cameron – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Fri, 13 May 2016 14:04:46 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.2 Norme sul lobbying: l’Europa avanza, l’Italia è immobile http://www.lobbyingitalia.com/2014/01/norme-sul-lobbying-leuropa-avanza-litalia-e-immobile/ Wed, 29 Jan 2014 12:12:46 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2154 E con il via libera arrivato ieri da parte della Camera dei Lords alla “Lobbying Bill” proposta dal Primo Ministro britannico David Cameron, sono ora 26 i paesi al mondo (di cui 10 europei), oltre all’Unione Europea, ad avere norme che regolano l’attività di lobbying.

Quello delle normative sul lobbying è un processo che parte da lontano, e che vede la sua prima vera affermazione negli USA col “Federal Regulation of Lobbying Act” del 1946 (sostituito nel 1995 dal “Lobbying Disclosure Act” e dalle successive modifiche volute anche dal presidente Obama con l’Honest Leadership Act). Ma, in particolare a partire dagli anni 2000, anche l’Europa ha iniziato a marciare verso lo stesso obiettivo, sotto la spinta di una richiesta da parte di cittadini, imprese e organizzazioni internazionali (con OCSE e ONU in prima fila) di una sempre maggior trasparenza della politica. E gli stessi lobbisti, contrariamente ad un’errata opinione comune, sono assolutamente favorevoli (come dimostrato da un sondaggio dell’OCSE del 2009) ad una regolamentazione del settore, che garantirebbe loro certezza del diritto per la loro attività e una legittimità che certamente aiuterebbe anche l’aspetto business.

La situazione italiana sul tema è purtroppo nota. Circa 50 progetti di legge e un ddl del Governo Prodi tra il 1976 ed oggi hanno portato al nulla di fatto. Il presidente del Consiglio Enrico Letta più volte si speso in favore di una legislazione adeguata, ma uno scontro tra i Ministri Quagliarello e D’Alia – interventi con due progetti contrastanti –  e la forte opposizione dell’ex Ministro De Girolamo (che paventò addirittura un “ritorno all’Unione Sovietica”) in Consiglio dei Ministri lo scorso luglio, ha fatto finire tutto in un mandato al Ministro delle Politiche UE, Moavero Milanesi “di fare un esame comparato con i principali paesi europei“.

Essendo ormai passati sei mesi, e dopo un ulteriore intervento televisivo del presidente Letta poche sere fa, come aiuto al Governo abbiamo pensato potesse essere utile rendere noto l’esame comparato che il Governo (ufficialmente, è chiaro) non ha ancora realizzato. Ecco quindi di seguito un quadro delle norme esistenti sul lobbying nei vari stati dell’Unione Europea ed europei in generale.

Le normative sul lobbying in Europa

Il primo paese a normare l’attività di lobbying è stata la Germania, il cui registro risale addirittura al 1951, istituzionalizzato poi nel settembre 1972. Il registro è volontario, e non è designato come un registro dei lobbisti di per se. Infatti, è primariamente un sistema che regola l’accesso agli edifici parlamentari. Inoltre, include solo organizzazioni e non individui, non include informazioni finanziarie sulle risorse impegnate, mentre invece impone  di comunicare soggetti rappresentati e le questioni su cui l’organizzazione lavora. La norma riflette la tradizionale cultura tedesca del coinvolgimento delle organizzazioni di rappresentanza (principalmente dell’industria e i sindacati) e delle fondazioni nel sistema decisionale pubblico. Sono di conseguenza assenti dal registro le società di lobbying. Al 24 gennaio 2014 erano 2148 le organizzazioni registrate.

La Germania inoltre presenta dei registri anche a livello di lander. Brandenburgo e Renania-Palatinato ne hanno istituito uno nel 2012, mentre Berlino e l’Assia dovrebbero averne uno a breve.

