In calendario, in commissione al Senato, alcuni provvedimenti sull’attività di rappresentanza di interessi particolari nelle relazioni istituzionali
Non è la prima volta che l’argomento, ancora oggi ritenuto spinoso, entra nelle sedi parlamentari. Fino ad ora, però, senza alcun concreto risultato al di là di quello di continuare a far crescere nell’opinione pubblica l’immagine del lobbying come un’attività al limite della legalità, svolta da un manipolo di faccendieri impegnati solo a procacciare affari e denaro per loro stessi e per i loro assistiti.
In realtà, per avere un’idea più realistica di cosa rappresenti tale attività basterebbe rifarsi all’etimologia del sostantivo anglosassone, derivante dal tardo latino “laubia” e la cui traduzione letterale è “loggia, tribuna”. In Inghilterra, nel 1800, la lobby era il luogo in cui i deputati della Camera dei Comuni si incontravano con i cittadini per ascoltare le loro varie necessità e che nel corso del tempo iniziarono ad essere chiamati lobbisti.
Per quanto riguarda la legislazione sulla materia, mentre l’Unione europea ha istituito qualche anno fa il registro dei lobbisti (a cui, però, non è obbligatorio iscriversi), i singoli Paesi sia europei che extraeuropei hanno affrontato in maniera eterogenea il fenomeno: in Canada, Stati Uniti, Israele, Germania, Svizzera ed Austria l’attività di lobbying è stata oggetto di specifica disciplina; in Francia e Gran Bretagna si attinge alla consuetudine e ai regolamenti di deontologia professionale. L’Italia è tra gli Stati in cui fino ad oggi è mancata una qualsiasi forma di regolamentazione.
Provvedimenti finalizzati a riconoscere e disciplinare il fenomeno lobbistico ne sono stati presentati molti in tutte le legislature precedenti, ma nessuno è mai arrivato neanche ad essere discusso in Aula.
I disegni di legge in cammino al Senato, pur provenendo da gruppi parlamentari in alcuni casi agli antipodi, hanno molti aspetti in comune. Ve ne sono due di provenienza PD (S. 358 e 1497), uno di Forza Italia (S. 806), uno del NCD (S. 281) ed infine uno del PSI, primo firmatario il viceministro alle Infrastrutture Riccardo Nencini (S. 643). Nell’avviarne la discussione, il relatore, senatore Campanella, ha evidenziato come l’elemento chiave nella disciplina della rappresentanza degli interessi particolari, sia costituito dall’istituzione di un apposito registro, idoneo ad assicurare la trasparenza sull’identità dei soggetti che intendono esercitare l’attività di lobbying e sulla condotta di chi invece svolge pubbliche funzioni. In ognuno dei provvedimenti all’esame della Commissione, è prevista l’istituzione del Registro pubblico dei lobbisti, si definiscono i diritti e gli obblighi degli operatori del settore e si provvede all’adozione di un codice deontologico in cui dovranno essere stabilite le modalità di comportamento a cui si devono attenere coloro che svolgono attività di relazione istituzionale.
Si riscontrano, invece, differenze quanto all’individuazione dell’autorità preposta al controllo degli obblighi: si va dall’assegnazione di questa funzione all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, al CNEL (che invece la riforma del Senato intende abolire), all’istituzione di un apposita struttura presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri a cui, tra l’altro, affidare anche l’incarico del coordinamento di tutte le attività di monitoraggio e la tenuta del registro.
Fonte: Resoconto Commissione Affari Costituzionali del Senato
































