messico – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Wed, 18 May 2016 18:10:09 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.2 Norme sul lobbying: l’Europa avanza, l’Italia è immobile http://www.lobbyingitalia.com/2014/01/norme-sul-lobbying-leuropa-avanza-litalia-e-immobile/ Wed, 29 Jan 2014 12:12:46 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2154 E con il via libera arrivato ieri da parte della Camera dei Lords alla “Lobbying Bill” proposta dal Primo Ministro britannico David Cameron, sono ora 26 i paesi al mondo (di cui 10 europei), oltre all’Unione Europea, ad avere norme che regolano l’attività di lobbying.

Quello delle normative sul lobbying è un processo che parte da lontano, e che vede la sua prima vera affermazione negli USA col “Federal Regulation of Lobbying Act” del 1946 (sostituito nel 1995 dal “Lobbying Disclosure Act” e dalle successive modifiche volute anche dal presidente Obama con l’Honest Leadership Act). Ma, in particolare a partire dagli anni 2000, anche l’Europa ha iniziato a marciare verso lo stesso obiettivo, sotto la spinta di una richiesta da parte di cittadini, imprese e organizzazioni internazionali (con OCSE e ONU in prima fila) di una sempre maggior trasparenza della politica. E gli stessi lobbisti, contrariamente ad un’errata opinione comune, sono assolutamente favorevoli (come dimostrato da un sondaggio dell’OCSE del 2009) ad una regolamentazione del settore, che garantirebbe loro certezza del diritto per la loro attività e una legittimità che certamente aiuterebbe anche l’aspetto business.

La situazione italiana sul tema è purtroppo nota. Circa 50 progetti di legge e un ddl del Governo Prodi tra il 1976 ed oggi hanno portato al nulla di fatto. Il presidente del Consiglio Enrico Letta più volte si speso in favore di una legislazione adeguata, ma uno scontro tra i Ministri Quagliarello e D’Alia – interventi con due progetti contrastanti –  e la forte opposizione dell’ex Ministro De Girolamo (che paventò addirittura un “ritorno all’Unione Sovietica”) in Consiglio dei Ministri lo scorso luglio, ha fatto finire tutto in un mandato al Ministro delle Politiche UE, Moavero Milanesi “di fare un esame comparato con i principali paesi europei“.

Essendo ormai passati sei mesi, e dopo un ulteriore intervento televisivo del presidente Letta poche sere fa, come aiuto al Governo abbiamo pensato potesse essere utile rendere noto l’esame comparato che il Governo (ufficialmente, è chiaro) non ha ancora realizzato. Ecco quindi di seguito un quadro delle norme esistenti sul lobbying nei vari stati dell’Unione Europea ed europei in generale.

Le normative sul lobbying in Europa

Il primo paese a normare l’attività di lobbying è stata la Germania, il cui registro risale addirittura al 1951, istituzionalizzato poi nel settembre 1972. Il registro è volontario, e non è designato come un registro dei lobbisti di per se. Infatti, è primariamente un sistema che regola l’accesso agli edifici parlamentari. Inoltre, include solo organizzazioni e non individui, non include informazioni finanziarie sulle risorse impegnate, mentre invece impone  di comunicare soggetti rappresentati e le questioni su cui l’organizzazione lavora. La norma riflette la tradizionale cultura tedesca del coinvolgimento delle organizzazioni di rappresentanza (principalmente dell’industria e i sindacati) e delle fondazioni nel sistema decisionale pubblico. Sono di conseguenza assenti dal registro le società di lobbying. Al 24 gennaio 2014 erano 2148 le organizzazioni registrate.

La Germania inoltre presenta dei registri anche a livello di lander. Brandenburgo e Renania-Palatinato ne hanno istituito uno nel 2012, mentre Berlino e l’Assia dovrebbero averne uno a breve.