L’Austria è il paese con la regolamentazione più recente. Nel 2012 ha adottato un stringente regolamentazione dell’attività di lobbying con una norma denominata “Lobbying- und Interessenvertretungs-Transparenz-Gesetz” (Legge sulla trasparenza di lobbying e rappresentanza di interessi”. Il Bundestag austriaco ha approvato una norm che impone un registro obbligatorio per tutti coloro che ricevono un compenso per attività mirate ad influenzare la legislazione o le politiche pubbliche. L’obbligo riguarda anche le organizzazioni di rappresentanza . Tra i dati da includere nel Lobbying- und Interessenvertretungs-Register, gestito dal Ministero della Giustizia, sono inclusi: l’identità del lobbista, i clienti, le questioni su cui il lobbista lavora e i contatti con i funzionari pubblici (Ministri, parlamentari, dirigenti della PA). La gran parte di questi dati è disponibile al pubblico via web. Inoltre, i lobbisti debbono impegnarsi a rispettare un Codice di Condotta incluso nella norma generale, la cui violazione può portare alla sospensione dal registro e quindi dalla possibilità di esercitare l’attività. La norma è in vigore dall’1 gennaio 2013. Al 29 gennaio 2014 risultano essere 231 i lobbisti o le organizzazioni iscritte al Registro austriaco.

Sempre nel 2012, nel mese di luglio, la Tweede Kamer der Staten-Generaal, la Camera Alta del Parlamento d’Olanda ha introdotto con un proprio atto un Lobbyistenregister che prevede un sistema di accessi (uno per organizzazione) alla Camera. Il Registro distingue tre categorie di lobbisti: rappresentanti di società di consulenza di PR o public affairs; i lobbisti delle associazioni di rappresentanza, e quelli delle municipalità e delle province. Al 13 gennaio 2014 erano 78 i lobbisti rappresentanti di società o organizzazioni iscritti nel Registro olandese, che prevede una disclosure limitata di informazioni, ma aiuta a regolamentare l’accesso, tema assai sentito da parte di istituzioni e lobbisti.

Anche la Francia presenta una regolamentazione assai leggera a seguito dell’istituzione di un Registro dei lobbisti presso l’Assemblee national e il Senat. Come in Olanda, la registrazione consente ai lobbisti un accesso diretto alle sedi delle due camere, Palais Bourbon e a Palais du Luxembourg. A seguito di recenti aggiustamenti (il rapporto Sirigue del marzo 2013), le informazioni contenute nel registro sono molto più abbondanti: oltre ai nomi dei lobbisti debbono infatti essere rese note le risorse assegnate da una particolare società o ONG; le società di consulenza sono invitate a fornire i nomi dei loro clienti e le ONG le fonti delle donazioni e sovvenzioni. Inoltre, ci sono più filtri prima dell’iscrizione (che può essere respinta), è stato limitato l’accesso ad alcune aree mentre è stata data la possibilità ai lobbisti registrati di ricevere degli alert o inviare contributi sulle norme. Le relazioni individuali tra parlamentari e lobbisti non sono condizionate dall’inclusione di quest’ultimi nel registro (sarebbe incidere sulla libertà dei parlamentari). E’ previsto un Codice di Condotta. Al 28 gennaio 2014 risultano essere 237 i lobbisti registrati. Più limitato è invece il registro del Senato. Rimane infine il buco nero dei rapporti tra lobbisti e Governo. E’ possibile che però presto venga istituito un registro unico presso l’Haute Autorité pour la transparence de la vie publique che ha come mission anche quella di dare indicazioni sui rapporti tra lobbisti e amministrazione pubblica.

L’Europa dell’Est avanza

Diversa è la situazione dei paesi dell’ex blocco sovietico, dove più si è sviluppata una regolamentazione dell’attività grazie alle spinte delle OCSE a supporto del processo di democratizzazione, anche se principalmente in un’ottica di politiche anticorruzione.

