enrico letta – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 17 May 2016 08:00:23 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.2 A chi conviene non regolamentare le lobby? (Formiche.net) http://www.lobbyingitalia.com/2014/09/a-chi-conviene-non-regolamentare-le-lobby/ Tue, 16 Sep 2014 14:47:46 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2296 Il primo di una serie di approfondimenti su lobby e regolamentazione a cura di Pier Luigi Petrillo, professore associato di Diritto pubblico e docente di Teorie e tecniche di Lobbying

Ogni giorno il Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, accusa le lobby di fermare lo sviluppo del paese. Prima di lui, l’accusa era stata mossa dai suoi predecessori: Enrico Letta, Mario Monti, Silvio Berlusconi, per limitarci agli ultimi. E con loro anche i Presidenti di Camera e Senato, periodicamente, “urlano” contro le lobby che invadono i palazzi. Eppure non si hanno notizie né di interventi governativi né di interventi parlamentari finalizzati a regolamentare i gruppi di pressione.

Ogni giorno si scopre, così, che dietro ai “gufi” che vogliono lasciare immobile il Paese ed impediscono le riforme necessarie, ci sono le lobby, ogni sorta di lobby, con l’effetto che tutto è lobby, perfino i funzionari pubblici: si pensi alle “lobby” dei magistrati (“no alla riduzione delle ferie”), a quella dei dirigenti pubblici (“no alla riduzione degli stipendi”) o perfino a quella dei senatori (“no alla riduzione del Senato”).

In questo quadro le lobby continuano ad essere il paravento della politica: basta dire che è colpa delle lobby per scrollarsi di dosso ogni responsabilità. E appare ovvio che se le lobby fossero regolamentate e la loro azione fosse pubblica, ecco che i cittadini scoprirebbero il gioco dello scarica barile: il paravento d’incanto cadrebbe e si scoprirebbe che la colpa di certo immobilismo non sono le lobby ma la politica.

LE ULTIME TAPPE DI UN TIMIDO TENTATIVO DI FARE SUL SERIO

Rispetto a vent’anni fa, tuttavia, qualche barlume di speranza comincia a vedersi. Nel 2007, durante il secondo governo Prodi, l’allora Ministro per l’attuazione del programma di governo, Giulio Santagata, spronato dal suo capo di gabinetto, il Consigliere di Stato Michele Corradino (ora componente dell’ANAC), fece approvare dal Consiglio dei Ministri il primo e unico disegno di legge in materia d’iniziativa governativa. Qualche mese dopo il governo fu sfiduciato e il testo dimenticato.

Nel 2012, sotto il governo Monti, ci riprovò Mario Catania, allora Ministro dell’Agricoltura, istituendo l’obbligo per i lobbisti “agricoli” di iscriversi in un elenco pubblico. La netta contrarietà delle principali organizzazioni di categoria (Coldiretti, Cia, Confagricoltura) fece naufragare l’esperimento.

Nel 2013 è il premier Enrico Letta, in prima persona, a farsi promotore di una coerente regolamentazione del lobbying, chiedendo al segretario generale di Palazzo Chigi, Roberto Garofoli, e al sottoscritto, di predisporre una bozza di disegno di legge. Ma il Consiglio dei Ministri, dopo avere approvato i principi della regolamentazione nel maggio 2013, decise di bocciare il testo predisposto, considerandolo troppo stringente.

E siamo arrivati al governo Renzi: entro giugno 2014, aveva dichiarato il Premier nel Documento di Economia e Finanza 2014 (DEF), avremo una regolamentazione dei gruppi di pressione. Sono passati 3 mesi da quella scadenza ma non c’è traccia nemmeno di una qualche bozza. Eppur si muove: nel silenzio generale, il Vice Ministro alle Infrastrutture, Riccardo Nencini (forse l’unico a credere davvero all’importanza di questa questione), è riuscito ad inserire nel disegno di legge delega di riforma del codice degli appalti, un principio legato alla trasparenza dei gruppi di pressione; anni luce lontani dalla regolamentazione delle lobby ma almeno è un segnale.

E’ ripartito da qui Giovanni Grasso, il giornalista dell‘Avvenire che, venerdì e sabato scorso, ha dedicato sul suo giornale un’inchiesta al rapporto tra politica e gruppi di pressione, invitando il Ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, a prendere la palla in mano, trattandosi, anzitutto, di una questione di trasparenza della Pubblica Amministrazione (centrale e periferica).

MA PER FARE (DAVVERO) SUL SERIO, DA DOVE RIPARTIRE?

