giovanni gatto – LobbyingItalia http://www.lobbyingitalia.com Blog dedicato al mondo delle lobbies in modo chiaro e trasparente Tue, 03 May 2016 17:24:01 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.2 Spagna, il 93% dei lobbisti richiede la regolamentazione della propria attività. E in Italia? http://www.lobbyingitalia.com/2014/10/spagna-il-93-dei-lobbisti-richiede-la-regolamentazione-della-propria-attivita-e-in-italia/ Fri, 03 Oct 2014 17:54:14 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2599 (Giovanni Gatto) Il 93% dei lobbisti spagnoli richiede la regolamentazione della propria attività, secondo il sondaggio interno condotto lo scorso giugno tra i membri dell’Associazione dei Professionisti delle Relazioni Istituzionali, che aveva l’obiettivo di fare una “radiografia” del settore in ambito spagnolo. Grazie ai risultati dell’indagine è stato possibile delineare chiaramente quale fosse il profilo medio del lobbista spagnolo, a quali settori questi fosse interessato per la maggiore e quale forma di regolamentazione fosse maggiormente adatta al modello di attività di lobbying del Paese.

Secondo l’indagine, nella maggior parte dei casi il lobbista spagnolo lavora in una impresa, sia essa una società di lobbying (31%), o un’azienda che abbia al proprio interno una divisione lobby o relazioni istituzionale (25%), e si occupa principalmente di uno di questi settori: sanità (25%), ICT e Media (24%) o energia (13%). Quasi tutti i membri di APRI (93%) vogliono la regolamentazione del lobbying, che doti i lobbisti di maggiore trasparenza e autorevolezza attraverso la creazione di un Codice di Condotta e di un Registro Universale per l’accesso ai poteri legislativo ed esecutivo, simile o, se possibile, ancora più restrittivo e cogente di quello che si applica al Parlamento e alla Commissione dell’Unione europea.

Anche in campo politico è possibile trarre dalle cifre e dalle dichiarazioni l’interesse reale per una regolamentazione del lobbying, sebbene i numeri dei favorevoli siano più contenuti rispetto a quelli riscontrati tra i professionisti del settore. “La lobby difende i suoi interessi, non l’interesse pubblico. Chi deve difendere l’interesse generale è il legislatore: è lui a ponderare tutti gli interessi in gioco e scegliere quale decisione sia la migliore per tutti. È positivo che si possa fare attività di lobbying? Può il legislatore tenere in conto tutti gli interessi? Ascoltare tutti sì, scegliere tutti no”, sostiene Jordi Jané, membro del partito CiU al Congresso dei Deputati, intervenuto in occasione della presentazione del rapporto “La lobby nel nuovo quadro normativo”, alla presenza di più di 600 politici di 20 paesi dell’Unione europea. La maggior parte di questi concorda sul fatto che il lobbying sia una pratica necessaria per le democrazie: l’86% si è dichiarato d’accordo che una lobby etica e trasparente contribuisse allo sviluppo della politica. Il Partito Popolare ha preferito non regolamentare l’attività di lobbying, pur impegnandosi a farlo in una prossima revisione del regolamento del Congresso dei Deputati. “Considero questa opzione – ha dichiarato Jané – chiaramente insufficiente: il luogo in cui si prendono le decisioni della massima importanza è l’esecutivo. Limitarsi al Congresso è una soluzione parziale”.

Ma le differenze tra le opinioni dei politici si svelano a seconda di dove questi svolgono le loro attività. In Spagna, solo il 5% degli intervistati ritiene che i lobbisti diano un peso eccessivo alle élite e ai più ricchi. La media europea è del 24%. Se la domanda riguarda invece la mancanza di trasparenza, quasi la metà dei politici spagnoli pensa che dovrebbe essere migliorata, mentre in Europa lo pensa solo il 26%. Il 34% dei legislatori spagnoli vede utile la creazione di un registro obbligatorio: 20 punti sotto la media europea e quasi 40 rispetto ai decisori nelle istituzioni dell’Unione europea, dove c’è una maggiore regolamentazione (ma anche scandali dalla portata maggiore, come quello che ha coinvolto il Commissario alla Salute Dalli).

A tal proposito, recentemente la Spagna era stata richiamata dalla ONG Transparency International per la mancanza di una regolamentazione del lobbying con la conseguente assenza di trasparenza dei processi decisionali: con questa presa di posizione, l’associazione dei lobbisti mette ulteriore pressione sul governo Rajoy per accelerare un processo partito ormai diversi mesi fa e arenatosi in occasione delle elezioni comunitarie.