La Lituania è stato il primo paese dell’Est ad adottare una legge sull’attività di lobbying il 27 giugno 2000 (entrata in vigore l’1 gennaio 2001).  La legge determina cos’è l’attività di lobbying, un lobbista (inteso solo come il consulente) e il suo cliente; prevede il controllo sulle informazioni fornite e una serie di sanzioni per la violazione della norma. La legge definisce attività di lobbying quella condotta dietro compenso mirata ad influenzare l’adozione, la modifica, l’integrazione o l’abrogazione di atti normativi. La legge è stata però scarsamente applicata, e ciò perché le ONG e altri soggetti hanno rifiutato di essere integrati, anche per un processo culturale che deriva dal ricordo del regime sovietico che tendeva ad inquadrare nel sistema e schiacciare ogni rappresentanza della società civile.

La Polonia ha approvato una norma che regola l’attività di lobbying e impone un registro obbligatorio nel 2005.   Tra i principali elementi della norma la definizione di “attività di lobbying” e il tipo di lobbisti (come la Lituania, la norma si applica ai soli consulenti), le procedure di registrazione e la tarsparenza, e le sanzioni in caso di violazione della norma. Una particolarità della norma polacca è che impone ai funzionari governativo di mantenere un registro dei contatti coi lobbisti da rendere pubblico annualmente. La norma, nata in un’ottica restrittiva ha però nel tempo subito delle modifiche ispirate alla promozione del buon governo e della trasparenza dell’iter legislativo. Un punto importante infatti è che  il Governo ogni sei mesi deve pubblicare il programma del lavoro legislativo e i termini per chiudere la discussione sulle bozze normative, inoltre vengono date indicazioni agli uffici su come cooperare al meglio coi lobbisti, cui deve essere garantito accesso e spazi riservati. Al riguardo il parlamento polacco è intervenuto modificando i suoi regolamenti dando anche delle specifiche sulla gestione delle audizioni.

Nel 2006 è stata la volta dell’Ungheria ad emanare una legge sul modello UE che istituiva un registro dei lobbisti volontario, abrogata poi nel 2011 dal governo Orban, in quanto la norma “non coincideva con i costumi e le procedure ungheresi” e non veniva percepita come necessaria (col risultato di scarse iscrizioni). Nel febbraio 2013 però il governo ha inserito una serie di regole sui rapporti tra funzionari pubblici e lobbisti all’interno di un sistema generale di norme anticorruzione e trasprenza.

Dopo Israele nel 2008, che dovrebbe rivedere la norma nel suo complesso nei prossimi mesi, nel 2010 è arrivata la legge sul lobbying della Slovenia. Questa è stata inserita all’interno delle misure anticorruzione nel quadro di un programma finalizzato al rafforzamento della trasparenza del sistema. La norma prevede un Registro obbligatorio che richiede di fornire: nome e indirizzo dei lobbisti; i loro clienti; i compensi ricevuti; i finanziamenti dati ai partiti politici; le questioni su cui fanno lobbying; gli uffici contattati. Tutte le informazioni sono rese pubbliche via web e sono sottoposte al controllo della Commissione per la prevenzione della corruzione. Come in Polonia, c’è un obbligo per i funzionari governativi di rendicontare i contatti coi lobbisti, anche se nel primo anno di applicazione della norma quest’ultimo aspetto non ha ricevuto adeguato rispetto (anche per mancanza di sanzioni specifiche).

Gli altri paesi che vedono in vigore normative sul lobbying sono Macedonia, Montenegro e Georgia (inclusa come Israele, essendo la lista dei paesi che fanno parte dell’UEFA l’unico concetto alternativo reale di Europa alternativo a quello dell’UE!). E non va dimenticato che nel resto del mondo, accanto a paesi come Canada e Australia (che vedono un registro anche per gran parte delle rispettive province e stati), c’è una lunga serie di nazioni che hanno deciso di regolare in maniera più o meno adeguata l’attività di lobbying. L’ultimo della lista è il Cile, che ha approvato la norma la scorsa settimana dopo un dibattito decennale, ma prima di esso ci sono stati Messico, Colombia, Argentina e Perù. In Asia addirittura le Filippine dagli anni ’50 e Taiwan dal 2008 hanno una norma, mentre in India la discussione è stata avviata, come anche in Nigeria.

