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L’Europa delle lobby, trasparenza rinviata
Scritto il 2009-04-30 da lobbyingitalia su Europa

In questi giorni i lobbisti più in tensione appaiono quelli degli allevatori di maiali e delle industrie alimentari collega­te, che tentano disperatamente di far ribattezzare dalle istituzioni del­l’Unione europea il virus che si è diffuso in Messico e negli Stati Uni­ti, cambiando l’attuale «febbre sui­na » in un «nuova influenza», certo meno dannoso per le vendite dei prodotti del loro settore. Ma sono infiniti gli esempi dell’invadenza dei gruppi di pressione al servizio di interessi privati sull’Europarla­mento, sulla Commissione euro­pea e sul Consiglio dei ministri dei 27 Paesi membri. Hanno portato molti cittadini ad avere un’immagi­ne dell’Europa spesso condiziona­ta da lobby potenti e non sottopo­ste a regole o controlli. Gli stessi eurodeputati e gli euroburocrati, principali obiettivi dei lobbisti, ave­vano preso atto della diffidenza del­l’opinione pubblica sull’effettivo ri­spetto del principio europeista che considera prioritario l’interesse ge­nerale dei cittadini nelle attività co­munitarie. E s’erano impegnati a varare una «Operazione trasparen­za » per riguadagnare credibilità in vista delle elezioni europee del giu­gno prossimo. Ma la settimana scorsa a Strasburgo il gruppo di la­voro sul lobbismo, formato da tre eurodeputati dei maggiori gruppi politici (i popolari del Ppe, i sociali­sti del Pse e i liberaldemocratici dell’Alde) e dal vicepresidente del­la Commissione, l’estone Siim Kal­las, ha rinviato alla prossima legi­slatura in gran silenzio.

Inizialmente Kallas considerava sufficiente un registro e un codice di comportamento su base volonta­ria, che con appena 1382 iscritti si è rivelato un fallimento, rispetto al­la stima di 15 mila lobbisti e 2600 gruppi di pressione attivi a Bruxel­les (indicata dal sito dell’Europarla­mento). Gli eurodeputati erano in­tervenuti votando l’attuazione rapi­da di un registro obbligatorio con tutti i nomi, informazioni sulle fon­ti di finanziamento e relative san­zioni: sull’esempio delle regole im­poste ai lobbisti nel Congresso di Washington, che pur non hanno impedito lo scandalo Abramoff. Ma a Strasburgo è saltato tutto.

«Il gruppo di lavoro tra Europar­lamento e Commissione ha concor­dato un codice di condotta per i lobbisti e fissato le linee guida per un futuro registro comune — affer­ma il presidente dell’Europarla­mento, Hans-Gert Poettering del Ppe —. È un esito positivo per la trasparenza a livello Ue che dovreb­be essere costruita nel prossimo mandato parlamentare».

Il leader del Pse, il tedesco Mar­tin Schulz, ritiene che regole serie debbano essere attuate al più pre­sto nel prossimo mandato perché «il lobbista deve agire in modo tra­sparente, attraverso forme e modi che mostrino sempre la distinzio­ne tra i legislatori e chi vuole otte­nere una ben definita influenza nel processo decisionale». Molti depu­tati criticano il rinvio. «Più di un anno fa il Parlamento ha votato a favore di un registro obbligatorio con i nomi dei singoli lobbisti e ha chiesto un approfondito monito­raggio sulle fonti di finanziamento con serie sanzioni entro quest’an­no — dichiara la co-presidente dei verdi europei Monica Frassoni —. Invece l’argomento è stato di fatto sotterrato in gran silenzio prima delle elezioni. Questa mancanza di coraggio danneggia la reputazione dell’Europarlamento». Il leader de­gli eurodeputati italiani del Pse, Gianni Pittella, parla di «occasione persa per incoraggiare gli elettori ad andare a votare e ad avere più fiducia in un’Europa al servizio dei cittadini».

