(Paola Severino) È passata quasi sotto silenzio - come spesso accade per gli interventi veramente importanti - l’affermazione del ministro della Giustizia (in occasione dell’inaugurazione della 4ª “G20 Anticorruption conference”) sull’intenzione di varare una regolamentazione del fenomeno del lobbying. Perché si tratta di norme importanti? In primo luogo per avere una corretta delimitazione e definizione del fenomeno del lobbismo.
In questo modo diviene più chiara la distinzione tra forme di intermediazione lecite e forme di intermediazione vicine alla corruzione o al traffico di influenze illecite. In secondo luogo perché porterebbe l'Italia al livello di altri Paesi che, avendo già introdotto una disciplina del lobbying, possono condurre trattative internazionali senza correre il pericolo di cadere in imputazioni di corruzione internazionale, per il solo fatto di aver ricompensato intermediari per le attività svolte a seguito della stipula di regolari contratti di intermediazione.
In terzo luogo, per consentire all'Italia di avere regole simili a quelle diffuse prevalentemente nel mondo anglosassone e nel mondo degli affari, in modo da porre le basi per una concorrenza leale tra Nazioni. Solo un sistema omogeneo di regole assicura infatti che gli appalti internazionali vengano vinti dal miglior concorrente e non da quello che può avvalersi di regole più "furbe" o più "elusive", lasciando per strada chi è svantaggiato da regole più severe o
dal rischio che l'assenza di regole impedisca di tracciare una linea netta tra intermediazione lecita, di tipo lobbystico, ed intermediazione fittizia, che sottende magari una corruzione.
Anche la nettezza di confini rappresenta un modo per combattere efficacemente la corruzione, distinguendo le figure di meri approfittatori delle pieghe e delle aree grigie del sistema, dalle figure di chi svolge in maniera trasparente e regolare un'attività contrattuale di intermediazione disciplinata, anche nelle forme, dalla legge.
D'altra parte, lo stesso governo Monti si era impegnato con il Parlamento in tal senso, il progetto di legge era stato studiato, ma le dimissioni anticipate dell'esecutivo e il termine della legislatura impedirono di varare questo disegno di integrazione della legge anticorruzione.
Il preannuncio del ministro, nel corso dell'importante convegno internazionale svoltosi a Roma sotto l'egida delle Nazioni Unite (Unodoc, United nations office on drugs and crime), rappresenta un ulteriore, fondamentale segnale della ferma volontà di combattere la corruzione anche attraverso interventi preventivi di natura non penale.






