Le norme a venire nel 2014

Ma non è finita qui. Molto probabilmente Irlanda, Spagna, Bulgaria, Romania e forse persino Ucraina potrebbero avere una normativa ad hoc entro il 2014, mentre l’Italia rimane con le sue tre, inutili ed inapplicate, norme a livello regionale (Toscana, la sua copia Molise e Abruzzo) e forse con il Registro dei rappresentanti di interessi presso il MIPAAF, che forse si salverà, dopo essere stato abbandonato, a seguito delle dimissioni del Ministro De Girolamo, acerrima nemica di ogni regolamentazione delle lobbies (anche se nella scorsa legislatura fu prima firmataria di un ddl di “Disciplina dell’attività di relazione istituzionale“)

A questo punto il Ministro Moavero ha a disposizione un quadro delle norme esistente (anche se ci piacerebbe leggere quello preparatogli dai suoi uffici), di conseguenza si attende il prossimo passo al riguardo da parte del presidente Letta. Un passo che auspichiamo possa dare seguito alla recente dichiarazione a Lilli Gruber nella sua trasmissione 8 e 1/2 e, ancor di più, agli anni di lavoro portati avanti da VeDrò, il “suo” think net” ormai purtroppo abbandonato.

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Regno Unito, la Lobbying Bill passa nonostante le proteste http://www.lobbyingitalia.com/2014/01/regno-unito-la-lobbying-bill-passa-nonostante-le-proteste/ Tue, 28 Jan 2014 23:56:27 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2145 Lobbying Bill to become law after Lords rebellion falters

La Camera dei Lords ha accettato il piano del Governo Cameron di riformare l’attività di lobbying all’interno di una norma che tocca anche la regolamentazione delle spese per le campagne delle ONG e dei sindacati. I Lords avevano sconfitto tre volte il Governo la scorsa settimana (chiedendo tra l’altro un allargamento del registro a tutti i lobbisti e ai contatti coi funzionari di ogni grado), ma la House of Commons ha deciso di ignorare le scelte dei Lords, rinviando lo stesso testo ai pari, che hanno deciso di accettare senza votare ulteriormente, nonostante la Commissione che ci ha lavorato avesse definito la norma “un esempio di come non legiferare”. A questo punto la proposta verrà comunque promulgata in legge quanto prima.

La legge sul lobbying

Società, associazioni di rappresentanza e altre organizzazioni che fanno lobby direttamente su Governo e Parlamento non saranno toccate dalla nuova legge britannica sul lobbying. La norma, proposta dall’Hon. Andrew Lansley, Leader della House of Commons, obbliga infatti solamente i lobbisti consulenti a dover rendere “trasparenti” le proprie attività.

La norma approvata fa divieto agli individui di fornire servizi di consulenza di lobbying se non iscritti al Registro o se non sono dipendenti di società di consulenza a loro volta non iscritte. Registro peraltro contenente informazioni alquanto limitate. Prevede infatti l’obbligo di fornire solo nome e indirizzo del lobbista (o della società di consulenza) e i nomi dei clienti. Ogni ulteriore dato dovrà essere definito in un regolamento futuro da emanarsi da parte del Governo.

La legge eleva al grado di reato l’attività di lobbying per i consulenti non registrati, o che lo abbiano fatto in ritardo, o che non abbiano fornito informazioni accurate o veritiere. Previste sanzioni fino a £5,000 in caso di patteggiamento, mentre non sono previsti limiti per le condanne davanti ad una Crown Court. In alternativa, il Registrar of Lobbyists può imporre una multa fino a £7,500.

Nessuna trasparenza

Significativamente, la legge definisce come lobbying solo le comunicazioni, orali o scritte, fatte personalmente ai Ministri e ai segretari permanenti in relazione a legislazione primaria e secondaria, contratti pubblici, licenze e autorizzazioni, o per l’esercizio di altre funzioni governative.

La legislazione, che vede la registrazione solo in caso di lobbying condotto sul Governo, risulta assai più limitata rispetto alle norme esistenti in altri paesi. Infatti, il lobbying condotto sui parlamentari, a meno che questi non siano Ministri o consiglieri di questi, non prevede alcuna formalità, come non la prevede l’attività compiuta sui livelli di Governo più bassi. Una lacuna che lascerà nell’oscurità gran parte dei rapporti tra lobbisti-consulenti e fuzionari pubblici.

