarà tutto pronto». Ci tiene anche a precisare: «Non è una proposta contro nessuno. Tra i cosiddetti lobbisti ci sono anche gli ambientalisti, gli animalisti e tante altre persone impegnate in battaglie importanti. Il punto è che i rapporti tra la politica e le lobby devono essere trasparenti. I gruppi di pressione che si registreranno avranno tempo e modo di confrontarsi con i politici ma alla luce del sole».

I numeri degli accessi a Montecitorio destano qualche ombra: «Sono oltre 1.200 le persone che oggi girano a piede libero alla Camera con tesserini validi per tutta la legislatura, senza contare gli ex parlamentari e i consulenti a zero euro dell’amministrazione». Questi ultimi risultano «collaboratori» della Camera pur non avendo, di fatto, un compito. «Ci sono anche 75 giornalisti pensionati accreditati dalla Stampa parlamentare - racconta Di Maio - Niente contro di loro, ci mancherebbe. Ma bisogna capire che cosa fanno, perché girano tutto il giorno alla Camera. Posso dire che proprio i giornalisti pensionati sono quelli che mi avvicinano più spesso e vogliono sapere come funzionano i provvedimenti in discussione. Mi chiedo sempre perché. In ogni caso vorrei che rappresentanti dell’Associazione della stampa parlamentare entrassero nel comitato».

Ne faranno parte Confindustria, Cgil, Cisl, Uil, Ugl e i partiti. Di Maio ripete che si tratta di dare un’identità alle «ombre che vagano indisturbate nelle stanze del parlamento italiano, entrano nelle commissioni, accedono agli uffici legislativi, scrivono leggi».

La presidente Boldrini ha sposato l’idea. Subito dopo aver ricevuto la lettera dell’esponente del MoVimento 5 Stelle, ha chiesto ai questori di occuparsi della questione. «Poi, certo, - chiarisce Di Maio - serviranno anche una legge sul conflitto di interessi, una legge seria anticorruzione e una sul finanziamento ai partiti».

Intanto parte la crociata contro le lobby, cominciata dai 5 Stelle a dicembre scorso, quando immortalarono in un video un lobbista, un certo Tivelli, che si vantava di essere riuscito a cambiare un emendamento del Pd che avrebbe penalizzato «pensionati lavoratori» con redditi sopra i 150 mila euro. «Tu non avresti potuto fare niente al di sopra dei 150 mila euro compresa la pensione – diceva al telefono, non sapendo di essere ripreso in un video poi pubblicato sul blog di Beppe Grillo - ho dovuto scatenare mari e monti. È stata una battaglia durissima, ho dovuto smuovere tutto», si vantava. E precisava: «Io sono stato questa settimana in full immersion, giorno e notte perché la commissione ha lavorato giorno e notte per fare cazzate dietro...dietro a queste faccende qua, perché avevo una marea di gente che mi chiamava in questa condizione, chi per il lavoro autonomo, chi perché c’hanno privilegi che fanno i Consiglieri di Stato, i professori universitari, ste cose qua, e quindi si sono salvati pure quelli». Chissà se riusciranno a salvarsi ancora.