Una fiducia che si è attenuata do­po aver visto lobbisti invocare il be­nessere degli animali per ridurre i lunghi trasporti internazionali e in­vece favorire il più redditizio com­mercio della carne macellata rispet­to a quello delle bestie vive. Solleci­tano l’estensione del diritto d’auto­re a 70 anni per aiutare i musicisti poveri, mentre in realtà incassereb­bero principalmente le case disco­grafiche. Sono arrivati a chiedere incentivi anti-inquinamento per i costruttori di inceneritori inqui­nanti o a demonizzare i termome­tri a mercurio per imporre i più co­stosi (e non sempre precisi) misu­ratori elettronici della febbre. Di si­curo la crescente influenza dei lob­bisti nella Ue è coincisa con l’au­mento della disillusione verso l’Eu­ropa unita e la riduzione costante dei votanti alle elezioni europee, passati dal 61,99% del 1979 al 45,47% dell’ultima consultazione del 2004. Perfino in un Paese euro­peista come l’Italia si è scesi in 25 anni dall’85,65% al 71,72%.

In linea di principio un eurode­putato, che può contare in genere su un paio di assistenti, può avere bisogno di informazioni da lobbi­sti specializzati quando si trova a esaminare un voluminoso rappor­to con paragrafi ed emendamenti tecnici in grado di provocare conse­guenze decisive per un’industria o per un intero settore. «Ho tenuto un corso all’università La Sapienza per illustrare l’importanza del lob­bismo nelle attività parlamentari — dice Antonio Tajani, ex capo­gruppo degli eurodeputati di Forza Italia e ora vicepresidente della Commissione —. Ma ho precisato che deve essere svolto nella massi­ma trasparenza per allontanare il ri­schio di degenerazioni, spesso fa­vorite da comportamenti sotterra­nei ». Luigi Gambardella, lobbista a Bruxelles di Telecom Italia, affer­ma che «una grande azienda prefe­risce che ci siano regole chiare af­finché il lobbying svolto in modo professionale e corretto si differen­zi da quello poco trasparente». Al­tri lobbisti ammettono che il regi­stro pubblico deve includere tutti i nomi perché «finché ci saranno operatori occulti anche le lobby più trasparenti possono essere so­spettate di aver subappaltando nel­la zona grigia le pratiche scorrette e i comportamenti corruttivi».

La zona d’ombra del lobbying co­munitario oggi è vastissima. Si na­sconde spesso dietro società di consulenza e di pubbliche relazio­ni, studi legali, intermediari dell’ac­cesso ai fondi Ue o think-tank. L’ex eurodeputato radicale e ora diretto­re dell’ufficio Confindustria di Bru­xelles, Gianfranco Dell’Alba, invita a distinguere con attenzione «tra i lobbisti che sostengono i loro inte­ressi di parte con le informazioni e quelli scorretti che elargiscono be­ni e servizi». Si inizia con le cene in ristoranti esclusivi come Chez Moi di Bruxelles o il Crocodile di Stra­sburgo. Si passa poi a doni costosi, fondi per la campagna elettorale, assunzioni di parenti e amici, fino alle bustarelle. Si vocifera perfino di festini con prostitute e gigolò.

I gruppi di pressione più ricchi e potenti operano al servizio di im­prese, banche e società finanziarie, rappresentandole singolarmente o attraverso le associazioni di catego­ria nazionali ed europee. Ma fanno lobbying anche Regioni, Comuni, sindacati, associazioni professiona­li, organismi religiosi. Potentissi­ma nell’Europarlamento viene considerata la lobby trasversale dei gay, che riuscì a far revocare la no­mina a commissario Ue di Rocco Buttiglione dopo che aveva espres­so giudizi critici sugli omosessuali.

Nell’inchiesta europarlamentare sui voli illegali della Cia sarebbero scesi in campo addirittura lobbisti legati ai servizi segreti degli Stati Uniti e di altri Paesi filo-Usa, inte­ressati a non essere coinvolti. Tra le poche lobby al servizio di interes­si generali, gli ambientalisti appaio­no l’unica con un certo peso. Per il resto l’influenza a Bruxelles e a Strasburgo dei comuni cittadini o dei consumatori resta minima ri­spetto ai gruppi di pressione al servizio di interessi privati.
Parte 2: Geografia del potere, la Germania al comando

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Ivo Caizzi - Corriere della Sera

