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I lobbisti devono essere indipendenti (Il Rottamatore)
Scritto il 2014-05-05 da lobbyingitalia su Italia

(Massimo Micucci) Un lobbista si può scegliere i clienti e rischia di perderli continuamente. Se è serio e vuol essere credibile deve infatti affrontare una concorrenza spietata e una grande incertezza: non è tutelato da norme, non ha un albo (per fortuna), nè una legge. Così tutti possono continuare dire che lavora nell’ombra. In compenso centinaia di parlamentari ed ex parlamentari, di eletti legati a territori, albi ordini professionali, mestieri e corporazioni di giornalisti ed ex giornalisti, difendono i propri ed altrui interessi lobbistici. A questi si sommano in queste ore dirigenti pubblici, prefetti e giù giù sino a figure come i segretari comunali che combattono contro qualunque mutamento che si presume danneggi l’una o l’altra gilda. Persino chi vuole cacciare i lobbisti come il movimento 5 stelle è diretto da un lobbista come Casaleggio. Tutti lobbisti col potere degli altri.

Associati in centinaia di sigle sindacali, ordini, camere, associazioni, ciascuna entità difende un territorio sterminato e complicatissimo di interessi, spesso in lotta tra loro come nelle battaglie dei film fantasy. Sono per lo più interessi legittimi, alcuni portatori di ragioni importanti, molti sono obsoleti e ingiustificati, altri sono giustificati ma solo in una ottica egoistica. Potremmo definirli interessi selfie, perché davanti al tentativo di affermare riforme come quelle della politica, del lavoro e della pubblica amministrazione che allineino il paese alla complessità contemporanea, i signori di questi territori si fotografano alla testa di truppe, piccole bande o tifoserie (anche gli ultrà fanno negoziati politici nda) e gridano rivolti all’interesse comune: “not my fucking problem”.

I lobbisti seri lavorano per interessi più o meno forti, ma spesso non conosciuti o difficili. Il loro mestiere è quello di consulenti politici, giuridici e di comunicazione che debbono dire verità scomode sia ai clienti che ai decision makers. Ai clienti si deve spiegare che, anche se le micro-lobbies interne allo stato spadroneggiano, loro debbono farsi ugualmente in quattro per dialogare e “inserire” in qualche modo il loro interesse parziale in un quadro generale, che non c’è spazio per rendite di posizione, né santi in paradiso e così via. Un concessionario di giochi è anche una specie di agente del fisco, ma viene ormai considerato il portatore di una attività criminale. Deve spiegare come stanno le cose e non solo a chi lo autorizza. Un imprenditore o investitore qualsiasi, che produce ricchezza e rispetta le regole scritte può passare comunque per uno sfruttatore, inquinatore e approfittatore se viene in Italia, ma anche se delocalizza. Se prospera, ma anche se è in crisi. È obbligatorio dunque entrare subito in un circuito di comprensione difficilissimo, dialogare con una politica sempre più subalterna e distante, fare i conti con una comunicazione spesso dipendente da schemi e presunzioni difficili da schiodare.

Insomma un lobbista è un consulente sia degli interessi privati che della politica, che capisce i limiti di entrambi e li aiuta a dialogare tra loro e con i cittadini, senza i quali non ci sono scelte politiche o imprenditoriali che tengano. In una realtà sociale e politica come quella italiana, che in 15 anni è cambiata tantissimo, un esperto di Public Affairs deve essere stakeholder e policy maker insieme, parziale, ma costruttivo e cosciente (forse il più cosciente) dei limiti di ciascun interesse. Perciò deve mantenere una libertà, una indipendenza professionale e di giudizio che sono la sua unica forza in un mondo in continuo movimento. Deve dire più no che si, descrivere possibilità e soluzioni più che imporne e saper convincere il suo cliente conoscendone idee e i prodotti, ma anche i limiti e le parzialità. Ci saranno regole? Ne ha parlato anche la Boldrini. Con il rispetto dovuto: ogni politico che ne parla muore una piccola speranza. Il rischio è simile a quello denunciato dalle ONG più radicali in Europa, (come riportato da Giovanni Gatto su LobbyingItalia.com) “Talking the talk not but not walking the walk” . Anche no, grazie.