Ripartiamo dall’inchiesta di Grasso; rileggiamo gli stimoli recenti pervenuti da lobbisti d’eccezione come Gianluca Comin, per anni direttore delle relazioni istituzionali in Enel, o Stefano Lucchini, per anni a capo dell’Eni e ora in Intesa, o le proposte avanzate da Claudio Velardi, Massimo Micucci e l’ottimo gruppo del “Rottamatore”, da Fabio Bistoncini (“vent’anni da sporco lobbista”), da Franco Spicciariello e il suo sito lobbyingitalia.com, da Gianluca Sgueo su Formiche.net, da esperti come Giovanni Galgano e Giuseppe Mazzei de “Il Chiostro”, da studiosi come Maria Cristina Antonucci e Marco Mazzoni, dal collega Alberto Alemanno della New York University, dal gruppo #lobby (purtroppo non più attivo) degli ultimi 7 anni di #VeDrò, da riviste come Percorsi Costituzionali e AGE-Analisi Giuridica dell’Economia e proviamo ad offrire al Legislatore qualche idea su come e per cosa fare sul serio.

Fonte: Formiche.net

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Norme sul lobbying: l’Europa avanza, l’Italia è immobile http://www.lobbyingitalia.com/2014/01/norme-sul-lobbying-leuropa-avanza-litalia-e-immobile/ Wed, 29 Jan 2014 12:12:46 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2154 E con il via libera arrivato ieri da parte della Camera dei Lords alla “Lobbying Bill” proposta dal Primo Ministro britannico David Cameron, sono ora 26 i paesi al mondo (di cui 10 europei), oltre all’Unione Europea, ad avere norme che regolano l’attività di lobbying.

Quello delle normative sul lobbying è un processo che parte da lontano, e che vede la sua prima vera affermazione negli USA col “Federal Regulation of Lobbying Act” del 1946 (sostituito nel 1995 dal “Lobbying Disclosure Act” e dalle successive modifiche volute anche dal presidente Obama con l’Honest Leadership Act). Ma, in particolare a partire dagli anni 2000, anche l’Europa ha iniziato a marciare verso lo stesso obiettivo, sotto la spinta di una richiesta da parte di cittadini, imprese e organizzazioni internazionali (con OCSE e ONU in prima fila) di una sempre maggior trasparenza della politica. E gli stessi lobbisti, contrariamente ad un’errata opinione comune, sono assolutamente favorevoli (come dimostrato da un sondaggio dell’OCSE del 2009) ad una regolamentazione del settore, che garantirebbe loro certezza del diritto per la loro attività e una legittimità che certamente aiuterebbe anche l’aspetto business.

La situazione italiana sul tema è purtroppo nota. Circa 50 progetti di legge e un ddl del Governo Prodi tra il 1976 ed oggi hanno portato al nulla di fatto. Il presidente del Consiglio Enrico Letta più volte si speso in favore di una legislazione adeguata, ma uno scontro tra i Ministri Quagliarello e D’Alia – interventi con due progetti contrastanti –  e la forte opposizione dell’ex Ministro De Girolamo (che paventò addirittura un “ritorno all’Unione Sovietica”) in Consiglio dei Ministri lo scorso luglio, ha fatto finire tutto in un mandato al Ministro delle Politiche UE, Moavero Milanesi “di fare un esame comparato con i principali paesi europei“.

Essendo ormai passati sei mesi, e dopo un ulteriore intervento televisivo del presidente Letta poche sere fa, come aiuto al Governo abbiamo pensato potesse essere utile rendere noto l’esame comparato che il Governo (ufficialmente, è chiaro) non ha ancora realizzato. Ecco quindi di seguito un quadro delle norme esistenti sul lobbying nei vari stati dell’Unione Europea ed europei in generale.

Le normative sul lobbying in Europa

Il primo paese a normare l’attività di lobbying è stata la Germania, il cui registro risale addirittura al 1951, istituzionalizzato poi nel settembre 1972. Il registro è volontario, e non è designato come un registro dei lobbisti di per se. Infatti, è primariamente un sistema che regola l’accesso agli edifici parlamentari. Inoltre, include solo organizzazioni e non individui, non include informazioni finanziarie sulle risorse impegnate, mentre invece impone  di comunicare soggetti rappresentati e le questioni su cui l’organizzazione lavora. La norma riflette la tradizionale cultura tedesca del coinvolgimento delle organizzazioni di rappresentanza (principalmente dell’industria e i sindacati) e delle fondazioni nel sistema decisionale pubblico. Sono di conseguenza assenti dal registro le società di lobbying. Al 24 gennaio 2014 erano 2148 le organizzazioni registrate.

La Germania inoltre presenta dei registri anche a livello di lander. Brandenburgo e Renania-Palatinato ne hanno istituito uno nel 2012, mentre Berlino e l’Assia dovrebbero averne uno a breve.

