Regno Unito – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 03 May 2016 17:24:01 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.2 Irlanda, le regole per i lobbisti sono più ferree che in Gran Bretagna http://www.lobbyingitalia.com/2016/01/irlanda-le-regole-per-i-lobbisti-sono-piu-ferree-che-in-gran-bretagna/ Fri, 29 Jan 2016 15:30:05 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=3149 Ci sono stati molti lamenti silenziosi e stridore di denti da parte di alcuni lobbisti professionisti in Irlanda, con le novità prorompenti della scorsa settimana sul nuovo regime di comunicazione al pubblico e di registrazione del lobbying. La relativa rigidità del nuovo regime irlandese, che prevede la divulgazione dei dettagli di quasi ogni attività di lobbying scritta o verbale nei confronti di un funzionario pubblico, è in netto contrasto con il regime introdotto lo scorso anno in Gran Bretagna.

Gli esperti britannici hanno descritto il loro nuovo sistema come “debole” e “falso”. A differenza dell’Irlanda, solo i lobbisti consulenti sono coperti dalla regolamentazione britannica, lasciando fuori dalla normativa i responsabili public affairs interni alle aziende. I lobbisti professionisti nel Regno Unito possono anche evitare di presentare le dichiarazioni, che sono così prive di dettagli da essere comunque praticamente insignificanti, se dicono solo che è stata redatta una comunicazione che è stata poi inviata dal loro cliente.

In Irlanda, tutti i gruppi che svolgono attività di lobbying, siano società di consulenza o altro, devono comunicare le proprie attività su base trimestrale, compreso l’obiettivo che si stava cercando di raggiungere. La maggior parte degli studi legali nel Regno Unito, per esempio, sembrano aver ignorato i loro obblighi di registrazione, mentre i loro vicini irlandesi sono stati costretti a registrarsi.

Nel frattempo, il termine per le prime pubblicazioni sul registro irlandese è scaduto più di una settimana fa, ma ci sono stati alcuni interessanti arrivi in ​​ritardo nei giorni scorsi. La Honorable Society of King’s Inns, la corporazione che si occupa della formazione degli avvocati, ha reso pubblica lo scorso mercoledì l’attività di lobby sulla riforma legale intrapresa dal suo amministratore delegato, ed ex segretario generale del Dipartimento di Giustizia, Sean Aylward.

Anche Vape Business Ireland, un’associazione di settore delle e-cig di cui fanno parte più grandi aziende produttrici di tabacco tradizionale del Paese, ha inserito i propri dati per aver svolto la propria attività di lobby nei confronti dei parlamentari rispetto alla regolamentazione del vaping. Meglio tardi che mai.

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Influenza (ir)responsabile: il 96% dei lobbisti britannici sono non regolati http://www.lobbyingitalia.com/2015/10/influenza-irresponsabile-il-96-dei-lobbisti-britannici-sono-non-regolati/ Fri, 02 Oct 2015 16:19:19 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2967 I lobbisti in-house che rappresentano gli interessi delle grandi imprese sono esclusi da una regolamentazione del lobbying lassista in Gran Bretagna, e questo fa aumentare il rischio di corruzione nella terra d’Albione, come testimonia un nuovo report di Transparency International UK. Analizzando dati provenienti da Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord, infatti, secondo la ONG sulla trasparenza il nuovo registro sarebbe inadatto allo scopo.

Il think tank, che cerca di combattere la corruzione in tutte le sue forme, dice che il pubblico britannico è “lasciato all’oscuro” da architetti inspiegabili che danneggiano il panorama politico della Gran Bretagna.

Il nuovo rapporto di TI UK, dal titolo “Accountable Influence“, indica che meno del 4% della sfera del lobbying britannico è regolata nonostante gli interessi corporativi abbiano un forte ruolo nel policy making britannico. La ricerca, pubblicata negli scorsi giochi, segna il lancio della campagna del think tank per sottolineare l’importanza della trasparenza nella lotta contro la corruzione.

I lobbisti cercano di influenzare la spesa di gran parte dei soldi pubblici del governo della Corona, ma spesso non sono responsabili delle loro azioni nei confronti dell’opinione pubblica. L’80% dei lobbisti del Regno Unito, secondo il rapporto, rappresenta gli interessi delle aziende top 100 registrate alla borsa di Londra.

TI UK ha scoperto anche potenziali conflitti di interesse dei parlamentari che svolgono anche attività di consulenza. Nel 2014, 73 parlamentari hanno ricevuto 3,4 milioni di sterline come compenso per le consulenze da loro svolte al di fuori del loro ufficio pubblico. Ciò è legale per la Camera dei Comuni, mentre rimane illegale per la Camera dei Lord e i parlamenti di Scozia e Galles. Un rapporto del Britain’s Committee on Standards in Public Life nel 2013 aveva raccomandato agli “MPs” di essere campioni di altruismo, integrità, obiettività, responsabilità, apertura, onestà e leadership nel proprio lavoro.

Nonostante il settore sia stato da poco regolamentato, ci sono molte carenze del nuovo registro dei lobbisti e degli interessi dei parlamentari britannico: TI UK ha rivelato 39 esempi di “falle nel sistema” nel rapporto tra legislatori e lobby britanniche.

Il capo delle ricerche della ONG Nick Maxwell ha quindi chiesto al Parlamento di introdurre l’obbligatorietà della registrazione per tutti i tipi di lobbisti, siano essi consulenti o aziendali, in modo da fornire al pubblico “informazioni accurate, significative, accessibili” sugli incontri tra rappresentanti di interessi e decisori. Ovviamente monitorati da un’agenzia totalmente indipendente per garantire i principi di trasparenza e partecipazione democratica.

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Regno Unito, il Lobbying Act 2014 scontenta ancora le ONG http://www.lobbyingitalia.com/2015/06/regno-unito-il-lobbying-act-2014-scontenta-ancora-le-ong/ Fri, 26 Jun 2015 13:10:11 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2837 Ci sono già molte proposte di riforma per la “relativamente nuova” normativa britannica sul lobbying.