Esclusi i lobbisti In-House

L a maggior parte dell’attività di lobbying è condotta in gran parte non dai consulenti, ma direttamente da lobbisti al servizio di aziende o organizzazioni di rappresentanza, definiti in-house lobbyists, la cui attività non è coperta dalla legge.

La norma infatti, non riguarda le comunicazioni dei lobbisti di questo tipo né di coloro che lavorino per aziende che primariamente portano avanti “non-lobbying business”, la cui definizione è talmente ampia che ogni società consulenza resterà fuori dal registro a meno di non essere specializzata solo in relazioni col Governo. Per esempio, una società di consulenza che fornisca anche servizi quali media relations e marketing communications sarebbe travolta dalla norma in questione solo se questa affermasse di fornire principalmente attività di lobbying.

Della fetta di 2 miliardi di sterline che Open Knowledge stima vengano spese annualmente per fare lobbying nel Regno Unito, solo una piccola parte è spes dai soggetti toccati, come ben chiarisce questo grafico:

influenceindustry

 

Sconosciuto il contenuto del Registro.

Come già spiegato, la legge rinvia al regolamento molte delle questioni relative alle informazioni che i lobbisti dovranno inserire nel Registro. In alcuni altri paesi, la legge obbliga i lobbisti a rivelare i dettagli delle tematiche su cui lavorano, l’ammontare dei compensi ricevuti dai clienti o da altri soggetti, e se il lobbista abbia in passato occupato un ruolo governativo. Non è ancora noto se il Governo includerà alcune di quetae richieste nel regolamento attuativo.

Un registro quindi simile a quello della Trasparenza presso le istituzioni UE, ma persino più leggero e ancor meno efficace. Per avere un quadro, basta osservare i modelli di registro a confronto.

registerproposals

Niente norme etiche

Nazioni quali Canada e Australia hanno emanato anche dei codici etici che obbligano i lobbisti a condotte oneste nel rapportarsi col Governo. Condice previsto anche in Irlanda nell’attuale bozza della Regulation of Lobbying Bill 2013, in discussione presso l’Oireachtas Committee for Finance, Public Expenditure and Reform. In contrasto, la norma britannica non fa alcun riferimento alle norme etiche da rispettare.

Implicazioni

Consulenti e società devono ancor pienamente comprendere l’impatto della norma sulle loro attività. Lo stesso dovranno fare i clienti, che pur non avendo obblighi, se non si affideranno a lobbisti registrati vivranno quanto meno un rischio professionale.

La questione scozzese

Nonostante alcuni riferimenti nel testo, per quanto riguarda la Scozia, lo Standards, Procedures and Public Appointments Committee del Parlamento locale ha avviato lo scorso giugno una consultazione finalizzata all’approvazione di una regolamentazione sul lobbying ad hoc per le highlands.

Reazioni

Quattro anni fa, poco prima delle elezioni politiche 2010, il leader conservatore David Cameron annunciò la sua intenzione, se eletto, di attaccare “l’insana influenza” del “lobbying nascosto delle aziende”. Promise di portare il lobbying sotto “la luce della trasparenza” e di forzare il sistema politico ad “uscire pulito dalla compravendita di potere e influenza”.

Il tema principale del suo discorso fu “ricostruire la fiducia nella politica”, con cui attaccò l’allora Primo Ministro Gordon Brown e il suo sistema di controllo governativo e la sua gestione degli scandali politici del 2009..

Da allora la trasparenza è diventata centrale nelle dichiarazioni del governo Cameron, che più volte ha ripetuto di voler “aggiustare una politica rotta” e fare del Regno Unito “il Governo più aperto e trasparente del mondo”.

Dalle reazioni a seguito dell’approvazione della legge non si direbbe esserci riuscito però- Le reazioni sono state in gran parte negative, viste anche le altre norme inserite nel testo, che limitano molto le attività delle charities.

