NEWS
Senato, via libera solo ai lobbisti ex on.
Scritto il 2013-03-01 da Franco Spicciariello su Italia

I vecchi parlamentari continuano a muoversi come pesci in acqua. Per tutti gli altri invece l'accesso alle aule che contano sarà rigidamente disciplinato.

Dàgli al lobbista. Il Consiglio di presidenza del Senato ha in quattro e quattr'otto «approvato le linee guida per la redazione di un regolamento interno della rappresentanza d'interessi». Così suona il comunicato ufficiale, riportando la decisione assunta dopo le polemiche collegate alla presenza di alcuni «rappresentanti d'interessi» nei pressi della decima Commissione di palazzo Madama, che stava trattando la conversione in legge del decreto sulle liberalizzazioni.

Lo scopo ufficiale è «disciplinare i rapporti tra senatori e portatori d'istanze della realtà economica, sociale e culturale alla luce dei princìpi del pluralismo e della trasparenza». Sarà redatto un registro, con enti e associazioni che richiedono gli accrediti, indicando le persone fisiche abilitate all'accesso. Verrà poi disciplinata la presenza dei lobbisti nei giorni di seduta dell'Assemblea e delle Commissioni, con sanzioni per «comportamenti ritenuti lesivi del libero esercizio del mandato parlamentare».

Peccato che dalla regolamentazione resteranno esclusi i più potenti, i più penetranti, i più presenti dei lobbisti. Intendiamo alludere agli ex parlamentari. È fatto noto, e ovviamente non redarguibile, che già oggi decine, o meglio centinaia, di parlamentari siano portatori d'interessi di singole categorie, dagli avvocati (senza dubbio il gruppo più rappresentato in Parlamento, e non certo in questa sola legislatura) ai sindacalisti, dai notai ai giornalisti, e via elencando. Indipendentemente dall'attività lavorativa che ciascun parlamentare svolge (o svolgeva prima dell'elezione), ci sono coloro che si assumono il ruolo di rappresentare di fatto una categoria. Il fenomeno è simile alla rappresentanza territoriale, che infatti non di rado raggruppa eletti di partiti contrapposti.

Ebbene, non sono scarse le categorie che scelgono i propri rappresentanti d'interessi fra gli ex parlamentari. Un ex deputato o un ex senatore ha parecchi vantaggi: conosce il palazzo, è in rapporti con gli attuali parlamentari, sa a quali uffici bussare. Soprattutto, rispetto al lobbista quivis de populo, non subisce oggi, e crediamo che ben difficilmente subirà in futuro, alcuna limitazione. Gira senza alcun distintivo (l'accesso gli è consentito, vita natural durante, in entrambe le Camere), nessun commesso può fermarlo, raggiunge quando e come vuole qualsiasi corridoio, stanza o anfratto.

Il lobbista ordinario, quindi, potrà essere schedato (in senso tecnico) e tenuto lontano da aula e commissioni. Il lobbista ex parlamentare non subirà alcuna limitazione. Anzi, la sua qualità di ex gli consentirà di non essere nemmeno reputato quale lobbista. Tutti continueranno ad apostrofarlo come onorevole o come senatore, gli ex colleghi lo tratteranno con il dovuto rispetto, i funzionari non potranno certo opporgli ostacoli. Saranno autentici sottobraccisti, come in questi giorni vengono ricorrentemente apostrofati, perché avvezzi a tenere sotto braccio i parlamentari da quando anche loro erano parlamentari.

Il Consiglio di presidenza del Senato ha pensato bene sia di limitare i benefìci agli ex presidenti, sia di occuparsi dei lobbisti normali. L'Ufficio di presidenza della Camera si occuperà, a propria volta, dei benefìci non solo degli ex presidenti, ma altresì degli ex deputati e, quindi, dei lobbisti ex deputati?

Fonte: Marco Bertoncini - ItaliaOggi (scarica l'art. in pdf)