Fonte: Il Tempo

(Public Policy) Di regolamentazione dell'attività di lobbying in Italia si discute da sempre. Dal 1948, secondo una ricerca Unitelma-Sapienza, di prossima uscita sulla rivista giuridica "Percorsi istituzionali" (Cedam) sono stati presentati 59 ddl in materia, e 11 disegni di legge che riguardano le pubbliche relazioni, mai nessuno approvato. Ci sono poi 135 norme di vario tipo nell'ordinamento che regolamentano in modo frammentario questo settore. Sono in vigore norme regionali in Toscana, Sicilia, Molise, Abruzzo e Calabria. Da ultimo, dopo varie peripezie legislative - tra cui il tentativo di inserire norme sul lobbying nel ddl Concorrenza in esame al Senato - è in esame a Palazzo Madama un testo base sulla regolamentazione delle attività di lobbying, basato sul disegno di legge presentato dal senatore ex Movimento 5 stelle, Luis Alberto Orellana (oggi nel gruppo delle Autonomie). Il tema è al centro di riflessioni e confronti tra le stesse istituzioni e i portatori di interesse. Entrambi i fronti sembrano concordare, a parole, sull'esigenza di maggior trasparenza nei rapporti tra decisori pubblici e mondo privato e riconoscimento della professionalità del lobbista. Ma nei fatti si fatica a trovare una sintesi. Il 30 giugno scorso, nella sede di Confindustria, in viale dell'Astronomia, si è tenuto un seminario a porte chiuse su obiettivi e priorità di una legge di regolamentazione del lobbying, prendendo spunto dal testo base al Senato. È stata una riunione riservata, ma che è sembrata quasi una convocazione di 'stati generali' sull'argomento: per la prima volta l'associazione degli industriali ha provato a mettere intorno al tavolo decisori pubblici - erano presenti il viceministro delle Infrastrutture Riccardo Nencini, il senatore Orellana e il relatore del regolamento sulle lobby alla Camera, Pino Pisicchio, oltre ad esponenti del settore come Patrizia Rutigliano, presidente di Ferpi, e Vito Basile, Managing Director della società di lobbying Burson Marsteller Italia - per confrontarsi su esigenze ed esperienze. A quell'evento è intervenuto anche Pier Luigi Petrillo, professore di Diritto pubblico comparato alla Unitelma-Sapienza di Roma (tra l'altro, è il curatore della ricerca Unitelma qui ricordata) e di Teoria e tecniche del lobbying alla Luiss. Nel 2013 ha coordinato, insieme all'attuale capo di gabinetto del ministero dell'Economia, Roberto Garofoli, il gruppo di lavoro costituito alla presidenza del Consiglio per scrivere il testo che avrebbe dovuto disciplinare, una volta per tutte, i rapporti tra decisori e lobbisti in Italia. Quel testo fu inaspettatamente bocciato in Consiglio dei ministri, all'ultimo minuto. PROFESSORE, COSA HA IMPEDITO FINO AD OGGI L'APPROVAZIONE DI UNA LEGGE ORGANICA SUL LOBBYING IN ITALIA? Ci sono due motivi che impediscono al Parlamento di approvare una legge sulle lobby. Il primo: non conviene al decisore pubblico e al politico una regolamentazione che renda trasparente il percorso di una decisione e gli interessi coinvolti. Il decisore italiano preferisce non far conoscere all'esterno i motivi delle proprie scelte, perché così evita di renderne conto al cittadino. In questo modo inoltre, può sempre pubblicamente dare la colpa qualcun altro. Periodicamente sui giornali leggiamo che "è colpa delle lobby" se non passa la riforma dei farmaci di fascia C o delle licenze dei taxi. In realtà il problema non sono le lobby, che fanno il loro mestiere. È il decisore pubblico che sceglie di assecondare l'uno o l'altro portatore di interesse. Se ci fosse una legge sulle lobby tutto ciò verrebbe fuori. Finché le lobby sono sconosciute, è molto facile dire che è colpa loro se qualcosa accade. Questo consente al decisore di non assumersi mai la responsabilità delle proprie scelte, anche quelle che soddisfano interessi molto parziali a svantaggio della collettività. L'ALTRO MOTIVO? Il nostro sistema di relazioni tra rappresentanti del mondo privato si basa ancora molto su rapporti di clientela e parentela. Il privato si relaziona al decisore, non perché portatore di informazioni tecniche, indispensabili ai fini della decisione, ma perché è l'amico dell'amico. Una norma che dicesse quali debbano essere le regole per rappresentare gli interessi presso il decisore pubblico, farebbe venir meno tutto questo sottobosco di faccendieri, di gente che si muove in virtù di clientele