L’Austria è il paese con la regolamentazione più recente. Nel 2012 ha adottato un stringente regolamentazione dell’attività di lobbying con una norma denominata “Lobbying- und Interessenvertretungs-Transparenz-Gesetz” (Legge sulla trasparenza di lobbying e rappresentanza di interessi”. Il Bundestag austriaco ha approvato una norm che impone un registro obbligatorio per tutti coloro che ricevono un compenso per attività mirate ad influenzare la legislazione o le politiche pubbliche. L’obbligo riguarda anche le organizzazioni di rappresentanza . Tra i dati da includere nel Lobbying- und Interessenvertretungs-Register, gestito dal Ministero della Giustizia, sono inclusi: l’identità del lobbista, i clienti, le questioni su cui il lobbista lavora e i contatti con i funzionari pubblici (Ministri, parlamentari, dirigenti della PA). La gran parte di questi dati è disponibile al pubblico via web. Inoltre, i lobbisti debbono impegnarsi a rispettare un Codice di Condotta incluso nella norma generale, la cui violazione può portare alla sospensione dal registro e quindi dalla possibilità di esercitare l’attività. La norma è in vigore dall’1 gennaio 2013. Al 29 gennaio 2014 risultano essere 231 i lobbisti o le organizzazioni iscritte al Registro austriaco.

Sempre nel 2012, nel mese di luglio, la Tweede Kamer der Staten-Generaal, la Camera Alta del Parlamento d’Olanda ha introdotto con un proprio atto un Lobbyistenregister che prevede un sistema di accessi (uno per organizzazione) alla Camera. Il Registro distingue tre categorie di lobbisti: rappresentanti di società di consulenza di PR o public affairs; i lobbisti delle associazioni di rappresentanza, e quelli delle municipalità e delle province. Al 13 gennaio 2014 erano 78 i lobbisti rappresentanti di società o organizzazioni iscritti nel Registro olandese, che prevede una disclosure limitata di informazioni, ma aiuta a regolamentare l’accesso, tema assai sentito da parte di istituzioni e lobbisti.

Anche la Francia presenta una regolamentazione assai leggera a seguito dell’istituzione di un Registro dei lobbisti presso l’Assemblee national e il Senat. Come in Olanda, la registrazione consente ai lobbisti un accesso diretto alle sedi delle due camere, Palais Bourbon e a Palais du Luxembourg. A seguito di recenti aggiustamenti (il rapporto Sirigue del marzo 2013), le informazioni contenute nel registro sono molto più abbondanti: oltre ai nomi dei lobbisti debbono infatti essere rese note le risorse assegnate da una particolare società o ONG; le società di consulenza sono invitate a fornire i nomi dei loro clienti e le ONG le fonti delle donazioni e sovvenzioni. Inoltre, ci sono più filtri prima dell’iscrizione (che può essere respinta), è stato limitato l’accesso ad alcune aree mentre è stata data la possibilità ai lobbisti registrati di ricevere degli alert o inviare contributi sulle norme. Le relazioni individuali tra parlamentari e lobbisti non sono condizionate dall’inclusione di quest’ultimi nel registro (sarebbe incidere sulla libertà dei parlamentari). E’ previsto un Codice di Condotta. Al 28 gennaio 2014 risultano essere 237 i lobbisti registrati. Più limitato è invece il registro del Senato. Rimane infine il buco nero dei rapporti tra lobbisti e Governo. E’ possibile che però presto venga istituito un registro unico presso l’Haute Autorité pour la transparence de la vie publique che ha come mission anche quella di dare indicazioni sui rapporti tra lobbisti e amministrazione pubblica.

L’Europa dell’Est avanza

Diversa è la situazione dei paesi dell’ex blocco sovietico, dove più si è sviluppata una regolamentazione dell’attività grazie alle spinte delle OCSE a supporto del processo di democratizzazione, anche se principalmente in un’ottica di politiche anticorruzione.