La normativa austriaca si concentra sui consulenti di lobbying e le imprese, fornendo meno obblighi di comunicazione a gruppi professionali e pubblici, e quasi nessun requisito per le parti socialiNel luglio 2012 l'Austria ha approvato il suo primo atto legislativo volto a disciplinare il rapporto tra gruppi di interesse e titolari di cariche pubbliche. Criticità della normativa sono proprio le definizioni di lobbista e di attività di lobbying. Per quanto riguarda la prima, abbiamo un elenco approssimativo di soggetti non facilmente determinabili (questo spalancherebbe le porte ai faccendieri della politica); invece la seconda viene indicata come “contatto organizzato e strutturato con titolari di cariche pubbliche finalizzati ad influenzare il processo decisionale nell’interesse di un committente”, senza specificare cosa si intende per “influenzare” il processo decisionale, un termine che l’opinione pubblica potrebbe facilmente ricondurre ad atti di malaffare. Positiva la presenza di un registro elettronico con i dati facilmente accessibili a tutti; elemento che però contraddistingue la normativa è la presenza di una co-responsabilità tra chi svolge attività di lobbying e il committente, dopo che siano stati accertati inadempimenti inerenti gli obblighi di registrazione e successivi aggiornamenti.La normativa è stata inoltre analizzata secondo un sistema empirico, che ha permesso di valutare ogni elemento della regolamentazione sulla base di una scala di valori. Applicando la metodologia sviluppata dal Centre of Public Integrity (CPI), i ricercatori suggeriscono che la regolamentazione possa essere caratterizzata da diversi livelli di rigorosità, che essi definiscono come robustezza. Secondo il livello di robustezza, le leggi di lobbying possono essere classificate in bassa, media e alta regolamentazione (Chari et al 2010:.Ch. 4). Su questa base è stata analizzata la normativa sul lobbying austriaca[1].La normativa austriacaSecondo le disposizioni della normativa austriaca, i lobbisti hanno esigenze diverse a seconda della natura degli interessi che essi rappresentano. In realtà, i lobbisti professionisti, i lobbisti  interni che lavorano per le imprese, le associazioni professionali, i gruppi pubblici e le parti sociali sono soggetti a disposizioni diverse. Gli obblighi di informativa, le regole e le sanzioni sono più severe per i primi (in ordine decrescente) e più leggere per gli ultimi. Di conseguenza, il livello di solidità è, per esempio, più elevato per i lobbisti professionisti e i lobbisti interni, e inferiore per le associazioni professionali, i gruppi pubblici e le parti sociali. La normativa austriaca del 2012 ha istituito un registro obbligatorio e un insieme formale di regole tra cui i requisiti di registrazione, alcuni requisiti informativi di spesa e le sanzioni in caso di inadempienza.La definizione di lobbistal'articolo 4 della legge introduce una serie di definizioni volta a chiarire il concetto di attività di lobbying, stabilendo i confini di applicazione della normativa. La normativa riguarda società di consulenza di lobbying (Lobbying Agenturen), gruppi aziendali (Unternehmenslobbyisten), gruppi professionali (Kammern) e gruppi pubblici (Verbände). Tutti i rappresentanti di interesse assunti da questi attori sono sottoposti alle regole stabilite quando si cerca di influenzare titolari di cariche pubbliche.L’attività di lobbyingAlla luce di queste categorie di attori, l’attività di lobbying è definita come: "qualsiasi contatto organizzato e strutturato con titolari di cariche pubbliche finalizzati ad influenzare il processo decisionale nell'interesse di un committente" (articolo 4, paragrafo 1; 2012). La normativa riguarda sia l’organo legislativo che quello esecutivo, compreso anche  il personale burocratico e titolari di cariche pubbliche di enti territoriali. Nonostante la vasta copertura delle regole, la legge presenta una vasta gamma di eccezioni. In realtà, i gruppi di interesse religioso e territoriali  e gli studi legali sono esentati. Le parti sociali sono sottoposti a una serie limitata di requisiti di registrazione, prevista inoltre l'esenzione dalle disposizioni in materia di sanzioni e di accumulo di ruolo (articolo 2, paragrafo 2-4).Procedure di iscrizione individualeIl regolamento stabilisce differenti requisiti di registrazione in base alla natura del gruppo di interesse. La sezione A (suddivisa in A1 e A2) è dedicata alla consulenza di lobbying. La sezione B ai lobbisti interni delle imprese, mentre, rispettivamente, la sezione C e D alle associazioni professionali e gruppi di interesse pubblico. Le parti sociali sono soggetti a disposizioni particolari. Nella sezione A le consulenze di lobbying e i consulenti devono registrarsi prima di stabilire i contatti con titolari di cariche pubbliche, fornendo le seguenti informazioni sulla società di lobbying: nome, numero di impresa, indirizzo, sito web e inizio dell'esercizio sociale. Si richiedono anche una breve descrizione delle attività e la missione della società. Inoltre, la società di lobbying deve adottare un codice di condotta interno, dichiarare il volume delle operazioni del precedente esercizio finanziario, rivelare il numero di contratti di lobbying accettati e fornire il nome e la data di nascita dei lobbisti.Nella sezione A2 i consulenti di lobbying devono rivelare i loro contratti di lobbying dichiarando il nome, il numero di impresa, l'indirizzo, il sito e l’inizio dell’anno di attività  sia del committente che del cliente. L'oggetto del contratto di lobbying deve essere dichiarato. La sezione A2 non è pubblica, il Ministro della Giustizia ha accesso esclusivo alle informazioni. Le terze parti sono autorizzate ad avere accesso a questi dati con il consenso precedente dal committente e del consulente. La sezione B richiede ai lobbisti interni delle imprese di registrarsi prima di stabilire contatti con titolari di cariche pubbliche, fornendo i seguenti dati: il nome della società, il numero di impresa, indirizzo, sito web e inizio dell’anno finanziario, una breve descrizione delle attività e la missione della società, il nome e la data di nascita dei lobbisti. Le imprese devono anche rivelare i costi connessi all'attività di lobbying nel corso dell'esercizio precedente, se questi superano l'importo di 100.000 €. Le imprese devono adottare un codice di condotta interno per i lobbisti interni.Nelle sezioni C e D si richiede  alle associazioni professionali e alle associazioni di interesse pubblico la registrazione prima di stabilire i contatti con titolari di cariche pubbliche, fornendo i seguenti dati: il nome, l'indirizzo e il sito web dell'organizzazione, il numero di  rappresentanti di interessi che sono attivi e una stima delle spese relative alla attività di rappresentanza di interessi. Contrariamente alle consulenze di lobby e ai lobbisti interni delle imprese, le associazioni professionali e le associazioni di interesse pubblico non sono tenuti a fornire ogni tipo di informazione personale. I requisiti di registrazione si limitano alla fornitura di informazioni di carattere generale e di contatto dell'associazione. Ciò rappresenta una grande differenza in termini di trasparenza, in quanto i consulenti di  lobbying e le imprese devono rivelare una quantità superiore di dati.Rendicontazione delle spese e dei clientiIl regolamento non comporta la regolare presentazione di rapporti di spesa.  