e parentela, che sono però quelli che poi portano consenso alla politica. Questo 'sottobosco' variegato di soggetti, periodicamente agli onori delle cronache per fatti criminali, fa lobby per evitare una legge che li spazzerebbe via. A INTRODURRE OBBLIGHI DI TRASPARENZA, IN QUESTA SITUAZIONE, NON SI RISCHIA SOLO DI SPOSTARE ALTROVE LE SEDI DI RELAZIONE, E QUINDI DI PERDERE UN'OCCASIONE? Il rischio c'è. Questo è il motivo per cui rifuggo da tutte quelle proposte di legge che vogliono disciplinare 'al secondo' l'attività dei lobbisti. Oggi abbiamo una totale assenza di regole. Se domattina avessimo mille regole potremmo stare tranquilli che verrebbero completamente disapplicate. Se ad esempio introduco l'obbligo di rendicontare tutti gli incontri nella sede della Camera, è chiaro che questi 'migreranno' al di fuori, in qualche altra sede informale. Norme troppo dettagliate e privative, incompatibili col contesto attuale italiano, presentano inevitabilmente molteplici possibilità per essere aggirate. Passare dall'anno zero all'anno mille, dall'assenza di regole all'iperregolamentazione non funzionerebbe: siamo dei geni nello scrivere norme ed interpretarle poi a nostro piacimento. È accaduto a livello regionale, dove stiamo vivendo un momento epico per la regolamentazione delle lobby. Nel 2002 abbiamo avuto la legge toscana, del tutto inattuata. Poi ci sono state le leggi di Molise, Abruzzo, Calabria e Lombardia, mentre la Puglia si appresta ad approvare la sua, voluta dal presidente Emiliano. Sono leggi inutili, scritte con la consapevolezza che saranno totalmente inattuate. A che serve? A mettere a posto la coscienza? IN SINTESI, COME DOVREBBE ESSERE REGOLATO IL RAPPORTO TRA DECISORI E PORTATORI DI INTERESSE IN ITALIA? A mio avviso serve una proposta secca, semplice e sperimentale. Una norma che dica: per tre anni proviamo così. Esaurito il periodo di sperimentazione, verifichiamo l'impatto della norma e decidiamo se confermarla in modo permanente o rivederla. In questi tre anni, introduciamo regole non sui lobbisti, ma sui decisori pubblici. Questo è un punto centrale: rivoltiamo il tavolo. Tutti disegni di legge in esame in Senato e alla Camera, vanno a regolamentare l'attività di lobbying. Alcuni dei quali si spingono quasi a creare una sorta di vero e proprio albo professionale, per cui, se non sei iscritto a questo registro non puoi esercitare l'attività. Quasi nessun ddl invece impone regole di comportamento ai decisori pubblici. Piuttosto che andare a limitare e contenere un'attività del libero mercato, andrei a imporre una serie di norme di trasparenza sul decisore pubblico. NEL MERITO, CON QUALI INTERVENTI SI PUÒ RENDERE PIÙ 'ACCOUNTABLE' IL DECISORE? Si può intervenire in vari modi. Prima di tutto con norme minime, come l'obbligo di pubblicare online l'agenda degli incontri con i portatori di interesse, ovunque essi si svolgano, secondo il "modello Nencini", per capirsi (il viceministro, che ha scelto di pubblicare tutti i suoi incontri al Mit; Ndr). Un nodo cruciale è poi la trasparenza dei finanziamenti privati alla politica. Nessuno dei disegni di legge attuali tocca questo aspetto. La nuova legge sul finanziamento della politica prevede l'abolizione del finanziamento pubblico, e l'introduzione di quello privato. Ma non ci sono obblighi di trasparenza. Il privato che finanzia la politica emerge solo se vuole scaricarsi dalle tasse il contributo che ha dato al partito o al candidato. Se sono una multinazionale che vuole finanziare un partito o un candidato, e non mi interessa il vantaggio fiscale, resto nella totale oscurità. È un'assurdità. Occorre specificare in una norma che chiunque finanzia la politica anche per un solo euro, viene inserito in un elenco pubblico di finanziatori, non c'è nulla di male. E ancora: servono norme sulle 'revolving doors': in Italia siamo pieni di capi di gabinetto di ministri che cessato il loro incarico vanno a fare i lobbisti per le società con le quali interloquivano. E viceversa: lobbisti che diventano capi segreteria tecnica o capi di gabinetto di ministeri verso i quali facevano lobby. Attenzione: è lecito. Però rendiamolo trasparente. Infine si possono far rispettare norme che già ci sono, come la legge che impone di accompagnare tutti i ddl con l'Air (Analisi impatto della regolamentazione), una relazione in cui si elencano i portatori di interesse incontrati.

