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Lobbying, passi decisi verso una legge?
Scritto il 2016-01-14 da Giovanni Gatto su Italia

La giornata di oggi potrebbe essere considerata un punto di svolta verso la regolamentazione nazionale dell'attività di lobbying in Italia. Secondo indiscrezioni raccolte da Public Policy (vedi tweet), potrebbe entrare nell'articolato del ddl Concorrenza una prima regolamentazione sulle lobby. Sarebbe stato presentato un emendamento (il termine è scaduto l'11 gennaio ma non è stato pubblicato il fascicolo) al ddl in commissione Industria Commercio e Turismo al Senato che ripropone il ddl sulle lobby presentato da Luis Alberto Orellana (ex M5s ora nel gruppo delle Autonomie). Il ddl Orellana è stato adottato come testo base in I commissione a Palazzo Madama ma è incagliato da mesi senza passi in avanti. Ora, si apprende, l'ex senatore dei 5 stelle ha riproposto il ddl sotto forma di emendamento al Concorrenza e su questo, rivela il relatore Pd Luigi Tomaselli, da parte dei relatori c'è "grande interesse".

Il ddl di Orellana propone di istituire presso la presidenza del Consiglio un comitato per il monitoraggio dei 'lobbisti', con un apposito registro al quale i rappresentanti di interessi dovranno iscriversi per poter svolgere la propria attività. E ancora: creazione di una banca dati contenente le proposte normative presentate dai parlamentari e "promosse" dalle lobby. Il disegno di legge prevede che chiunque voglia svolgere attività di lobbying dovrà iscriversi al registro. Allo stesso obbligo saranno sottoposte anche le società "che hanno uno o più dipendenti preposti a tenere i rapporti con i decisori pubblici".

Nel pomeriggio di oggi si è inoltre svolta la conferenza stampa della deputata Adriana Galgano (Scelta Civica), che ha annunciato di voler presentare alla Camera il testo del senatore Orellana (ex M5S e membro del gruppo per le Autonomie), scelto da tempo come testo-base della serie di ddl attualmente fermi presso la 1a commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama. Secondo Galgano "Il processo di lobbying in Italia deve essere trasparente, regolato, noto ai cittadini. E una cosa di cui sono convinta è che i lobbisti non possono essere gli stessi parlamentari. L'obiettivo importante di questa legislaturaè arrivare a un ddl che si concretizzi su questo argomento. Noi di Scelta civica abbiamo già un progetto di legge di Paola Pinna, ma la cosa bella è che alla Camera ce n'è 13 di testi sul tema". Dal canto suo il senatore Orellana ha presentato un emendamento sulla liberalizzazione dei farmaci di fascia C, una delle battaglie che Galgano aveva portato avanti (senza successo) durante la discussione del disegno di legge a Montecitorio.

Ma in realtà, sempre oggi, una prima forma di regolamentazione dei portatori di interesse è diventata norma di legge. Si tratta di due norme del nuovo codice degli appalti, promosse dal viceministro alle Infrastrutture e Trasporti Nencini (promotore della legge toscana sul lobbying), che prevedono:

ppp) trasparenza nella partecipazione dei portatori qualificati di interessi nell'ambito dei processi decisionali finalizzati alla programmazione e all'aggiudicazione di appalti pubblici e contratti di concessione nonché nella fase di esecuzione del contratto;

qqq) introduzione di forme di dibattito pubblico delle comunità locali dei territori interessati dalla realizzazione di grandi progetti infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale aventi impatto sull'ambiente, la città o sull'assetto del territorio, prevedendo la pubblicazione on line dei progetti e degli esiti della consultazione pubblica; le osservazioni elaborate in sede di consultazione pubblica entrano nella valutazione in sede di predisposizione del progetto definitivo

Secondo Nencini "Si anticipa la regolamentazione delle lobby. In Italia non c'e' una legge che faccia chiarezza sui gruppi di pressione: il codice degli appalti introduce un registro ad hoc. E per quanto riguarda la grandi opere, prima di procedere, ci sara' l'obbligo di ascoltare il parere non vincolante delle comunita' locali. Una norma di civilta', che sarebbe stata utile da applicare in Val di Susa".