Parla Morbelli, responsabile relazioni esterne di Open Gate Italia. «Ma quali interessi oscuri. Noi portiamo le istanze dei nostri clienti al decisore, non vendiamo relazioni. Le regole a Montecitorio? Si poteva fare di più. Serve una legge, i primi a volere chiarezza siamo noi lobbisti»«Siamo lobbisti, non faccendieri. Finalmente alla Camera ci sarà più trasparenza, ma stiamo ancora aspettando una legge nazionale con regole certe». Andrea Morbelli è il responsabile del settore relazioni istituzionali di Open Gate Italia, una delle principali realtà del settore. Tra i suoi clienti, presenti e passati, figurano multinazionali come HP, Enel Open Fiber, le Acciaierie di Terni, l’associazione nazionale industrie cinematografiche, ma anche la società calcistica della Roma. A sentire lui, la regolamentazione approvata a Montecitorio sull’attività dei lobbisti è una buona notizia.Morbelli, partiamo dal suo lavoro. È corretto dire che i lobbisti rappresentano interessi particolari e costruiscono reti di relazioni con il decisore pubblico?Facciamo chiarezza. Il lobbista non crea relazioni, porta contenuti al decisore pubblico. Si discute di un provvedimento? Noi rappresentiamo le istanze dei nostri clienti, siano aziende o associazioni. E così portiamo anche il loro know how. Perché il decisore non può essere onnisciente: per regolare un settore deve prima avere gli strumenti che gli permettono di farlo. Ma non vendiamo relazioni, non siamo faccendieri. Oggi diverse multinazionali e associazioni di categoria possono già entrare alla Camera con un badge che viene rilasciato a discrezione del questore. Non c’è alcun criterio. Se la nuova regolamentazione azzera tutto e autorizza l’accesso solo a chi si registra sarà un dato positivo Da ieri alla Camera c'è una nuova regolamentazione della “attività di rappresentanza di interessi”.Ci sarà un pubblico registro dei lobbisti che entrano a Montecitorio. Come cambia il vostro lavoro?È un primo passo. Adesso spettano alla Presidenza ulteriori disposizioni per stabilire le modalità di accesso nel Palazzo. La nostra posizione è semplice: siamo a favore se esisterà un registro valido per tutti. Oggi diverse multinazionali e associazioni di categoria possono già entrare alla Camera con un badge che viene rilasciato a discrezione del questore. Non c’è alcun criterio. Se la nuova regolamentazione azzera tutto e autorizza l’accesso solo a chi si registra sarà un dato positivo. Altrimenti si rischia di reiterare il dislivello attuale. Dove qualcuno può entrare quando vuole e altri devono chiedere il permesso. La regolamentazione prevede anche che i lobbisti pubblichino un resoconto delle proprie attività nel Palazzo. Bene, noi siamo per la totale trasparenza. Meglio ancora se viene sanzionato chi non dichiara tutto, magari privandolo della possibilità di entrare alla Camera. Inizialmente si era anche ipotizzato di rendere pubbliche le spese sostenute da ciascuno nell’ambito della propria attività. Questa disposizione è stata tolta, io l’avrei lasciata. Gli ex parlamentari che diventano portatori di interessi, invece, dovranno attendere un anno prima di potersi iscrivere al registro. Anche se potranno continuare a entrare a Montecitorio in qualità di ex. Nel mondo succede così, non è uno scandalo. Chi è stato decisore pubblico può diventare un lobbista. Ma la norma così com'è scritta può essere sicuramente aggirata, questo è vero. Spesso si parla del lobbista come di un rappresentante di interessi oscuri, pronto a elargire mazzette… Ma questi sono traffichini, non lobbisti. Il nostro è un lavoro serio, proprio per questo vogliamo farlo in tutta trasparenzaInsomma, lei è soddisfatto delle nuove disposizioni?Ripeto, è un primo passo. Se ci fosse una legge nazionale con regole certe sarebbe ancora meglio. Si parla tanto di trasparenza, ma è evidente che qualche abuso esiste.Le cronache parlamentari raccontano spesso di strani personaggi che si aggirano tra le commissioni ed emendamenti infilati all’ultimo da anonime manine...Gli abusi esistono, certo. Anche per questo chiediamo norme chiare. Se la nostra attività avvenisse alla luce del sole non ci sarebbe nulla di male. Ognuno deve essere libero di portare il proprio contributo al decisore. E lui, a sua volta, deve essere libero di legiferare in autonomia. Oggi siamo noi i primi a pagarne le conseguenze. Spesso si parla del lobbista come di un rappresentante di interessi oscuri, pronto a elargire mazzette… Ma questi sono traffichini, non lobbisti. Il nostro è un lavoro serio, proprio per questo vogliamo farlo in tutta trasparenza.Fonte: Marco Sarti, Linkiesta

Imprese - Lobbyingitalia

In un'intervista al Corriere della Sera di Alessandro Trocino, Deborah Serracchiani (presidente della Regione Friuli Venezia-Giulia, parlamentare UE e vicesegretario del PD) torna sul caso-Guidi approfondendo il tema della regolamentazione dell'attività di lobbying. Per l’opposizione è un emendamento “marchetta” che favorisce le lobby.“Non esiste. A parte che solo in Italia usiamo il termine lobby in modo denigratorio, è normale incontrare società e portatori d’interesse. Accade anche al 5 Stelle. Penso a quando Di Maio ha incontrato gli ambasciatori stranieri. O quando si sono confrontati con il Vaticano”.Il conflitto d’interesse rimane un problema.“Il provvedimento sul conflitto d’interesse è passato alla Camera e ora è al Senato. Siamo noi che stiamo lavorando sull’albo dei lobbisti. Ma parliamoci chiaro: se Coldiretti ti chiede l’obbligo dell’etichettatura, sono lobbisti con cui non possiamo parlare? No, basta che ci sia trasparenza”.Leggi l'articolo completo: http://goo.gl/2mjUS0 