La Lituania è stato il primo paese dell’Est ad adottare una legge sull’attività di lobbying il 27 giugno 2000 (entrata in vigore l’1 gennaio 2001).  La legge determina cos’è l’attività di lobbying, un lobbista (inteso solo come il consulente) e il suo cliente; prevede il controllo sulle informazioni fornite e una serie di sanzioni per la violazione della norma. La legge definisce attività di lobbying quella condotta dietro compenso mirata ad influenzare l’adozione, la modifica, l’integrazione o l’abrogazione di atti normativi. La legge è stata però scarsamente applicata, e ciò perché le ONG e altri soggetti hanno rifiutato di essere integrati, anche per un processo culturale che deriva dal ricordo del regime sovietico che tendeva ad inquadrare nel sistema e schiacciare ogni rappresentanza della società civile.

La Polonia ha approvato una norma che regola l’attività di lobbying e impone un registro obbligatorio nel 2005.   Tra i principali elementi della norma la definizione di “attività di lobbying” e il tipo di lobbisti (come la Lituania, la norma si applica ai soli consulenti), le procedure di registrazione e la tarsparenza, e le sanzioni in caso di violazione della norma. Una particolarità della norma polacca è che impone ai funzionari governativo di mantenere un registro dei contatti coi lobbisti da rendere pubblico annualmente. La norma, nata in un’ottica restrittiva ha però nel tempo subito delle modifiche ispirate alla promozione del buon governo e della trasparenza dell’iter legislativo. Un punto importante infatti è che  il Governo ogni sei mesi deve pubblicare il programma del lavoro legislativo e i termini per chiudere la discussione sulle bozze normative, inoltre vengono date indicazioni agli uffici su come cooperare al meglio coi lobbisti, cui deve essere garantito accesso e spazi riservati. Al riguardo il parlamento polacco è intervenuto modificando i suoi regolamenti dando anche delle specifiche sulla gestione delle audizioni.

Nel 2006 è stata la volta dell’Ungheria ad emanare una legge sul modello UE che istituiva un registro dei lobbisti volontario, abrogata poi nel 2011 dal governo Orban, in quanto la norma “non coincideva con i costumi e le procedure ungheresi” e non veniva percepita come necessaria (col risultato di scarse iscrizioni). Nel febbraio 2013 però il governo ha inserito una serie di regole sui rapporti tra funzionari pubblici e lobbisti all’interno di un sistema generale di norme anticorruzione e trasprenza.

Dopo Israele nel 2008, che dovrebbe rivedere la norma nel suo complesso nei prossimi mesi, nel 2010 è arrivata la legge sul lobbying della Slovenia. Questa è stata inserita all’interno delle misure anticorruzione nel quadro di un programma finalizzato al rafforzamento della trasparenza del sistema. La norma prevede un Registro obbligatorio che richiede di fornire: nome e indirizzo dei lobbisti; i loro clienti; i compensi ricevuti; i finanziamenti dati ai partiti politici; le questioni su cui fanno lobbying; gli uffici contattati. Tutte le informazioni sono rese pubbliche via web e sono sottoposte al controllo della Commissione per la prevenzione della corruzione. Come in Polonia, c’è un obbligo per i funzionari governativi di rendicontare i contatti coi lobbisti, anche se nel primo anno di applicazione della norma quest’ultimo aspetto non ha ricevuto adeguato rispetto (anche per mancanza di sanzioni specifiche).

Gli altri paesi che vedono in vigore normative sul lobbying sono Macedonia, Montenegro e Georgia (inclusa come Israele, essendo la lista dei paesi che fanno parte dell’UEFA l’unico concetto alternativo reale di Europa alternativo a quello dell’UE!). E non va dimenticato che nel resto del mondo, accanto a paesi come Canada e Australia (che vedono un registro anche per gran parte delle rispettive province e stati), c’è una lunga serie di nazioni che hanno deciso di regolare in maniera più o meno adeguata l’attività di lobbying. L’ultimo della lista è il Cile, che ha approvato la norma la scorsa settimana dopo un dibattito decennale, ma prima di esso ci sono stati Messico, Colombia, Argentina e Perù. In Asia addirittura le Filippine dagli anni ’50 e Taiwan dal 2008 hanno una norma, mentre in India la discussione è stata avviata, come anche in Nigeria.

