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Dalla Cina al latte, gli affari di «K Street»
Scritto il 2009-03-01 da lobbyingitalia su World

Nella politica Usa, per «Quarto potere», dopo quelli legislativo, esecutivo e giudiziario, s'intende la stampa, i media. Ma è un mito scaturito nell'anteguerra, quando Orson Wells dedicò a Randolph Hearst, un colosso del giornalismo americano, un famoso film con questo titolo. In realtà, negli Stati Uniti il «Quarto potere», il solo non elettivo sottolineò il Times di Londra nel 2006, sono le lobbies, i gruppi di pressione sul governo e sul Congresso. Il Times si riferiva all'ennesimo scandalo, lo scandalo Abramoff, dal nome di un lobbista a cui si erano aperte persino le porte della Casa Bianca. Le indagini misero in luce il rapporto incestuoso tra il mondo degli affari rappresentato dalle lobbies e la politica, e soprattutto il fenomeno noto come la «revolving door», la porta girevole, la metamorfosi di parlamentari e pubblici funzionari in lobbisti alla scadenza del mandato, e viceversa.

Nel Registro delle lobbies — studi legali, agenzie di relazioni pubbliche e così via — che devono precisare chi rappresentino, se entità straniere o americane, figurano 30 mila persone circa. Secondo alcune ricerche del 2006, negli otto anni precedenti esse avevano speso quasi 15 miliardi di dollari, una somma enorme, in una opera di persuasione per lo più occulta dei politici. In testa alla classifica figuravano le banche, le assicurazioni e le immobiliari, con ben oltre 2 miliardi di dollari, tallonate dalla industria medica e farmaceutica (l'industria petrolifera era quinta, con 1 miliardo e mezzo di dollari). Ottocento dei lobbisti erano inoltre tesorieri di altrettanti Pac, i Comitati di azione politica, con una pesantissima influenza sulle campagne elettorali.

Di più. Dal 1998 al 2005 circa 2.200 ex parlamentari ed ex alti funzionari governativi, tra cui 273 ex membri della Casa Bianca, si erano riciclati come lobbisti. Il caso più clamoroso fu quello del deputato Dick Zimmer, un crociato della guerra alle lobbies, che ne aveva invano proposto una drastica riforma nel 1995: nel 2002, dopo la sua sconfitta alle elezioni, Zimmer si arrese ed entrò a far parte di una di esse. La «revolving door» funzionava a pieno ritmo: si contavano addirittura 12 ex lobbisti alla Casa Bianca, in primo luogo Andrew Card, il capo di gabinetto dell'allora presidente George Bush. Una prassi bipartisan, che neppure Obama è riuscito a stroncare, perché ci sono ex lobbisti anche nel suo staff (come in quello dell'ultimo presidente democratico prima di lui, Bill Clinton).

In America, si dice che con le lobbies il denaro voti due volte, e vari studi lo confermano: i parlamentari, che oggi per farsi eleggere o rieleggere hanno bisogno fino a 20 milioni di dollari, sanno che se non ne tuteleranno gli interessi saranno probabilmente battuti alle urne. E' una corruzione istituzionalizzata, protestava Dick Zimmer prima della conversione. Che però arricchisce chi la pratica: dal '99, quando si dimise per uno scandalo sessuale, al 2005, l'ex speaker della Camera Bob Livington, a esempio, intascò 40 milioni di dollari come lobbista. E che raramente porta al carcere. Il caso di Jack Abramoff, che «comprò» per i propri clienti funzionari e parlamentari, fu una eccezione: il lobbista venne condannato a cinque anni, e un deputato, Bob Ney, a poco meno.

Nella storia della democrazia americana, s'incominciò a parlare delle lobbies attorno al 1820. Acquistarono poteri incontrollati mezzo secolo più tardi, sotto il presidente Ulysses Grant, che riceveva i lobbisti nella lobby — di qui il nome — o androne dell'albergo Willard. Da allora, gli scandali sono stati numerosi. All'inizio degli Anni Venti, il ministro degli Interni Albert Fall vendette concessioni petrolifere a clienti delle lobbies; negli Anni Sessanta, sotto il presidente Johnson, venne inquisita «la lobby del latte», una di quelle che Obama vorrebbe penalizzare; e più tardi entrarono in gioco anche le lobbies per stranieri, da quella di Israele a quella della Cina. Come a New York la finanza si annida a Wall Street, così a Washington esse si annidano a K street. Entrambe sembravano intoccabili.

Ennio Caretto - Corriere della Sera

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