Anche in Italia, negli ultimi mesi, la discussione sulla regolamentazione delle lobby ha coinvolto rappresentanti del mondo politico, professionale e accademico. Il segretario del PSI Nencini, già autore della regolamentazione regionale toscana sui gruppi di interesse ai tempi del proprio mandato come Presidente del Consiglio Regionale, ha espresso il desiderio di inserire una regolamentazione delle lobby nel codice degli appalti in discussione attualmente al Senato, promuovendo una tavola rotonda il 4 ottobre a Firenze alla presenza di rappresentanti del mondo lobbistico e politico; il MoVimento 5 Stelle ha promosso un incontro sul tema (qui il link), che si è tenuto il 25 settembre a Roma; una serie di articoli del prof. Pier Luigi Petrillo, a capo del team che si è occupato della gestione del registro per la trasparenza del MIPAAF (uno dei pochi esempi attuali di regolamentazione organica del fenomeno, riferita a un Ministero) ha incoraggiato la ripresa delle discussioni sul tema (qui il primo articolo). Ma proprio nei giorni scorsi è arrivata la notizia che una regolamentazione del lobbying non rientrasse tra le priorità del governo, e che non ci sarebbero stati altri d.d.l. governativi a breve termine. E dire che le proposte ci sono e provengono, numerose, da diversi soggetti: urgono passi decisi e consapevoli della necessità di una regolamentazione del settore.

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Transparency International boccia la Spagna: necessaria la regolamentazione delle lobbies http://www.lobbyingitalia.com/2014/09/transparency-international-boccia-la-spagna-necessaria-la-regolamentazione-delle-lobbies/ Thu, 25 Sep 2014 19:42:27 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2493 (Giovanni Gatto) La Spagna finisce “dietro la lavagna” per non aver condotto sforzi coerenti e decisi per la regolamentazione del fenomeno lobbistico. È oscuro il quadro del sistema di regolamentazione delle lobby dipinto dalla ONG Transparency International – Spagna, in occasione della presentazione del rapportoUna valutazione delle lobby in Spagna – analisi e proposte”, presso la sede di Madrid della Fondazione Ortega-Marañón.

In particolare la regolamentazione del lobbying si è rivelata “praticamente inesistente” per tre aspetti cruciali: la trasparenza, l’integrità e la parità nell’accesso. Il rapporto ha assegnato un punteggio su una scala di 100 ai tre elementi fondamentali del fenomeno: i risultati sono stati molto deludenti e hanno configurato una situazione che potrebbe essere risolta, secondo i 15 suggerimenti portati avanti della ONG, solo attraverso la pronta ripresa delle discussioni sul una regolamentazione unitaria e organica sulle lobby, uno strumento strategico per la crescita del Paese, che possa dare un vantaggio competitivo nel continuo tentativo di uscire dalla crisi, se attuato in maniera etica e trasparente.

Il problema più preoccupante per il sistema lobbistico spagnolo è risultato essere l’assenza di trasparenza, sia da parte dei gruppi di pressione privati che da parte dei decisori e degli operatori pubblici: solo 10 i punti percentuali garantiti dalle attuali norme in materia. In particolare, ai decisori pubblici o politici è richiesto di mettere in luce i propri rapporti con i rappresentanti degli interessi e di riferire le loro agende; ai lobbisti è invece richiesto di registrare la propria presenza all’interno delle istituzioni (nazionali e regionali) e il prodotto delle loro attività di studio e documentazione. Al Governo è richiesta un’analisi dei rischi associati al fenomeno della corruzione e dell’opacità delle lobby, fenomeno che porta a un notevole dispendio di risorse sia in investimenti errati, che in mancati guadagni.

Non va meglio per quanto riguarda l’integrità: il fenomeno frequente delle “revolving doors”, ossia del passaggio dal ruolo in amministrazioni pubbliche a quello nel management di un’azienda, porta il punteggio totale della valutazione di TI al 35%. In questo caso è suggerita l’applicazione di codici di condotta all’interno delle istituzioni, in particolare le assemblee elettive nazionali e locali. Queste norme, in realtà, sono previste dall’ordinamento spagnolo ma, come accade spesso in altri Paesi di cultura latina (caso lampante: l’Italia, ma anche Messico e Cile), non sono rispettate nei modi e nei tempi adeguati.

