Tempi duri per i lobbisti, almeno in Senato. Il presidente Schifani oggi riunirà l'ufficio di presidenza per adottare le «linee guida per regolare» l'accesso nel Palazzo dei promotori di interessi economici e finanziari perché, dice, il «Parlamento dev'essere lasciato in pace mentre lavora». Schifani ha brevemente accennato al problema anche a Mario Monti, ieri quando l'ha accompagnato alla commissione Attività produttive, proprio quella posta sotto assedio dai rappresentanti delle corporazioni (dai tassisti ai farmacisti agli assicuratori, per fare qualche esempio), dei settori economici e delle imprese. E' lì, infatti, come nella commissione Bilancio, che i parlamentari scrivono le leggi che incidono sull'economia e la finanza.
DA SETTIMANE tutti i partiti, dal Pdl a Casini a Bersani, stanno alzando la voce contro l'«assedio quasi indecente» dei lobbisti nei «corridoi e nelle anticamere» parlamentari. Una situazione che non piace nemmeno ad uno di loro: «E' anche colpa nostra perché molti colleghi bivaccano lì per ore, per dimostrare la propria esistenza», ammette Fabio Bistoncini. Fatto sta che in Italia è sempre mancata una legge che regolamentasse questa attività, mentre negli Stati Uniti e in altri Paesi occidentali ha da tempo la sua dignità ufficiale, pur con ovvi steccati.
L'espressione lobby (usata nel '500 da Thomas Bacon e William Shakespeare) è infatti accettata a pieno titolo anche dall'Unione europea da oltre dieci anni, tant'è che i lobbisti presenti a Bruxelles sono circa 15 mila. Nella sostanza anche in Italia ci sono sempre stati, ma non avendo un albo ufficiale e regole defmite, spesso venivano indicati come «quelli che danno i soldi ai partiti o ai politici in cambio di favori per il loro settore». Nella prima Repubblica spesso era così (alcuni di loro stazionavano per giorni sui divani del Transatlantico, per agguantare il politico ad hoc), ma non sempre. Ora, non solo i politici, ma anche gli stessi lobbisti vogliono regole chiare: steccati sì, ma possibilità di svolgere il lavoro di informazione senza essere considerati untori.
IL LOBBISTA vero indirizza e non ha niente da nascondere, assicura uno studioso del settore, il professor Pier Luigi Petrillo: non è misterioso perché non è un faccendiere, ma una sorta di rappresentante di commercio ad alto livello, spiega. Così, «per la trasparenza», garantisce Petrillo, bisogna fare in Italia come in Europa: «Creare un registro ufficiale».
Ugo Bonasi - QN, Il Giorno, Resto del Carlino, La Nazione






