Le norme a venire nel 2014

Ma non è finita qui. Molto probabilmente Irlanda, Spagna, Bulgaria, Romania e forse persino Ucraina potrebbero avere una normativa ad hoc entro il 2014, mentre l’Italia rimane con le sue tre, inutili ed inapplicate, norme a livello regionale (Toscana, la sua copia Molise e Abruzzo) e forse con il Registro dei rappresentanti di interessi presso il MIPAAF, che forse si salverà, dopo essere stato abbandonato, a seguito delle dimissioni del Ministro De Girolamo, acerrima nemica di ogni regolamentazione delle lobbies (anche se nella scorsa legislatura fu prima firmataria di un ddl di “Disciplina dell’attività di relazione istituzionale“)

A questo punto il Ministro Moavero ha a disposizione un quadro delle norme esistente (anche se ci piacerebbe leggere quello preparatogli dai suoi uffici), di conseguenza si attende il prossimo passo al riguardo da parte del presidente Letta. Un passo che auspichiamo possa dare seguito alla recente dichiarazione a Lilli Gruber nella sua trasmissione 8 e 1/2 e, ancor di più, agli anni di lavoro portati avanti da VeDrò, il “suo” think net” ormai purtroppo abbandonato.

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Lobbying in Messico, più regole che in Italia http://www.lobbyingitalia.com/2014/01/lobbying-in-messico-piu-regole-che-in-italia/ Mon, 13 Jan 2014 13:30:56 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2087 Ogni fine anno, in occasione della negoziazione del programma economico e soprattutto del pacchetto di tasse, imposte e tariffe da inserire nel successivo esercizio, la sede della Camera dei Deputati è invasa da un esercito di persone (circa tremila) al di fuori del Congresso.

Una situazione registrata anche in Italia e salita alla ribalta delle cronache soprattutto durante i lavori della “legge di stabilità” 2013, con le denunce da parte dei grillini del Movimento 5 Stelle per la presenza di lobbisti “brutti e cattivi” nelle aule di Montecitorio.

Fernando Dworak, studioso messicano del processo legislativo, definisce i lobbisti come “i vari gruppi di interesse che cercano di influenzare il processo decisionale” e non necessariamente appartenenti al settore privato, perché lo sono anche i tre livelli di governo, i sindacati, le associazioni di imprese e le ONG.  Nora Cariño, che da 15 anni si dedica a questa attività ed è fondatrice della Associazione Nazionale dei Professionisti del Lobbying (PROCAB, Asociación Nacional de Profesionales del Cabildeo A.C.), sottolinea che chi demonizza, lo fa per ignoranza. L’affiliata del Grupo Salinas ha aggiunto che i lobbisti “accumulano fonti di informazione e canali di conoscenze utili a senatori e rappresentanti che votano iniziative e prendono decisioni“.

Lobbying: le origini in Messico

Le prime manifestazioni di questa attività in Messico sono avvenute alla fine della presidenza di Luis Echeverría con la creazione del Consejo Coordinador Empresarial (National Business Council in lingua inglese) nel 1976 e si rafforzarono nella cosiddetta “era delle alleanze” cominciata con Miguel de la Madrid (entrambi esponenti del Partido Revolucionario Institucional, PRI) nel 1988. Tuttavia, il governo di Carlos Salinas de Gortari (sempre del PRI) fu quello che più vi si appoggiò per promuovere la firma del North American Free Trade (NAFTA) con Canada e Stati Uniti. Alcuni emissari portarono avanti l’iniziativa in Campidoglio e alla Casa Bianca, oltre che all’interno del Paese, per cancellare le resistenze di gruppi economici che sostenevano di poterne essere colpiti negativamente.

L’attività di lobbying per il NAFTA destò particolare attenzione da parte dei media americani nei confronti dei “vicini” messicani, che misero in atto la più grande campagna di lobbying mai effettuata prima per entrare nell’accordo commerciale accanto a Canada e Stati Uniti. Secondo il  Center for Public Integrity americano, il Messico spese 25 milioni di dollari per il lobbying negli USA (arrivando a superare le spese di Corea del Sud, Giappone e Kuwait, altri tre Paesi che in passato avevano fatto lobbying presso Congresso e Casa Bianca) tra il 1989 e il 1993, e altri 10 per il voto di ratifica dello stesso accordo[1].