Fonte: Il Rottamatore

In un momento in cui le parole "lobby", "lobbisti", "lobbying" sono ingiustamente utilizzate come elementi di malaffare, dopo le dichiarazioni del pentastellato Fantinati al meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, riportiamo un'intervista sempre attuale de L'Indro a Giuseppe Mazzei, lobbista e presidente de Il Chiostro (associazione che vuol promuovere la cultura, la pratica e la regolamentazione della trasparenza nella rappresentanza degli interessi) in merito al processo di regolamentazione dell'attività di lobbying in Italia. «L’Italia e l’Europa hanno urgentemente bisogno di una riforma del sistema del lobbying. E’ quanto emerge dal report “Lobbying in Europe: Hidden Influence, Privileged Access”, pubblicato oggi (15 aprile), prima ricerca comparata europea sulla trasparenza del fenomeno del lobbying. L’analisi mostra che su 16 Paesi europei, solo 7 possiedono delle forme di regolamentazione del lobbying, e l’Italia non è tra questi». Questo è l’incipit di Transparency International Italia. Giusta visione, perché la trasparenza, soprattutto quando si parla di decisioni collettive è necessaria e indispensabile. Eppure in Italia un registro per i lobbisti esisteva. Dove? Presso il Ministero dell’Agricoltura. L’unico in Italia. Voluto dall’ex ministro Catania. Ma improvvisamente, quasi per magia, questo registro è sparito. E’ una voce che circolava, ma da bravi giornalisti non ci siamo fermati ai “rumors”, siamo andati in fondo alla questione, decisamente grave. Ci siamo rivolti a Giuseppe Mazzei, lobbista e presidente dell’associazione Il Chiostro , non solo per chiedere della sparizione del registro, ma per avere delucidazioni sulla situazione (lavorativa/legislativa) in cui vivono i lobbisti trasparenti. Giudicate voi perché tardiamo tanto per regolamentare un mestiere che da sempre è considerato “in ombra”. Ma è vero che è “sparito” il registro dei Lobbisti al Ministero dell’Agricoltura (l’unico in Italia)? E’ Possibile? Si. E’ sconcertante. Il registro, purtroppo, non ha mai funzionato. E’ stato istituito dal ministro Catania. Quando arrivò la De Girolamo coloro che erano presenti nell’unità per la trasparenza – l’ ufficio che doveva presiedere alle attività di questo registro – furono dislocati in altre funzioni. Bisogna sottolineare che ci eravamo iscritti circa in un centinaio: era un primo passo. Ma non si erano iscritti i principali grandi gruppi di interesse. Smantellata di fatto  l’Unità per la Trasparenza  con il ministro Martina ci siamo accorti che il registro fisicamente è stato cancellato! Cosa avete fatto? Ho scritto una lettera al ministro Martina (in data 9 febbraio) chiedendo delle spiegazioni, e naturalmente non ho avuto una risposta. Tramite fonti personali ho ricostruito  la faccenda in questa maniera: sembra che il Ministro si sia meravigliato, leggendo la mia lettera, in cui facevo presente che un registro istituito con un Decreto Ministeriale non potesse essere  cancellato dalla sera alla mattina senza un atto normativo. Qualcuno ha spiegato al Ministro che il registro dei lobbisti in realtà era stato cancellato con un Decreto Ministeriale in cui era contenuta, stranamente, anche l’eliminazione di quest’ultimo. Il registro è stato cancellato all’insaputa del Ministro. Sembra, però, che il ministro Martina lo voglia ripristinare. Ma come è potuta avvenire questa cancellazione? Si sono sbagliati? Sempre secondo fonti interne al Ministero, un collaboratore del Ministro, incaricato di predisporre un Decreto Ministeriale per l’implementazione delle misure anticorruzione, ha previsto, bontà sua, anche la cancellazione del registro. A questo punto ho scritto una seconda lettera, alla quale il Ministro non ha ancora risposto. Aspettiamo ancora da parte del Ministero due azioni: il ripristino del  registro e una severa punizione per chi, per combattere la corruzione, ha introdotto la norma che ha cancellato l’unico  registro dei lobbisti della storia italiana. All’insaputa del Ministro. Al posto dell’Unità per la trasparenza è stata istituita una nuova struttura che avrebbe dovuto ereditare, sempre in nome della trasparenza, le competenze della precedente, tra cui il registro. Ma non si vede niente. Non si trattano in questa maniera dei professionisti che si iscrivono ad un registro, e questo viene cancellato così. Chi sono i nemici della legge sulla regolamentazione dell’attività