Dici lobbye in Italia pensi subito a una tresca tra poteri forti e loschi affaristi, alla massoneria, a uomini che operano nell’ombra per inquinare la vita democratica del Paese.Difficile negarlo: siamo il Paese dei complotti edei segreti, anche quando non ci sono. Come neinormali rapporti tra gruppi diinteressee politica, tornati alla ribalta nell’inchiesta sulla P4 che vede al centro delle indaginiun personaggio come Luigi Bisignani. Perchénon èbanale, per capirequalcosa dell’intera vicenda, chiedersiquale sia in realtà ilsuo mestiere:un lobbista, un uomo d’affari o un losco faccendiere?
Difficile dirlo,visto chein un’Italia che affoga nella melma dei sospetti e dei complotti spesso i termini sono sinonimi. Ma la differenza, invece,è sostanziale. Prendiamo la stampa di casa nostra in questi giorni:per quelladi centrodestra Bisignani è addirittura il «lobbista perfetto nel Paese sbagliato», come ha scritto giorni fa l’Occidentale, perché l’Italia ha il vizio di demonizzare le lobby; per quella vicina all’opposizione, l’ex giornalista e direttore delle pubbliche realzioni del Gruppo Ferruzzi era, manco a dirlo,l’uomo che lontano dai riflettori «tesseva trame in tutti i palazzi» (copyright Repubblica). Chi ha ragione? Staremo a vedere l’esito delle indagini (il gip ha cassato la maggior parte dei capi d’accusa ipotizzati dai pm della procura di Napoli)e come andrà a finire, se mai ci sarà, il processo.
Intanto dall’intera vicenda mediatico - giudiziaria è emerso,se non altro, un aspetto positivo. Ossia il dibattito sull’attività e sul mestiere del lobbista (per farsi un’idea leggere qui e qui). Che in Italia non èancora regolamentato, anche se in Parlamentogiacciono da anni proposte di legge per portare alla luce del sole l’attività lobbistica, come ha fatto notare il Chiostro, un’associazione che vuol promuovere «la cultura, la pratica e la regolamentazione della trasparenza nella rappresentanza degli interessi». Proposte che sono state presentate sia dai governi di centrosinistra (Prodi) sia di centrodestra, ma che sono finite sempre nel cassetto. E pensare che i rapporti tra i gruppi di pressione e i partiti non sono una novità, come nel caso di Coldiretti e la Dc o delle cooperative rosse con il Pci e i suoi eredi.
Ma chi sono e dove lavorano i lobbisti italiani? Spesso,spiega in un intervento Fabio Bistoncini, titolare di uno studio di lobby e advocacy fondatonel 1996,come interni nelle grandi aziende o come addetti alle pubbliche relazioni. Poi ci sonoi cani sciolti (tipo Bisignani?) molto attivi nell’attività di dossieraggio e ricatti, ma anchegli one man show, seri professionistiche offrono ai clienti la propria agenda di contatti.Negli ultimi anni, inoltre, sononati diversimaster all’università sull’attività di lobbying, un settore che stando al Sole 24 ore, impiega 1.500 persone con un giro d’affari di 150 milioni di euro, realizzato prevalentemente a Roma. Tra questi, l’ex dalemiano Claudio Velardi, fondatore diReti, importante società di lobbying che ha sede, tra l’altro, a Palazzo Grazioli. Insomma, in Italia lobbista si è ma spesso non si dice. E quando lo si dice, gli altriraramente capiscono.
Massimo Morici - Panorama




