In un articolo pubblicato domenica sul sito del Guardian, Kiai, un avvocato kenyano ingaggiato dallo  human rights council dell’ONU, ha dichiarato: “Per quanto ‘venduto’ come un modulo per livellare il campo d’azione, la legge non fa altro che restringere gli spazi di partecipazione delle persone, in particolare per coloro coinvolti nella società civile, con rischi per l’intero sistema democratico“.

Aggiunge Kiai: “Norme originariamente mirate ai corporate lobbyists presentano ora buchi talmente grandi dal finire con l’escludere gli in-house lobbyists , i soggetti con maggior capacità di influenza nel Regno Unito, lasciando l’impatto della legge a consulenti e NGO“.

Un intervento che certo non ha fatto piacere al Primo Ministro Cameron, come la legge non lo fa alle associazioni, che per protestare hanno persino lanciato una petizione online.

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Come si influenza un Primo Ministro inglese http://www.lobbyingitalia.com/2011/12/come-si-influenza-un-primo-ministro-inglese/ Tue, 06 Dec 2011 00:00:00 +0000 http://www.lobbyingitalia.com/2011/12/come-si-influenza-un-primo-ministro-inglese/ Il quotidiano inglese “The Independent” ha pubblicato in esclusiva un’inchiesta in cui svela i rapporti tra una delle più importanti società di Public Affairs, Bell Pottinger, presieduta dall’ex spin-doctor di Margaret Tatcher, Lord Timothy J. L. Bell e il governo britannico e gli stratagemmi, non proprio trasparenti, che i consulenti sono in grado di mettere in atto per entrare diretti nei corridoi del potere.

L’inchiesta è stata condotta da reporter del Bureau of Investigative Journalism, (organizzazione non-profit che promuove il giornalismo investigativo), che hanno incontrato sotto mentite spoglie i dirigenti della società di Public Affairs, fingendosi rappresentanti del gruppo “Azimov”, investitori britannici e dell’Europa dell’Est, preoccupati per le sorti del commercio di cotone con paesi esteri. Il cotone uzbeko, è, infatti, boicottato da parte delle aziende manifatturiere internazionali per l’uso di lavoro minorile e più in generale l’Uzbekistan è uno dei paesi con le più severe restrizioni di libertà politiche e con uno dei peggiori record di violazioni di diritti umani.

I giornalisti hanno registrato le conversazioni con i dirigenti di Bell Pottinger, i quali hanno svelato la facilità con cui in svariate occasioni sono riusciti ad influenzare le decisioni del governo di David Cameron, adducendo come esempio il fatto che durante il meeting dello scorso giugno tra Mr Cameron e il premier cinese Wen Jiabao, il primo ministro inglese avesse rammentato al suo collega cinese delle problematiche di violazione di copyright, proprio su spinta delle segnalazioni di Bell Pottinger, che raccoglieva a sua volta, le indicazioni di un suo cliente, la compagnia ingegneristica Dyson.

L’inchiesta rivela alcune tecniche che non sono incluse nella presentazione ufficiale della società, "perché sarebbe imbarazzante se uscissero fuori", come ad esempio l’esistenza di una squadra che può "mettere a posto" le voci negative su Wikipedia e con il compito di creare e mantenere blog appartenenti a terze parti che diffondono contenuti positivi. Anche i risultati di ricerca di Google potrebbero essere modificati e "nascondere, ad esempio, storie di violazioni dei diritti umani o scandali che riguardano il lavoro minorile” – hanno aggiunto i rappresentanti della società di lobbying ignari di essere registrati mentre spiegavano i loro metodi ai finti rappresentanti dell’Uzbekistan.