lobbistica? Alcuni lobbisti non la vogliono, e sono divisi in varie categorie. Quelli vecchio stile, che non vedono il motivo per cambiare la situazione, mantengono un atteggiamento conservatore. Abbiamo i lobbisti in malafede, che vogliono mantenere lo status quo per continuare a lavorare “sotto banco”, al limite della legalità. Gli abusivi, coloro che non dovrebbero, nemmeno lontanamente, potersi avvicinare a questa professione. Poi ci sono quelli in “mala fede”e illegali : coloro che utilizzano modi scorretti, illegittimi ed illegali, un crescendo di azioni contra legem. Infine ci sono quelli che sono in conflitto di interessi, hanno un doppio cappello pubblico e privato , senza commettere reato svolgono l’attività da lobbista. Per esempio coloro che sono consulenti di un Ministro e al tempo stesso rappresentanti di una categoria: assistenti parlamentari, giornalisti parlamentari, membri della pubblica amministrazione e così via. Ci sono molti disegni di legge al chiodo… I Disegni di legge sull’argomento non sono mai mancati. Nel corso degli anni c’è stata un’evoluzione, nel senso che sono migliorati. L’intensa attività dell’associazione “Il Chiostro”, ha puntato allo sdoganamento del dibattito. Noi abbiamo spiegato a varie personalità (alti magistrati, docenti unviersitari, grand commis d’état, parlamentari, ministri,direttori di giornali etc.) che cos’è il Lobbismo. Tutto questo ha portato dei risultati: oggi si dibatte del lobbismo in termini più sereni rispetto al passato, anche se non mancano ogni tanto su certi giornali inutili generalizzazioni che incolpano le lobby di tutto e del contrario di tutto, senza mai indicare quali lobby e in che modo si siano rese responsabili di pressioni indebite sui decisori pubblici. La trasparenza su questo argomento farebbe elevare maggiormente il livello di democrazia nel Paese. Finalmente però è stato adottato un testo base, questo è un buon punto di partenza, dopo tanto… Si, finalmente un momento positivo. Il Governo Renzi nel DEF del 2014 aveva preso l’impegno formale di presentare entro giugno (del 2014), contestualmente alla Riforma della Giustizia, un disegno di legge organico sulla regolamentazione dell’attività di lobbying a tutti i livelli. Abbiamo insistito perchè il Governo rispettasse questo impegno; ma il Governo tarda. Ma l’impegno è agli atti, non è stato sconfessato, diciamo che è stata un’inadempienza. Nel frattempo ci sono stati molti parlamentari che hanno presentato proposte di legge. Al Senato circa una decina, che hanno presentato disegni di legge che  la commissione affari costituzionali sta esaminando dopo aver nominato un relatore, il Senatore Campanella (ex M5S), che ha scelto tra i tanti disegni di Legge quello del Senatore Alberto Orellana, come testo base. Questo significa che si è avviata la procedura. Entro il 23 aprile bisogna presentare gli emendamenti. Si spera che nel giro di un mese e mezzo la Commissione riesca a licenziare il testo. Noi prenderemo delle iniziative presso la presidenza del Senato e della Commissione perché si evitino ritardi e si arrivi, entro fine luglio all’approvazione ,della legge in Senato. Alla Camera l’iter potrebbe essere leggermente più spedito, quindi potremmo avere il voto definitivo sulla legge entro dicembre, massimo febbraio (2016). Perché Nunzia di Girolamo (nel 2013) si oppose con tanta tenacia ad una regolamentazione dell’attività lobbistica, definendola addirittura «proposta sovietica»? Per quanto riguarda il disegno di legge del governo Letta, avevamo chiesto norme generali e non di dettaglio. Poi ci fu qualcuno che, ad arte, volle inserire norme più specifiche  sui regali ai politici, I pranzi offerti dai lobbisti, le rendicontazioni ultra dettagliate degli incontri tra rappresentanti di interessi e pubblici decisori. La De Girolamo eccepì, insieme ad altri, che la legge voleva sindacare sul fatto che il parlamentare dovesse rendere conto di quel che faceva. Cosa ci sia di sovietico in tutto questo non riesco a capire. “Sovietico” è il contrario di trasparenza. Nessuno si deve vergognare di incontrare il lobbista, siamo persone che fanno un lavoro trasparente. La realtà è che non volevano procedere. Purtroppo Letta, che  avrebbe potuto e dovuto impuntarsi e costringere il Consiglio dei ministri ad approvare il testo, non lo fece. Come mai non parla nessuno della “sparizione” del registro? Non è uscito sui giornali… Io ne avevo