Da quel momento in poi, il Messico ha addirittura avuto società di lobbying regolarmente registrate presso il Congresso americano: tra le istituzioni messicane regolarmente rappresentate a Washington ci sono il presidente Enrique Peña Nieto (PRI), che si affidò alla società di lobbying Chlopak, Leonard, Schechter & Associates; altri partiti politici (come il PAN), l’ambasciata messicana, l’amministrazione della capitale Città del Messico, il dipartimento messicano di Agricoltura ed Economia, la compagnia energetica messicana Pemex e il Mexican Visitors Board [2]. Secondo uno studio del Dipartimento di Giustizia americano [3], nel solo anno 2011 queste istituzioni arrivarono a spendere 2 milioni di dollari in attività di lobbying.

Eppure, l’attività non ebbe un grande picco fino al 1997, quando il PRI perse la sua maggioranza alla Camera dei Deputati. Alcuni ex parlamentari di quel partito videro l’opportunità di un nuovo business e fondarono società composte da avvocati, economisti e politologi. Uno di questi è Gustavo Almaraz Montaño, ex senatore della Baja California, che nel 1996 fondò il Grupo Estrategia Política S.C.. Un altro caso fu Marco Antonio Michel, ex deputato federale nella LVI legislatura, il quale creò la società di consulenza Políticas Públicas y Asesoría Legislativa S.C.. La PROCAB, fondata nel maggio del 2000, comprende attualmente 23 organizzazioni, agenzie e società registrate in aggiunta ad altre 40 imprese che lavorano al di fuori dell’organizzazione.

Queste aziende forniscono diversi tipi di servizi di informazione e di analisi, tra cui il monitoraggio e la mappatura di un cliente specifico nei suoi rapporti con i media o la progettazione di una strategia per posizionare un argomento particolare nell’opinione pubblica e, infine, la realizzazione di una campagna. Costo minimo è di circa 150mila dollari al mese, per arrivare anche ad un milione di dollari per progetto, comprese le attività per promuovere il passaggio, o bloccare qualsiasi progetto di legge, al Congresso, con un team di lavoro ampio fino a 20 persone.

Le prime regole

La prima vera azione condotta per convincere i legislatori ad adottare una regolamentazione delle lobby si registrò poi nel 1998, portata all’attenzione del Governo da parte di funzionari del ministero della Finanza e del Credito Pubblico[4]. Il lobbying cominciò anche ad essere oggetto di studio, come testimonia il libro, scritto nel 2006, di Efrén Elías Galaviz dal titolo “Il lobbying legislativo e la sua regolamentazione” (El cabildeo legislativo y su regulación [5]).

Il 26 ottobre 2005 il deputato del PAN Miguel Angel Toscano riferì che un gruppo di parlamentari federali si recò in Brasile, Ungheria, Madrid e Barcellona, ​​con tutte le spese pagate, su invito delle società British American Tobacco e Philip Morris, per assistere ai Gran Premi di Formula 1. Ciò affinché nel pacchetto fiscale del 2006 non fosse approvata una tassa sulle sigarette. L’accusa scoprì e rese pubblico il tentativo di corruzione nel giugno 2004, quando i rappresentanti di British American Tobacco e Philip Morris firmarono un accordo giudiziario con il governo messicano. Nell’accordo, le imprese si impegnarono a fornire un peso dei loro guadagni per ogni confezione venduta, risorse da destinare al Fondo spese catastrofiche dell’Assicurazione Popolare. In cambio, il governo di Vicente Fox (Partido Acción Nacional, PAN) emise un decreto che rendeva tali contributi deducibili dal pagamento di IVA e dalla tassa speciale sulla produzione e servizi.

