(Giovanni Gatto) La Repubblica federale di Nigeria è uno dei Paesi che, su impulso della vecchia madrepatria Gran Bretagna, ha cercato di attuare una legislazione sul lobbying all’interno delle proprie istituzioni. La Nigeria è una Repubblica Presidenziale sul modello americano, basata su un Presidente che detiene il potere di capo di Stato e di Governo e un’Assemblea Nazionale formata da Camera dei Rappresentanti e Senato; sono 36 gli Stati federali rappresentati, insieme al territorio della capitale, Abuja.
Il Paese dell’Africa occidentale, settimo per popolazione a livello mondiale, è uno dei principali produttori di petrolio del globo (vi operano multinazionali come ENI, Shell, Total, Chevron, Exxon Mobil) ed è caratterizzato dalla forte conflittualità interna tra le etnie e le culture che sono presenti sul territorio (sono quasi quotidiani gli attentati operati da fanatici musulmani nei confronti di chiese cristiane, cattoliche in particolare). In questo quadro tanto differenziato e frammentato, dominato anche dalla forte corruzione ai più alti livelli (le opposizioni hanno accusato di brogli elettorali il vincitore delle ultime elezioni presidenziali, Umaru Yar’Adua, eletto nel 2007 con il 70% delle preferenze), il Governo di Abuja ha cercato di attuare una legislazione nazionale sul lobbying sul modello britannico, con la previsione di un registro per i lobbisti e norme procedurali per l’accesso ai parlamentari da parte dei portatori di interesse. Un progetto di legge che, però, presenta un iter che al momento è arenato alla seconda lettura avvenuta nel febbraio 2013.
La prima proposta di legge sul lobbying per la Nigeria è datata addirittura 2002 (HB 183), ed è stata ripresentata senza successo nel 2003 (HB 20). Denominata “An act to provide for the Registration of persons or group of persons willing to carry on the business as lobbyist in the National Assembly”, prevedeva un registro per i lobbisti autorizzati ad accedere all’Assemblea Nazionale (registrati alla Corporate Affairs Commission, al Dipartimento Legale dell’Assemblea o al registro del Companies and Allied Matters Act del 1990), pubblico e accessibile ai membri dell’Assemblea stessa. Le evidenti pecche di questa legislazione comprendevano l’eccessiva flessibilità del tipo di personalità che potevano accedere all’Assemblea e l’assenza di un sistema di trasparenza disponibile per tutti, oltre che la non obbligatorietà di iscrizione per gli aspiranti lobbisti.
Negli ultimi anni la necessità di una legislazione sul lobbying è stata avvertita e manifestata da più parti. Nel 2008, una proposta di legge per la registrazione e regolamentazione delle lobby presentata alla Camera dei Rappresentanti fu lasciata cadere senza complimenti.
L’Istituto Nazionale di Studi Legislativi nigeriano ha dato poi un forte impulso alla legislazione sul lobbying. Il 12 e 13 novembre 2012, una Tavola Rotonda su Partiti Politici, Lobbying, Lobbisti e la legislazione è stata organizzata nella capitale nigeriana allo scopo di discutere dei termini utilizzati nella futura bozza di Lobbying Bill, con la partecipazione della National Conference of State Legislatures di Denver, Colorado, USA.
In quell’occasione, il Presidente del Senato del Colorado, David Mark, nel suo intervento si preoccupò della scarsa conoscenza e della poca fiducia della popolazione e della classe politica riguardo al fenomeno lobbistico (molto diffusa anche a livello globale), legate soprattutto al comportamento poco etico di organizzazioni associate al mondo del lobbying, ma molto spesso colpevoli di pratiche che poco hanno a che fare con un’idea di trasparenza e partecipazione dell’attività di rappresentanza di interessi. Il lobbying, secondo Mark, è invece una possibilità di acquisire competitività internazionale e apportare benefit positivi all’economia e alla democrazia, contribuendo a dar luce alle aree oscure dei rapporti tra imprese e Stato.