Imprese - Lobbyingitalia

Parla Morbelli, responsabile relazioni esterne di Open Gate Italia. «Ma quali interessi oscuri. Noi portiamo le istanze dei nostri clienti al decisore, non vendiamo relazioni. Le regole a Montecitorio? Si poteva fare di più. Serve una legge, i primi a volere chiarezza siamo noi lobbisti»«Siamo lobbisti, non faccendieri. Finalmente alla Camera ci sarà più trasparenza, ma stiamo ancora aspettando una legge nazionale con regole certe». Andrea Morbelli è il responsabile del settore relazioni istituzionali di Open Gate Italia, una delle principali realtà del settore. Tra i suoi clienti, presenti e passati, figurano multinazionali come HP, Enel Open Fiber, le Acciaierie di Terni, l’associazione nazionale industrie cinematografiche, ma anche la società calcistica della Roma. A sentire lui, la regolamentazione approvata a Montecitorio sull’attività dei lobbisti è una buona notizia.Morbelli, partiamo dal suo lavoro. È corretto dire che i lobbisti rappresentano interessi particolari e costruiscono reti di relazioni con il decisore pubblico?Facciamo chiarezza. Il lobbista non crea relazioni, porta contenuti al decisore pubblico. Si discute di un provvedimento? Noi rappresentiamo le istanze dei nostri clienti, siano aziende o associazioni. E così portiamo anche il loro know how. Perché il decisore non può essere onnisciente: per regolare un settore deve prima avere gli strumenti che gli permettono di farlo. Ma non vendiamo relazioni, non siamo faccendieri. Oggi diverse multinazionali e associazioni di categoria possono già entrare alla Camera con un badge che viene rilasciato a discrezione del questore. Non c’è alcun criterio. Se la nuova regolamentazione azzera tutto e autorizza l’accesso solo a chi si registra sarà un dato positivo Da ieri alla Camera c'è una nuova regolamentazione della “attività di rappresentanza di interessi”.Ci sarà un pubblico registro dei lobbisti che entrano a Montecitorio. Come cambia il vostro lavoro?È un primo passo. Adesso spettano alla Presidenza ulteriori disposizioni per stabilire le modalità di accesso nel Palazzo. La nostra posizione è semplice: siamo a favore se esisterà un registro valido per tutti. Oggi diverse multinazionali e associazioni di categoria possono già entrare alla Camera con un badge che viene rilasciato a discrezione del questore. Non c’è alcun criterio. Se la nuova regolamentazione azzera tutto e autorizza l’accesso solo a chi si registra sarà un dato positivo. Altrimenti si rischia di reiterare il dislivello attuale. Dove qualcuno può entrare quando vuole e altri devono chiedere il permesso. La regolamentazione prevede anche che i lobbisti pubblichino un resoconto delle proprie attività nel Palazzo. Bene, noi siamo per la totale trasparenza. Meglio ancora se viene sanzionato chi non dichiara tutto, magari privandolo della possibilità di entrare alla Camera. Inizialmente si era anche ipotizzato di rendere pubbliche le spese sostenute da ciascuno nell’ambito della propria attività. Questa disposizione è stata tolta, io l’avrei lasciata. Gli ex parlamentari che diventano portatori di interessi, invece, dovranno attendere un anno prima di potersi iscrivere al registro. Anche se potranno continuare a entrare a Montecitorio in qualità di ex. Nel mondo succede così, non è uno scandalo. Chi è stato decisore pubblico può diventare un lobbista. Ma la norma così com'è scritta può essere sicuramente aggirata, questo è vero. Spesso si parla del lobbista come di un rappresentante di interessi oscuri, pronto a elargire mazzette… Ma