Il Lobbying Act del Regno Unito, approvato a inizio 2014 con il royal assent della Corona, è stato definito “legge bavaglio” dalle organizzazioni “non-party” britanniche per aver previsto, nella seconda sezione (su tre: la dicitura completa è Transparency of Lobbying, Non-party Campaigning and Trade Union Administration Act 2014), misure molto restrittive sul finanziamento della politica nei loro confronti.

Anche la prima parte della regolamentazione, quella che riguarda la trasparenza delle lobby, ha deluso molto le aspettative prospettate dal governo Cameron: per prima cosa, le regole riguardano solamente i consultant lobbyists, ossia solo una minima parte dei lobbisti britannici, escludendo coloro che lavorano in-house presso le aziende maggiori, gli studi di consulenza legale o finanziaria e le fondazioni o associazioni. Inoltre, i pochi soggetti a registrazione non hanno grandissimi obblighi di trasparenza: nessun obbligo di rendere pubblici gli incontri, né il budget impiegato per le azioni di lobbying.

Sulla seconda parte, però, i soggetti interessati stanno proponendo degli emendamenti. La legge, infatti, ha imposto limiti molto bassi sul finanziamento della politica in fase pre-elettorale da parte delle associazioni di advocacy o delle ONG: 20mila £ in Gran Bretagna, e 10mila nelle altre parti del Regno Unito per ogni constituency. La Third Party Campaigning Review, a cura del Conservatore Lord Hodgson of Astley Abbotts, ha aperto negli scorsi mesi una consultazione pubblica che si è chiusa a inizio Giugno. Il prossimo step è un successivo questionario riservato ai soggetti interessati per presentare proposte in base a 33 argomenti, entro il prossimo mese di Luglio.

Secondo lord Hodgson, “sarà importante per il valore dell’inchiesta che aderiscano più soggetti politici da parte di tutta la società. Finora la review ha raccolto molto successo, e sarà importante che il lavoro fatto finora non vada perso. Spero che emergeranno dalla consultazione molti spunti”.

La review, prevista dall’art. 39 del Lobbying Act, è un istituto governativo che prevede il monitoraggio del processo elettorale subito dopo le elezioni. Il primo banco di prova si è avuto alle scorse elezioni politiche; il primo monitoraggio, in programma per il novembre 2016, potrebbe anche essere anticipato di diversi mesi. Molte organizzazioni, come la PRCA britannica, hanno già esposto la loro posizione in merito all’ultima campagna elettorale, in cui hanno avuto minore impatto sul finanziamento politico rispetto al passato, augurandosi che gli organi parlamentari competenti modificassero la norma.

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Scozia, il Governo apre una consultazione su un ddl lobbying (PR Week) http://www.lobbyingitalia.com/2015/06/scozia-il-governo-apre-una-consultazione-su-un-ddl-lobbying-pr-week/ Wed, 10 Jun 2015 20:51:59 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2819 Il Governo scozzese ha avviato un processo di consultazione su proposte volte a introdurre un Lobbying Transparency Bill.

Il Governo vuole introdurre un registro dei “lobbisti che si incontrano direttamente con i membri del Parlamento scozzese e ministri scozzesi“, si legge in un comunicato.

Lo Standards, Procedures and Public Appointments Committee del Parlamento scozzese ha condotto uno studio sul lobbying, i cui risultati sono stati pubblicati nel mese di febbraio.

Il suo compito era quello di verificare se ci fossero problematiche, reali o percepite, in merito all’attività di lobbying e, in caso affermativo, come questa potesse più efficacemente essere indirizzata, in che misura un registro dei lobbisti avrebbe potuto aiutare questo processo, che cosa un tale registro avrebbe dovuto riguardare e come sarebbe stato utilizzato in pratica, e infine se fossero necessari altri passi per migliorare la correttezza e la trasparenza in questo settore.

Nelle sue conclusioni, il Comitato ha dichiarato che dovrebbe essere istituito un registro al fine di rendere l’attività di lobbying “più trasparente e accessibile al pubblico”.

Il registro proposto coprirebbe le attività di lobbying “significative”, definito quello in cui le organizzazioni o hanno attuato il contatto con i politici o speso ingenti risorse in attività di influenza.

Il Governo ha dichiarato di invitare a rilasciare commenti sulle proposte fino al 24 luglio da tutte le parti interessate.

Nella sua risposta, APPC Scotland (associazione che raggruppa lobbisti e consulenti per le relazioni istituzionali che operano in Scozia) ha affermato il modo più conveniente per garantire partecipazione e trasparenza del lobbismo sarebbe pubblicare, da parte di ministri, funzionari pubblici e parlamentari scozzesi, le sezioni salienti dei loro diari ufficiali.

La APPC sosterrebbe l’introduzione di un registro solo se applicato ugualmente anche a tutti coloro che “fanno attività di lobbying a titolo professionale”, tra cui gli studi legali, le società di consulenza e i think-tank.

Tuttavia, la APPC ha inteso “fondamentalmente contrario in linea di principio e nella pratica” includere su un nuovo registro le informazioni finanziarie.

Peter Duncan, presidente di APPC, ha detto: “APPC ei suoi membri sostengono ogni misura ragionevole per migliorare e garantire la trasparenza del processo politico. Ogni registro obbligatorio dovrebbe cercare di raggiungere questo obiettivo, ma in maniera proporzionata, in modo che non diventi eccessivamente oneroso per il settore”.

L’Associazione per i Public Affairs scozzesi ha anche accolto con favore la proposta di “parità di condizioni”, includendo tutte le organizzazioni che fanno attività di lobbying, e ha detto che non ci dovrebbe essere eccenzioni.

Alastair Ross, segretario dell’Associazione, ha aggiunto: “Vogliamo anche vedere uno schema che sia proporzionato, e quindi la registrazione di riunioni, piuttosto che chiamate telefoniche, e-mail e altre attività di public affairs, sembra un requisito ragionevole”.

Tuttavia, ci mancano ancora dettagli su punti come ciò che costituisce “significativa attività di lobbying” o lobbying “minore”, e le sanzioni penali che i ministri hanno in mente quando si parla di un regime “con denti sufficienti”.

Ci sono una serie di contrasti con il Registro del Regno Unito, non da ultimo che la Scozia di proporre un registro che non comporta spese sul bilancio. Regno Unito e Scozia impareranno ognuno dell’esperienza dell’altro?

