(Massimo Micucci) Renzi in agosto s’è dichiarato solo contro le lobbies romane ed il capitalismo di relazione. La differenza tra le due cose c’è, ma per gli addetti ai lavori. Compagni lobbisti il problema è politico. Chi fa Lobbying sa che il tema è male espresso, ma che il premier ha molte ragioni. Parla per farsi capire non per sottili distinguo. Le lobbies romane. L’esperto di casta Stella ha subito spiegato che si tratta soprattutto di lobbies statali. Quelle delle piccole e grandi clientele statali.
Non hanno bisogno di “difensori esterni” visto che il 70% della economia italiana è Stato: per questo i beneficiari ne disegnano e contrastano i provvedimenti. I lobbisti di stato hanno intercettato con miriadi di sigle sindacali gran parte della spesa pubblica di un trentennio. Dipendenti dei due rami del parlamento, giudici che difendono altri giudici, dirigenti sindacalisti che difendono altri dirigenti. A loro volta manager pubblici si collegano e segnalano a vicenda occupando posti in Cda e qualche volta diventando ministri. Una rete relazionale di amici degli amici che scrivono e cancellano le regole come loro conviene. Persino ad personam.
Nemici dichiarati della “operazione ruspa” esegeti del nun se pò fa. Per loro viene bene il termine “oligarchia estrattiva” usato anche per i regimi post-comunisti. Il premier li chiama lobbisti , ma chi deve capire ha capito.
Per ridurne l’influenza basta ridurre il peso soverchiante della macchina statale. Più facile a dirsi, come si vede. In una area di confine poi ci sono le lobbies di cui i giornali parlano a “seconda”, a seconda di chi è il giornale. Quelle che Renzi definisce del capitalismo relazionale. I salotti romani e le direzioni dei giornali che, con sempre più difficoltà, “fanno l’agenda”: costruttori, industriali con interessi diversi e protetti, che oscurano od evidenziano i temi all’ordine del giorno dalle paginone di questa Italia analogica. Sono lobbies prevalenti, potenti, abituate a strillare ma sono sotto gli occhi di tutti. I De Benedetti, Confalonieri, Caltagirone, Tronchetti Provera.
Chi vuole il controllo dei rifiuti contro chi vuole lo stadio. Chi vuole le cubature per sé non le vuole per gli altri. A cavallo tra stato e parastato poi stanno i gruppi ex monopolisti. In qualche caso hanno subito asimmetrie in favore del mercato, il che li ha migliorati, in altri hanno continuato a lucrare su monopoli o cartelli di fatto. Le grandi partecipate statali hanno subito uno scossone con il sovvertimento degli incarichi sperati. Il primo segno è il ridimensionamento del lobbismo degli investimenti in comunicazione e del dialogo preferenziale.
La vecchia logica dei campioni nazionali (grandi lobbisti coi soldi degli altri) viene sostituita dalla sfida se non del mercato delle valorizzazioni e privatizzazioni. Attorno a questi “primi cerchi del potere” c’è poi una pletora di interessi diversamente orientati il cui peso controverso e viene furbescamente “raccontato” dai lobbisti dei media .
Per esempio: in Parlamento sono più forti i farmacisti o le case farmaceutiche? I tabaccai o le multinazionali del tabacco? È più conveniente il gioco legale o il gioco illegale? Chi ha prevalso in termini di finanziamenti: l’eolico o gli idrocarburi? Dove ha guadagnato di più lo stato? Quanto vale ormai l’industria nazionale dell’informatica, quanto il digitale?
Per capire qualcosa del peso reale delle lobbies bisognerebbe poter indicare vantaggi e svantaggi dei diversi interessi. Per capire come scegliere la politica dovrebbe ascoltare le lobbies en plein air, non dietro le quinte. E ricavarne qualche conseguenza per il sistema.
Quando il governo semplifica, apre le porte agli investimenti, riforma l’economia e il lavoro fa il lobbista dell’Italia. I lobbisti degli investitori si rallegrano. Renzi in europa fa utilmente il lobbista dell’Italia e non solo di ciò che è italiano. Quando garantisce condizioni per investire. Se alla riapertura si favorisse un dialogo politico alla luce del sole con gli interessi e tra interessi e decisori, la politica sarebbe più preparata ed autonomia. Insomma siamo alle solite: levate la lettera scarlatta al lobbista e mettete a confronto le ipotesi. Altrimenti il governo ed il premier saranno condizionati non dai lobbisti cattivi, ma dai cattivi lobbisti quelli che non vogliono cambiar nulla.
Fonte: The Front Page
