questi sono traffichini, non lobbisti. Il nostro è un lavoro serio, proprio per questo vogliamo farlo in tutta trasparenzaInsomma, lei è soddisfatto delle nuove disposizioni?Ripeto, è un primo passo. Se ci fosse una legge nazionale con regole certe sarebbe ancora meglio. Si parla tanto di trasparenza, ma è evidente che qualche abuso esiste.Le cronache parlamentari raccontano spesso di strani personaggi che si aggirano tra le commissioni ed emendamenti infilati all’ultimo da anonime manine...Gli abusi esistono, certo. Anche per questo chiediamo norme chiare. Se la nostra attività avvenisse alla luce del sole non ci sarebbe nulla di male. Ognuno deve essere libero di portare il proprio contributo al decisore. E lui, a sua volta, deve essere libero di legiferare in autonomia. Oggi siamo noi i primi a pagarne le conseguenze. Spesso si parla del lobbista come di un rappresentante di interessi oscuri, pronto a elargire mazzette… Ma questi sono traffichini, non lobbisti. Il nostro è un lavoro serio, proprio per questo vogliamo farlo in tutta trasparenza.Fonte: Marco Sarti, Linkiesta

Imprese - Lobbyingitalia

In un momento in cui le parole "lobby", "lobbisti", "lobbying" sono ingiustamente utilizzate come elementi di malaffare, dopo le dichiarazioni del pentastellato Fantinati al meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, riportiamo un'intervista sempre attuale de L'Indro a Giuseppe Mazzei, lobbista e presidente de Il Chiostro (associazione che vuol promuovere la cultura, la pratica e la regolamentazione della trasparenza nella rappresentanza degli interessi) in merito al processo di regolamentazione dell'attività di lobbying in Italia. «L’Italia e l’Europa hanno urgentemente bisogno di una riforma del sistema del lobbying. E’ quanto emerge dal report “Lobbying in Europe: Hidden Influence, Privileged Access”, pubblicato oggi (15 aprile), prima ricerca comparata europea sulla trasparenza del fenomeno del lobbying. L’analisi mostra che su 16 Paesi europei, solo 7 possiedono delle forme di regolamentazione del lobbying, e l’Italia non è tra questi». Questo è l’incipit di Transparency International Italia. Giusta visione, perché la trasparenza, soprattutto quando si parla di decisioni collettive è necessaria e indispensabile. Eppure in Italia un registro per i lobbisti esisteva. Dove? Presso il Ministero dell’Agricoltura. L’unico in Italia. Voluto dall’ex ministro Catania. Ma improvvisamente, quasi per magia, questo registro è sparito. E’ una voce che circolava, ma da bravi giornalisti non ci siamo fermati ai “rumors”, siamo andati in fondo alla questione, decisamente grave. Ci siamo rivolti a Giuseppe Mazzei, lobbista e presidente dell’associazione Il Chiostro , non solo per chiedere della sparizione del registro, ma per avere delucidazioni sulla situazione (lavorativa/legislativa) in cui vivono i lobbisti trasparenti. Giudicate voi perché tardiamo tanto per regolamentare un mestiere che da sempre è considerato “in ombra”. Ma è vero che è “sparito” il registro dei Lobbisti al Ministero dell’Agricoltura (l’unico in Italia)? E’ Possibile? Si. E’ sconcertante. Il registro, purtroppo, non ha mai funzionato. E’ stato istituito dal ministro Catania. Quando arrivò la De Girolamo coloro che erano presenti nell’unità per la trasparenza – l’ ufficio che doveva presiedere alle attività di questo registro – furono dislocati in altre funzioni. Bisogna sottolineare che ci eravamo iscritti circa in un centinaio: era un primo passo. Ma non si erano iscritti i principali grandi gruppi di