Fonte: PR Week

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Il registro del lobbying dell’Irlanda può insegnare molto al Regno Unito (PR Week) http://www.lobbyingitalia.com/2015/06/il-registro-del-lobbying-dellirlanda-puo-insegnare-molto-al-regno-unito-pr-week/ Tue, 02 Jun 2015 11:24:13 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2800 Ora che le elezioni sono parte del passato, l’attenzione si rivolge all’agenda legislativa. Il lobbying non è stata una tematica elettorale, ma il governo deve rivedere la difettosa normativa sul lobbying che è stata approvata in fretta e furia nel 2014.

Un nuovo interessante provvedimento volto a rendere più trasparente il settore lobbistico del Paese è recentemente entrato in vigore nella Repubblica d’Irlanda, approvato all’inizio di quest’anno dall’Oireachtas (Parlamento).

Il Regulation of Lobbying Act 2015, annunciato nell’aprile 2015 dopo due anni di negoziati, è molto diverso dalla legislazione analoga portata avanti a Westminster e molto criticata, in particolare in merito a tre aspetti cruciali:

  • Racchiude una definizione molto più ampia di “decisore pubblico”: mentre l’atto del Regno Unito enumera solo ministri e segretari permanenti, la legge irlandese aggiunge anche parlamentari backbenchers (ovvero coloro che siedono in Parlamento ma non rientrano nella squadra ministeriale).
  • Anche la definizione di “lobbista” è molto più ampia: la legge irlandese richiede la registrazione da parte dei lobbisti in-house, oltre che i lobbisti conto terzi.
  • Infine, la legge irlandese comprende anche un codice di condotta per i lobbisti.

Il nuovo registro, supervisionato dal mese scorso dalla canadese Sherry Perreault, è uno sviluppo interessante, e mette in chiara luce i problemi emersi sulla regolamentazione dei lobbisti nel Regno Unito.

La legislazione del Regno Unito è stata portata avanti in fretta e le sue carenze sono state ampiamente documentate, ma l’approvazione di questa normativa più completa sulla sponda irlandese dà ulteriori motivi al Governo britannico di rallentare l’azione sul registro obbligatorio, che non è ancora attuato in pieno.

Il modello irlandese potrebbe rivelarsi istruttivo: non appena potranno esserne analizzati gli effetti, è possibile che Westminster abbia una best practice per correggere i propri errori.

Esso fornisce al nuovo governo l’opportunità di un periodo di riflessione per imparare la lezione con un approccio alternativo.

È stato a lungo sostenuto che il registro del lobbying del Regno Unito, che incorpora solo l’1% cento dei lobbisti che lo praticano effettivamente, è fondamentalmente sopravvalutato e dovrebbe essere ampliato per includere tutti i lobbisti, sia in-house che conto terzi.

Sarà particolarmente interessante vedere come verrà messo in pratica il più completo approccio dell’Irlanda.

Gli oppositori di un approccio “inclusivista” sostengono che sarebbe troppo burocratico e non necessario.

Al contrario, se il nuovo governo sta cercando di introdurre un sistema di registrazione dei lobbisti veramente innovativo, che offra una maggiore trasparenza, allora includere tutti i lobbisti deve essere il primo principio da rispettare.

Questo punto di vista non è solo proprio dei delle società di lobbying: sia ONG che si occupano di trasparenza che più di 20 associazioni di categoria e sindacati hanno chiesto un sistema che includa tutti i tipi di lobbisti.

Nei prossimi mesi sarebbe opportuno che l’Ufficio di Gabinetto avviasse un dialogo aperto con il legislatore irlandese per discutere e condividere le esperienze, mantenendo un occhio vigile su come la legislazione è rispettato dai lobbisti d’Irlanda.

Il governo ha sbagliato nella scorsa legislatura; ora è il momento per riparare agli errori.

Il sistema di registrazione irlandese dà a Westminster la possibilità di valutare sia i pregi che i difetti di un approccio alternativo. È un’opportunità da cogliere al volo per fornire alla casa della democrazia britannica le “pareti di vetro” che da sempre ne caratterizzano il rapporto con i cittadini.

Iain Anderson, presidente dell’Associazione dei Consulenti Politici professionisti (APPC)

Fonte: PR Week

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Norme sul lobbying: l’Europa avanza, l’Italia è immobile http://www.lobbyingitalia.com/2014/01/norme-sul-lobbying-leuropa-avanza-litalia-e-immobile/ Wed, 29 Jan 2014 12:12:46 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2154 E con il via libera arrivato ieri da parte della Camera dei Lords alla “Lobbying Bill” proposta dal Primo Ministro britannico David Cameron, sono ora 26 i paesi al mondo (di cui 10 europei), oltre all’Unione Europea, ad avere norme che regolano l’attività di lobbying.

Quello delle normative sul lobbying è un processo che parte da lontano, e che vede la sua prima vera affermazione negli USA col “Federal Regulation of Lobbying Act” del 1946 (sostituito nel 1995 dal “Lobbying Disclosure Act” e dalle successive modifiche volute anche dal presidente Obama con l’Honest Leadership Act). Ma, in particolare a partire dagli anni 2000, anche l’Europa ha iniziato a marciare verso lo stesso obiettivo, sotto la spinta di una richiesta da parte di cittadini, imprese e organizzazioni internazionali (con OCSE e ONU in prima fila) di una sempre maggior trasparenza della politica. E gli stessi lobbisti, contrariamente ad un’errata opinione comune, sono assolutamente favorevoli (come dimostrato da un sondaggio dell’OCSE del 2009) ad una regolamentazione del settore, che garantirebbe loro certezza del diritto per la loro attività e una legittimità che certamente aiuterebbe anche l’aspetto business.

La situazione italiana sul tema è purtroppo nota. Circa 50 progetti di legge e un ddl del Governo Prodi tra il 1976 ed oggi hanno portato al nulla di fatto. Il presidente del Consiglio Enrico Letta più volte si speso in favore di una legislazione adeguata, ma uno scontro tra i Ministri Quagliarello e D’Alia – interventi con due progetti contrastanti –  e la forte opposizione dell’ex Ministro De Girolamo (che paventò addirittura un “ritorno all’Unione Sovietica”) in Consiglio dei Ministri lo scorso luglio, ha fatto finire tutto in un mandato al Ministro delle Politiche UE, Moavero Milanesi “di fare un esame comparato con i principali paesi europei“.

