Dopo la Finanziaria restano loro nell'occhio del ciclone: i lobbisti. I potenti manovratori dietro le quinte che, questa volta, sono stati così invadenti da suscitare le ire dei parlamentari. é stato il senato che si è ribellato la settimana scorsa all'emendamento indebitamente allungato fuori della porta e alle pressioni dei gruppi di potere.
Il presidente della commissione lavori pubblici, Rinaldo Bosco (Lega), infatti, ha presentato e fatto votare un ordine del giorno nel quale si chiede un maggiore rigore contro gli estranei ammessi in senato, dopo aver sorpreso un lobbista a frugare tra le sue carte.
Particolarmente intensa è apparsa quest'anno agli occhi degli esperti l'azione dei lobbisti istituzionali, che si sarebbe fatta sentire assai più che in passato. Nonostante la natura tecnica del governo, i vari ministeri, assicura chi ha seguito dall'interno i lavori parlamentari, si sono mossi attraverso le commissioni del senato e i senatori stessi per introdurre nella manovra ciò che non erano riusciti a far passare in consiglio dei ministri.
Del resto, il lobbismo istituzionale è un fenomeno assai visibile: portatori degli interessi dei vari ministeri hanno stazionato davanti alla commissione bilancio prima, e seguito i lavori dell'aula dopo, avendo ciascuno i propri senatori interlocutori, né più né meno che i lobbisti accorsi in rappresentanza di Confindustria, Abi, Confcommercio ecc. Per alcuni di loro la posta in gioco era molto alta: l'abolizione dei loro dicasteri. Si può dire che, in definitiva, l'hanno avuta vinta.
Potentissima si è rivelata la lobby dei tabaccai, i cui interessi sono stati anteposti a quelli della grande distribuzione, nonché a quelli dell'erario. Il governo ha infatti subito una nettissima sconfitta in aula sul suo emendamento che stendeva agli esercizi pubblici di grande frequentazione (bar, ma anche grandi magazzini e supermercati) la possibilità di installare ricevitorie del lotto (tale possibilità, peraltro, veniva concessa solo nelle zone in cui non erano presenti rivendite di tabacchi). Ma nonostante questa garanzia e nonostante l'appello del ministro delle finanze, che ha sottolineato come la modifica fosse ´essenziale' per assicurare i 2.200 miliardi di gettito previsto, quasi tutti i gruppi si sono dichiarati (e hanno votato) contro l'emendamento, da Rifondazione comunista (che ha ipotizzato perfino che il governo fosse pagato dalla grande distribuzione) ai progressisti, alle forze del Polo.
Sembra che ci fosse effettivamente un certo interesse da parte della grande distribuzione a entrare nel lotto, ma i tabaccai (60 mila esercizi più i familiari) hanno fatto sentire il loro peso elettorale con pressioni su tutti i gruppi (lettere ecc.), al fine di suddividere all'interno della categoria l'allargamento di fatturato previsto (anche perché le finanze dovranno rilasciare a breve altre 15 mila concessioni per rivendita di monopoli).
Positiva è stata anche l'azione di lobbying della Farmindustria. Durante l'esame in commissione bilancio, infatti, più gruppi, anche qui in modo trasversale, hanno presentato emendamenti ´identici', tesi ad azzerare l'Iva sui farmaci (attualmente il 4%), coprendo la conseguente riduzione di gettito con un aumento delle accise su alcolici e tabacchi. La modifica avrebbe comportato benefici per gli utenti, ma anche per l'industria di settore che attraversa una fase di crisi. Il governo si è però opposto, sostenendo che l'attuale aliquota dell'Iva sui farmaci è omogenea alle normative comunitarie.
Sempre in tema di farmaci, la Farmindustria ha però colto un grande successo: l'immissione in commercio di farmaci anche generici per i quali la formulazione non sia protetta da un brevetto o certificato protettivo. Una grossa vittoria dei lobbisti, visto che i produttori di medicinali potranno mettere in vendita medicine, in attesa della prevista autorizzazione.
Più trasparente la pressione esercitata dalla Confindustria e dalle imprese commerciali per veder aumentate le agevolazioni in loro favore. In particolare Confindustria è stata contattata sulle modifiche che sono state apportate alla legge Tremonti (quattro mesi di proroga) e alle norme sul lavoro straordinario (è stato alleggerito il contributo dovuto dalle imprese sulle ore di lavoro eccedenti le 40 settimanali). Tuttavia le modifiche, proposte dal relatore del provvedimento al senato, Salvatore Cherchi, e approvate, non sono state ´concordate', tanto che le ulteriori agevolazioni sulla Tremonti sono state coperte riducendo la deducibilità fiscale delle spese di rappresentanza e pubblicità delle stesse imprese.
Fonte: ItaliaOggi



































