E' quanto sollecita il Parlamento europeo, che propone l'adozione di un registro obbligatorio comune alle tre istituzioni Ue, mentre la Commissione ha fatto sapere che lancerà il 23 giugno un registro, ma su base volontaria, e un codice di condotta. I parlamentari europei, con 547 sì, 24 no e 59 astenuti, ritengono che sono lobbisti non solo i lobbisti professionisti, ma anche quelli aziendali "interni", le Ong, i centri di studi e le associazioni di categoria, i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro, le organizzazioni aventi scopo di lucro e le organizzazioni non-profit nonché gli studi legali. In altre parole tutti coloro che svolgono "attività per influenzare l'elaborazione delle politiche e il processo decisionale".
Con 177 voti favorevoli, 316 contrari e 122 astensioni, l'aula ha respinto un emendamento dei Liberaldemocratici (Adle) che chiedeva di inserire nell'elenco anche le chiese e le organizzazioni filosofiche e non confessionali. "Giuridicamente non stava in piedi", ha commentato Patrizia Toia,
europarlamentare del Pd, nel gruppo Adle. "Una mera iniziativa personale di alcuni componenti, senza impegnare in alcun modo il gruppo nel suo complesso", ha rincarato Gianluca Susta, capodelegazione del Pd nell'Adle. Il Parlamento inoltre chiede l'adozione di un codice di condotta con la possibilità di sanzioni in caso di violazioni.
I parlamentari hanno paventato il rischio che il registro su base volontario della Commissione Ue "permetterà ai lobbisti meno responsabili di evitare di rispettare le regole", ma il commissario Ue Siim Kallas ha minimizzato, spiegando che nel momento in cui anche il Parlamento si doterà di un elenco questo di fatto diventerà obbligatorio per "tutti i lobbisti seri". (ANSA).



