parlato con qualche altra grande testata, ma non ho avuto grandi riscontri. Sono gli stessi giornali che tuonano contro le lobby a tacere quando c’è da scriverne in modo serio. Quando i lobbisti trasparenti segnalano un abuso  ti dicono che non è notiziabile. Ma che fine hanno fatto i Disegni di legge di Quagliariello e D’Alia, incaricati proprio da Letta? Non sono andati avanti. Se vogliamo essere più precisi, i disegni di legge che sono più organici, che a nostro parere individuano meglio l’impostazione del problema, sono quelli presentati alla Camera dall’On. Antonio Misiani e quello presentato al Senato da Francesco Verducci. Partono da un’impostazione, fondamentale: il primo articolo definisce l’attività di lobbiyng come attività concorrente alla formazione delle decisioni pubbliche ispirata ai principi di trasparenza e correttezza. Se si tratta di  un’attività concorrente alle decisioni pubbliche, allora c’è  l’ esigenza di fare una legge severissima nei confronti dei lobbisti e dei decisori pubblici. Noi chiediamo, come associazione Il Chiostro, che la vigilanza sul registro futuro e sull’intera attività dei lobbisti sia affidata all’Autorità Nazionale anti-corruzione. Non perché il lobbismo abbia a che fare con la corruzione, ma perchè I lobbisti seri non hanno nulla da temere e perchè controlli più severi servono, spesso, non tanto sui lobbisti quanto su alcuni loto interlocutori pubblici. E quindi è bene che sia l’Anac a vigilare. Sembra quasi che sia lo Stato a non ascoltare le vostre richieste di trasparenza… Nella mancanza di trasparenza prospera di tutto. Ci sono tanti che ne traggono vantaggio: c’è chi non vuole far sapere cosa fa, non per nascondere atti illegali, ma perché in questo modo si possono fare giochi di potere (non parlo di tangenti o simili). Con la trasparenza tutto questo deve venir fuori. Noi abbiamo chiesto di essere interpellati, abbiamo avuto un’audizione al Senato, ed è stato molto utile. Ora dobbiamo stringere i tempi. Non chiediamo una legge perfetta: ci sarà modo di migliorarla. Intanto però che si voti una buona legge. Per esempio gli Usa hanno iniziato a legiferare nel 1936, poi nel 1946, poi nel 1995, infine sotto Obama, e aggiornano continuamente. E’ una materia complicatissima, perché andiamo a toccare il cuore della vita democratica, dove gli interessi si legano al tema dell’interesse generale, e dobbiamo affrontare anche il  problema del finanziamento  alla politica. Adesso che il finanziamento pubblico è stato abolito, saranno i privati che finanzieranno i partiti… Si. La legge è questa, bisogna prenderne atto e regolarsi di conseguenza. In realtà dalla fondazione della nostra associazione, circa otto anni fa, tutti coloro che si iscrivono al Chiostro firmano l’impegno di rispettare un codice etico. In questo codice c’è una norma (art.10) che dichiara che i lobbisti si astengono da qualsiasi attività di finanziamento della politica. Noi vorremmo che questo divieto fosse previsto per legge,. Personalmente sono contrario a questa formula di finanziamento privato alla politica, ero per il finanziamento pubblico attraverso regole molte severe e con dei tetti molto rigidi. Ritengo che rappresentare interessi particolari sia un atto indispensabile, non solo per l’azienda ma anche per la democrazia. Se non si conoscono gli interessi particolari, come si fa a decidere in nome dell’interesse generale? Anche alla luce dell’esperienza americana, un’eccessiva presenza di finanziamento privato può pesare. Gli Usa sono nati così e vanno avanti così. Però hanno un sistema rigoroso di vigilanza. In Italia, siccome sappiamo che la certezza della pena non c’è, abbiamo chiesto sanzioni pecuniarie elevatissime. Secondo il disegno di legge di Misiani e Verducci, il  lobbista che pratica l’attività senza essere iscritto al registro obbligatorio dovrebbe pagare una multa da 50mila a 250mila euro. Non solo sanzioni pecuniarie, se non nascono fattispecie di reato, ma anche procedimenti disciplinari che possono arrivare alla radiazione dal registro. In quel caso abbiamo chiesto che la notizia della radiazione venga pubblicata su due quotidiani nazionali a spese di colui che viene radiato. Fonte: L'Indro