Essendo ormai passati sei mesi, e dopo un ulteriore intervento televisivo del presidente Letta poche sere fa, come aiuto al Governo abbiamo pensato potesse essere utile rendere noto l’esame comparato che il Governo (ufficialmente, è chiaro) non ha ancora realizzato. Ecco quindi di seguito un quadro delle norme esistenti sul lobbying nei vari stati dell’Unione Europea ed europei in generale.

Le normative sul lobbying in Europa

Il primo paese a normare l’attività di lobbying è stata la Germania, il cui registro risale addirittura al 1951, istituzionalizzato poi nel settembre 1972. Il registro è volontario, e non è designato come un registro dei lobbisti di per se. Infatti, è primariamente un sistema che regola l’accesso agli edifici parlamentari. Inoltre, include solo organizzazioni e non individui, non include informazioni finanziarie sulle risorse impegnate, mentre invece impone  di comunicare soggetti rappresentati e le questioni su cui l’organizzazione lavora. La norma riflette la tradizionale cultura tedesca del coinvolgimento delle organizzazioni di rappresentanza (principalmente dell’industria e i sindacati) e delle fondazioni nel sistema decisionale pubblico. Sono di conseguenza assenti dal registro le società di lobbying. Al 24 gennaio 2014 erano 2148 le organizzazioni registrate.

La Germania inoltre presenta dei registri anche a livello di lander. Brandenburgo e Renania-Palatinato ne hanno istituito uno nel 2012, mentre Berlino e l’Assia dovrebbero averne uno a breve.

L’Austria è il paese con la regolamentazione più recente. Nel 2012 ha adottato un stringente regolamentazione dell’attività di lobbying con una norma denominata “Lobbying- und Interessenvertretungs-Transparenz-Gesetz” (Legge sulla trasparenza di lobbying e rappresentanza di interessi”. Il Bundestag austriaco ha approvato una norm che impone un registro obbligatorio per tutti coloro che ricevono un compenso per attività mirate ad influenzare la legislazione o le politiche pubbliche. L’obbligo riguarda anche le organizzazioni di rappresentanza . Tra i dati da includere nel Lobbying- und Interessenvertretungs-Register, gestito dal Ministero della Giustizia, sono inclusi: l’identità del lobbista, i clienti, le questioni su cui il lobbista lavora e i contatti con i funzionari pubblici (Ministri, parlamentari, dirigenti della PA). La gran parte di questi dati è disponibile al pubblico via web. Inoltre, i lobbisti debbono impegnarsi a rispettare un Codice di Condotta incluso nella norma generale, la cui violazione può portare alla sospensione dal registro e quindi dalla possibilità di esercitare l’attività. La norma è in vigore dall’1 gennaio 2013. Al 29 gennaio 2014 risultano essere 231 i lobbisti o le organizzazioni iscritte al Registro austriaco.

Sempre nel 2012, nel mese di luglio, la Tweede Kamer der Staten-Generaal, la Camera Alta del Parlamento d’Olanda ha introdotto con un proprio atto un Lobbyistenregister che prevede un sistema di accessi (uno per organizzazione) alla Camera. Il Registro distingue tre categorie di lobbisti: rappresentanti di società di consulenza di PR o public affairs; i lobbisti delle associazioni di rappresentanza, e quelli delle municipalità e delle province. Al 13 gennaio 2014 erano 78 i lobbisti rappresentanti di società o organizzazioni iscritti nel Registro olandese, che prevede una disclosure limitata di informazioni, ma aiuta a regolamentare l’accesso, tema assai sentito da parte di istituzioni e lobbisti.

Anche la Francia presenta una regolamentazione assai leggera a seguito dell’istituzione di un Registro dei lobbisti presso l’Assemblee national e il Senat. Come in Olanda, la registrazione consente ai lobbisti un accesso diretto alle sedi delle due camere, Palais Bourbon e a Palais du Luxembourg. A seguito di recenti aggiustamenti (il rapporto Sirigue del marzo 2013), le informazioni contenute nel registro sono molto più abbondanti: oltre ai nomi dei lobbisti debbono infatti essere rese note le risorse assegnate da una particolare società o ONG; le società di consulenza sono invitate a fornire i nomi dei loro clienti e le ONG le fonti delle donazioni e sovvenzioni. Inoltre, ci sono più filtri prima dell’iscrizione (che può essere respinta), è stato limitato l’accesso ad alcune aree mentre è stata data la possibilità ai lobbisti registrati di ricevere degli alert o inviare contributi sulle norme. Le relazioni individuali tra parlamentari e lobbisti non sono condizionate dall’inclusione di quest’ultimi nel registro (sarebbe incidere sulla libertà dei parlamentari). E’ previsto un Codice di Condotta. Al 28 gennaio 2014 risultano essere 237 i lobbisti registrati. Più limitato è invece il registro del Senato. Rimane infine il buco nero dei rapporti tra lobbisti e Governo. E’ possibile che però presto venga istituito un registro unico presso l’Haute Autorité pour la transparence de la vie publique che ha come mission anche quella di dare indicazioni sui rapporti tra lobbisti e amministrazione pubblica.

L’Europa dell’Est avanza

Diversa è la situazione dei paesi dell’ex blocco sovietico, dove più si è sviluppata una regolamentazione dell’attività grazie alle spinte delle OCSE a supporto del processo di democratizzazione, anche se principalmente in un’ottica di politiche anticorruzione.

La Lituania è stato il primo paese dell’Est ad adottare una legge sull’attività di lobbying il 27 giugno 2000 (entrata in vigore l’1 gennaio 2001).  La legge determina cos’è l’attività di lobbying, un lobbista (inteso solo come il consulente) e il suo cliente; prevede il controllo sulle informazioni fornite e una serie di sanzioni per la violazione della norma. La legge definisce attività di lobbying quella condotta dietro compenso mirata ad influenzare l’adozione, la modifica, l’integrazione o l’abrogazione di atti normativi. La legge è stata però scarsamente applicata, e ciò perché le ONG e altri soggetti hanno rifiutato di essere integrati, anche per un processo culturale che deriva dal ricordo del regime sovietico che tendeva ad inquadrare nel sistema e schiacciare ogni rappresentanza della società civile.