L’Austria è il paese con la regolamentazione più recente. Nel 2012 ha adottato un stringente regolamentazione dell’attività di lobbying con una norma denominata “Lobbying- und Interessenvertretungs-Transparenz-Gesetz” (Legge sulla trasparenza di lobbying e rappresentanza di interessi”. Il Bundestag austriaco ha approvato una norm che impone un registro obbligatorio per tutti coloro che ricevono un compenso per attività mirate ad influenzare la legislazione o le politiche pubbliche. L’obbligo riguarda anche le organizzazioni di rappresentanza . Tra i dati da includere nel Lobbying- und Interessenvertretungs-Register, gestito dal Ministero della Giustizia, sono inclusi: l’identità del lobbista, i clienti, le questioni su cui il lobbista lavora e i contatti con i funzionari pubblici (Ministri, parlamentari, dirigenti della PA). La gran parte di questi dati è disponibile al pubblico via web. Inoltre, i lobbisti debbono impegnarsi a rispettare un Codice di Condotta incluso nella norma generale, la cui violazione può portare alla sospensione dal registro e quindi dalla possibilità di esercitare l’attività. La norma è in vigore dall’1 gennaio 2013. Al 29 gennaio 2014 risultano essere 231 i lobbisti o le organizzazioni iscritte al Registro austriaco.

Sempre nel 2012, nel mese di luglio, la Tweede Kamer der Staten-Generaal, la Camera Alta del Parlamento d’Olanda ha introdotto con un proprio atto un Lobbyistenregister che prevede un sistema di accessi (uno per organizzazione) alla Camera. Il Registro distingue tre categorie di lobbisti: rappresentanti di società di consulenza di PR o public affairs; i lobbisti delle associazioni di rappresentanza, e quelli delle municipalità e delle province. Al 13 gennaio 2014 erano 78 i lobbisti rappresentanti di società o organizzazioni iscritti nel Registro olandese, che prevede una disclosure limitata di informazioni, ma aiuta a regolamentare l’accesso, tema assai sentito da parte di istituzioni e lobbisti.

Anche la Francia presenta una regolamentazione assai leggera a seguito dell’istituzione di un Registro dei lobbisti presso l’Assemblee national e il Senat. Come in Olanda, la registrazione consente ai lobbisti un accesso diretto alle sedi delle due camere, Palais Bourbon e a Palais du Luxembourg. A seguito di recenti aggiustamenti (il rapporto Sirigue del marzo 2013), le informazioni contenute nel registro sono molto più abbondanti: oltre ai nomi dei lobbisti debbono infatti essere rese note le risorse assegnate da una particolare società o ONG; le società di consulenza sono invitate a fornire i nomi dei loro clienti e le ONG le fonti delle donazioni e sovvenzioni. Inoltre, ci sono più filtri prima dell’iscrizione (che può essere respinta), è stato limitato l’accesso ad alcune aree mentre è stata data la possibilità ai lobbisti registrati di ricevere degli alert o inviare contributi sulle norme. Le relazioni individuali tra parlamentari e lobbisti non sono condizionate dall’inclusione di quest’ultimi nel registro (sarebbe incidere sulla libertà dei parlamentari). E’ previsto un Codice di Condotta. Al 28 gennaio 2014 risultano essere 237 i lobbisti registrati. Più limitato è invece il registro del Senato. Rimane infine il buco nero dei rapporti tra lobbisti e Governo. E’ possibile che però presto venga istituito un registro unico presso l’Haute Autorité pour la transparence de la vie publique che ha come mission anche quella di dare indicazioni sui rapporti tra lobbisti e amministrazione pubblica.

L’Europa dell’Est avanza

Diversa è la situazione dei paesi dell’ex blocco sovietico, dove più si è sviluppata una regolamentazione dell’attività grazie alle spinte delle OCSE a supporto del processo di democratizzazione, anche se principalmente in un’ottica di politiche anticorruzione.

La Lituania è stato il primo paese dell’Est ad adottare una legge sull’attività di lobbying il 27 giugno 2000 (entrata in vigore l’1 gennaio 2001).  La legge determina cos’è l’attività di lobbying, un lobbista (inteso solo come il consulente) e il suo cliente; prevede il controllo sulle informazioni fornite e una serie di sanzioni per la violazione della norma. La legge definisce attività di lobbying quella condotta dietro compenso mirata ad influenzare l’adozione, la modifica, l’integrazione o l’abrogazione di atti normativi. La legge è stata però scarsamente applicata, e ciò perché le ONG e altri soggetti hanno rifiutato di essere integrati, anche per un processo culturale che deriva dal ricordo del regime sovietico che tendeva ad inquadrare nel sistema e schiacciare ogni rappresentanza della società civile.

La Polonia ha approvato una norma che regola l’attività di lobbying e impone un registro obbligatorio nel 2005.   Tra i principali elementi della norma la definizione di “attività di lobbying” e il tipo di lobbisti (come la Lituania, la norma si applica ai soli consulenti), le procedure di registrazione e la tarsparenza, e le sanzioni in caso di violazione della norma. Una particolarità della norma polacca è che impone ai funzionari governativo di mantenere un registro dei contatti coi lobbisti da rendere pubblico annualmente. La norma, nata in un’ottica restrittiva ha però nel tempo subito delle modifiche ispirate alla promozione del buon governo e della trasparenza dell’iter legislativo. Un punto importante infatti è che  il Governo ogni sei mesi deve pubblicare il programma del lavoro legislativo e i termini per chiudere la discussione sulle bozze normative, inoltre vengono date indicazioni agli uffici su come cooperare al meglio coi lobbisti, cui deve essere garantito accesso e spazi riservati. Al riguardo il parlamento polacco è intervenuto modificando i suoi regolamenti dando anche delle specifiche sulla gestione delle audizioni.

