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Quattro opinioni sulle lobby in Europa
Scritto il 2014-02-20 da Gianluca Sgueo su Europa

EUObserver è un quotidiano online con sede a Bruxelles e respiro giornalistico esteso a tutta l’Europa. Si occupa di tutti i temi che contano nell’agenda europea: affari interni ed esterni, economia, affari sociali e giustizia. Lo potete leggere QUI.

Qualche giorno fa la redazione ha chiesto a 4 voci di spessore cosa ne pensano del lobbying in Europa. In particolare cosa ne pensano del registro attuale, e se credono che debba essere riformato. Ecco il risultato:

1) Il buono – il ruolo del buono spetta a EPACA, l’associazione degli studi di consulenza dei public affairs europei. In pratica l’associazione ufficiale delle agenzie di lobby. L’opinione di Epaca è tutta tesa al futuro: il lobbying trasparente porterà regole più chiare. Ci vorranno più codici etici (l’EPACA ne ha uno tutto suo). Ma soprattutto ci vuole il registro dei lobbisti a iscrizione obbligatoria. Non è la soluzione finale, ma è importante per garantire trasparenza (e il giusto profitto degli studi di lobbying). Potete leggere tutto il commento QUI.

2) il brutto – la parte del brutto (nel senso che svela una verità poco piacevole) spetta ad Access Info, organizzazione che si batte per la trasparenza e l’accesso alle informazioni dei cittadini europei. Il punto di Access Info è sacrosanto: se vogliamo un’Europa completamente trasparente non possiamo non avere un registro a iscrizione obbligatoria, e pieno di informazioni. Altrimenti neghiamo ai cittadini un principio fondamentale dei Trattati: la conoscenza e l’accessibilità (QUI il commento completo).

3) Il cattivo – il ruolo meno piacevole (ma dipende dai punti di vista) va ovviamente ai lobbisti. Almeno quelli europei – a differenza della gran parte dei colleghi italiani – dice apertamente di volere il registro facoltativo, senza tanti giri di parole. Secondo la SEAP – associazione che riunisce i lobbisti europei – bisogna proseguire sulla strada dell’iscrizione facoltativa al registro, dando però più incentivi (leggi “premi”) a chi si iscrive. Modello bello in teoria, che però non ha mai funzionato. QUI c’è il commento completo.

4) Lo scoraggiato – si fa per dire – è il ruolo che spetta all’ultimo degli intervistati: Transparency International. Scoraggiata non perché ha perso la fiducia nella lotta alla trasparenza del lobbying in Europa. Al contrario, è molto agguerrita. Ma è ben consapevole che siamo lontani dall’ottenere quello che molti si auspicano. E cioè un regime di regole in cui chi rappresenta gli interessi privati sia costretto a comunicare in dettaglio la propria attività con chi riveste incarichi politici (e QUI trovate tutta l’opinione).

è quasi meglio di un western.

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