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Che cosa prevede il disegno di legge Disposizioni in materia di rappresentanza di interessi presso i decisori pubblici, del quale sono autori i senatori Orellana e Battista (ex M5S, ora rispettivamente Gruppo Misto e Autonomie) Forse sarà “l’ennesimo tentativo non riuscito” di mettere le mani su un aspetto molto delicato e importante della nostra macchina legislativa. Eppure il dato inconfutabile è che questa volta esiste un testo base condiviso – si dice – tra le diverse proposte emerse nei mesi scorsi (una decina i DDL già presentati solo in questa legislatura). E c’è una data, il 23 aprile, per presentare emendamenti e oltrepassare almeno il primo scoglio, ovvero il voto in Commissione Affari costituzionali al Senato. Il Disegno di legge Disposizioni in materia di rappresentanza di interessi presso i decisori pubblici, del quale sono autori i senatori Orellana e Battista (ex M5S, ora rispettivamente Gruppo Misto e Autonomie), sembra davvero imprimere un’accelerata all’annoso tema della regolamentazione della rappresentanza di interessi. Si tratterebbe, ove approvato, della creazione di un quadro regolatorio sui rapporti fra le Istituzioni e i gruppi di pressione, togliendoli dal cono d’ombra nel quale ora si trovano. Riconoscere innanzitutto istituzionalmente il lobbying e i lobbisti, e il loro ruolo, per fare sì che questi soggetti diventino formali interlocutori della politica sui temi che rappresentano. Una legge importante, di cui l’Italia ancora non si è dotata, a differenza di altri Paesi dove il rapporto politica-lobby è pienamente compresa e regolamentata come parte del gioco democratico. La proposta: un Registro dei lobbisti e un Comitato di controllo Innanzitutto, il disegno di legge in questione istituisce un Comitato per il monitoraggio della rappresentanza di interessi presso Palazzo Chigi. Ruolo del Comitato, composto da quattro funzionari e che opportunamente prevede un ricambio dei componenti ogni quattro anni, è di gestire il Registro obbligatorio dei portatori di interesse. Ciascun portatore di interesse presenterà un proprio Codice di Condotta, posto al vaglio del Comitato (ma qui ci permettiamo di suggerire: perché non un Codice analogo per tutti?). I soggetti iscritti al Registro avranno accesso a una Banca dati con le informazioni di interesse sui vari dossier normativi, ma soprattutto vedranno finalmente riconosciuta la prerogativa di poter partecipare ufficialmente all’attività legislativa con proposte di modifica, invio di note e analisi, richieste di incontro. Spunto interessante, la possibilità di partecipare alle attività di analisi e verifica dell’impatto della regolamentazione. Le incompatibilità Il disegno di legge affronta il tema delle incompatibilità, cercando di regolamentare innanzitutto il “revolving door”, fenomeno per cui dirigenti della Pubblica Amministrazione ed esponenti politici passano a ruoli decisionali in soggetti privati, portando con sé un prezioso e sensibile bagaglio di relazioni e informazioni. Per loro, si istituirebbe un divieto di iscrizione al Registro per i due anni dalla data di cessazione dell’incarico pubblico. Troppo poco? Forse, ma il minimo accettabile è comunque garantito. Ciò che desta perplessità è invece il divieto di svolgere attività di rappresentanza di interessi imposto a giornalisti, pubblicisti o professionisti, iscritti all’Ordine. Non si coglie in questa circostanza quale elemento debba precludere a chi scrive (o magari è solo iscritto all’ordine) di tutelare interessi particolari. Una modesta critica, che scaturisce anche dalla riflessione sulla complessità del mondo dell’informazione di oggi e sugli elastici confini ormai assunti dal giornalismo ai tempi del Web 2.0. Gli articoli che riguardano le Sanzioni e l’Attività di vigilanza chiudono il Disegno di Legge che, per quanto migliorabile, ha l’indubbio merito di non approcciare la materia in termini punitivi (a differenza di alcune proposte che ad esempio attribuivano il coordinamento all’Autorità Nazionale Anticorruzione, tradendo una certa diffidenza aprioristica nei confronti del lobbying). Fonte: Giovanni Galgano, Public Affairs Advisors - Formiche.net

