Edward Luttwak. “Quando la democrazia funziona, gli abitanti divengono ‘cittadini’ e proteggono i loro diritti, rispettando i loro doveri. Man mano che ci si allontana da questa formula ottimale di democrazia, i cittadini si trasformano in ‘sudditi’, ignorando diritti e doveri e causando il malfunzionamento delle lobby”.
“Una lobby è come un fiore notturno. Fiorisce nell’oscurità e muore al sole”, scriveva in una nota personale, nel 1982, Steven Rosen, Direttore dell’Ufficio Affari Esteri del Comitato Israelo-Statunitense di Affari Pubblici. Oggi, a distanza di oltre un ventennio, c’è chi non la pensa più così.
Il politologo Edward Luttwak – scrittore e analista militare statunitense – sostiene, invece, che a garantire il buon funzionamento delle lobby sia proprio la legalità e la trasparenza decisionale.
Un confronto diretto, aperto, alla luce del sole, è l’unica via per raggiungere un equilibrio tra i diversi interessi rappresentati, senza correre il rischio di sovvertire le basi democratiche di una società.
Il 1789 è considerato l'anno di nascita del lobbismo nordamericano che, fin dalla promulgazione della prima legge doganale, si pose come scopo d'influenzare il Congresso e, dunque, la vita politica. Nel corso di questi due secoli, la struttura dei gruppi di pressione, in campo internazionale, ha subito una forte estensione occupando diversi campi, tant'è che si parla di progetto d'intervento lobbistico a dimensione planetaria. Cosa ne pensa?
Non credo che nel corso degli anni ci sia stato un cambiamento traumatico della situazione. Ritengo che il fenomeno delle lobby sia nato e abbia continuato a svilupparsi come una delle più grandi espressioni democratiche di ogni sistema. Le lobby sono sempre esistite nell’ambito dei regimi democratici, perché al loro interno era ed è possibile rappresentare diversi interessi e anche in diverse maniere. Nel sistema americano, comunque, l’attività di lobbying funziona bene solo quando i differenti gruppi di interesse presentano ai politici diverse proposte, corredate di relative giustificazioni e spiegazioni che, interagendo, arricchiscono il processo decisionale. In campo internazionale, ciò implica che debbano esistere diversi livelli di scelte. In ogni singola sede decisionale si può, poi, creare una lobby locale.
Nel nostro Paese, è opinione diffusa che l'americano medio sia convinto che il sistema delle lobby sia uno degli elementi costitutivi della democrazia, in quanto la libertà di espressione e di organizzazione non può che indurre gli interessi individuali a esprimersi, organizzarsi e tutelarsi. Mentre da noi, quando si parla di lobby, si è istintivamente indotti a pensare a intrighi, frodi o comunque a operazioni al limite della legge. Esiste realmente questa profonda divisione?
Per funzionare correttamente all’interno dei regimi democratici, non sovvertendoli, le lobby devono essere “armate” di informazione e i Ministri devono intervenire attivamente sulle decisioni. La situazione è chiara e semplice. Per esempio, se da un lato la Confindustria presenta i suoi argomenti a favore della crescita degli investimenti e dall’altro il sindacato avanza le sue motivazioni a favore della distribuzione del reddito, poi, è compito dei Ministri trovare un equilibrio tra le due parti in causa, dopo averle ascoltate. Perché si possa parlare di lobby e non di corruzione, il confronto tra Confindustria e sindacato deve avvenire attraverso trasparenti strumenti di concertazione e non mediante il ricorso ai finanziamenti illeciti dei partiti o al denaro sporco.
In Arabia Saudita, invece, non esistono le lobby. Per ottenere situazioni favorevoli, si danno direttamente soldi al Principe. Certamente, questa non è attività di lobbying, ma pura corruzione.
Poche regole rispettate da tutti. Modello americano di lobby da importare nel nostro Paese?
Esatto, le regole dovrebbero essere rispettate da tutti. Grazie al supporto dei vari meccanismi di vigilanza, che dovrebbero mettere in luce le attività illegali, denunciarle e punirle.
In qualsiasi Governo, se non c’è una lotta costante contro la corruzione, quest’ultima tende a dilagare. La corruzione è un male che deve essere combattuto, ogni giorno. Se ciò non avviene, l’azione stessa di lobbying diviene controproducente rispetto alla democrazia. Piuttosto che essere una forma di espressione democratica, la lobby diventa invece una sua deformazione.
Molti pensano che, diversamente dagli Usa, in numerosi Paesi europei la diffusione di una cultura politica e sociale di stampo marxista o populista abbia penalizzato i gruppi capitalistici, con la conseguenza che quanto da loro realizzato sia stato considerato come affare losco e intrigante. In che direzione lei ritiene si stiano muovendo oggi le lobby? È auspicabile un modello unico e ideale di attività lobbistica?
Nella Grecia antica, quando l’Assemblea democratica di Atene doveva decidere se introdurre o meno un’imposta, i produttori intervenivano per esporre le loro argomentazioni contro, mentre i leader che avevano bisogno di risorse per mantenere la flotta ateniese avanzavano le loro motivazioni a favore della tassazione. L’Assemblea riusciva dunque a prendere la decisione più giusta, in quanto aveva l’opportunità di ascoltare entrambe le parti in causa.
Per cui, in un modello ideale di lobby, le parti interessate devono avere la possibilità di esprimere le proprie posizioni e spiegarle ai cittadini, per dar loro il maggior numero possibile di informazioni, al fine di compiere una scelta. Le lobby devono, inoltre, esporre le loro opinioni ai Ministri e ai Governi, per contribuire all’arricchimento del processo decisionale. Questo, però, può funzionare correttamente solo nel caso in cui si assicuri il mantenimento della legalità e la trasparenza decisionale. Invece, se le scelte vengono maturate in segreto, non c’è la possibilità di trovare un equilibrio tra le lobby, perché non viene rappresentato nessuno o soltanto una parte arbitraria. Si genera, quindi, una distorsione dei fatti, anche se non c’è una vera e propria corruzione.
Quando la democrazia funziona, gli abitanti divengono “cittadini” che proteggono i loro diritti e rispettano i loro doveri. Man mano che ci si allontana da questa formula ottimale di democrazia, i cittadini si trasformano in “sudditi”, ignorando i loro diritti e i loro doveri e causando il malfunzionamento delle lobby. Le lobby, infatti, sono l’espressione degli interessi dei cittadini che sentono forte il loro diritto di avvicinarsi ai politici per spiegare le loro ragioni. Se vengono meno tali presupposti, è senza dubbio arbitrario e improprio parlare di lobby.
Elena Mastroieni - Quale Impresa



