Imprese - Lobbyingitalia

Perché i parlamentari si nascondono dietro un nome indefinito che evoca mostri lontani e imprendibili per scaricare le proprie responsabilitàdi Pier Luigi PetrilloEcco, ci risiamo: è colpa delle lobby. Sul Foglio la senatrice Linda Lanzillotta (Pd) ha ammesso perlomeno che le cosiddette lobby avranno sì frenato il disegno di legge Concorrenza, bloccato da un anno in Parlamento, ma anche la flemma della politica ha avuto un ruolo. Effettivamente, non mi risulta che le lobby abbiano occupato il Parlamento, si siano sostituite ai deputati di maggioranza e abbiano votato emendamenti a loro favorevoli. Mi risulta, invece, che siano stati i deputati di maggioranza a presentare emendamenti a favore di certe lobby e a votarli a maggioranza (appunto).Il disegno di legge sulla Concorrenza non è il frutto di una elucubrazione accademica ma la conseguenza naturale, in un sistema democratico, della precisa scelta politica della maggioranza che sostiene il governo; una scelta indirizzata a sostenere taluni ordini, corporazioni (anche micro), settori produttivi del paese in situazione di sostanziale monopolio. Badate bene, si tratta di scelte legittime che qui non si contestano. Ciò che si contesta è che, come al solito, ci si nasconde dietro un dito e quel dito ha un nome indefinito che evoca mostri lontani e imprendibili: le lobby, appunto! E’ colpa delle lobby se non si fanno le liberalizzazioni; colpa delle lobby se il paese ristagna in paludi ottocentesche; sono le lobby a impedire riforme strutturali. Il grande merito del governo Renzi è stato quello di dimostrare che non è così; all’opposto Renzi ha dimostrato che se c’è la volontà politica è possibile superare ogni lobby e fare davvero ciò che si è promesso di fare. Il presidente del Consiglio ha ottenuto ciò che voleva in materia di lavoro, banche, assicurazioni, perfino di riforme costituzionali ed elettorali: ha vinto su lobby temibili e inarrivabili fino a qualche tempo fa, come i sindacati (o i professori di diritto costituzionale, categoria alla quale appartengo). La maggioranza in Parlamento ha dimostrato di poter approvare in poche settimane leggi molto contrastate da talune di queste lobby. Il dato, quindi, è uno solo: in questo caso e in materia di concorrenza e di liberalizzazione, la maggioranza ha deciso da che parte stare, ha espressamente deciso di assecondare talune lobby (quelle dell’immobilismo: dai soliti tassisti agli albergatori confederati) contro altre (quelle dei consumatori, per esempio). Per non ammettere questo dato di fatto, così evidente da sembrare davvero stucchevole ogni polemica sull’articolo di Giavazzi del Corriere di qualche giorno fa, ci si nasconde dietro al consueto paravento: le lobby, queste sconosciute, brutte, sporche e cattive. E per mantenere in vita il paravento, dietro cui la politica si nasconde, non viene approvata alcuna regolamentazione del lobbying: proprio in occasione del ddl Concorrenza, alcuni senatori hanno provato a proporre qualche norma ma sono stati prontamente stoppati. Non possono essere approvate, infatti, norme che rendano trasparente l’azione dei lobbisti perché altrimenti cadrebbero gli altarini e si scoprirebbe ciò che tutti sanno: ovvero che laddove la politica è fragile e mancano indicazioni chiare, i parlamentari si sentono liberi di assecondare le lobby a loro più vicine (magari perché ne finanziano la campagna elettorale) perché sanno che, nell’oscurità che circonda il mondo delle lobby, non sarà mai colpa loro, non dovranno mai rendere conto delle loro scelte a nessun elettore (gli inglesi direbbero accountability). L’assenza di una legge sulle lobby impedisce all’elettore di comprendere cosa c’è davvero dietro l’emendamento presentato dal singolo deputato, quale interesse e chi l’ha redatto; impedisce di sapere chi paga e per cosa. Ma Renzi potrebbe battere un colpo e chiedere conto di taluni voti in Senato che hanno affossato il ddl concorrenza col parere favorevole del rappresentante del Governo, per stupire tutti con uno dei suoi colpi di genio: presentare un maxi emendamento che sostituisce per intero questo feticcio di legge e, in un colpo solo, liberalizzare settori bloccati da secoli e sciogliere così corporazioni così vetuste da essere superate dai fatti (oltre che dal mercato). In ogni caso, in un sistema democratico come il nostro, non sarà mai colpa delle lobby ma della politica (debole, fragile, succube) che le asseconda. di Pier Luigi Petrillo, Professore di Teoria e tecniche del lobbying, Luiss

Imprese - Lobbyingitalia

LOBBYINGITALIA
NEWS