Nel 2006 è stata la volta dell’Ungheria ad emanare una legge sul modello UE che istituiva un registro dei lobbisti volontario, abrogata poi nel 2011 dal governo Orban, in quanto la norma “non coincideva con i costumi e le procedure ungheresi” e non veniva percepita come necessaria (col risultato di scarse iscrizioni). Nel febbraio 2013 però il governo ha inserito una serie di regole sui rapporti tra funzionari pubblici e lobbisti all’interno di un sistema generale di norme anticorruzione e trasprenza.

Dopo Israele nel 2008, che dovrebbe rivedere la norma nel suo complesso nei prossimi mesi, nel 2010 è arrivata la legge sul lobbying della Slovenia. Questa è stata inserita all’interno delle misure anticorruzione nel quadro di un programma finalizzato al rafforzamento della trasparenza del sistema. La norma prevede un Registro obbligatorio che richiede di fornire: nome e indirizzo dei lobbisti; i loro clienti; i compensi ricevuti; i finanziamenti dati ai partiti politici; le questioni su cui fanno lobbying; gli uffici contattati. Tutte le informazioni sono rese pubbliche via web e sono sottoposte al controllo della Commissione per la prevenzione della corruzione. Come in Polonia, c’è un obbligo per i funzionari governativi di rendicontare i contatti coi lobbisti, anche se nel primo anno di applicazione della norma quest’ultimo aspetto non ha ricevuto adeguato rispetto (anche per mancanza di sanzioni specifiche).

Gli altri paesi che vedono in vigore normative sul lobbying sono Macedonia, Montenegro e Georgia (inclusa come Israele, essendo la lista dei paesi che fanno parte dell’UEFA l’unico concetto alternativo reale di Europa alternativo a quello dell’UE!). E non va dimenticato che nel resto del mondo, accanto a paesi come Canada e Australia (che vedono un registro anche per gran parte delle rispettive province e stati), c’è una lunga serie di nazioni che hanno deciso di regolare in maniera più o meno adeguata l’attività di lobbying. L’ultimo della lista è il Cile, che ha approvato la norma la scorsa settimana dopo un dibattito decennale, ma prima di esso ci sono stati Messico, Colombia, Argentina e Perù. In Asia addirittura le Filippine dagli anni ’50 e Taiwan dal 2008 hanno una norma, mentre in India la discussione è stata avviata, come anche in Nigeria.

Le norme a venire nel 2014

Ma non è finita qui. Molto probabilmente Irlanda, Spagna, Bulgaria, Romania e forse persino Ucraina potrebbero avere una normativa ad hoc entro il 2014, mentre l’Italia rimane con le sue tre, inutili ed inapplicate, norme a livello regionale (Toscana, la sua copia Molise e Abruzzo) e forse con il Registro dei rappresentanti di interessi presso il MIPAAF, che forse si salverà, dopo essere stato abbandonato, a seguito delle dimissioni del Ministro De Girolamo, acerrima nemica di ogni regolamentazione delle lobbies (anche se nella scorsa legislatura fu prima firmataria di un ddl di “Disciplina dell’attività di relazione istituzionale“)

A questo punto il Ministro Moavero ha a disposizione un quadro delle norme esistente (anche se ci piacerebbe leggere quello preparatogli dai suoi uffici), di conseguenza si attende il prossimo passo al riguardo da parte del presidente Letta. Un passo che auspichiamo possa dare seguito alla recente dichiarazione a Lilli Gruber nella sua trasmissione 8 e 1/2 e, ancor di più, agli anni di lavoro portati avanti da VeDrò, il “suo” think net” ormai purtroppo abbandonato.

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Caro governo Letta, perché non provi a misurare la qualità delle leggi? http://www.lobbyingitalia.com/2014/01/caro-governo-letta-perche-non-provi-a-misurare-la-qualita-delle-leggi/ Sun, 12 Jan 2014 21:14:51 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2080 (Alberto Cattaneo) Il tema della qualità della produzione legislativa non è sexy. Lo sappiamo. Ma è tremendamente importante per stabilire la salute di una democrazia. La capacità di fare delle legge efficaci è, infatti, prerequisito per il funzionamento di un sistema democratico.

IL TERMOMETRO DELLA FIDUCIA
E dirò di più è il termometro delle fiducia tra cittadini e Stato: migliore la qualità dell’attività legislativa e alta la sua trasparenza, maggiore la fiducia verso la politica. Il sottosegretario Giovanni Legnini nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla semplificazione legislativa ha reso nota la seconda rilevazione sul monitoraggio legislativo del Governo. È un documento interessante in quanto vuole essere una sorta di metro di giudizio, per usare le sue stesse parole della “qualità della legislazione primaria e della capacità delle amministrazioni centrale di garantire l’attuazione delle leggi attraverso la tempestiva adozione di provvedimenti secondari ad esse demandati”.

