(Michele Ainis) Nonostante Bisignani, i lobbisti svolgono una finzione preziosa. Che andrebbe regolamentata con una legge
Il lobbista? Un imbroglione, un corruttore, un lestofante. Nell'immaginario collettivo è questo il suo profilo: la fronte dì Al Capone, il mento di Arsenio Lupin. Per forza, con tutto quello che ci è toccato leggere sulla P4, dopo la P3, la P2, e chi P ne ha P ne metta. E invece no, il lobbying non è sempre riprovevole. Vi si dedicano le grandi imprese private, nelle telecomunicazioni, nell'energia, nei trasporti, nel ramo alimentare. Quelle pubbliche, come l'Eni o l'Enel. Le banche. La Confindustria. I sindacati. Perfino la Chiesa, quando ha un'istanza da trasformare in legge. Tutti criminali?
In realtà í lobbisti svolgono una funzione preziosa, preziosissima, nonostante Bisignani. Perché rappresentano interessi, e li portano all'orecchio del legislatore. Permettendogli così di decidere dopo avere ascoltato le ragioni di chi ne subirà le conseguenze. Offrono un'informazione in più, non una in meno. Talvolta quella decisiva: come diceva J.F. Kennedy, un lobbista mi fa capire in 10 minuti questioni che i miei assistenti spie-gherebbero in 3 giorni. Insomma il problema non è il «cosa», bensì il «come». L il velo d'ombra che in Italia circonda l'operato dei gruppi di pressione, è il matrimonio occulto tra sfera pub-blica e sfera privata.
La soluzione ci sarebbe: una legge sulle lobby. All'insegna della trasparenza, della responsabilità, della separazione fra Stato e mercato. Niente d'originale: negli Usa il Lobbying Act risale al 1946, e viene aggiornato di continuo. Leggi analoghe funzionano in Canada, Israele, Austria, Svizzera, Germania. Si tratta d'istituire un registro pubblico dei lobbisti, un codice deontologico, una procedura che li impegni a riferire sulle risorse investite. Lo chiede, d'altronde, anche la loro associazione («Il Chiostro»). E c'è già un testo bell'e pronto: lo ha redatto l'Isle nel 2010.
Grazie alla P4, può darsi che adesso sia la volta buona. C'è l'impegno del ministro Romano, quello del vicepresidente della Camera Leone, di Rutelli e vari altri. Un'ultima raccomandazione, però, dobbiamo proprio farla: scrivete la legge nuova, ma cancellate inoltre quella vecchia. Ossia la n, 51 del 2006, che protegge col segreto i contributi sotto i 50 mila euro inta-scati dai parlamentari. E infatti nel 2006 la Feder-farma ammise d'elargire 250 mila euro l'anno a parlamentari di de-stra e di sinistra, ma in tagli fino a 15 mila euro. Meglio non indurre il lobbista in tentazione.
Fonte: [email protected] - Sette Corriere della Seraa
































