Tony Podesta uno degli uomini più ricchi e potenti degli Stati Uniti è a Roma invitato dalla Ferpi, la federazione relazioni pubbliche, per parlare di “ fundraising in politica”.
“I soldi sono come l’acqua, anche se provi a imbrigliarli, trovano sempre la loro strada”, sa il fatto suo “the lobbyst”, il lobbista, come lo ha definito il Newsweek. Americano ma con nonni italiani di Chiavari.
La sua presenza in Italia per un importante confronto tra Italia e Stati Uniti. Podesta oltre ad essere un grande lobbista potrà offrire anche il suo punto di vista anche nella veste di fratello di John, ex capo di gabinetto di Bill Clinton e poi direttore del Transiton Team di Barack Obama. Parlando di Obama viene immediato il parallelismo con Renzi. “ Hanno molto in comune, sono più giovani dei loro predecessori, sono entrambi molto ambiziosi e pieni di energia. Renzi come Obama, vuole cambiare il sistema e renderlo più trasparente e stabile”. Così Podesta.
Alla domanda: quanto i valgano i soldi in politica e se le regole attuali del finanziamento riescano realmente a contrastare l’influenza delle lobby, Tony sorride e poi commenta:
“Negli Usa siamo stati a lungo come il Far West, ma senza lo sceriffo. Ancora negli anni 70 il senatore democratico Herman Talmadge era solito mettere in una larga tasca del cappotto i soldi dei finanziatori”. Molte leggi, come quella del 74’, hanno provato a limitare le donazioni: “Ma quando i soldi incontrano la politica le buone intenzioni non bastano”.
Visione cinica ma molto realistica di come stanno le cose. Una recente sentenza della Corte Suprema ( il caso McCutcheon). Che toglie il tetto di spesa complessivo per le donazioni di privati. Aumentando l’appetito dei finanziatori ma anche della politica. “ Alcuni di noi non apprezzano. Era meglio un limite. Anche perché non potremo più rispondere a chi ci chiede altri soldi: mi dispiace ma non si può”.
Il pensiero va così al Watergate e il famoso “follow the money”, seguire il flusso dei soldi, fà capire molto. “L’unico modo per avere una reale competizione, è che ogni partito abbia lo stesso numero di ricchi a sostenerlo. Obama e Romney nell’ultima campagna hanno speso la stessa cifra circa un miliardo di dollari”. Poi c’è la “parte” dei lobbisti: “Conoscete i fratelli Koch? In due hanno speso 25 milioni di dollari per sconfiggere 7-8 candiati democratici al Senato. Davvero difficile conoscere i veri finanziatori. “ C’è un tetto solo per i finanziamenti ai candidati., ma non ci sono limiti a quanto si dà ai gruppi indipendenti, che poi finanziano i politici. E sono importi che non sono soggetti a rendicontazione”.
Ma allora la politica può mantenere la propria autonomia navigando fra miliardi di dollari?
“ Sì. Guardate quello che è successo nel 2008. Obama aveva grandi fondi da Wall Street. Poi ha fatto la riforma bancaria, la borsa si è ribellata e i fondi sono passati al repubblicano Romney. Però le elezioni le ha vinte lo stesso. Morale: non sempre i soldi controllano la politica.
In Italia parte ora il sistema della contribuzione volontaria e lo stop progressivo del finanziamento pubblico. Staremo a vedere. Anche negli States c’era un sistema di finanziamento pubblico: “Obama l’ha fatto fuori. Perché pensava di raccogliere molti più soldi dai privati, più dei 70 milioni pubblici previsti. Non l’ha fatto per motivi ideali: voleva vincere.
Davvero difficile pensare che gli italiani abbiano intenzione di dare soldi ai partiti, che non godono affatto di popolarità: “Non è che siano così amati neanche da noi. Ma la gente i soldi li dà a Obama, non al partito.” Il problema è che in Italia i lobbisti sono visti di cattivo occhio e spesso vengono etichettati come persone poco serie. “ Noi diamo solo informazioni e punti di vista. E siamo controllati: dobbiamo fare una relazione trimestrale sui nostri conti clienti e sull’oggetto della nostra attività. Da voi manca la trasparenza”.
Vogliamo pensare che sicuramente non esiste neanche a Washington la trasparenza assoluta. Siamo viziati dalla serie televisiva House Of Cards? O forse ci fa comodo pensarlo perché con regole chiare funzionerebbe anche in Italia?
Nel dubbio si potrebbe cominciare a pensare ad processo di regolamentazione di una professione che esiste a tutti gli effetti e alla quale bisognerebbe guardare con più attenzione ed apertura senza il solito sospetto “all’ italiana” sempre e comunque laddove i flussi di denaro sono più corposi.







