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Colleghi lobbisti, tutto bene ma… cominciamo a sembrare una compagnia di giro. Una ventina di professionisti sono stati chiamati in Parlamento a dire la loro sul lavoro che sta facendo la prima commissione del Senato, per riunire in un solo progetto di legge la regolazione dell’attività lobbistica. Ne rendono conto Public Policy e Lobbying Italia, i Senatori presenti (tra loro, la Presidente Anna Finocchiaro), il Senatore  Roberto Kociancich e il relatore  Francesco Campanella, che sono apparsi attenti, curiosi e interessati. I DDL abbinati al AS 281 sono tanti, di tempo ne è passato tantissimo, anche per l’Italia. Ci sono state leggi regionali, decreti ministeriali e tante promesse. Ormai la questione non è quella di un riconoscimento professionale: le leggi anticorruzione e per la trasparenza sono talmente diffuse e intricate, da rendere la modulistica e gli obblighi contrattuali in materia di conflitti più spessa di un manuale di manutenzione aerea. I regolatori arrivano dopo. Intanto però i decision maker sono influenzati dai media (un po’ meno), dai Social Media (sempre più), dalla magistratura (come prima) e dai lobbisti “di stato”; insomma più da “queste” lobbies che dagli elettori o da lobbisti di professione. Troppo spesso anche i Parlamentari si sentono deboli e incerti, in tempi di tsunami regolatorio. Ma le cose stanno cambiando, proprio perché la politica sta riprendendo peso. La mia paura è che una discussione fatta di ceppi alle “sliding doors” e di paletti per definire l’ “ordine” citrullo dei lobbisti, sia vecchia e inutile. Il problema centrale è la trasparenza, la parità di accesso ed i conflitti di interesse in atto. Come c’è stato detto anche al Senato dalla stessa Finocchiaro: i Parlamentari sanno benissimo cosa è una campagna di lobbying, e il senatore Kociancich ha espresso il dubbio che volessimo indicare un recinto. Ricordandoci che sono tanti gli eletti che “rappresentano” più una categoria che l’interesse generale, ed anche per questo vengono eletti. Già, i sindacalisti presidiano le commissioni lavoro, gli avvocati e i magistrati (insieme) quelle di giustizia e sugli Ordini, i farmacisti, che pure dovrebbero non rappresentare insieme l’Ordine e i vigilati, contano più delle multinazionali farmaceutiche. I dirigenti pubblici, poi, sono uniti in sindacati reali e de facto che presidiano tutto. Abbiamo avuto un consulente gratuito che usava le facilities del Parlamento per esercitare, ed un parlamentare europeo tedesco che è ufficialmente consulente retribuito anche dei gruppi per cui presenta mozioni. Chi svolge un ruolo di supporto alla rappresentanza, allora, più che metter recinti e sanzioni, dovrebbe imparare a far politica anche per chi non la sa fare, a convincere i clienti ad esser policy maker più che trick maker. Emendamenti, inserzioni malandrine in provvedimenti omnibus ci saranno a lungo. La legge Severino ed il cretinismo informativo ci spacceranno ancora per faccendieri e trafficanti, ma intanto va fatta un’opera di educazione e comunicazione reciproca. Gli alfieri del “fuori i lobbisti”, del resto, sono assititi da un “lobbista ombra” che è proprietario della Casaleggio e Associati, ma protestano perché funzionari della Camera o del Governo svolgano corsi, presso società private, di drafting legislativo. Forse dovrebbero andarci a lezione! E dovrebbero far seguire alle parole i fatti, visto che anche questa parte politica aveva promesso regole, e per ora ha ottenuto restrizioni che lasciano il passo, col sistema dei tesserini amici, solo ai “sottobraccisti” di sempre. Il ruolo dei parlamentari non è svilito dall’ascolto di interessi privati. Gli stessi parlamentari a 5stelle scrivono giustamente alle aziende della loro zona, il ruolo è semmai svilito dalla mancanza di trasparenza, dall’assenza di un “levelled field”, e questo può darlo solo un Freedom of Information Act, un Parlamento che funzioni meglio ed una maggiore apertura e reciprocità. Sì, apertura. Fate una legge se volete, regolate, risconoscete, ma soprattutto apritevi, gentili rappresentanti del popolo, ascoltate. Impariamo tutti che interessi diversi debbono confrontarsi affinché i decisori possano decidere con consapevolezza. Il diritto a informare e influenzare lo stabilisce la Costituzione. Solo abbattendo le barriere i lobbisti saranno consulenti strategici. Solo con la trasparenza e con l’interazione fra cittadini ed interessi che gli eletti potranno decidere in piena indipendenza e alla luce del sole. Altrimenti, lobbisti e decisori saranno entrambi grigi e opachi passacarte del nulla. Massimo Micucci Ps: sui Ddl presentati trovate trovate qui e qui le nostre idee e proposte. Link: http://www.thefrontpage.it/2015/02/11/i-lobbisti-per-legge-in-parlamento/

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