La Polonia ha approvato una norma che regola l’attività di lobbying e impone un registro obbligatorio nel 2005.   Tra i principali elementi della norma la definizione di “attività di lobbying” e il tipo di lobbisti (come la Lituania, la norma si applica ai soli consulenti), le procedure di registrazione e la tarsparenza, e le sanzioni in caso di violazione della norma. Una particolarità della norma polacca è che impone ai funzionari governativo di mantenere un registro dei contatti coi lobbisti da rendere pubblico annualmente. La norma, nata in un’ottica restrittiva ha però nel tempo subito delle modifiche ispirate alla promozione del buon governo e della trasparenza dell’iter legislativo. Un punto importante infatti è che  il Governo ogni sei mesi deve pubblicare il programma del lavoro legislativo e i termini per chiudere la discussione sulle bozze normative, inoltre vengono date indicazioni agli uffici su come cooperare al meglio coi lobbisti, cui deve essere garantito accesso e spazi riservati. Al riguardo il parlamento polacco è intervenuto modificando i suoi regolamenti dando anche delle specifiche sulla gestione delle audizioni.

Nel 2006 è stata la volta dell’Ungheria ad emanare una legge sul modello UE che istituiva un registro dei lobbisti volontario, abrogata poi nel 2011 dal governo Orban, in quanto la norma “non coincideva con i costumi e le procedure ungheresi” e non veniva percepita come necessaria (col risultato di scarse iscrizioni). Nel febbraio 2013 però il governo ha inserito una serie di regole sui rapporti tra funzionari pubblici e lobbisti all’interno di un sistema generale di norme anticorruzione e trasprenza.

Dopo Israele nel 2008, che dovrebbe rivedere la norma nel suo complesso nei prossimi mesi, nel 2010 è arrivata la legge sul lobbying della Slovenia. Questa è stata inserita all’interno delle misure anticorruzione nel quadro di un programma finalizzato al rafforzamento della trasparenza del sistema. La norma prevede un Registro obbligatorio che richiede di fornire: nome e indirizzo dei lobbisti; i loro clienti; i compensi ricevuti; i finanziamenti dati ai partiti politici; le questioni su cui fanno lobbying; gli uffici contattati. Tutte le informazioni sono rese pubbliche via web e sono sottoposte al controllo della Commissione per la prevenzione della corruzione. Come in Polonia, c’è un obbligo per i funzionari governativi di rendicontare i contatti coi lobbisti, anche se nel primo anno di applicazione della norma quest’ultimo aspetto non ha ricevuto adeguato rispetto (anche per mancanza di sanzioni specifiche).

Gli altri paesi che vedono in vigore normative sul lobbying sono Macedonia, Montenegro e Georgia (inclusa come Israele, essendo la lista dei paesi che fanno parte dell’UEFA l’unico concetto alternativo reale di Europa alternativo a quello dell’UE!). E non va dimenticato che nel resto del mondo, accanto a paesi come Canada e Australia (che vedono un registro anche per gran parte delle rispettive province e stati), c’è una lunga serie di nazioni che hanno deciso di regolare in maniera più o meno adeguata l’attività di lobbying. L’ultimo della lista è il Cile, che ha approvato la norma la scorsa settimana dopo un dibattito decennale, ma prima di esso ci sono stati Messico, Colombia, Argentina e Perù. In Asia addirittura le Filippine dagli anni ’50 e Taiwan dal 2008 hanno una norma, mentre in India la discussione è stata avviata, come anche in Nigeria.

Le norme a venire nel 2014

Ma non è finita qui. Molto probabilmente Irlanda, Spagna, Bulgaria, Romania e forse persino Ucraina potrebbero avere una normativa ad hoc entro il 2014, mentre l’Italia rimane con le sue tre, inutili ed inapplicate, norme a livello regionale (Toscana, la sua copia Molise e Abruzzo) e forse con il Registro dei rappresentanti di interessi presso il MIPAAF, che forse si salverà, dopo essere stato abbandonato, a seguito delle dimissioni del Ministro De Girolamo, acerrima nemica di ogni regolamentazione delle lobbies (anche se nella scorsa legislatura fu prima firmataria di un ddl di “Disciplina dell’attività di relazione istituzionale“)

A questo punto il Ministro Moavero ha a disposizione un quadro delle norme esistente (anche se ci piacerebbe leggere quello preparatogli dai suoi uffici), di conseguenza si attende il prossimo passo al riguardo da parte del presidente Letta. Un passo che auspichiamo possa dare seguito alla recente dichiarazione a Lilli Gruber nella sua trasmissione 8 e 1/2 e, ancor di più, agli anni di lavoro portati avanti da VeDrò, il “suo” think net” ormai purtroppo abbandonato.

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Regno Unito, la Lobbying Bill passa nonostante le proteste http://www.lobbyingitalia.com/2014/01/regno-unito-la-lobbying-bill-passa-nonostante-le-proteste/ Tue, 28 Jan 2014 23:56:27 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2145 Lobbying Bill to become law after Lords rebellion falters

La Camera dei Lords ha accettato il piano del Governo Cameron di riformare l’attività di lobbying all’interno di una norma che tocca anche la regolamentazione delle spese per le campagne delle ONG e dei sindacati. I Lords avevano sconfitto tre volte il Governo la scorsa settimana (chiedendo tra l’altro un allargamento del registro a tutti i lobbisti e ai contatti coi funzionari di ogni grado), ma la House of Commons ha deciso di ignorare le scelte dei Lords, rinviando lo stesso testo ai pari, che hanno deciso di accettare senza votare ulteriormente, nonostante la Commissione che ci ha lavorato avesse definito la norma “un esempio di come non legiferare”. A questo punto la proposta verrà comunque promulgata in legge quanto prima.

La legge sul lobbying

Società, associazioni di rappresentanza e altre organizzazioni che fanno lobby direttamente su Governo e Parlamento non saranno toccate dalla nuova legge britannica sul lobbying. La norma, proposta dall’Hon. Andrew Lansley, Leader della House of Commons, obbliga infatti solamente i lobbisti consulenti a dover rendere “trasparenti” le proprie attività.