Un punteggio ancora inferiore viene dato alla parità d’accesso: la Spagna raggiunge solo il 17% in quanto a possibilità di partecipazione al processo decisionale da parte degli attori economici e politici. A capo del team che ha condotto lo studio sulle lobby in Spagna, che comprendeva il direttore dello studio, Manuel Villoria, il coordinatore Ana Revuelta, i ricercatori Esteban Arribas e Elena Herrero-Beaumont e il vice presidente della fondazione Ortega-Marañón, Jesús Sánchez-Lambas, il presidente di Transparency International Spagna, Jesús Lizcano, in conclusione dei lavori ha affermato: “la figura della lobby, intesa come gruppo di pressione a favore di determinati interessi è positiva per il funzionamento della democrazia, se sviluppata con la trasparenza e l’integrità e un quadro per garantire l’inclusione di tutti i segmenti della società. La mancanza di regolamentazione delle lobby aumenta il rischio di cadere in pratiche inappropriate, come traffico d’influenza o corruzione”.

Il punteggio totalizzato dalla Spagna in merito alla trasparenza del lobbying è pari solo al 21%. Altri, impietosi, numeri raccontano, da un lato, la percezione che i cittadini spagnoli hanno delle lobby; dall’altro, il reale grado di incidenza della corruzione sull’economia del Paese iberico. Secondo l’Eurobarometro 2013, il 77% degli spagnoli ritiene che la corruzione è parte della cultura d’impresa del paese, mentre il 67% ritiene che l’unico modo per avere successo siano le connessioni politiche intessute tra decisori e gruppi di pressione. L’84% degli spagnoli crede che la corruzione e le connessioni siano il modo più semplice per ottenere servizi pubblici. Questa percezione è condivisa anche dalle imprese spagnole: il 91% vede collegamenti eccessivi tra denaro e politica, e il 93% crede che la corruzione e i favoritismi danneggino le contrattazioni. Anche in Europa la percezione del fenomeno è negativa. Oltre il 50% dei cittadini crede che il loro governo sia in gran parte o del tutto guidato da alcuni potenti interessi, mentre l’81% dei cittadini europei ritiene che eccessivi contatti commerciali tra affari e politica generino corruzione nel proprio Paese.

Si potrebbe però dire che “non tutte le lobby vengono per nuocere”: una ricerca condotta da Burson-Marsteller e Cariotipo M5H tra vari membri di organi politici spagnoli ha riportato che, per il 56% di questi ultimi, incontrare i rappresentanti di interesse sia “auspicabile e perfino obbligatorio” per il loro lavoro, e l’86% ritiene la lobby “un contributo allo sviluppo della politica”. Tra i suggerimenti di Transparency International Spagna, raggruppati in 15 punti, vi sono la creazione di un registro dei lobbisti, che deve obbligatoriamente registrare tutte le persone che esercitano attività di lobby a livello nazionale e regionale, nonché la creazione di un organismo vigilante e indipendente dal potere sanzionatorio.

In realtà in Spagna il procedimento di regolamentazione delle lobby ha fatto passi decisi negli ultimi mesi. A inizio anno, il premier Rajoy ha dato l’impulso per una regolamentazione unitaria, sintetica e onnicomprensiva del fenomeno lobbistico, con l’obiettivo di migliorare gli standard di trasparenza e partecipazione dei gruppi di interesse in politica. Nei mesi successivi, però, il governo ha rallentato la corsa per l’istituzione di un registro obbligatorio per i lobbisti e l’attuazione di regole di trasparenza per i decisori, inserendo le proposte legislative nel quadro del Piano governativo di Rigenerazione Democratica, che avrebbe portato a modifiche del Regolamento della Camera bassa, frutto di un compromesso tra Partito Popolare e Convergencia i Unió.

Lo scorso maggio, dopo un’impasse di qualche mese dovuta alle elezioni europee, il tema è tornato in auge grazie all’iniziativa dell’APRI, l’associazione dei professionisti delle relazioni istituzionali spagnola a cui aderiscono 55 partner i quali, forti degli studi portati avanti dall’OCSE e dall’Unione Europea, hanno messo in campo il loro “potenziale di fuoco” nei confronti delle istituzioni. “Quanto maggiore è la trasparenza e la regolamentazione sulla lobby, tanto più è avanzata la democrazia in un Paese”, le parole della lobbista di Cariotipo MH5 Carmen Mateo. “Abbiamo proposto che la registrazione sia obbligatoria, con un emendamento alla legge sulla trasparenza e contrario ad ogni gruppo parlamentare”, ha ricordato Jordi Jané, deputato del partito Convergencia i Unió. “Dei 6500 lobbisti iscritti al Registro per la trasparenza europeo, oltre 300 sono spagnoli”, ha affermato Carolina Carbonell, Direttrice Generale dell’Istituto Internazionale di Diplomazia Corporativa e del Corporate Diplomacy & Public Affairs Executive Program dell’americana Schiller International University. E proprio la regolamentazione comunitaria rimane il modello prediletto per il legislatore spagnolo, nel tentativo di evitare scandali legati alla corruzione e ricostruire con precisione il processo che sta alla base della formazione delle leggi.