Inoltre, Tim Collins, Direttore di Bell Pottinger Public Affairs, ha raccomandato di incontrare Daniel Finkelstein, capo editore del “The Times”, ritenuto essere una voce molto ascoltata da David Cameron e di organizzare eventi con i think tank più vicini al Governo, come Policy Exchange, in modo che i messaggi provengano da fonti indipendenti e accreditate presso l’opinione pubblica. Collins è stato registrato mentre diceva: "Ho lavorato con persone del calibro di David Cameron, George Osborne e Steve Hilton, (ndr.amico intimo e consigliere del Primo ministro), per più di 20 anni, non c’è problema nel far passare il vostro messaggio”. Collins ha poi aggiunto: “cercare di vendere una situazione soltanto così com’è e dire che le cose stanno cambiando, mentre in realtà non lo sono, non è una strategia che va molto lontano, mentre se abbiamo delle prove che il paese è sulla strada buona per il cambiamento, ovviamente avremo le carte giuste per passare il messaggio alle persone giuste”.

La strategia suggerita da Bell Pottinger comprendeva anche organizzare eventi insieme a think tank vicini al governo, come Policy Exchange, e passare informazioni ad accademici conosciuti, in modo che iniziassero a parlarne nei loro blog come voci indipendenti. «Conosciamo tutti i trucchi del mestiere», ha aggiunto Collins, «non glieli ho fatti scrivere nella presentazione perché non sarebbe bello se venissero fuori. Possiamo creare blog che sembrano scritti da persone indipendenti, che parlano positivamente di quello che vogliamo e che contengono parole chiave che possono spingerlo in alto nella classifica di Google. La stessa cosa la possiamo fare con video e articoli». A quel punto i due hanno iniziato a citare alcuni dei loro lavori più riusciti in questo senso, tra cui quello per un’azienda dell’Africa dell’Est, la Dahabshiil: uno dei loro dipendenti era stato detenuto a Guantanamo perché sospettato di essere un terrorista di al Qaida e la Bell ha fatto in modo che quella voce sparisse dalle prime dieci pagine dei risultati di Google.

Ovviamente un simile lavoro, consistente in una campagna di Media Relations, di gestione di reputazione on line e del lavoro del team Public Affairs, non ha costi bassi. “Circa un milione di sterline … di certo 100.000 sterline al mese di campagna”.

Dopo le rivelazioni il portavoce del Primo ministro ha dichiarato ufficialmente che "è tutto semplicemente falso" e che nessuna società di lobbying ha mai influenzato la politica del governo. Fonti da Downing Street hanno affermato che la questione Dyson è stata sottoposta all’attenzione del governo cinese, ma che ciò è avvenuto senza nessun coinvolgimento di Bell Pottinger.

Le interviste sono state registrate in segreto questa estate, prima delle dimissioni del ministro Liam Fox, avvenute nel mese di ottobre a causa dei suoi oscuri legami con l’amico particolare e “consigliere” Adam Werritty.

Queste rivelazioni sugli "imbarazzanti" stratagemmi utilizzati dalla società di lobbying hanno spinto i Laburisti a chiedere ancora una volta una riforma del settore. I Laburisti hanno dichiarato che si tratta di "accuse molto gravi" che coinvolgono "alcuni degli uomini più fedeli di David Cameron a Downing Street". Il ministro del governo ombra britannico John Trickett ha aggiunto: "Abbiamo bisogno di una riforma per garantire che chi è ricco e potente non possa comprarsi con troppa facilità l’accesso al Primo ministro e ai suoi consiglieri”."Come abbiamo visto durante l’affare Werrity, che ha costretto alle dimissioni il ministro Liam Fox, questo è un governo che sembra essere troppo vicino agli interessi delle multinazionali, ma disperatamente distante dalle famiglie, dalle imprese e dai giovani che lottano per tirare avanti." Un parlamentare del Partito Laburista, John Cryer, ha sollevato la questione alla Camera dei Comuni proponendo un disegno di legge proprio sulla regolamentazione degli interessi di lobby commerciali.

In una dichiarazione al quotidiano “Independent”, il presidente della Bell Pottinger, Lord Bell ha detto: "La condotta del Bureau of Investigative Journalism non ha nulla a che fare con il giornalismo responsabile. Si tratta di un tentativo immorale che ha creato con l’inganno una storia che non esiste".

Anita Alfonsi – Open Gate Italia

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