La norma approvata fa divieto agli individui di fornire servizi di consulenza di lobbying se non iscritti al Registro o se non sono dipendenti di società di consulenza a loro volta non iscritte. Registro peraltro contenente informazioni alquanto limitate. Prevede infatti l’obbligo di fornire solo nome e indirizzo del lobbista (o della società di consulenza) e i nomi dei clienti. Ogni ulteriore dato dovrà essere definito in un regolamento futuro da emanarsi da parte del Governo.

La legge eleva al grado di reato l’attività di lobbying per i consulenti non registrati, o che lo abbiano fatto in ritardo, o che non abbiano fornito informazioni accurate o veritiere. Previste sanzioni fino a £5,000 in caso di patteggiamento, mentre non sono previsti limiti per le condanne davanti ad una Crown Court. In alternativa, il Registrar of Lobbyists può imporre una multa fino a £7,500.

Nessuna trasparenza

Significativamente, la legge definisce come lobbying solo le comunicazioni, orali o scritte, fatte personalmente ai Ministri e ai segretari permanenti in relazione a legislazione primaria e secondaria, contratti pubblici, licenze e autorizzazioni, o per l’esercizio di altre funzioni governative.

La legislazione, che vede la registrazione solo in caso di lobbying condotto sul Governo, risulta assai più limitata rispetto alle norme esistenti in altri paesi. Infatti, il lobbying condotto sui parlamentari, a meno che questi non siano Ministri o consiglieri di questi, non prevede alcuna formalità, come non la prevede l’attività compiuta sui livelli di Governo più bassi. Una lacuna che lascerà nell’oscurità gran parte dei rapporti tra lobbisti-consulenti e fuzionari pubblici.

Esclusi i lobbisti In-House

L a maggior parte dell’attività di lobbying è condotta in gran parte non dai consulenti, ma direttamente da lobbisti al servizio di aziende o organizzazioni di rappresentanza, definiti in-house lobbyists, la cui attività non è coperta dalla legge.

La norma infatti, non riguarda le comunicazioni dei lobbisti di questo tipo né di coloro che lavorino per aziende che primariamente portano avanti “non-lobbying business”, la cui definizione è talmente ampia che ogni società consulenza resterà fuori dal registro a meno di non essere specializzata solo in relazioni col Governo. Per esempio, una società di consulenza che fornisca anche servizi quali media relations e marketing communications sarebbe travolta dalla norma in questione solo se questa affermasse di fornire principalmente attività di lobbying.

Della fetta di 2 miliardi di sterline che Open Knowledge stima vengano spese annualmente per fare lobbying nel Regno Unito, solo una piccola parte è spes dai soggetti toccati, come ben chiarisce questo grafico:

influenceindustry

 

Sconosciuto il contenuto del Registro.

Come già spiegato, la legge rinvia al regolamento molte delle questioni relative alle informazioni che i lobbisti dovranno inserire nel Registro. In alcuni altri paesi, la legge obbliga i lobbisti a rivelare i dettagli delle tematiche su cui lavorano, l’ammontare dei compensi ricevuti dai clienti o da altri soggetti, e se il lobbista abbia in passato occupato un ruolo governativo. Non è ancora noto se il Governo includerà alcune di quetae richieste nel regolamento attuativo.

Un registro quindi simile a quello della Trasparenza presso le istituzioni UE, ma persino più leggero e ancor meno efficace. Per avere un quadro, basta osservare i modelli di registro a confronto.

registerproposals

Niente norme etiche

Nazioni quali Canada e Australia hanno emanato anche dei codici etici che obbligano i lobbisti a condotte oneste nel rapportarsi col Governo. Condice previsto anche in Irlanda nell’attuale bozza della Regulation of Lobbying Bill 2013, in discussione presso l’Oireachtas Committee for Finance, Public Expenditure and Reform. In contrasto, la norma britannica non fa alcun riferimento alle norme etiche da rispettare.

Implicazioni

Consulenti e società devono ancor pienamente comprendere l’impatto della norma sulle loro attività. Lo stesso dovranno fare i clienti, che pur non avendo obblighi, se non si affideranno a lobbisti registrati vivranno quanto meno un rischio professionale.

La questione scozzese

Nonostante alcuni riferimenti nel testo, per quanto riguarda la Scozia, lo Standards, Procedures and Public Appointments Committee del Parlamento locale ha avviato lo scorso giugno una consultazione finalizzata all’approvazione di una regolamentazione sul lobbying ad hoc per le highlands.

Reazioni

Quattro anni fa, poco prima delle elezioni politiche 2010, il leader conservatore David Cameron annunciò la sua intenzione, se eletto, di attaccare “l’insana influenza” del “lobbying nascosto delle aziende”. Promise di portare il lobbying sotto “la luce della trasparenza” e di forzare il sistema politico ad “uscire pulito dalla compravendita di potere e influenza”.

Il tema principale del suo discorso fu “ricostruire la fiducia nella politica”, con cui attaccò l’allora Primo Ministro Gordon Brown e il suo sistema di controllo governativo e la sua gestione degli scandali politici del 2009..

Da allora la trasparenza è diventata centrale nelle dichiarazioni del governo Cameron, che più volte ha ripetuto di voler “aggiustare una politica rotta” e fare del Regno Unito “il Governo più aperto e trasparente del mondo”.

Dalle reazioni a seguito dell’approvazione della legge non si direbbe esserci riuscito però- Le reazioni sono state in gran parte negative, viste anche le altre norme inserite nel testo, che limitano molto le attività delle charities.

In un articolo pubblicato domenica sul sito del Guardian, Kiai, un avvocato kenyano ingaggiato dallo  human rights council dell’ONU, ha dichiarato: “Per quanto ‘venduto’ come un modulo per livellare il campo d’azione, la legge non fa altro che restringere gli spazi di partecipazione delle persone, in particolare per coloro coinvolti nella società civile, con rischi per l’intero sistema democratico“.

Aggiunge Kiai: “Norme originariamente mirate ai corporate lobbyists presentano ora buchi talmente grandi dal finire con l’escludere gli in-house lobbyists , i soggetti con maggior capacità di influenza nel Regno Unito, lasciando l’impatto della legge a consulenti e NGO“.

