I vecchi parlamentari continuano a muoversi come pesci in acqua. Per tutti gli altri invece l'accesso alle aule che contano sarà rigidamente disciplinato.
Dàgli al lobbista. Il Consiglio di presidenza del Senato ha in quattro e quattr'otto «approvato le linee guida per la redazione di un regolamento interno della rappresentanza d'interessi». Così suona il comunicato ufficiale, riportando la decisione assunta dopo le polemiche collegate alla presenza di alcuni «rappresentanti d'interessi» nei pressi della decima Commissione di palazzo Madama, che stava trattando la conversione in legge del decreto sulle liberalizzazioni.
Lo scopo ufficiale è «disciplinare i rapporti tra senatori e portatori d'istanze della realtà economica, sociale e culturale alla luce dei princìpi del pluralismo e della trasparenza». Sarà redatto un registro, con enti e associazioni che richiedono gli accrediti, indicando le persone fisiche abilitate all'accesso. Verrà poi disciplinata la presenza dei lobbisti nei giorni di seduta dell'Assemblea e delle Commissioni, con sanzioni per «comportamenti ritenuti lesivi del libero esercizio del mandato parlamentare».
Peccato che dalla regolamentazione resteranno esclusi i più potenti, i più penetranti, i più presenti dei lobbisti. Intendiamo alludere agli ex parlamentari. È fatto noto, e ovviamente non redarguibile, che già oggi decine, o meglio centinaia, di parlamentari siano portatori d'interessi di singole categorie, dagli avvocati (senza dubbio il gruppo più rappresentato in Parlamento, e non certo in questa sola legislatura) ai sindacalisti, dai notai ai giornalisti, e via elencando. Indipendentemente dall'attività lavorativa che ciascun parlamentare svolge (o svolgeva prima dell'elezione), ci sono coloro che si assumono il ruolo di rappresentare di fatto una categoria. Il fenomeno è simile alla rappresentanza territoriale, che infatti non di rado raggruppa eletti di partiti contrapposti.
Ebbene, non sono scarse le categorie che scelgono i propri rappresentanti d'interessi fra gli ex parlamentari. Un ex deputato o un ex senatore ha parecchi vantaggi: conosce il palazzo, è in rapporti con gli attuali parlamentari, sa a quali uffici bussare. Soprattutto, rispetto al lobbista quivis de populo, non subisce oggi, e crediamo che ben difficilmente subirà in futuro, alcuna limitazione. Gira senza alcun distintivo (l'accesso gli è consentito, vita natural durante, in entrambe le Camere), nessun commesso può fermarlo, raggiunge quando e come vuole qualsiasi corridoio, stanza o anfratto.
Il lobbista ordinario, quindi, potrà essere schedato (in senso tecnico) e tenuto lontano da aula e commissioni. Il lobbista ex parlamentare non subirà alcuna limitazione. Anzi, la sua qualità di ex gli consentirà di non essere nemmeno reputato quale lobbista. Tutti continueranno ad apostrofarlo come onorevole o come senatore, gli ex colleghi lo tratteranno con il dovuto rispetto, i funzionari non potranno certo opporgli ostacoli. Saranno autentici sottobraccisti, come in questi giorni vengono ricorrentemente apostrofati, perché avvezzi a tenere sotto braccio i parlamentari da quando anche loro erano parlamentari.
Il Consiglio di presidenza del Senato ha pensato bene sia di limitare i benefìci agli ex presidenti, sia di occuparsi dei lobbisti normali. L'Ufficio di presidenza della Camera si occuperà, a propria volta, dei benefìci non solo degli ex presidenti, ma altresì degli ex deputati e, quindi, dei lobbisti ex deputati?
Fonte: Marco Bertoncini - ItaliaOggi (scarica l'art. in pdf)



