Un primo, utile passo in attesa che sul tema intervenga, dopo gli annunci dei mesi scorsi, il principare attore decisionale del Paese: il Governo Renzi.

La legge sulla regolamentazione delle lobby potrebbe vedere la luce. Con la possibilità di mettere nero su bianco alle procedure di accesso ai centri decisionali, Parlamento in primis, da parte dei lobbisti. E questa volta non si tratta dell’ennesima proposta piena di buone intenzioni. Perché c’è già un accordo di massima nella maggioranza per l’approvazione del testo-base del senatore, Luis Orellana (Gruppo Misto), trasformato in emendamento al ddl Concorrenza in esame al Senato. Ma c’è poco da brindare: la proposta è subito finita sotto il fuoco incrociato dei lobbisti stessi, che chiedono un intervento più incisivo, e del Movimento Cinque Stelle, creando un’insolita intesa. NEL MIRINO – Il tema ha appassionato molto i parlamentari: sono sedici le proposte di legge depositate nella legislatura in corso; sette alla Camera e nove al Senato. La soluzione è stata cercata anche con modalità diverse: a Montecitorio, viste le difficoltà nel trovare un accordo, si stava approntando un nuovo regolamento, fermo però da tempo, mentre a Palazzo Madama si stava percorrendo la strada della normativa. E in questo contesto si inserisce un ragionamento pratico. “Senza una riforma dei regolamenti parlamentari, qualsiasi intervento legislativo rischia di essere vanificato”, spiega un deputato del Partito democratico in via informale. COSA PREVEDE – La discussione è confluita nel calderone del ddl Concorrenza. “Avrei preferito una discussione su uno specifico disegno di legge”, ammette Luis Orellana. “Ma per concretezza ho presentato un emendamento per recepire testo”, aggiunge. L’iniziativa del senatore, ripresentata alla Camera dalla deputata di Scelta Civica Adriana Galgano, prevede l’istituzione di un registro dei rappresentanti di interessi con un comitato che vigili sul loro operato. E, secondo quanto risulta a La Notizia, i partiti di maggioranza e il governo sono orientati all’approvazione. Il relatore della legge, il senatore del Pd, Salvatore Tomaselli, non si sbilancia: “Guardo con favore alla proposta. C’è la necessità di varare una normativa sulla questione. Ed è meglio inserirlo in un provvedimento, già in seconda lettura, invece di ripartite da zero con una proposta di legge”. Stando alle previsioni in settimana dovrebbe iniziare il confronto sulla questione a Palazzo Madama. “Io – aggiunge Orellana – ho pensato a una normativa che possa includere tutte le attività degli enti pubblici”. NO M5S E LOBBISTI – Le opposizioni sono sul piede di guerra. “Al testo manca un intervento sul cosiddetto sistema ‘delle porte girevoli’, la prassi per cui le lobby diventano un ufficio di collocamento per i politici”, afferma Giovanni Endrizzi, capogruppo del Movimento Cinque Stelle nella commissione Affari costituzionali a Palazzo Madama. A fargli eco il collega Vito Crimi, ex presidente dei senatori pentastellati: “La prima cosa che bisognerebbe fare è l’intervento sugli accessi dei lobbisti nei Palazzi, che vanno assolutamente tracciati, per sapere chi invita chi”. Si dirà, i soliti grillini. E invece, seppure in un’ottica diversa, anche tra i lobbisti c’è chi manifesta perplessità. Antonio Iannamorelli, direttore operativo di Reti, società di lobbying e Pubblic Affairs, mette in evidenza le criticità del testo: “Serve un registro volontario che conceda agli iscritti dei reali diritti. In questo caso ci sarebbe davvero una corsa dei lobbisti a iscriversi, anche se fosse previsto un pagamento per l’iscrizione”. IL PARADOSSO – Ma quali sono i diritti? “Prima di tutto un badge unico concesso annualmente per accedere ai luoghi di decisione e poi la certificazione della risposta in un termine congruo da parte dell’interlocutore. Altrimenti di corre il rischio di far partire la corsa all’escamotage per evitare l’iscrizione”, aggiunge Iannamorelli. E per paradosso i lobbisti dovranno fare attività di lobbying per una legge che regolamenti il loro lavoro. Cercando la sponda con i ‘nemici’ dei 5 Stelle. Fonte: Stefano Iannaccone, La Notizia