DIVERSE LETTURE
I risultati possono essere letti in diversi modi e molto dipende da quale giudizio si vuole dare a questo Governo (e ai precedenti). Esercizio da cui stiamo volentieri lontano. Sottolineiamo solo alcuni dati: sono aumentate le leggi auto applicative, cioè che non necessitano di decreti attuativi per essere efficaci, ma nello stesso tempo i provvedimenti attuativi rimangono 311 (per il solo Governo Letta) di cui 272 non adottati e tra questi 155 senza termine espresso (che tradotto significa che difficilmente vedranno la luce).

TROPPE LEGGI, POCA EFFICACIA
Per chi fa il lobbista da ormai dieci anni questi dati sono usuali e possono essere sintetizzati in “si legifera tanto e con scarsa efficacia”. È un dramma perché al netto del contenuto della legislazione, positivo o negativo dipende dalle situazioni, il tessuto produttivo del nostro Paese, gli investitori esteri, la stessa società civile chiedono espressamente certezza legislativa, che in genere è inversamente proporzionale al numero di leggi, e efficacia, il cui nemico numero uno sono appunto i decreti attuativi (o il ritardo della loro emanazione se siete più ottimisti). E qui, oggettivamente, siamo messo molto male.

L’INFLUENZA DEI LOBBISTI
Facendo il lobbista ho sempre pensato che la qualità della produzione legislativa sia strettamente legata alla qualità dell’attività di lobbying, almeno in un’accezione ampia del termine. E quindi guardo al tipo di analisi presentate dal Governo quasi come un metro della mia capacità professionale. In sostanza se la capacità di fare meglio le leggi aumenta, migliore è stata l’attività di chi ha influenzato, a vari livelli, tale capacità. Se questa mia affermazione fosse corretta, e lo credo fermamente se no tradirei lo spirito della mia professione, il tema dell’accountability e della trasparenza della produzione legislativa così come presentata dal Governo manca almeno di due aree di indagine.

ASSENZA DI RIFLESSIONE
La prima è la totale assenza di una riflessione sulla qualità della partecipazione delle parti interessate nella fase di scrittura delle leggi. In particolare sarebbe importante un dato che illustri l’effettivo utilizzo – previsto per legge ma spesso (sempre?!) disatteso – dell’AIR (Analisi impatto regolatorio) che richiederebbe una rilevazione appropriata delle esigenze dei cittadini, delle imprese e delle amministrazioni pubbliche interessate dal provvedimento attraverso una consultazione mirata. Per farla semplice dovrebbe essere il momento, normato per legge, dove gli interessi particolari rappresentino i loro interessi e avanzino in modo trasparente le loro proposte. Cioè, l’AIR sarebbe lo strumento con cui anche lo Stato Italiano istituzionalizza un processo trasparente di lobbying. Perché allora il Governo non ci dà qualche numero su come è o non è utilizzato l’AIR?

IL RUOLO DEL PARLAMENTO
La seconda è la totale assenza di un numero che provi a identificare la qualità dell’intervento del Parlamento in sede di produzione legislativa. Siccome il 99% delle leggi di questo Paese sono di ispirazione governativa, quale è, ad esempio, il numero di emendamenti parlamentari approvati e quindi il tasso di modifica di un testo governativo da parte del Parlamento? Sarebbe un modo per valutare l’efficacia del ruolo del Parlamento. Ma anche su questo aspetto l’analisi del Governo brilla per mancanza di approfondimenti come se la produzione legislativa fosse una prerogativa dell’esecutivo (legge primaria) e della burocrazia (legge secondaria).

MAGGIORE CONSAPEVOLEZZA
Perdonate l’accostamento ardito ma se si vuole davvero provare a misurare l’efficacia della produzione legislativa ci interessa sapere anche la qualità dell’attività di Parlamento e Lobby. Non sarebbe forse corretto? Non aiuterebbe forse tutti ad avere maggiore consapevolezza del proprio ruolo e delle proprie responsabilità? Direi proprio di sì. Caro sottosegretario, vogliamo dunque provare a migliorare questo monitoraggio? Io, per quanto riguarda la lobby, sono a disposizione.

 

Fonte: Formiche.net

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Giuseppe Mazzei: «Le lobby? Il problema è la politica» http://www.lobbyingitalia.com/2013/12/giuseppe-mazzei-le-lobby-il-problema-e-la-politica/ Tue, 24 Dec 2013 08:31:58 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=1961 lobbisti in parlamento? «Ci sono sempre stati». A dirlo senza mezzi termini è Giuseppe Mazzei, presidente de Il Chiostro, l’associazione «per la trasparenza delle lobby» nata nel giugno del 2008. Malgrado oggi «in molti si straccino le vesti», il problema dell’Italia non sono le lobby ma «l’assenza di una legge che regoli» questo genere di attività. Eppure lui e la sua associazione hanno più volte presentato proposte in tal senso.
«È UNA QUESTIONE POLITICA». Si tratta, ha detto il giornalista e docente di comunicazione a Lettera43.it, di una «volontà politica».
Nel Palazzo c’è infatti «una lobby oscura contraria alla regolamentazione» che ha messo «i bastoni fra le ruote» al varo di un provvedimento di regolamentazione predisposto dalla presidenza del Consiglio. E molti ex parlamentari sfruttano il loro status per portare avanti interessi di parte.