I consulenti di lobbying devono indicare il volume annuo di vendite relative alle attività di lobbying sotto sezione A1 e le imprese devono dichiarare se i costi relativi alla lobbying superano i 100.000 € di cui alla sezione B.Archiviazione elettronica e accesso pubblico al registroIl Ministero della Giustizia Austriaco, che rappresenta l'autorità competente, fornisce ai gruppi di interesse e consulenti la registrazione on line. L’accesso al registro è pubblico per le sezioni A1, B, C e D. La sezione A2 contenente informazioni sul contratto di lobbying tra committenti e consulenti è consultabile solo dal Ministero della Giustizia. L'accesso a questa sezione è esteso ad altre parti previa autorizzazione dei dichiaranti. Tale esenzione è legittimata dal legislatore attraverso la necessità di proteggere la privacy e gli interessi economici dei clienti, che possono soffrire potenziali perdite economiche dalla diffusione di informazioni.SanzioniL'Autorità competente è rappresentata dal Ministero della Giustizia, che ha il potere di imporre sanzioni. Chi svolge attività di lobbying senza essere registrato incorre in sanzioni pecuniarie di € 20.000 o € 60.000 per reiterazione. Le sanzioni per il mancato rispetto delle regole sono di € 10.000 o € 20.000 per reiterazione. Queste si applicano anche ai committenti, che sono co-responsabili per garantire la corretta manutenzione delle informazioni registrate. Il Ministro della Giustizia ha, inoltre, il potere di cancellare i dichiaranti dal registro in caso di non conformità o comportamenti scorretti. La cancellazione preclude ai lobbisti la registrazione per tre anni. Da sottolineare che disposizioni speciali  esentano le parti sociali dall'applicazione delle sanzioni. Questa particolare disposizione riduce drasticamente il campo di applicazione della normativa in termini di responsabilità quando si tratta di attività svolte dalle parti sociali.Le revolving-doorsIl legislatore ha deciso di tenere la questione revolving-door non regolamentata. Tuttavia, la legislazione tratta l’ipotesi di cumulo di ruoli. L'articolo 8 stabilisce l'incompatibilità tra lo status di titolare di carica pubblica e lobbista professionale. La scelta del legislatore è stata guidata dalla disposizione “cash-for-law” e dalla vicenda Telekom[2], che sottolineano il conflitto di interessi tra i due ruoli. Il campo di applicazione della disposizione revolving-door è comunque limitata. Date le esenzioni previste dalla legge, questo articolo riguarda solo una categoria limitata di lobbisti. Essa non si applica ai gruppi di lobbying interni, e rappresentanti di interessi di associazioni professionali, gruppi pubblici e le parti sociali. Il cumulo di ruoli di parlamentare e rappresentante di interessi di associazioni di imprese o sindacati è molto comune in Austria. Estendere tale disposizione alle parti sociali avrebbe potuto colpire molti membri del Parlamento.Conclusioni: trasparenza e partecipazione nella regolamentazione austriacaIn sintesi, Le diverse sezioni A, B, C e D hanno evidenziato la presenza di una variazione della rigidità della normativa tra i tipi di gruppi di interesse in termini di quantità di informazione che deve essere presentata. L'indice CPI è costruito applicando un punteggio su 48 domande sulle dimensioni di cui sopra[3]. L’indice è dato da una scala che va da 1 punto (robustezza minima) a 100 (robustezza massima). In altre parole, quanto più la legge di lobbying è vicina a 100, più robusta è la legislazione. Questa procedura è stata fatta per le sezioni A, B, C e D più per le disposizioni in materia di parti sociali. Come mostra la tabella 1, la legge di lobbying Austriaca è caratterizzata da una variazione di robustezza a seconda del tipo di gruppo di interesse.[4]Secondo la classificazione, la legislazione è medio-regolata nelle sezioni A e B sulla consulenza di lobbying e attori aziendali; e basso-regolata nella sezione C (associazioni di categoria) e D (gruppi pubblici), incluse le disposizioni in materia di parti sociali. In particolare, il divario di robustezza in termini di punteggio CPI tra le sezioni C e D e le disposizioni in materia di parti sociali è particolarmente grande (17 punti), il che significa che le disposizioni in materia di parti sociali garantiscono livelli sistematicamente più bassi di trasparenza e responsabilità rispetto alle altre sezioni. Esempi simili si possono trovare negli Stati Uniti e nella regolamentazione Canadese. Punteggio CPIClassificazione perChari et al.Sezione A  -Consulenti di lobbying32Medio-regolataSezione B – Lobbisti interni di azienda30Medio-regolataSezione C – Associazioni Professionali29Basso-regolataSezione D – Gruppi Pubblici29Basso-regolataParti Sociali17Basso-regolata  A cura di Francesco Rossi, studente del Laboratorio di Teorie e Tecniche del Lobbying Istituzionale, dipartimento di Giurisprudenza, LUMSA - Roma[1] Lobbyists, Governments and Public Trust, Volume 3 Implementing the OECD Principles for Transparency and Integrity in Lobbying[2] Gli scandali hanno colpito la politica austriaca nel 2011. Questi hanno coinvolto il MEP Ernst Strasser, scoperto ad accettare tangenti in cambio di promuovere una legislazione al Parlamento europeo (cash for law).  Sono stati dichiarati colpevoli politici e lobbisti per aver intascato fondi di dubbia provenienza relativamente al business della società Telekom Austria.[3] Domande relative alla disciplina della registrazione individuale,metodi di registrazione, rivelazione spese individuali, grado di trasparenza verso il pubblico.[4] Investigating lobbying laws Austria