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La scorsa settimana i tassisti europei hanno manifestato contro Uber, con energiche dimostrazioni di piazza: copertoni dati alle fiamme nelle strade di Parigi, scioperi in Italia e Spagna. “Rivogliamo il mercato che ci è stato rubato”, è lo slogan dei conducenti che accusano la compagnia di commettere abusi e inquinare il mercato. “Il libero mercato deve vincere”, replicano coloro che vedono nella vettura con autista non professionale, chiamata via app, una rivoluzione che è inutile cercare di fermare. Ma il caso Uber è l’occasione per aprire ancora una volta il processo alla sharing economy. Produce vantaggi e ricchezza per tutti o li distrugge? Un rapporto di McKinsey stima che nel 2025 i ricavi del settore nel suo complesso raggiungeranno i 325 miliardi di dollari, frutto del lavoro di tutte le aziende oggi attive. La pattuglia continua a crescere. Nel trasporto oltre a Uber ci sono BlaBlacar, Didi Kuaidi in Cina, Lyft (Usa) e Yandex (Russia). Nel turismo operano, oltre ad Airbnb, l’americana Couchsurfing, l’inglese Onefinestay e la tedesca 9flats. Ma si possono anche affittare uffici con WeArePopUp, dividere pasti con Eatwith, Meal Sharing, Traveling Spoon; far ruotare il guardaroba con Yerdle; condividere risparmi e benefici dell’energia solare con Yeloha. Tutte sperano di crescere e diventare come le apripista: Aibnb lavora in 190 paesi ed è valutata dal mercato 20 miliardi di dollari. Uber in soli sei anni di vita è presente in 300 città di 60 nazioni e ha un valore stimato in oltre 50 miliardi di dollari. E’ una valanga economica che non si può ignorare e che ha prodotto vantaggi non solo per i consumatori. Gli autisti di Uber, ad esempio, hanno una copertura assicurativa aggiuntiva mentre i proprietari di case Airbnb stipulano polizze che coprono i danni e pagano i servizi di coloro che effettuano la manutenzione settimanale a favore degli affittuari. Se i vantaggi non vanno solo alle compagnie, quindi, è opportuno che le autorità che regolano il mercato ne prendano atto e comincino a costruire un ponte tra loro e gli incumbent “minacciati” dalla nuova concorrenza. In Russia Yandex ha trovato un accordo in base al quale le corse in eccesso vengono dirottate sui taxi tradizionali. A Londra Eatro, che offre cibo a domicilio, ha raddoppiato il lavoro degli chef qualificati. Altre strade possono essere percorse, a patto che chi fa leggi e regolamenti prenda atto dell’esistenza di soggetti che sono realtà economiche e non ceda invece alla forza di pressione delle lobby. In Italia purtroppo i segnali non sono incoraggianti. Il ddl concorrenza, varato a febbraio 2015, è ancora in discussione; ora è al Senato. Nel corso dell’iter ha subito modifiche da parte di gruppi di pressione sponsor di assicurazioni, notai, avvocati, dentisti, società energetiche. In ultimo, e proprio nei giorni della protesta anti-Uber, l’attacco al progetto di dare più libertà alle macchine a noleggio. Speriamo che la scelta sia imparziale e non l’effetto di un copertone bruciato. Fonte: Fabio Bogo, Repubblica