interesse. Smantellata di fatto  l’Unità per la Trasparenza  con il ministro Martina ci siamo accorti che il registro fisicamente è stato cancellato! Cosa avete fatto? Ho scritto una lettera al ministro Martina (in data 9 febbraio) chiedendo delle spiegazioni, e naturalmente non ho avuto una risposta. Tramite fonti personali ho ricostruito  la faccenda in questa maniera: sembra che il Ministro si sia meravigliato, leggendo la mia lettera, in cui facevo presente che un registro istituito con un Decreto Ministeriale non potesse essere  cancellato dalla sera alla mattina senza un atto normativo. Qualcuno ha spiegato al Ministro che il registro dei lobbisti in realtà era stato cancellato con un Decreto Ministeriale in cui era contenuta, stranamente, anche l’eliminazione di quest’ultimo. Il registro è stato cancellato all’insaputa del Ministro. Sembra, però, che il ministro Martina lo voglia ripristinare. Ma come è potuta avvenire questa cancellazione? Si sono sbagliati? Sempre secondo fonti interne al Ministero, un collaboratore del Ministro, incaricato di predisporre un Decreto Ministeriale per l’implementazione delle misure anticorruzione, ha previsto, bontà sua, anche la cancellazione del registro. A questo punto ho scritto una seconda lettera, alla quale il Ministro non ha ancora risposto. Aspettiamo ancora da parte del Ministero due azioni: il ripristino del  registro e una severa punizione per chi, per combattere la corruzione, ha introdotto la norma che ha cancellato l’unico  registro dei lobbisti della storia italiana. All’insaputa del Ministro. Al posto dell’Unità per la trasparenza è stata istituita una nuova struttura che avrebbe dovuto ereditare, sempre in nome della trasparenza, le competenze della precedente, tra cui il registro. Ma non si vede niente. Non si trattano in questa maniera dei professionisti che si iscrivono ad un registro, e questo viene cancellato così. Chi sono i nemici della legge sulla regolamentazione dell’attività lobbistica? Alcuni lobbisti non la vogliono, e sono divisi in varie categorie. Quelli vecchio stile, che non vedono il motivo per cambiare la situazione, mantengono un atteggiamento conservatore. Abbiamo i lobbisti in malafede, che vogliono mantenere lo status quo per continuare a lavorare “sotto banco”, al limite della legalità. Gli abusivi, coloro che non dovrebbero, nemmeno lontanamente, potersi avvicinare a questa professione. Poi ci sono quelli in “mala fede”e illegali : coloro che utilizzano modi scorretti, illegittimi ed illegali, un crescendo di azioni contra legem. Infine ci sono quelli che sono in conflitto di interessi, hanno un doppio cappello pubblico e privato , senza commettere reato svolgono l’attività da lobbista. Per esempio coloro che sono consulenti di un Ministro e al tempo stesso rappresentanti di una categoria: assistenti parlamentari, giornalisti parlamentari, membri della pubblica amministrazione e così via. Ci sono molti disegni di legge al chiodo… I Disegni di legge sull’argomento non sono mai mancati. Nel corso degli anni c’è stata un’evoluzione, nel senso che sono migliorati. L’intensa attività dell’associazione “Il Chiostro”, ha puntato allo sdoganamento del dibattito. Noi abbiamo spiegato a varie personalità (alti magistrati, docenti unviersitari, grand commis d’état, parlamentari, ministri,direttori di giornali etc.) che cos’è il Lobbismo. Tutto questo ha portato dei risultati: oggi si dibatte del lobbismo in termini più sereni rispetto al passato, anche se non mancano ogni tanto su certi giornali inutili generalizzazioni