Ma non tutte le attività di lobbying comportano alleanze negoziabili. Nora Cariño ricorda un caso: tra il 2009 e il 2010, le organizzazioni della società civile, le associazioni imprenditoriali, la PROFECO (Procuraduría Federal del Consumidor, associazione dei consumatori), la COFETEL (Comisión Federal de Telecomunicaciones) e la CONDUSEF (Comisión Nacional de Defensa de los Usuarios de Servicios Financieros) e le agenzie di lobbying stesse si sono riunite per discutere delle riforme all’articolo 17 della Costituzione. Obiettivo: consentire ai cittadini (e alla società civile in generale) la possibilità di unirsi e presentare delle class action contro gli abusi o le azioni sleali di monopoli, banche o istituzioni finanziarie, frodi di aziende o le leggi che li riguardano.

I Regolamenti parlamentari e l’attività di lobbying

I  primi sforzi effettivi per rendere trasparente questa attività risalgono al 2002. Da allora fino a settembre 2010, sono stati presentati altre 12 iniziative alla Camera e quattro al Senato. In parallelo, entrambe le Camere hanno fatto da parte loro degli sforzi per fornire un quadro giuridico a questa pratica. Il 15 Settembre 2010 è entrato in vigore il regolamento del Senato che la regola negli articoli 298 e 299. Nel gennaio 2011, la Camera Bassa ha ordinato la creazione di un registro pubblico controllato dall’ufficio di presidenza della Camera dei Deputati all’inizio di ogni Legislatura. L’ultimo registro comprende 564 professionisti del lobbying di 81 aziende e gruppi di vario tipo, e 112 persone fisiche. È del giugno 2013 l’ultimo progetto di legge finalizzato a dotare il Messico di una legislazione completa sul lobbying [6] da parte del centro di studi Libertad Y Desarrollo [7].

Dopo lo scandalo che ha coinvolto la società di consulenza PriceWaterhouseCoopers (che offrì i propri servizi per modificare la riforma fiscale) al palazzo San Lázaro (sede del Parlamento) è stato modificato nell’ottobre 2013 il Regolamento Interno, per regolare il lavoro dei lobbisti e proibire ai deputati di ricevere “doni” in natura o in contanti. Viste le critiche, secondo cui tali norme sarebbero insufficienti e che fosse necessaria una legge a carattere più generale, Nora Cariño assicurò che gli atti di disonestà di qualsiasi tipo in cui i lobbisti potessero incorrere fossero già sanzionate dal codice penale. “Il traffico illecito di influenze non è lobbying. Si tratta di un crimine e si caratterizza come corruzione, concussione o estorsione“, sottolineando che, nonostante gli scandali che circondano questa attività, come affermato da Miguel Angel Toscano, “non una sola denuncia è stata presentata presso l’autorità per dimostrare qualunque comportamento illecito“.

Nel continente americano, sei paesi hanno leggi che regolano lobbying: Stati Uniti, Canada, Colombia, Argentina e Perù. Nell’Unione Europea, curiosamente, a parte gli organi di Bruxelles solo otto Stati hanno regole organiche per tale attività: Germania, Austria, Francia, Regno Unito, Polonia, Lettonia, Macedonia, Slovenia, [8].


[1]Mexico’s NAFTA Lobbying Called a Record“: http://articles.latimes.com/1993-05-28/business/fi-40898_1_white-house, Los Angeles Times, 28 maggio 1993.

[2]Mexico’s president-elect hires DC lobbyists”: http://sunlightfoundation.com/blog/2012/07/17/mexicos-president-elect-hires-dc-lobbyists/, Sunlight Foundation, 17 luglio 2012.

[4]Lobbying: más de 200 años de historia sobre el cabildeo”: http://www.adnpolitico.com/congreso/2012/11/03/analisis-la-historia-del-cabildeo-y-regulacion, Adn Politico, 6 novembre 2012.

[8] ¿Y quiénes son y qué hacen los cabilderos?: http://www.vanguardia.com.mx/yquienessonyquehacenloscabilderos-1854629.html, Vanguardia Mexico, 18 ottobre 2013.

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