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+50 new entries a settimana, influenzerebbero 75% norme comunitarieSi chiama 'Registro per la Trasparenza'. Istituito dalla Commissione europea, ad oggi 5 aprile questo prezioso data base conta 9.555 lobbies dei paesi membri, Italia inclusa, regolarmente registrate presso le istituzioni di Bruxelles. Una cifra per nulla irrilevante se consideriamo che dalle direttive comunitarie oggi dipende circa l'80% delle leggi nazionali.Un potere quello delle lobbies in senso stretto o in senso lato tornato alla ribalta della cronaca con l'inchiesta sul petrolio che ha portato alle dimissioni del ministro per lo Sviluppo economico Federica Guidi. Tralasciando il caso specifico italiano è interessante notare la crescita di lobbies e simili presso le istituzioni di Bruxelles, con una media di 50 nuove iscrizioni a settimana nel registro Ue. Solo nella giornata di oggi si segnalano 7 new entries.Una folta galassia di organizzazioni o gruppi di pressione la cui attività è volta a "influenzare direttamente o indirettamente la formulazione e l'implementazione delle politiche e del processo decisionale delle istituzioni Ue", si legge sul sito, in nome della "trasparenza" e della "partecipazione dei cittadini". Troviamo uffici di consulenza, gruppi di categoria, di settore, dell'industria persino studi legali, liberi professionisti, associazioni professionali, charity, ong, organizzazioni religiose e accademiche e tutte quelle autorità pubbliche che hanno un ufficio a Bruxelles con la dichiarata missione di fare valere gli interessi di chi rappresentano.Nel dettaglio dei 9.555 gruppi registrati, 4.812 sono lobbisti interni, associazioni di categoria, commerciali e professionali; 2.446 sono organizzazioni non governative; 1.129 sono società di consulenza specializzate, studi legali, consulenti indipendenti; 673 centri di studio, istituti accademici e di ricerca; 454 sono rappresentanze di amministrazioni regioni, locali e comunali, enti pubblici o misti e 41 sono organizzazioni che rappresentano chiese e comunità religiose.Dall'industria (energia e tabacco tra le più attive) agli interessi nazionali questo potere 'ombra' secondo alcune stime fornite dal Guardian inciderebbero sul 75% della legislazione comunitaria. Un influenza molto forte che dovrebbe prevedere adeguati contrappesi nelle associazioni dei consumatori. Peccato che a Bruxelles ci sia solo un'unica organizzazione in nome degli interessi dei consumatori europei, il Beuc, Bureau of european consumer organisations: 35 impiegati al 2014 e metà del budget soggetto a difficili negoziati con l'Ue.Fonte: AdnKronoshttp://goo.gl/CqQiGX

