Al via l'edizione 2013 delle 'Lezioni d'Europa', iniziativa promossa da presidenza del Consiglio dei Ministri e Parlamento e Commissione europei. 'La rappresentanza delle imprese in Europa', questo il titolo della lezione tenuta dal vicepresidente del Consiglio Italia-Usa Riccardo Perissich, centrata sulla figura, a tratti opaca per gran parte dell'opinione pubblica, del lobbista che opera in Italia e in Europa.
Una figura che, ammette Perissich, viene spesso confusa con quella del faccendiere o del corruttore. In realtà, il ruolo del lobbista è quello di rappresentare gli interessi di un comparto industriale, di un'associazione di imprese o del terzo settore, con l'obiettivo di influenzare i decisori istituzionali. E convincere questi ultimi a rendere un tema prioritario nell'agenda delle istituzioni stesse.
Una figura che si rivela spesso decisiva per chi opera nelle amministrazioni, poiché permette di comprendere meglio problematiche e opportunità connesse a una certa tematica. Peccato che, spiega Perissich, ''il lavoro dei lobbisti e l'atteggiamento collettivo nei confronti di questo lavoro cambi da paese a paese, e sia ancora diverso a Bruxelles''.
Dove ad avere maggior contatto con i rappresentanti degli interessi delle imprese – e non solo – sono soprattutto Commissione e Parlamento europeo. Da un lato, la Commissione, che dialoga con i lobbisti ''perché le facilitino i compiti'', e privilegia soprattutto ''il dialogo con le associazioni di livello europeo''. Dunque, preferisce avere a che fare non con la Confindustria italiana, o con l'omologia francese, ma con i rappresentanti europei degli industriali. Discorso che, ovviamente, vale per tutte le categorie. Peccato che, nota Perissich, ''tale sistema funziona solo parzialmente: è perfetto se si ha a che fare con settori tradizionalmente oligopolistici, come le industrie farmaceutiche o automobilistiche, perché si assiste a un'effettiva semplificazione degli scambi. Ma non funziona quando si ha a che fare con settori frammentati, come quello delle imprese agroalimentari: in questo caso, infatti, parlare con un lobbista equivale quasi a discutere con un burocrate''.
Nel caso del Parlamento europeo, i lobbisti si stanno avvicinando solo di recente a questa istituzione, che non a caso sta assumendo un peso sempre maggiore. E in questo caso, sottolinea Perissich, ''i primi a avvicinare gli europarlamentari sono stati i rappresentanti del terzo settore, soprattutto le associazioni ambientaliste''.
Di certo, esiste una differenza fra l'Ue e l'Italia per quanto riguarda il fare lobby. Lo fa notare il giornalista e moderatore dell'evento Gianluca Sgueo: ''in Italia le regole del lobbismo ci sono, ma sono poche e sparpagliate nel corpus normativo''. Mentre a Bruxelles la regolamentazione ha ripreso il modello statunitense, in cui le lobby hanno un ruolo molto importante, e si è sviluppata nel segno della trasparenza e dei registri. C'è da dire, comunque, che un primo passo in tal senso è stato fatto anche dal ministero delle Politiche agricole, che di recente ha istituito un registro dei lobbisti ispirato ai modelli Usa e Ue.
Le regole dunque ci sono, e ''stanno diventando sempre più stringenti''. Sopratutto per evitare episodi di corruzione: ''anche a livello europeo si sta inasprendo la regolamentazione circa ciò che i politici possono accettare dai lobbisti e sui rapporti che gli è consentito intrattenere con questi ultimi''. Ma, conclude Perissich, ''la buona regolamentazione non solo non c'è, ma è impossibile: siamo infatti di fronte a un sistema estremamente fluido, in cui molto dipende dall'etica collettiva del paese o del luogo in cui si opera''.
Fonte: EurActiv



