Un intervento che certo non ha fatto piacere al Primo Ministro Cameron, come la legge non lo fa alle associazioni, che per protestare hanno persino lanciato una petizione online.

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Lobby, è tempo di lettere (Formiche.net) http://www.lobbyingitalia.com/2013/12/lobby-e-tempo-di-lettere-formiche-net/ Wed, 11 Dec 2013 23:58:16 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=1931 Siamo a Natale. Si scrive di più. Biglietti di auguri, messaggi e lettere. Quelle più gettonate vanno a Babbo Natale. Quest’anno però ce n’è una, aperta, a tutti i ministri del governo inglese. A scriverla è OpenKnowledge che chiede solo un regalo: fare bene, e fare in fretta, con il lobbying bill.

Ecco qui il testo della lettera (Disponibile anche qui)

12 December 2013

Dear Mr Maude and Mr Lansley,

Response to Mr Maude’s letter of 1 November 2013 to the UK OGP civil society network re the Government’s commitment to lobbying transparency

As campaigners for greater openness in decision making, we applauded the Coalition commitment in May 2010 to ‘regulate lobbying through introducing a statutory register of lobbyists and ensuring greater transparency’. However, we are extremely concerned that the current plans, in Part 1 of the Transparency of Lobbying, Non-Party Campaigning and Trades Union Administration Bill, will fail to deliver the transparency promised. The proposed register is not fit-for-purpose. In the short time the Government has allowed for debate on the bill, it has been heavily criticised by the Political and Constitutional Reform Select Committee and Members of Parliament, as well as representatives of the consultancy industry and a wide range of civil society groups.

In sostanza. Grazie di averci provato. Ma non basta. Anzi, c’è molto da fare. Cosa? Lo dice la seconda parte della lettera:

We urge you to redraft Part 1 of the Bill to:

  • broaden the definition of lobbyist to include all third party consultants and in-house lobbyists, whether corporate, union or charity;
  • extend the definition to include lobbying of mid-ranking civil servants and special advisors; and
  • introduce fuller disclosure requirements to include the target, topic and estimated cost of lobbying activity.

Dunque, tanto per cominciare, lobbisti non sono solamente i freelance ma anche quelli che lavorano in azienda, sindacato o in enti no profit. Escluderli, dice chiaramente la lettera, significherebbe tagliare fuori l’80% dei professionisti della rappresentanza di interessi. Leggete qui: Central to our concerns is the narrow definition of lobbyist. As drafted, the Bill excludes at least eighty per cent of the industry, notably in-house lobbyists. It will also exclude most key consultant lobbyists through a significant loophole: those who in the course of their lobbying do not make contact with Ministers and Permanent Secretaries will not be required to register. This, as lobbyists and the lobbied well know, is the majority of lobbying activity. The justification for such a narrow definition does not stand up to scrutiny. The Government has defined the problem as a lack of transparency about who an agency is representing when it meets with a Minister. Official meeting lists reveal that this would apply to only a handful of meetings. As many in Parliament have pointed out, if this is a genuine problem, it would be better solved with improved disclosure from Ministers.

I “lobbati” invece non sono solamente i direttori generali, ma anche i funzionari e i consulenti. Infine, per avere piena trasparenza ci vogliono informazioni sugli obiettivi della strategia di lobbying e sui costi che il lobbista stima di spendere per raggiungerli.  Anche su questo punto la letter è chiara: “Of equal concern to us is the lack of any meaningful information on lobbying activity to be included in the proposed register. It would require lobbyists merely to register their clients, but reveal nothing of their interaction with government (i.e. whom they are lobbying, and what they are seeking to influence). This information is essential if the government is to realise its laudable aim through the register of ‘increasing public accountability and public trust in the UK system of government and improving the efficiency of government policy outcomes’. Fuller disclosure would also bring the UK in line with international standards.

Di qui il passaggio immediatamente successivo. A che serve un registro dei lobbisti? Presto detto:

The fundamental purpose of introducing a register of lobbyists is to allow the public to examine and understand the activities of lobbyists, to improve government accountability and ultimately to rebuild public trust. It is imperative to have in mind the widely held public perception of how decisions are taken by government, a view summed up by David Cameron as ‘a cosy club at the top making decisions in its own interest’. This lack of trust must be of serious concern to Government. Proper disclosure rules for lobbyists would go a long way to dispel this perception. The reality of lobbying in the UK, which would be revealed in a robust register of lobbyists, would be far more mundane than is popularly imagined. A refusal to introduce genuine transparency, however, would only reinforce the perception that public scrutiny is something politicians would rather avoid.

Conclusione politica. Ma ci può stare:

The shortcomings of the current Bill are all the more surprising considering the leadership you have shown through the Open Government Partnership and your vocal support for greater transparency. The current proposals threaten to undermine not only your ambition to be ‘the most open and transparent government in the world’, but also detract from the OGP initiative. Civil society groups long ago identified a robust register as a key priority for the Partnership, yet we encountered a surprising reluctance from some Cabinet Office officials to engage with us during the development of the proposals. The result is a register that is wholly inadequate.

The Coalition rightly identified ‘secret’ lobbying as an issue of public concern, one which ‘goes to the heart of why people are so fed up with politics’. ‘We can’t go on like this,’ said David Cameron. We urge you to now fulfil your commitment with a proper register which will allow public scrutiny of lobbying activity in the UK.

Yours sincerely,

Alexandra Runswick, Director, Unlock Democracy
Dr Andy Williamson FRSA, Founder, FutureDigital & Chair, Ivo.org
Anne Thurston, Director, International Records Management Trust
Anthony Zacharzewski, democracy campaigner
Gavin Hayman, Director of Campaigns, Global Witness
Graham Gordon, Head of Public Policy, CAFOD
Javier Ruiz, Campaigns Director, Open Rights Group
Jonathan Gray, Director of Policy, The Open Knowledge Foundation
Maurice Frankel, Director, Campaign for Freedom of Information
Miles Litvinoff, Coordinator, Publish What You Pay UK
Simon Burall, Director, Involve
Tamasin Cave, Director, Spinwatch
Thomas Hughes, Executive Director, ARTICLE 19

Post Scriptum: oltre al lobbying bill vorremmo anche la XBoX e il piumino di marca. Grazie. 