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Il Parlamento Europeo chiede misure stringenti per i lobbisti delle multinazionali che non cooperano in materia fiscale. Ma la Commissione frena Sanzionare i lobbisti non cooperativi non è di certo una cosa semplice con il sistema normativo attuale. Le istituzioni dell'Unione Europea sono divise sul tema. Da una parte il Parlamento Europeo incoraggia misure più stringenti, dall'altra la Commissione cerca di evitare di entrare a gamba tesa sul tema per non andare a intaccare i sistemi di accreditamento. Il Parlamento Europeo ha lanciato un comitato speciale in materia fiscale (il Taxe), che è stato però costretto a svolgere le proprie indagini in assenza degli imputati, visto che le grandi multinazionali non si sono presentate per collaborare. Delle 18 grandi aziende contattate dal Taxe per dare chiarimenti fiscali solo Airbus, Total, Bnp Paribas e la società energetica scozzese Sse hanno accolto la richiesta. Amazon, Anheuser-Busch InBev, Barclays, Coca Cola, Facebook, Fiat Chrysler, Google, Hsbc, Ikea, McDonald's, Philip Morris, Wal-Mart e Walt Disney si sono tutte rifiutate di testimoniare. Di fronte a questa battuta d'arresto, il Taxe ha chiesto di infliggere dure sanzioni alle multinazionali che hanno rifiutato di cooperare, compresa la sospensione del loro accreditamento al Parlamento Europeo, dove i lobbisti convergono regolarmente per cercare di influenzare la legislazione. A Bruxelles si conta infatti la presenza di 8396 lobbisti che lavorano nelle istituzioni europee. Ma la Commissione non sta dando alcun sostegno alla proposta del Parlamento e così l'idea rischia di restare solo sulla carta. Ora finalmente sembra che qualcosa possa muoversi sul serio. Il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker ha espresso il desiderio di raggiungere un accordo comune a proposito della registrazione obbligatoria dei lobbisti in tutte le istituzioni europee. Fonte Affari Italiani

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