In Italia l'espressione «lobby» sottende spesso un'accezione negativa. Peccato. In questo momento finalmente si impone un'evoluzione culturale e morale della gestione degli affari pubblici, ed è opportuno aiutare il sistema a uscire da una profonda e inutile ipocrisia.
E sbagliato dipingere le lobby come la parte oscura della politica, ed è paradossale che una certa politica chieda di tenere «le lobby fuori dal tempio». Nel diffondere l'idea che la politica pulita sia quella che decide in stanze asettiche e isolate, senza avere contatti con il mondo esterno, si commette una grave errore, che può solo favorire chi vuole mantenere le decisioni in ambiti poco trasparenti.
La politica nella sua essenza è confronto e dialogo, crescita ed evoluzione delle idee. Quindi, per chi è una parte interessata le porte dei centri decisionali dovrebbero sempre essere aperte. Al contrario di quanto si vuole far credere, infatti, il bravo politico dovrebbe sapere di aver svolto una parte importante del proprio lavoro quando, lui o il suo staff, hanno ascoltato tutti gli attori rilevanti in gioco, così da poter comprendere a fondo le l'impatto delle scelte che opererà.
Dobbiamo quindi dare alla politica stessa gli strumenti per far emergere la parte buona di essa. Nell'arco della mia esperienza professionale ho conosciuto tanti ottimi parlamentari ed esponenti di governo che credono in quello che fanno e si impegnano a fondo, ma ancora non esistono in Italia strumenti e percorsi definiti per il dialogo tra istituzioni e mondo economico.
E' ora di dare una risposta a questa esigenza. Siamo invece in una situazione deregolata in cui non ci sono garanzie di libero accesso a informazioni e contatti. Tuttora si vuole diffondere l'idea che il parlamentare o il ministro irreprensibile sia quello che non frequenta i rappresentanti dell'economia del Paese.
Un'ipocrisia che sta costando cara all'Italia, perché continua a essere condizione ideale per una politica guidata da pochi centri di interesse che impediscono un'evoluzione delle regole e quindi dei mercati e delle imprese. Oggi è importante resistere all'idea di scendere a patti con il populismo, che vive e viene alimentato di mostri e scandali da mettere all'indice, per lasciare spazio alla realtà.
Oggi più che mai è fondamentale il raccordo continuo tra politica e industria, che deve contribuire a migliorare la produzione normativa e degli orientamenti politici, tenendo conto delle esigenze del sistema delle imprese e della competizione internazionale.
Spesso capita di sentire indicare la collaborazione Stato-imprese di Francia e Germania come un modello da seguire e anche difficile da sconfiggere nella competizione sui mercati. Noi invece continuiamo a non voler mettere in discussione e affrontare l'eredità storica e culturale che ci vede divisi in mille campanili.
I rappresentanti di interessi portano un grande contributo: la collaborazione tra istituzioni e imprese cresce e la politica svolge meglio il suo lavoro di sintesi con il risultato che il sistema delle imprese riceve un supporto qualitativamente migliore. Al contrario, una produzione normativa di bassa qualità come quella che deriva dall'assenza del confronto, non fa altro che la felicità dei concorrenti stranieri che superano in velocità e competitività le aziende italiane, spesso sommerse di adempimenti non necessari e succubi di un sistema di regole pensato per pochi eletti, che in questa situazione ambigua hanno accesso ai decisori in modo non del tutto corretto.
Decisioni veramente condivise invece possono difendere e creare posti di lavoro di interi settori di attività. Si è sentito mille volte dire che la Germania fa sistema. Ebbene, l'attività di lobbying aiuta l'apparato proprio a «fare sistema» nel momento della decisione. Una volta fatta chiarezza sul ruolo dei centri di interesse che cercano legittimamente di avere un dialogo con la parte politico-decisionale, per rappresentare in concorrenza i propri interessi (di parte, certo), è difficile comprendere le ragioni di chi voglia tenere le lobby fuori dalla porta, se non pensando che per qualche motivo non voglia o non si senta pronto al confronto.
Ovviamente il confronto di cui parlo deve avvenire nel rispetto dei ruoli e della normativa che definisce i comportamenti illeciti. Dentro questi confini, un dialogo continuo tra decisore e portatore di interessi è vitale per la nostra democrazia.
Gabriele Cirieco
*fondatore e managing director, Strategic Advice ***
Fonte: Milano Finanza




































