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Unione europea, lobby e porte girevoli
Scritto il 2014-03-19 da lobbyingitalia su Europa

I funzionari a fine mandato passano ai gruppi di pressione. Le revolving door del conflitto d'interesse. In vista del voto.

A Bruxelles le lobby non crescono solo all'interno delle istituzioni ma anche nelle aiuole. In rue Wiertz, appena fuori dal parlamento europeo, c’è un albero. A piantarlo nel 2001 è stata la Society of european affairs professionals (Seap), l'organizzazione che riunisce i lobbisti europei. Alla sua base una targa celebra l’importanza della discussione nel processo decisionale.
E per raggiungere l’obiettivo, si legge, sono necessarie «determinazione, pazienza e dedizione». Le stesse qualità che gli attivisti di Alter Eu (Alliance for lobbying transparency and ethics regulation) usano per ricordare ogni giorno ai politici europei il pericolo di essere comandati dalle lobby. E, soprattutto, di farne parte.

LA REVOLVING DOOR. Un rischio quanto mai reale soprattutto in questo periodo. Con le elezioni europee di maggio, infatti, il turnover al parlamento e alla commissione innesca l’attivazione di quello che i watchdog chiamano revolving door (le porte girevoli).
Un meccanismo ormai noto che vede il passaggio diretto di alcuni politici dalle poltrone delle istituzioni europee a quelle di multinazionali, società di consulenza e studi legali. Organizzazioni che spesso reclutano ex deputati, alti funzionari e commissari proprio per sfruttarne il know how e la loro influenza nei palazzi del potere.

Da commissari a lobbisti: la finestra dei 18 mesi

Il 18 dicembre 2013 Michel Petite, responsabile del servizio legale della Commissione e presidente del comitato etico dell’Unione europea si è dovuto dimettere  a causa di un conflitto di interessi.Il 18 dicembre 2013 Michel Petite, responsabile del servizio legale della Commissione e presidente del comitato etico dell’Unione europea si è dovuto dimettere a causa di un conflitto di interessi.

Il network, infatti, è fondamentale per riuscire a fare lobbying e incidere efficacemente sulle decisioni che vengono prese in sede europea.
«Oggi, degli ultimi 28 ex commissari, sei lavorano per le lobby», dice a Lettera43.it Paul De Clerck coordinatore della Ong Friend of the Earth e membro del direttivo Alter Eu, l’associazione che non solo lotta per una maggiore trasparenza del Registro delle lobby, ma vigila sul conflitto di interessi dei politici europei.
In questi giorni Alter Eu sta inviando una lettera-memorandum a tutti e 28 i commissari per ricordare loro che, una volta lasciato l’incarico istituzionale, devono aspettare almeno 18 mesi prima di impegnarsi in un campo simile a quello in cui lavoravano a Palazzo. Così almeno stabilisce il codice di condotta, che Alter Eu chiede però di modificare estendendo il periodo a tre anni.
L'INDENNITÀ DI TRE ANNI. «La Commissione», ricorda De Clerk, «mette a disposizione un fondo per gli ex commissari che possono usufruire di una indennità transitoria per tre anni nel caso non trovassero un’altra occupazione». Una sorta di ammortizzatore che potrebbero utilizzare anziché decidere di lavorare per le lobby dopo appena 18 mesi.
I numeri spiegano meglio il fenomeno. In quattro anni ci sono stati almeno 343 casi in cui la Commissione ha esaminato i possibili conflitti di interesse. Nel solo 2011, ben 105 funzionari hanno richiesto l’autorizzazione per lavorare in un campo simile a quello in cui erano impegnati in Commissione. Ottanta casi hanno avuto il via libera, 24 sono stati autorizzati con restrizioni e condizioni, e solo uno è stato rifiutato. Nel 2012 su 108 richieste una è stata respinta; nel 2013, davanti a 133 possibili casi di conflitti di interessi, la Commissione ha imposto delle limitazioni solo a 30.
IL CASO DI MCCREEVY. Uno dei casi più noti è quello dell’ex commissario europeo per la regolamentazione del mercato finanziario Charlie McCreevy: fu assunto dalla Bank of New York Mellon (BNY Mellon) nell’aprile 2011, appena 12 mesi dopo aver lasciato la sua poltrona in Commissione. Poco prima era stata respinta la sua richiesta per un incarico presso il gruppo di investimenti Nbnk a causa di un conflitto di interessi.

I più corteggiati sono assistenti e funzionari

Alter Eu ha chiesto al presidente Barroso di mettere in atto nuove regole per impedire ai commissari europei di passare dopo le elezioni del 2014 attraverso la porta girevole.(© Alter Eu) Alter Eu ha chiesto al presidente Barroso di mettere in atto nuove regole per impedire ai commissari europei di passare dopo le elezioni del 2014 attraverso la porta girevole.

Il caso più recente, invece, è stato quello di Michel Petite, responsabile del servizio legale della Commissione e presidente del comitato etico dell’Unione europea. Incaricato di limitare l’influenza dei lobbisti e vigilare proprio sui casi di revolving door, il 18 dicembre 2013 Petite si è dovuto dimettere a causa di un conflitto di interessi. Durante il suo incarico come avvocato per lo studio Clifford Chance, aveva difeso davanti alla Commissione europea gli interessi della Philip Morris (cliente dello studio legale).
ABOU E LA CHIAMATA CINESE. A passare dall’altra parte della barricata è stato anche il francese Serge Abou, che dopo una lunga carriera nelle istituzioni europee, prima come direttore generale alle relazioni esterne poi come ambasciatore della Commissione in Cina, nel 2011 anziché godersi la pensione, ha iniziato a lavorare per la compagnia cinese della telefonia Huawei.
Infine, della prima commissione presieduta da Josè Manuel Barroso è passato attraverso la 'porta girevole' anche Günter Verheugen, ex commissario per l'Industria e l'impresa, che ha fondato assieme al suo ex capo di gabinetto (Petra Erler) la European experience company, una società di consulenza e lobbying.

FUNZIONARI E ASSISTENTI SALTANO IL FOSSO. Secondo Alter Eu non bisogna però preoccuparsi solo del futuro del presidente Barroso, una volta lasciata Bruxelles. Il passaggio attraverso le porte girevoli di commissari e deputati è infatti frequente, ma almeno viene monitorato con più attenzione. A sfuggire al controllo è invece quello di funzionari e assistenti.
Le lobby fanno un vero e proprio scouting tra gli assistenti dei politici, che spesso conoscono anche meglio dei deputati il funzionamento del sistema parlamentare, scrivono gli emendamenti, interagiscono con i gruppi di pressione. Alla porta dei quali vanno a bussare quando finiscono il mandato, passando da una busta paga da 1.800 euro al mese a stipendi che spesso sono anche il triplo.

IL REGOLAMENTO DISATTESO. Eppure nel codice etico è stabilito che al fine di evitare possibili conflitti di interesse le lobby devono ottenere il consenso preliminare del deputato prima di assumerne l'assistente e, successivamente, dichiararlo nel Registro per la trasparenza.
Richiesta, finora, disattesa. «Anche su questo ci siamo lamentati, ma nessuno ci ha preso in considerazione», conclude De Clerck.

Leggi la prima parte dell'inchiesta:

Fonte: Antonietta Demurtas, Lettera43.it

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