Pochi toglierebbo facilmente il naso dal cibo servito al ristorante Barbanera di Bruxelles. La pasta è preparata a mano, la sogliola, fresca, è cotta alla griglia al punto giusto; il tiramisù è denso e cremoso. Ma, la folla che lo frequenta quotidianamente, per pranzo, sembra non dare troppo importanza al menu. Infatti, Barbanera, l’equivalente a Bruxelles del Capital Grill di Washington, è il posto dove i lobbisti della città pranzano e bevono in compagnia dei funzionari della Commissione Europea, che lavorano negli uffici coperti di vetro, proprio in fondo alla strada. I documenti vengono distribuiti a tavola, la ventiquattrore aperta sullo sgabello appositamente fornito dalla direzione, e la conversazione finemente insaporita dal gergo e dagli acronimi tipici della burocrazia UE.
Se pensavate che Washington fosse la città della lobby, ricredetevi: sono circa 15 000 i lobbisti che perseguono i propri affari a Bruxelles, secondo le stime della CE; contro gli 11 660, che hanno dichiarato, quest’anno, di praticare l’attività lobbistica nella capitale USA.
Il Commissario UE Charlie McCreevy, che dirige l’attività di ispezione sull’integrazione dei mercati finanziari dei 27 paesi dell’Unione Europea, dice di sentirsi spesso come un astante catturato dal fuoco incrociato tra gruppi di interesse avversari. “E’ frustrante” dice, “ma è un sistema con cui dobbiamo convivere”.
E’ il crescente potere regolatorio di Bruxelles ad attrarre questa folla. Dal settore della sicurezza alimentare, alla privacy in internet, alle emissioni di gas di scarico delle automobili, l’UE continua a definire le regole per le aziende che vogliono entrare a far parte di un’economia che ammonta a 13 miliardi di dollari. Quest’anno, il cane da guardia antitrust della CE, ha colpito con multe per 3.6 miliardi di dollari, le aziende coinvolte in azioni di concorrenza sleale; circa otto volte la somma totale imposta dalla Divisione Antitrust del Dipartimento di Giustizia, in USA, nel 2006.
Nei mesi scorsi, la CE ha avuto la meglio su una sentenza antitrust - da 613 miliardi di dollari - contro la Microsoft; ha avviato un’attività di indagine sulla politica dei prezzi dell’azienda americana Qualcomm, ed ha inoltre annunciato l’introduzione di nuove regole sugli operatori di telefonia mobile e aziende di servizi. “Non sono stato una sola volta Washington quest’anno, ma ben tre volte a Bruxelles per fare lobby sulla legislazione relativa ai trasporti UE e alle regole antitrust", ha affermato David Schwarte un vice dirigente d’azienda, situata in Texas: la Sabre Holdings, un operatore che si occupa di sistemi di prenotazione viaggi.
Aumentano i banchetti
Con una tale posta in gioco, i giganti degli affari si stanno affrettando a fissare la propria presenza a Bruxelles. Google, ad esempio, si trova a dover fronteggiare la verifica UE sulla privacy e sul suo progetto di acquisizione dell’azienda specializzata in pubblicità on-line, DoubleClick. Quindi, non sorprende che Google sia alla ricerca di un lobbista senior residente a Bruxelles, al quale affidare la “gestione della pubblica difesa della politica aziendale, produzione di analisi, e gli affari istituzionali”, così come descritto nell’offerta di lavoro, recentemente pubblicata su sito web dell’azienda.
Da un certo punto di vista, Bruxelles è il sogno di qualsiasi lobbista. Mentre i loro omologhi, a Washington, si indirizzano su Capitol Hill e altre dozzine di agenzie, i portatori di interesse a Bruxelles mirano soprattutto ad un obiettivo: la CE e i suoi 23 000 membri, i quali redigono e rendono esecutiva la legislazione sulla competizione.
Invece, la burocrazia federale di Washington arriva a più di 270 000 unità. “E’ facile riuscire ad incontrare un commissario UE, grazie alla notevole scarsità di personale”, dichiara Karen Corbett Sanders, una lobbista di Verizon Communications (VZ), a Washington, che ha rappresentato l’azienda a Bruxelles fino al 2004. “Risucivo a sedermi persino davanti alla tastiera della Commissione e Parlamento Europei, digitando in lingua”.
I tempi sembrano essere maturi per i portatori di influenza, nonostante molti giganti globali hanno barcollato, a Bruxelles. In faccia all’opposizione da parte di Intel e Dell, nel 2005 la CE ha applicato nuove regole, che obbligano i produttori di elettronica a pagare le spese di riciclaggio, per le attrezzature obsolete. Più recentemente, i regolatori hanno costretto i grandi operatori di telefonia mobile – come Vodafone (VOD) e T-Mobile - a tagliare i costi delle chiamate effettuate verso l’estero. “Sinceramente, buona parte della lobby esercitata, qui, è di poco valore” afferma Thomas Vinje, un avvocato statunitense e lobbista della società Clifford Chance; ha rappresentato gli avversari di Microsoft, inclusi Oracle (ORCL) e Sun Microsystems, (JAVA) per i casi relativi all’antitrust.
Bruxelles può apparire imbarazzante a chi è abituato ad operare a Washington. Visto il prestigio e la buona retribuzione di chi lavora alla CE, sono pochi i funzionari tentati a spostarsi dall’amministrazione alla lobby.
Un’altra tradizione tipica di Washington è totalmente assente, qui: i contributi alle campagne elettorali. I leader UE, sono più spesso nominati o eletti attraverso campagne pagate dai contribuenti. E i lobbisti di Bruxelles non hanno l’obbligo di registrarsi. Sebbene la prossima iniziativa della CE sarà la creazione di un sistema di registrazione volontaria, con una minima descrizione delle attività esercitate. Questa proposta ha però incontrato il dissenso di alcuni gruppi di affari.
Alcuni aspetti della lobby stile America stanno però lentamente prendendo piede. Arrivano anche i banchetti. La compagnia petrolifera norvegese Statoil (STO), ad esempio, l’anno scorso ha invitato un gruppo di legislatori, a visitare i luoghi di produzione; offrendogli anche una crociera tra i fiordi del nord della Norvegia. E la porta girevole ha iniziato a scorrere: dal 1 ottobre, Michiel van Hulten, un politico olandese, è entrato a far parte del team del gigante dei public affairs, Burson-Marsteller. Erik Wesselius, della Corporate Europe Observatory di Amsterdam, che si occupa del monitoraggio della lobby in UE, ha recentemente dichiarato: “ Dà fastidio notare come le funzioni stiano iniziando a confondersi”
Carol Matlack - Business week (trad. di Maria Basta, LI.Info)






