che incolpano le lobby di tutto e del contrario di tutto, senza mai indicare quali lobby e in che modo si siano rese responsabili di pressioni indebite sui decisori pubblici. La trasparenza su questo argomento farebbe elevare maggiormente il livello di democrazia nel Paese. Finalmente però è stato adottato un testo base, questo è un buon punto di partenza, dopo tanto… Si, finalmente un momento positivo. Il Governo Renzi nel DEF del 2014 aveva preso l’impegno formale di presentare entro giugno (del 2014), contestualmente alla Riforma della Giustizia, un disegno di legge organico sulla regolamentazione dell’attività di lobbying a tutti i livelli. Abbiamo insistito perchè il Governo rispettasse questo impegno; ma il Governo tarda. Ma l’impegno è agli atti, non è stato sconfessato, diciamo che è stata un’inadempienza. Nel frattempo ci sono stati molti parlamentari che hanno presentato proposte di legge. Al Senato circa una decina, che hanno presentato disegni di legge che  la commissione affari costituzionali sta esaminando dopo aver nominato un relatore, il Senatore Campanella (ex M5S), che ha scelto tra i tanti disegni di Legge quello del Senatore Alberto Orellana, come testo base. Questo significa che si è avviata la procedura. Entro il 23 aprile bisogna presentare gli emendamenti. Si spera che nel giro di un mese e mezzo la Commissione riesca a licenziare il testo. Noi prenderemo delle iniziative presso la presidenza del Senato e della Commissione perché si evitino ritardi e si arrivi, entro fine luglio all’approvazione ,della legge in Senato. Alla Camera l’iter potrebbe essere leggermente più spedito, quindi potremmo avere il voto definitivo sulla legge entro dicembre, massimo febbraio (2016). Perché Nunzia di Girolamo (nel 2013) si oppose con tanta tenacia ad una regolamentazione dell’attività lobbistica, definendola addirittura «proposta sovietica»? Per quanto riguarda il disegno di legge del governo Letta, avevamo chiesto norme generali e non di dettaglio. Poi ci fu qualcuno che, ad arte, volle inserire norme più specifiche  sui regali ai politici, I pranzi offerti dai lobbisti, le rendicontazioni ultra dettagliate degli incontri tra rappresentanti di interessi e pubblici decisori. La De Girolamo eccepì, insieme ad altri, che la legge voleva sindacare sul fatto che il parlamentare dovesse rendere conto di quel che faceva. Cosa ci sia di sovietico in tutto questo non riesco a capire. “Sovietico” è il contrario di trasparenza. Nessuno si deve vergognare di incontrare il lobbista, siamo persone che fanno un lavoro trasparente. La realtà è che non volevano procedere. Purtroppo Letta, che  avrebbe potuto e dovuto impuntarsi e costringere il Consiglio dei ministri ad approvare il testo, non lo fece. Come mai non parla nessuno della “sparizione” del registro? Non è uscito sui giornali… Io ne avevo parlato con qualche altra grande testata, ma non ho avuto grandi riscontri. Sono gli stessi giornali che tuonano contro le lobby a tacere quando c’è da scriverne in modo serio. Quando i lobbisti trasparenti segnalano un abuso  ti dicono che non è notiziabile. Ma che fine hanno fatto i Disegni di legge di Quagliariello e D’Alia, incaricati proprio da Letta? Non sono andati avanti. Se vogliamo essere più precisi, i disegni di legge che sono più organici, che a nostro parere individuano meglio l’impostazione del problema, sono quelli presentati alla Camera dall’On. Antonio Misiani e quello presentato al Senato da Francesco Verducci. Partono da un’impostazione, fondamentale: il primo articolo