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I lobbisti devono essere indipendenti (Il Rottamatore) http://www.lobbyingitalia.com/2014/05/i-lobbisti-devono-essere-indipendenti-il-rottamatore/ Mon, 05 May 2014 19:50:16 +0000 http://lobbyingitalia.admin.comunicablog.it/?p=2369 (Massimo Micucci) Un lobbista si può scegliere i clienti e rischia di perderli continuamente. Se è serio e vuol essere credibile deve infatti affrontare una concorrenza spietata e una grande incertezza: non è tutelato da norme, non ha un albo (per fortuna), nè una legge. Così tutti possono continuare dire che lavora nell’ombra. In compenso centinaia di parlamentari ed ex parlamentari, di eletti legati a territori, albi ordini professionali, mestieri e corporazioni di giornalisti ed ex giornalisti, difendono i propri ed altrui interessi lobbistici. A questi si sommano in queste ore dirigenti pubblici, prefetti e giù giù sino a figure come i segretari comunali che combattono contro qualunque mutamento che si presume danneggi l’una o l’altra gilda. Persino chi vuole cacciare i lobbisti come il movimento 5 stelle è diretto da un lobbista come Casaleggio. Tutti lobbisti col potere degli altri.

Associati in centinaia di sigle sindacali, ordini, camere, associazioni, ciascuna entità difende un territorio sterminato e complicatissimo di interessi, spesso in lotta tra loro come nelle battaglie dei film fantasy. Sono per lo più interessi legittimi, alcuni portatori di ragioni importanti, molti sono obsoleti e ingiustificati, altri sono giustificati ma solo in una ottica egoistica. Potremmo definirli interessi selfie, perché davanti al tentativo di affermare riforme come quelle della politica, del lavoro e della pubblica amministrazione che allineino il paese alla complessità contemporanea, i signori di questi territori si fotografano alla testa di truppe, piccole bande o tifoserie (anche gli ultrà fanno negoziati politici nda) e gridano rivolti all’interesse comune: “not my fucking problem”.

I lobbisti seri lavorano per interessi più o meno forti, ma spesso non conosciuti o difficili. Il loro mestiere è quello di consulenti politici, giuridici e di comunicazione che debbono dire verità scomode sia ai clienti che ai decision makers. Ai clienti si deve spiegare che, anche se le micro-lobbies interne allo stato spadroneggiano, loro debbono farsi ugualmente in quattro per dialogare e “inserire” in qualche modo il loro interesse parziale in un quadro generale, che non c’è spazio per rendite di posizione, né santi in paradiso e così via. Un concessionario di giochi è anche una specie di agente del fisco, ma viene ormai considerato il portatore di una attività criminale. Deve spiegare come stanno le cose e non solo a chi lo autorizza. Un imprenditore o investitore qualsiasi, che produce ricchezza e rispetta le regole scritte può passare comunque per uno sfruttatore, inquinatore e approfittatore se viene in Italia, ma anche se delocalizza. Se prospera, ma anche se è in crisi. È obbligatorio dunque entrare subito in un circuito di comprensione difficilissimo, dialogare con una politica sempre più subalterna e distante, fare i conti con una comunicazione spesso dipendente da schemi e presunzioni difficili da schiodare.

Insomma un lobbista è un consulente sia degli interessi privati che della politica, che capisce i limiti di entrambi e li aiuta a dialogare tra loro e con i cittadini, senza i quali non ci sono scelte politiche o imprenditoriali che tengano. In una realtà sociale e politica come quella italiana, che in 15 anni è cambiata tantissimo, un esperto di Public Affairs deve essere stakeholder e policy maker insieme, parziale, ma costruttivo e cosciente (forse il più cosciente) dei limiti di ciascun interesse. Perciò deve mantenere una libertà, una indipendenza professionale e di giudizio che sono la sua unica forza in un mondo in continuo movimento. Deve dire più no che si, descrivere possibilità e soluzioni più che imporne e saper convincere il suo cliente conoscendone idee e i prodotti, ma anche i limiti e le parzialità. Ci saranno regole? Ne ha parlato anche la Boldrini. Con il rispetto dovuto: ogni politico che ne parla muore una piccola speranza. Il rischio è simile a quello denunciato dalle ONG più radicali in Europa, (come riportato da Giovanni Gatto su LobbyingItalia.com) “Talking the talk not but not walking the walk” . Anche no, grazie.

Fonte: Il Rottamatore

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