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Adriana Galgano (Scelta Civica) ha deciso di presentare anche a Montecitorio il testo dei senatori ex 5 Stelle Orellana e Battista. Che, approvato in commissione Affari costituzionali ad aprile 2015, è caduto nel dimenticatoio. La deputata: “Decisione che nasce dopo aver sperimentato il fortissimo peso dei gruppi di pressione anche e soprattutto in Parlamento” C’è ancora qualcuno che ci prova. Nonostante le tante promesse mancate. Ultime in ordine di tempo quelle fatte dal governo di Matteo Renzi. Il quale, per bocca del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha parlato – oltre un anno e mezzo fa – di “regolamentare le lobby per combattere la corruzione”. E invece? Della legge per disciplinare il lavoro dei cosiddetti “portatori di interessi” non si vuole proprio discutere. Già: non si vuole. Perché un testo base c’è, e porta la firma di due senatori ex Movimento 5 Stelle: Luis Alberto Orellana e Lorenzo Battista.Solo che è fermo in commissione Affari costituzionali a Palazzo Madama dal 9 aprile 2015, giorno in cui è stato approvato. Oltre nove mesi. Malgrado i numerosi richiami dell’Antitrust. MAL DI TESTO Ecco perché adesso quello stesso testo saràpresentato anche a Montecitorio. Per dare una forte accelerazione ad una discussione che, malgrado timidi quanto vani tentativi (ultimi in ordine di tempo quelli degli ex ministri Giulio Santagata, Mario Catania e dell’ex premier Enrico Letta), va avanti da qualche decennio senza mai giungere a conclusione. A firmare la proposta di legge a Montecitorio è Adriana Galgano, deputata di Scelta Civica, insieme al collega di partito Salvatore Matarrese. “Questa decisione – spiega Galgano ailfattoquotidiano.it – nasce dopo aver sperimentato come le pressioni delle lobby siano fortissime, anche e soprattutto in Parlamento”. Anche perché “c’è un interesse di molti ex deputatie senatori a svolgere un’attività di questo tipo”, aggiunge l’esponente del partito che fu di Mario Monti. La quale ricorda un episodio che l’ha riguardata in prima persona. “Nel corso dell’approvazione del ddl concorrenza – spiega – ho condotto una battaglia per la liberalizzazione dei farmaci di fascia C”, cioè quelli non concessi dal servizio sanitario nazionale ma che necessitano di ricetta. GELIDA MANINA E cos’è successo? “Nonostante un risparmio stimato di 500 milioni di euro per i cittadini e il parere favorevole del ministero dello Sviluppo economico affinché questa circostanza si concretizzasse, la longa manus delle lobby ha fatto in modo che la liberalizzazione fosse bloccata. Peraltro – dice Galgano – accampando motivazioni risibili, come l’aumento del consumo dei farmaci stessi: ciò è totalmente falso visto che per acquistarli serve comunque la prescrizione medica”. Ecco perché adesso un emendamento che si muove in questa direzione verrà presentato proprio da Orellana al Senato, dove il provvedimento è sbarcato dopo l’approvazione della Camera. “Noi l’abbiamo definita un’operazione di co-politiching – conclude la deputata – visto che veniamo da gruppi parlamentari diversi: sarà utile per capire, una volta di più, l’influenza dei gruppi di pressione”. PUBBLICO REGISTRO Ma cosa prevede nello specifico la proposta di legge? Prima di tutto l’istituzione di un “Comitato per il monitoraggio della rappresentanza di interessi” presso il segretariato generale della presidenza del Consiglio, più quella di un “Registro pubblico dei rappresentanti di interessi”. Al quale non potranno iscriversi i condannati in via definitiva per reati contro lo Stato e la pubblica amministrazione. Chi svolgerà l’attività senza essere iscritto al registro, inoltre, sarà punito con una sanzione amministrativa che può toccare i 200 mila euro. “Abbiamo messo da parte le differenze di schieramento perché riteniamo che entrambe le questioni vadano nell’interesseesclusivo dei cittadini – spiega invece Orellana –. Faremo il possibile affinché si concludano positivamente”. @GiorgioVelardi, Il Fatto Quotidiano

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