Il senatore Ike Ekweremadu enfatizzò il ruolo dei partiti e dei loro programmi come fulcro del cambiamento di cultura politica. Emeka Ihedioha, Deputy Speaker della Camera dei Rappresentanti, si dichiarò ottimista sulla tavola rotonda come insieme di fertili idee per la crescita democratica della Nigeria. Gli esperti provenienti dal Colorado, Karl Kurtz e Tina Walls della Conference of State Legislature, esposero i recenti studi sul lobbying nelle democrazie occidentali, da cui potesse prendere esempio la Nigeria, e si focalizzarono sui problemi nigeriani di corruzione e mancanza di competenze nella comunicazione politica.
Nel febbraio 2013, il disegno di legge sul lobbying nigeriano (HB 113) del 2008, arrivò alla Camera dei Rappresentanti per la seconda lettura. Obiettivo del progetto era creare una classe di professionisti del lobbying in Nigeria; dare l’autorizzazione legale all’attività di pressione; definire l’attività di lobbying; definire i lobbisti nazionali o quelli operanti solo a livello di constituency locale. Il deputato Ndudi Elumelu auspicò che la legge creasse un sistema adeguato di bilanciamento dei poteri; il collega Sekonte Davis aggiunse che attraverso il lobbying i deputati potessero essere più informati riguardo una norma da approvare; Ogbuefi Ozomgbachi, un altro deputato, reputò il lobbying utile non solo per la quantità, ma anche per la qualità delle informazioni veicolate da parte dei lobbisti.
Il disegno di legge presenta diverse migliorie rispetto a quelli di dieci anni prima, ma ancora ha delle pecche che meritano attenzione e sono forti ostacoli ai requisiti di trasparenza e libera concorrenza che una legislazione sul lobbying deve contenere per potersi considerare pienamente democratica. Sebbene fosse presentata da 38 tra le più alte personalità delle due camere legislative, i termini della bozza sembrano favorire l’attività nascosta dei lobbisti professionisti piuttosto che le esigenze di trasparenza della popolazione; inoltre, la legge non presenta un processo di scelta competitivo per l’addetto al registro o cancelliere, per la sua autonomia e per la trasparenza e per l’ente delegato alla gestione dello stesso.
Il problema del cancelliere è la sua diretta dipendenza dal Ministero della Giustizia, quindi da una carica politica. Inoltre, viene data al cancelliere ampia autonomia nel controllo pubblico delle interazioni tra lobbisti e parlamentari (Clause 6-7). Eventuali reati sono punibili con una pena troppo flebile, ossia 5000 Naire nigeriane (23 euro circa) o 3 anni di prigione (Section 19).
Una simile mancanza potrebbe essere risolta con l’esempio del Transparency of Lobby Act britannico che, alla Clause 6 (40) recita: “il cancelliere deve pubblicare il registro online e in altri formati egli ritenga appropriati”. Su quest’ultima espressione, però, molte sono le interpretazioni possibili, e non tutte opportune per una legge che dovrebbe garantire trasparenza.
Altra critica ha sollevato la Clause 6, che da vantaggio agli “In-house lobbyists” (ossia a tutti coloro che svolgono attività di lobbying per conto di una società, o comunque di un datore di lavoro) rispetto ai professionisti delle società di lobbying, i Consultant lobbyists, il che favorisce i rapporti con qualsiasi tipo di personalità, anche con parlamentari in carica, causando spesso la possibilità del traffico illecito di influenze, che in Italia è stato recentemente al centro di molti dibattiti.
Allo stato attuale, le grandi difficoltà incontrate da questa legislazione sono da ricercare nell’alto livello di istituzionalizzazione della corruzione nigeriana e, soprattutto, dalla scarsa affezione della politica e della popolazione al tema delle lobby.
In un Paese molto arretrato democraticamente ma ricco di risorse naturali, i grandi lobbisti (e, c’è da dire, anche le grandi personalità politiche) continuano ad avere interesse a mantenere nascosti i rapporti istituzionali e spesso anche economici che intercorrono tra i diversi centri di potere dello Stato.
La domanda finale è: può la Nigeria sopportare gli eccessi del traffico illecito di influenze dei lobbisti in-house nonostante le immense sfide della corruzione endemica nei settori pubblico e privato? Anche con la regolamentazione ermetica tracciata dall’attuale proposta di legge della Camera dei Rappresentanti, sembra che molti dubbi possano sorgere in ogni momento.


































