(Giovanni Gatto) Italia e Ucraina, Paesi tra loro molto diversi per posizionamento ed estensione geografica, tipo di economia, demografia e cultura, hanno dal punto di vista politico molti più punti di contatto di quanti se ne potessero immaginare, in particolare riguardo alla percezione e alla regolamentazione dell’attività di lobbying.
L’Ucraina è salita alla ribalta delle cronache degli ultimi mesi per la questione della propria “scelta di campo”, diventata imprescindibile in un momento di ridefinizione degli equilibri continentali e mondiali dopo “l’inizio della fine” (si spera) della crisi. Le alternative per l’ex Stato sovietico sono due: entrare in un sistema totalmente nuovo in cui l’Ucraina avrebbe un potere paritario a quello degli altri membri, come l’Unione Europea, o ritornare sotto l’ala protettrice della vecchia, grande madre Russia. La decisione, da lacrime e sangue, è attesa dalle parti interessate soprattutto per l’importanza del transito del gas e del petrolio provenienti da Russia e Paesi arabi e mediorientali e diretti verso l’Occidente, su cui Europa e Russia vorrebbero avere il controllo.
Il Paese è totalmente diviso in due: la popolazione sembrerebbe favorevole ad un’adesione europea, mentre i grandi poteri economici e commerciali spingono per una partnership con la riemergente Russia. Anche l’Italia, sotto questo aspetto, registra al proprio interno posizioni pienamente europeiste (come quella del premier Letta e di diversi esponenti dei partiti di maggioranza, dal Nuovo Centro Destra al nuovo Partito Democratico) accanto ad euroscettici, come i partiti di ispirazione liberista e quelli di stampo populista.
Entrambi i Paesi devono fronteggiare un alto tasso di corruzione interna alle loro istituzioni: l’Italia occupa il 69° posto nel ranking mondiale del Corruption Perception Index di Transparency International [1], ed è uno degli ultimi Paesi dell’area Euro in questa speciale classifica; l’Ucraina occupa addirittura la posizione numero 144, con un balzo di circa 30 posizioni dalla numero 172 del 2012, ma con molta strada da fare ancora per raggiungere i livelli richiesti da Bruxelles in base ai cosiddetti “Criteri di Copenaghen” del 1993 (tra i quali, appunto, la lotta alla corruzione, il rispetto della concorrenza, della democrazia e il delle politiche europee). In particolare, la mancanza di decisione del governo Yanukovych sulla scelta europea ha contribuito ad aumentare lo scontento popolare.
La costituzione dell’Ucraina, Repubblica semi-presidenziale sul modello francese con un Parlamento monocamerale (Verkhovna Rada), presenta alcune norme sulle quali impostare la regolamentazione dell’attività di rappresentanza degli interessi: iniziativa legislativa diretta da parte dei cittadini (art. 5), forme di democrazia diretta tra cui il referendum (art. 69), pubblicità delle sedute parlamentari (art. 84). Altre norme costituzionali (come il diritto di associazione, partecipazione pubblica, riunione, sciopero, difesa dallo Stato) o contenute in altri provvedimenti normativi [2] fanno somigliare il tipo di regolamentazione ucraino a quello italiano, definito in “Democrazie sotto pressione”, libro di Pier Luigi Petrillo, un modello “strisciante ad andamento schizofrenico”, con molte norme (circa 88) presenti nell’ordinamento ma disorganiche e non applicate dallo stesso legislatore. Anche nel caso italiano, le norme sull’attività di lobbying sono comprese in diversi articoli costituzionali (libertà di associazione, diritto per i cittadini di presentare proposte di legge, diritto dei partiti politici ed altri enti di influenzare la politica nazionale), sentenze della corte costituzionale, leggi regionali e ordinarie, regolamenti degli organi legislativi.