Il tema delle lobby è tornato alla ribalta. La vicenda ha stupito i più.
RISPOSTA.
 Colpisce che a meravigliarsi siano state proprio quelle persone che invece non avrebbero dovuto mostrare meraviglia.
D. In che senso?
R. La presenza di figure che in parlamento fanno attività di lobbying è una cosa risaputa da tempo…
D. Ma nessuno ha mai fatto niente.
R.
 Da diversi anni l’associazione che presiedo si batte per l’approvazione di una legge che regolamenti l’attività di lobbying. Pensi, siamo noi lobbisti a chiederla con forza.
D. Però?
R. Il parlamento non ne ha mai discusso. Quindi mi domando: perché, visto che il tema appassiona tanto, nessuno ha mai varato una legge che metta nero su bianco delle regole precise?
D. Sta dicendo che il problema è prima di tutto politico?
R. Certo. Fra i tanti elementi di arretratezza che caratterizzano questo Paese c’è anche la mancanza di una legge di questo tipo. In Italia l’attività di lobbying è vista esclusivamente come un abuso, ma da che mondo è mondo la democrazia vive anche della rappresentanza degli interessi. Che, aggiungo, deve essere portata avanti da persone serie e corrette e alla luce del sole, in trasparenza. Non dal primo che capita.
D. Perché la vostra proposta di regolamentazione è rimasta lettera morta?
R.
 Il problema ha molteplici sfaccettature. In molti non la vogliono perché sanno che se questa legge passa come la proponiamo noi dovrebbero smettere di fare attività di lobbying. Ad altri, che sono in palese conflitto di interessi, toccherebbe la stessa sorte. Poi ci sono quelli che fanno finta di non capire che questo tema non va affrontato con manicheismo ma con il buonsenso.
D. Però sono il governo e il parlamento ad avere in mano il pallino del gioco.
R.
 Anche all’interno della maggioranza di governo qualcuno ha messo i bastoni fra le ruote.
D. C’è un partito che più degli altri ha frenato l’iter del provvedimento?
R.
 No, si tratta di una logica trasversale. In quasi tutti i partiti figurano persone che non lo vogliono. Ci sono forze in cui ce ne sono di più e altre in cui se ne contano di meno.
D. Molti parlamentari traggono giovamento da questo vuoto normativo?
R.
 Ho fatto il giornalista politico per tanti anni, preferisco non fare dietrologie. Stando ai fatti, dico però che quando si affronta l’argomento molti parlamentari storcono il naso. Dal 1970 a oggi sono state presentate oltre 50 proposte di legge in tal senso.
D. Che fine hanno fatto?
R.
 Sono rimaste tutte nel cassetto. Se nessuno ha mai fatto niente un motivo ci sarà.
D. Detta così, sembra che i primi lobbisti siano fra coloro che alloggiano nel Palazzo.
R.
 In parlamento c’è una lobby oscura contraria alla regolamentazione che non è composta solo da sedicenti lobbisti o da lobbisti contrari alla trasparenza. Mi lasci aggiungere un particolare, secondo me fondamentale.
D. Prego.
R. So per certo che ci sono molti ex parlamentari che fanno attività di lobbying alla Camera e al Senato. Questo crea delle problematiche non indifferenti.
D. In che senso?
R.
 Queste persone sfruttano i privilegi degli ex parlamentari. Sono più lobbisti degli altri. Ciò crea una disparità di trattamento inaccettabile: tutti dovremmo poter giocare ad armi pari.
D. Quali sono i contenuti principali della vostra proposta di legge?
R.
 Prima di tutto sosteniamo che la platea dei decisori pubblici debba essere la più vasta possibile: si va dal governo alle autorità indipendenti fino a toccare tutti i livelli della pubblica amministrazione. Tutti coloro che prendono decisioni «pubbliche» devono esserne oggetto.
D. In questo contesto i lobbisti che ruolo giocherebbero?
R.
 Sarebbero quelli autorizzati ad avere un’interlocuzione, per presentare proposte e suggerimenti di cui deve rimanere una traccia, con le figure citate poc’anzi.
D. Chiedete che venga creato un vero e proprio ordine professionale?
R.
 Parlerei di un semplice elenco e non di un albo professionale. Questo dovrà essere pubblico: potranno iscriversi quelle persone con la fedina penale pulita che si impegneranno a rispettare un codice etico e ovviamente le leggi in vigore in Italia.
D. Cosa accadrebbe in caso di violazione di queste regole di comportamento?
R.
 Dovrà essere prevista una punizione con sanzioni prevalentemente pecuniarie molto elevate. Al lobbista che esercita la professione senza essere iscritto nel registro verrà combinata una multa che va da un minimo di 50 mila ad un massimo di 500 mila euro.
D. Poi?
R. C’è la necessità di affermare il principio secondo cui nessuno può essere al tempo stesso funzionario pubblico e lobbista, parlamentare e lobbista, ministro e lobbista… In più, ogni anno, il lobbista dovrà presentare una relazione per dire cosa ha fatto e di cosa si è occupato più le persone che ha consultato.
D. Crede che questa volta si riuscirà ad arrivare ad una soluzione tangibile?
R. Confido molto nel premier Letta, che conosce bene questi temi, così come nel ministro Moavero e nel sottosegretario Patroni Griffi. Ci vuole coraggio, bisogna metterci la faccia. All’inizio del nuovo anno porteremo avanti una nuova e fortissima azione di convincimento.