definisce l’attività di lobbiyng come attività concorrente alla formazione delle decisioni pubbliche ispirata ai principi di trasparenza e correttezza. Se si tratta di  un’attività concorrente alle decisioni pubbliche, allora c’è  l’ esigenza di fare una legge severissima nei confronti dei lobbisti e dei decisori pubblici. Noi chiediamo, come associazione Il Chiostro, che la vigilanza sul registro futuro e sull’intera attività dei lobbisti sia affidata all’Autorità Nazionale anti-corruzione. Non perché il lobbismo abbia a che fare con la corruzione, ma perchè I lobbisti seri non hanno nulla da temere e perchè controlli più severi servono, spesso, non tanto sui lobbisti quanto su alcuni loto interlocutori pubblici. E quindi è bene che sia l’Anac a vigilare. Sembra quasi che sia lo Stato a non ascoltare le vostre richieste di trasparenza… Nella mancanza di trasparenza prospera di tutto. Ci sono tanti che ne traggono vantaggio: c’è chi non vuole far sapere cosa fa, non per nascondere atti illegali, ma perché in questo modo si possono fare giochi di potere (non parlo di tangenti o simili). Con la trasparenza tutto questo deve venir fuori. Noi abbiamo chiesto di essere interpellati, abbiamo avuto un’audizione al Senato, ed è stato molto utile. Ora dobbiamo stringere i tempi. Non chiediamo una legge perfetta: ci sarà modo di migliorarla. Intanto però che si voti una buona legge. Per esempio gli Usa hanno iniziato a legiferare nel 1936, poi nel 1946, poi nel 1995, infine sotto Obama, e aggiornano continuamente. E’ una materia complicatissima, perché andiamo a toccare il cuore della vita democratica, dove gli interessi si legano al tema dell’interesse generale, e dobbiamo affrontare anche il  problema del finanziamento  alla politica. Adesso che il finanziamento pubblico è stato abolito, saranno i privati che finanzieranno i partiti… Si. La legge è questa, bisogna prenderne atto e regolarsi di conseguenza. In realtà dalla fondazione della nostra associazione, circa otto anni fa, tutti coloro che si iscrivono al Chiostro firmano l’impegno di rispettare un codice etico. In questo codice c’è una norma (art.10) che dichiara che i lobbisti si astengono da qualsiasi attività di finanziamento della politica. Noi vorremmo che questo divieto fosse previsto per legge,. Personalmente sono contrario a questa formula di finanziamento privato alla politica, ero per il finanziamento pubblico attraverso regole molte severe e con dei tetti molto rigidi. Ritengo che rappresentare interessi particolari sia un atto indispensabile, non solo per l’azienda ma anche per la democrazia. Se non si conoscono gli interessi particolari, come si fa a decidere in nome dell’interesse generale? Anche alla luce dell’esperienza americana, un’eccessiva presenza di finanziamento privato può pesare. Gli Usa sono nati così e vanno avanti così. Però hanno un sistema rigoroso di vigilanza. In Italia, siccome sappiamo che la certezza della pena non c’è, abbiamo chiesto sanzioni pecuniarie elevatissime. Secondo il disegno di legge di Misiani e Verducci, il  lobbista che pratica l’attività senza essere iscritto al registro obbligatorio dovrebbe pagare una multa da 50mila a 250mila euro. Non solo sanzioni pecuniarie, se non nascono fattispecie di reato, ma anche procedimenti disciplinari che possono arrivare alla radiazione dal registro. In quel caso abbiamo chiesto che la notizia della radiazione venga pubblicata su due quotidiani nazionali a spese di colui che viene radiato. Fonte: L'Indro

Imprese - Lobbyingitalia

LOBBYINGITALIA
NEWS