 

Fonte: Formiche.net

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Regno Unito, arriva la legge ma solo per i consulenti? http://www.lobbyingitalia.com/2013/07/lobby-uk-consulent/ Fri, 12 Jul 2013 06:52:36 +0000 http://www.lobbyingitalia.com/?p=1545

(Franco Spicciariello) Il modo in cui il Governo ha intenzione di regolare l’industria del lobbying non avrà alcun effetto su questa, come dimostra il dato relativo ai 998 meeting che i Ministri dei settori più legati al business hanno avuto con organizzazioni esterne nel 2012, di cui solo due possono essere formalmente definite società di lobbying.

In totale i ministri sono stati ospitati 175 volte da soggetti esterni nel 2012, e due sole volte da società di loggying, secondo i dati rilasciati dal business department.

Vince Cable, the business secretary, ha avuto 106 meeting con organizzazioni esterne e nessuna con società di lobbying. Anche per il segretario permanente al business Martin Donnelly risultano 36 meeting con  organizzazioni esterne e uno solo con un lobbista. E il business department è certamente il principale obiettivo dei lobbisti.

L’unico ministro dell’area business ad incontrare una società di lobbying è stato Lord Green, che ha visto dei rappresentanti di Brunswick and Montrose.

La presentazione della proposta di legge governativa che introdurrà una registro obbligatorio per i lobbisti è prevista per martedì 16 luglio. Le bozze pubblicate lo scorso anno suggeriscono la possibilità che il registro possa escludere il lobbisti che lavorano in-house in rappresentanza delle proprie società, organizzazioni di rappresentanza o organizzazioni non-profit, includendo in pratica solo i consulenti. Ma ogni organizzazione pagata per fare lobbying in favore di un soggetto terzo avrà l’obbligo di registrarsi, includendo i dettagli relativi al cliente rappresentato.

La legge sarà inusualmente guidata dal Leader of the House Andrew Lansley, invece che dal cabinet office o dal vice primo ministro, che sono i soggetti generalmentee in carico per questo tipo di normativa.

Iain Anderson, vice chairman dell’Association of Professional Political Consultants, ha richiesto ufficialmente regole uguali per consulenti e lobbisti in-house: “Come abbiamo visto, dato che la maggioranza degli incontri non coinvolgono consulenti, sarebbe da pazzi per un governo istituire un registro solo per questi. Un registro deve essere universale e includere tutti i lobbisti professionisti“.

L’industria del lobbying – che ha anche realizzato una definizione di “lobbying” – afferma che un registro obbligatorio per tutti consentire di porre fine a certe brutte pratiche diffuse tra i gruppi parlamentari, dove spesso si realizzano alcune attività di lobbying alquanto discutibili. La consultazione del registro infatti consentire bbe di verificare velocemnte chi ha diritto ad un pass per entrare in Parlamento.

Il ministro ombra del Cabinet Office Jon Trickett ha richiesto l’estensione del registro ai lobbisti full-time che lavorano per società o organizzazioni di rappresentanza quali CBI. “La definizione di lobbista deve essere adeguata, altrimenti il governo sta semplicemente sfuggendo il problema“, ha dichiarato Trickett. “Da quanto abbiamo capito, la legge escludera 1uattro quinti dell’industria del lobbying, inclusi i lobbisti delle società e i singoli professionisti. Non va bene“.

Tricketts ha sottolineato come in America tutti coloro che ricavano il 20% del proprio reddito dall’attività di lobbying sono definiti lobbisti. Il governo del Regno Unito è stato accusato di aver prima posticipato la norma, per poi accelerare il tutto dopo un recente scandalo che ha coinvolto un parlamentare della maggioranza. Inoltre nelle ultime settimane nella norma sono state incluse norme per limitare la possibilità di spesa in occasione delle elezioni per terze parti quali il sindacato Unison o simili.

Inoltre, verrà posto fine al sistema dell’autocertificazione del numero degli iscritti da parte dei sindacati. Questi infatti dovranno realizzare un audit annuale e dimostrare che il numero dichiarato di iscritti corrisponde alla realtà. Il funzionario certificatore avrà il potere di condurre indagini sui numeri presentati, che sono vitali quando vengono effettuate votazioni sindacali o viene deciso uno sciopero.

La riforma infine interverrà anche su alcuni aspetti relativi alle spese elettorali dei partiti, settando dei criteri di valutazione di attività di vario genere, quale ad esempio la stampa di volantini, per consentire di verificare se il tetto massimo di spesa previsto per i partiti –  £19 milioni – sia stato superato in occasione della campagna elettorale.

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Open Scotland? http://www.lobbyingitalia.com/2007/01/open-scotland/ Mon, 01 Jan 2007 00:00:00 +0000 http://www.lobbyingitalia.com/2007/01/open-scotland/ La devolution dei poteri dal centro al territorio voluta dal Governo guidato da Tony Blair ha portato nella politica scozzese la voglia di avere una politica aperta e trasparente. Ma come arrivare ad un tale traguardo?
Gli autori di Open Scotland affermano che in realtà non molto è cambiato, e che il vecchio modo di fare politica è ancora presente e passa per Westminstere Whitehall, che continuano a fare ombra aEdinburgo.
Questo libro offre la prima vera panoramica di come media, poltici e lobbisti interagiscono nella Scozia post-riforma. Basato su un ampio accesso a fonti di prima mano e ad interlocutori di alto livello,Philip Schlesinger, David Millere William Dinan hanno realizzato un quadro accurato di come sia difficile per le nuove istituzioni scozzesi scrivere regole del gioco adeguate al rapporto fra politica e lobbisti.
Per il libro si sono rivolti ai più importanti giornalisti scozzesi, quelli che vivono nel cuore della politica delle Highlands, e che spesso hanno un impatto decisivo sulle scelte dei decisori. Hanno osservato e intervistato i più importanti lobbisti professionisti e rivelato le loro strategie per costruirsi un’immagine rispettabile. E infine hanno parlato con spin doctorse capi ufficio stampa, analizzando la gestione dell’informazione in scozia.
Open Scotland? offre un quadro dall’interno del mondo dei giornalisti, degli spin doctor e dei lobbyists, rivelandocosa spesso c’è dietro all’informazione ed alla politica scozzese oggi.

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