Passi avanti dal punto di vista degli studi su una regolamentazione del lobbying ucraino sono stati fatti grazie all’opera del Professional Lobbying and Advocacy Institute, ente no-profit nato con l’obiettivo di rendere trasparente ed accessibile l’attività di influenza a livello parlamentare e sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi della partecipazione e della lotta alla dilagante corruzione. Un’intervista presentata ad una tavola rotonda del 26 febbraio 2009 sul lobbying in Ucraina e all’estero presentò, similmente all’attuale quadro italiano, un’inerzia culturale sulla vera definizione della parola “lobby”, uno scarso interesse da parte di legislatori e politici nel regolamentare la materia, una disaffezione alla politica e uno scarso culto della legalità a livello societario. Anche in Italia, alcuni think tank come VeDrò hanno proposto una legislazione sulle lobby [3] (non ultima la bozza approdata al Governo il 5 giugno 2013 e il cui perfezionamento è stato rinviato a data da destinarsi circa un mese dopo, in assenza di un accordo tra i partiti di governo e le parti interessate consultate per la formulazione di una legge sulla materia).
Una bozza di legislazione nazionale sulle lobby è stata presentata al Parlamento ucraino da Valeriy Konovaliuk, esponente del Partito delle Regioni, il 20 ottobre 2010, con il titolo “La regolamentazione dell’attività di lobbying in Ucraina” [4]. Frutto di un gruppo di lavoro creato dal Ministro della Giustizia Mykola Onischuk [5], di cui facevano parte associazioni di lobbisti e politici [6], la bozza prodotta presentava norme verso l’esterno (come le definizioni di lobbista, cliente, decisore e attività di lobbying) e norme verso l’interno (trasparenza, no alla corruzione, portata della legislazione, sanzioni, registro dei lobbisti). Un progetto molto ambizioso, frutto della ricerca e del confronto con altre esperienze di regolamentazione (in particolare quella americana), ma oggetto anche di critiche da parte di chi lo ritenne soltanto un modo di autorizzare la corruzione, permettendo ai gruppi che agivano nell’ombra di continuare ad agire, stavolta però legalmente [7]. La bozza però non ha avuto come effetto una reale normativa sulle lobby ucraine: nel dicembre 2011 è stata portata all’attenzione del World Forum on Governance di Praga dal lobbista ucraino Dennis Bazilevych [8], mentre nel 2012 è stata oggetto di una discussione di una Tavola Rotonda a cui parteciparono, oltre allo stesso Bazilevych, anche alcuni lobbisti americani, alcuni rappresentanti della Ohio State University Parliamentary Development Program e alcuni rappresentanti del mondo istituzionale ucraino come il promotore della bozza Valeriy Konovaliuk, il parlamentare dei Deputati del Popolo dell’Ucraina Anatoliy Horbatiuk e il membro del Consiglio dei funzionari parlamentari ucraini Leonid Kozachenko [9].
Oggi, sia l’Italia che l’Ucraina reclamano una legge sulle lobby. La discussione si è acuita in Italia dopo lo scoppio del caso-Tivelli, il presunto “lobbista” denunciato con un video dei deputati del Movimento 5 Stelle, che ha fatto esplodere la discussione sulle lobby su tutte le principali testate italiane e che potrebbe portare ad una nuova e finalmente decisiva conoscenza del fenomeno lobbistico, scevra da ogni strumentalizzazione e semplificazione giornalistica; in Ucraina, invece, il tira e molla con l’Europa ha portato i cittadini ad interrogarsi sul reale livello di democraticità delle istituzioni e a favorire una discussione sempre più accesa su trasparenza e anti-corruzione nel paese caucasico.
[7] “Law On Lobbying May Merely Legalize Corruption“: http://news.kievukraine.info/2010/10/law-on-lobbying-may-merely-legalize.html, Kiev Ukraine, 26 ottobre 2010.
[8] “Need for lobbying regulation reform was discussed at the World Forum on Governance in Prague“: http://eng.lobbying.in.ua/WFG, Professional Lobbying and Advocacy Institute, 14 dicembre 2011.
[9] “March 12: a Roundtable on Institualization of Lobbying in Ukraine”: http://eng.lobbying.in.ua/content/march-12-roundtable-institualization-lobbying-ukraine, Professional Lobbying and Advocacy Institute, 12 marzo 2012.

