Giuseppe Mazzei è un giornalista, saggista e docente italiano. È stato responsabile rapporti con le Authority della RAI, e poi Direttore dei rapporti istituzionali del gruppo Allianz dal 2004. E’ il presidente dell’associazione “Il Chiostro, per la trasparenza delle lobbies”

Fonte: Lettera43

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Lobby e politica, la mappa degli interessi http://www.lobbyingitalia.com/2013/12/lobby-e-politica-la-mappa-degli-interessi/ Sat, 21 Dec 2013 23:22:25 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=1924 Sanità. Grandi opere. Armi. Taxi. I gruppi di pressione a Palazzo hanno i propri referenti. E nessuno è riuscito a regolamentarli. M5s: «Quello nel video è Tivelli». Salva-Roma: intesa sui giochi.

Troppi lobbisti alla Camera durante il voto sulla legge di Stabilità targata Letta. Troppe persone con la ventiquattrore avvicinano i parlamentari o i loro portaborse passando fogli e foglietti con emendamenti e modifiche al testo, per indirizzare le fonti di spesa della manovra in una direzione invece che in un’altra.
A partire dal tanto discusso sub-emendamento sulle slot machine. Presentato dal Nuovo centrodestra – i cui esponenti, dalla firmataria Federica Chiavaroli al sottosegretario Alberto Giorgetti, sono legati a doppio filo con le società dell’azzardo – ma appoggiato in un primo momento pure dal Pd (che nel settore vanta una storia decennale)

LA LETTERA A BOLDRINI. La denuncia di questa invadente presenza è contenuta in una lettera che i deputati 5 stelle hanno scritto alla presidente della Camera Laura Boldrini. Dove si parla tra l’altro di «badge» per gli ospiti rilasciati con «disinvoltura», anche perché permettono ai lobbisti una grande libertà di movimento fra sale e uffici di Montecitorio.

M5S CONTRO LUIGI TIVELLI. E non è tutto. I pentastellati continuano la loro battaglia quotidiana contro questi «squali» che hanno trasformato la Stabilità in una «legge marchetta».
Così il 21 dicembre hanno fatto nomi e cognomi. Il lobbista intercettato – e filmato – dai grillini davanti a una commissione di Montecitorio mentre si vantava di aver fatto bloccare il taglio delle pensioni d’oro sarebbe Luigi Tivelli, ex funzionario della Camera. Lui «è il vero mercante del tempio», ha detto il deputato-cittadino Giorgio Sorial.

Albo dei lobbisti: una riforma insabbiata

C’è da dire che le truppe pentastellate – ultime arrivate in parlamento – sono sempre state in prima linea nella battaglia alle lobby.

A questo proposito è utile segnare una data: 5 luglio 2013. Il Consiglio dei ministri discusse una legge ad hoc, voluta proprio dai parlamentari grillini. Il testo prevedeva l’istituzione di un albo dei lobbisti, affidava il loro controllo all’Antitrust, chiedeva regole stringenti e limiti all’attività di pressione. E, soprattutto, l’obbligo dei ministri a redigere una relazione che desse conto dei loro rapporti con questi personaggi e le società che essi rappresentavano.

L’OPPOSIZIONE DI LUPI E MAURO. Ma tutto, ovviamente, si bloccò. Contrari a molte di queste regole, ma non furono i soli, i due ministri di Comunione e liberazione, Maurizio Lupi (Infrastrutture e trasporti, cioè grandi appalti) e Mauro Mauro (Difesa, cioè appalti per l’industria militare), entrambi vicini alle aziende della Compagnia delle opere.
Così il governo affidò a Enzo Moavero (ministro per l’Europa) il compito di preparare uno studio sulle norme analoghe vigenti nei Paesi dell’Ue. Finito, come prevedibile, in un nulla di fatto.

VeDrò, il governo e la sponsorizzazione dei grandi gruppi

Il premier Enrico Letta.(© Ansa) Il premier Enrico Letta.

In verità il governo aveva già risolto la questione a modo suo, attraverso un’associazione che «permette» ai lobbisti di prendere contatti direttamente con sei ministri. Si tratta della Fondazione VeDrò, think tank di Enrico Letta, che – secondo un’inchiesta de L’Espresso – ha un bilancio annuo di circa 1 milione di euro, frutto delle donazioni, tra gli altri, di Eni, Autostrade, Lottomatica, Sisal, Farmindustria, Telecom Italia, Vodafone, Edison, Nestlé, Sky.
CINQUE MINISTRI ASSOCIATI.  Sono solo sponsorizzazioni dei convegni, si sono sempre difese le aziende. Ma il rapporto resta. Anche perché di VeDrò fanno o facevano parte tra gli altri i ministri Angelino Alfano, Beatrice Lorenzin, Andrea Orlando, Maurizio Lupi, Nunzia De Girolamo. E gli ex ministri Josefa Idem e Corrado Passera.

I rappresentanti della Compagnia delle opere

La Compagnia delle opere, enorme rete di aziende legata a Cl, conta oggi su due ministri: sono Lupi e Mauro. Quest’ultimo si è distinto per il suo impegno nel proteggere gli appalti per gli armamenti, come gli F35 che difende a spada tratta, un affare al cui interno c’è pure Finmeccanica.
Nell’ultimo esecutivo Berlusconi, era Giancarlo Galan a fare da tramite con l’associazione fondata da don Giussani. All’epoca in cui era presidente del Veneto, gli appalti affidati alle aziende di Cl hanno vissuto una stagione assai felice, con aumento degli affidamenti e degli incassi.

La sanità fa pressing sulle Regioni

Le lobby della sanità da qualche anno, pur non trascurando certo i Palazzi romani, si muovo soprattutto nelle Regioni, dove sono ormai localizzati i centri di spesa.
Lo dimostra, su tutti, il caso della clinica Maugeri di Milano e delle presunte tangenti pagate all’allora governatore Roberto Formigoni. Il Celeste, lasciando Berlusconi al momento giusto e spostandosi su Alfano, ha saputo conservare il suo ruolo influente nei rapporti tra Compagnia delle opere, politica ed esecutivo.

Alfano, gli avvocati e la riforma

Non sono solo le aziende a fare opera di lobbying, ma anche le categorie. Sarà un caso, ma l’avvocato Angelino Alfano, quando indossa la giacca da vicepremier preme per una riforma della giustizia che limiti i poteri di giudici e pm. Riforma invisa ai magistrati ma auspicata dai colleghi in toga del leader del Ncd, già titolare del dicastero di via Arenula con il governo del Cavaliere.

Il petrolio di Zanonato

Il ministro per lo Sviluppo Flavio Zanonato è stato di recente accusato da Greenpeace di essere particolarmente sensibile alle richieste della lobby del petrolio, tanto da aver messo in cantiere un piano a vantaggio dei combustibili fossili e a danno delle energie rinnovabili.
Per questo ha fatto discutere la posizione pro-petrolio presa da Zanonato a metà ottobre 2013 quando, insieme con altri otto ministri di altrettanti Paesi europei, ha firmato una dichiarazione dove si indicava l’impegno a ridurre le emissioni inquinanti come una delle cause della crisi economica che attanaglia l’Ue.

La crociata di De Girolamo

Tra i più duri oppositori della regolamentazione delle lobby c’è il ministro dell’Agricoltura, Nunzia De Girolamo. «No a una legge sovietica», ha tuonato la determinata esponente alfaniana, ottenendo il plauso delle organizzazioni di categoria di ogni parte e colore politico.

ARIA D CONFLITTO DI INTERESSE. A far imbufalire il ministro – il cui padre Nicola è da anni il direttore del Consorzio agrario di Benevento – soprattutto l’obbligo, previsto dalla legge ormai insabbiata, di redigere una lista nominativa dei lobbisti ricevuti e incontrati: il passaggio di carte e consigli, insomma, meglio che rimanga segreto.

Taxisti, appoggi bipartisan e nei Comuni

L'ex sindaco di Roma Gianni Alemanno a bordo di un bus.(© 2013 Imagoeconomica) L’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno a bordo di un bus.

Un’altra lobby potentissima in Italia è quella dei taxisti. Quando nel dicembre 2011 il governo Monti nel Salva Italia paventò l’idea della liberalizzazione delle licenze, la mobilitazione fu totale. Sette dirigenti delle più importanti organizzazioni di categoria marciarono su Roma per incontrare i componenti della commissione Bilancio. Insieme scrissero un testo. E le liberalizzazioni rimasero un ricordo. L’allora segretario generale di Palazzo Chigi, Manlio Strano, li ricevette ufficializzando la marcia indietro dell’esecutivo.

BIPARTISAN E VINCENTI. La lobby premette anche sul pacchetto di liberalizzazioni Tremonti. Ottenendo più o meno gli stessi effetti. E non fece sconti a Pier Luigi Bersani, svuotando di fatto la sua riforma del 2006.
La forza delle auto bianche sta nel loro essere bipartisan, trasversali.
Ma è a livello locale che la pressione è più forte. A Roma il punto di riferimento, per esempio, era l’ex sindaco Gianni Alemanno.

Fonte: Lettera43.it

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